Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: flyerthanwind    27/12/2021    1 recensioni
[Aggiornamenti ogni settimana]
La vita di Sam è quanto di più normale esista: ha una gemella che la conosce meglio delle sue tasche, un fratello con cui condivide la passione per il calcio e una squadra a cui tiene più della sua media scolastica –ma questo non ditelo alla madre!
Eppure, dal giorno in cui un vecchio amico di suo padre si trasferisce in città, la situazione prende una strana piega. Innanzitutto, le motivazioni del trasferimento appaiono strane, suo padre è strano e i sentimenti sono strani. Questo perché il figlio del tipo di cui sopra ha uno strano potere attrattivo nei suoi confronti.
Ottimi presupposti per una bella dose di disagio, non vi pare?
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A penny for your thoughts

«Wow sei così...» biascicò, colto impreparato, mentre mi osservava più attentamente.

«Femminile?» lo interruppi subito, ricordando le parole di Hurt alla partita.

«Stavo per dire bella».

Le sue parole mi lasciarono interdetta, non mi aspettavo di ricevere un complimento da lui nonostante fossi consapevole che l'opera di Amelia era notevole.

O meglio, di complimenti artefatti ne avevo ricevuti fin troppi: lodi all’abito, al trucco, al mio fisico, a quanto stessi bene, eppure nessuno aveva detto di trovarmi bella con la sincerità disarmante con cui era scivolato via dalle labbra di Austin, quasi l’avesse incastrato fra i denti finché non era più riuscito a trattenerlo.

Rimasi a osservarlo per un po', indispettita e forse troppo stupita, mentre lui si lasciava andare a una risata sincera. Quel suono mi arrivò alle orecchie in maniera cristallina e coinvolse anche me, portandomi ad appuntare gli angoli della bocca verso l’alto con gli spilli del suo gaudio, spazzando via ogni traccia di imbarazzo che poteva esserci tra noi.

Eravamo perfettamente a nostro agio nell’osservarci di sottecchi, il capo abbassato con una mano a coprirsi la bocca e gli occhi spalancati come due felini che si studiano a vicenda.

Fu lui a muoversi per primo, interrompendo il contatto visivo per oltrepassarmi e prendere posto sui gradini della veranda, dopodiché mi invitò con la mano ad accomodarmi accanto a lui e io lo imitai, per quanto il vestito attillato me lo permettesse.

«Dovresti rispondere “Grazie Austin, anche tu sei bello come sempre”» berciò, tirandomi una gomitata e facendomi ridere ancora dopo che, con qualche difficoltà, mi ero sistemata in modo tale da non far accorciare troppo la gonna.

«Bello? E chi te l'ha detta questa cazzata?» replicai ironica senza distogliere lo sguardo. Stavo provando a essere seria ma gli angoli della bocca mi tradirono, sollevandosi da soli in un sorriso come quello che già aveva fatto capolino sul suo volto.

«Touché» rispose semplicemente, ridacchiando a sua volta. Aveva i riccioli biondi che gli ricadevano morbidi ai lati del viso, mentre ancora una volta i suoi occhi blu sembravano magnetici, quasi ti incatenavano rendendo impossibile sottrarsi al suo sguardo.

Eppure, non era in grado di far provare disagio, anzi, aveva un potere calmante, quasi onirico.

«Però hai degli occhi bellissimi, lo devo ammettere» confessai. Contro ogni aspettativa avvampai sotto il suo sguardo e tutta la sicurezza con cui avevo pronunciato quelle parole nella mia testa svanì nell'istante in cui le mie orecchie mi udirono pronunciarle. Forse il mio cervello non si era collegato agli altri quattro sensi prima di dar fiato alle bocca.

Voltai lo sguardo, liberandomi dai suoi occhi e puntando i miei sulle scarpe. All'improvviso i laccetti che mi avvolgevano le caviglie sembravano estremamente interessanti, tutto pur di non scoprire l’espressione – di sdegno? Felice? Stranita? Stupita? – che gli animava i lineamenti del viso.

«Beh, grazie» biascicò, voltandosi anch'egli. Adesso entrambi ci guardavamo le scarpe in silenzio, ma nonostante tutto non c'era tensione o imbarazzo. Era semplicemente un tacito accordo di ascoltare la notte insieme e nessuno aveva l'intenzione di infrangerlo.

Non saprei dire con esattezza quanto tempo restammo così, potrebbero essere stati pochi minuti come anche delle ore, a osservare l'oscurità della campagna che si apriva dietro casa Evans e il cielo di stelle che incombeva sopra di noi.

Amavo osservare le stelle, erano state le compagne di tante notti insonni passate a pensare al tutto e al nulla, sul tetto di casa mia, nel giardino dei nonni o nei prefabbricati in cui alloggiavamo in Africa. Quando mi sentivo sola, dovunque io fossi, mi bastava aspettare che calasse la notte affinché quelle tenebre mi regalassero milioni di lucine, ricordandomi che quello era sempre lo stesso cielo, solo visto da diverse angolazioni.

E non importava da quale parte del mondo lo stessi guardando, le stelle erano sempre le stesse, puntini lontani in quella volta celeste che mi rincuoravano ogni volta che puntavo gli occhi all'insù. E se le luci della città si imponevano con prepotenza, scansando le tenebre e oscurando le stelle, c'era la luna a farmi compagnia, così incompleta e sola come spesso mi sentivo anch'io.

Nonostante la profondità e la tristezza di quei momenti, date dalla consapevolezza di essere circondata dall’amore incondizionato della mia famiglia eppure col pensiero costante di una solitudine da cui a volte sembrava impossibile sfuggire, mi ritrovai a sorridere nascosta tra i miei capelli. Il mio umore altalenante poteva cambiare nel giro di due battiti.

«Un penny per i tuoi pensieri» ruppe il silenzio Austin, cogliendomi di sorpresa. Ero stata travolta dalle elucubrazioni della mia mente al punto da dimenticarmi che non ero sola in quella veranda.

«So che non hai un penny, quindi non saprai i miei pensieri» lo presi in giro senza distogliere lo sguardo dalla volta celeste, ammirando il firmamento che puntellava le tenebre e rischiarava la notte.

«Oh... mi sottovaluti!» esclamò, estraendo il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans. Aprì un piccolo bottone laterale e ne estrasse davvero un penny, porgendomelo.

Lo osservai di sottecchi, chiedendomi cosa diamine ci facesse con una moneta inglese, poi chiesi: «Lo porti sempre con te per rubare i pensieri alle povere ragazze indifese?».

«Solo a quelle che sembrano fin troppo assorte» rispose, coinvolgendomi in un nuovo sorriso. Era come se non riuscissi a smettere di farlo in sua presenza, soprattutto se il suo sguardo si incastonava nel mio come un gioiello prezioso. «È un ricordo del primo viaggio fatto con i miei genitori, quando mi portarono a Londra per un incontro di lavoro urgente.»

«Hai... chiarito con loro?» domandai cauta, non volendo toccare argomenti nefasti ma sinceramente preoccupata per lui. Quel giorno nel laboratorio di scienze mi era sembrato davvero rancoroso nei loro confronti, anche se non l'avevo mai notato direttamente ostile, almeno non in presenza di ospiti.

«Continuano a propinarmi la versione ufficiale» disse solamente con un sospiro rassegnato. Avrei voluto fargli sapere che, anche se non volevano coinvolgerlo, di sicuro i suoi genitori avevano ottimo motivo per tenerlo all'oscuro, ma mi limitai a stare in silenzio con lui.

D'altronde era una situazione a me estranea e non riuscivo nemmeno a immaginare la frustrazione che aveva dovuto provare trovandosi in una nuova città in cui non conosceva nessuno, senza vecchi amici e senza persino la possibilità di scambiare due chiacchiere con i vicini.

Dall'interno della casa giungevano voci ovattate e un sottofondo musicale a volume un po' troppo elevato per essere solo un sottofondo. Dalle casse gli One Republic cantavano "Said, no more counting dollars, we'll be counting stars" e io pensai che avrei potuto passare la mia intera esistenza a contare le stelle senza mai stancarmi di fissare il cielo.

«Forse è meglio rientrare» dissi, prima che i miei pensieri potessero di nuovo farmi volare in alto e mi portassero a perdermi nei meandri della mia mente. Un brivido mi scosse quando una folata di vento fresco ci raggiunse.

«Hai ragione, inizia a fare freddo per te, hai tutta la schiena scoperta» rispose premuroso accorgendosi del mio sussulto. Avevo il volto nascosto dai capelli per cui non poteva notare il mio sguardo perso nel cielo, fonte di perdizione e vero motivo per cui preferivo rientrare prima che la malinconia mi assalisse.

Austin si alzò senza fatica, spazzolandosi le mani sui pantaloni color cammello e attendendo che anch'io lo seguissi. Peccato che avessi un piccolo, minuscolo, infimo problema tecnico, meglio noto come la combo abito corto e gradino basso.

«Se riuscissi ad alzarmi senza denudarmi» dissi a denti stretti mentre cercavo di piegare le ginocchia di lato e allo stesso tempo tentavo di evitare che il vestito si arrotolasse fino alla vita. La situazione era complicata maggiormente dai tacchi, che mi allungavano ancora di più le gambe e rimpicciolivano il mio raggio d’azione.

«Hey, per chi mi hai preso, non sono quel tipo di ragazzo» si finse indignato coprendosi gli occhi con un braccio, poi aggiunse sornione: «Aspetta almeno che troviamo una camera libera».

«Idiota» biascicai colpendogli le gambe, unica parte di lui che fosse ancora alla mia altezza, e facendolo ridere ancora di più dato la somiglianza a una foca in procinto di spiccare il volo.

Ah, le foche non volano? Ecco, immaginate le mie condizioni.

Con entrambe le mani stavo tenendo il vestito bloccato a una lunghezza decente mentre piegavo le gambe di lato per evitare che si vedessero pure le mutande. Forse sedersi su un gradino così basso con un vestito così corto non era stata proprio una saggia idea.

Puntai i tacchi a terra mentre mi sollevavo cercando di mantenere l'equilibrio e Austin mi evitò di stramazzare al suolo posando una mano sulla base della schiena, accompagnando così la mia risalita.

«Qualcosa mi dice che non sei un tipo da tacchi» azzardò, mentre mi aiutava a ritrovare il perduto equilibrio e le mie gambe acquistavano stabilità.

«Oh no, mi piacciono, sono questi strumenti di tortura che si ostinano a chiamare tacchi a spillo il problema» risposi, conscia di averli indossati praticamente di mia volontà e di non poter riversare la ira né sua mia madre né su mia sorella.

«E perché li hai messi?» domandò quindi Austin, confuso. C'erano delle logiche femminili che un maschio non sarebbe mai stato in grado di comprendere, l'arte di impressionare era una di quelle.

«Diciamo che dovevo far ingoiare la lingua a qualcuno» non mi dilungai in grandi spiegazioni, d'altronde Hurt era pur sempre un suo compagno di squadra e non volevo seminare zizzania.

«Secondo me ci sei riuscita» mi sorrise, tenendo aperta la porta e facendomi cenno di passare per prima, come un vero cavaliere.

«Grazie, Rogers» dissi sfilandogli davanti e ponendo un po' di distanza tra noi, quanto bastava affinché togliesse la mano dalla mia schiena nuda. L'aveva poggiata lì per non farmi cadere e non l'aveva più spostata, ma allora che mi ero allontanata sentivo quasi la mancanza di quel tocco leggero e caldo sulla pelle.

«Non serve ringraziarmi, adesso mi devi una cena, Miller» scherzò mentre mi seguiva in casa. Dall'interno la musica era alta per cui doveva poggiarsi direttamente sul mio orecchio per parlarmi, col respiro tiepido che si infrangeva contro il mio padiglione auricolare.

«Facciamo che ti preparo un'altra torta» patteggiai facendogli l'occhiolino mentre entrambi ci avvicinavamo alla pista da ballo improvvisata al centro del salotto con i volti quasi incollati per poterci comprendere.

«Andata» rispose sorridendomi giusto un attimo prima che venissimo raggiunti da Lucas e un altro paio di compagni di squadra, i quali ci coinvolsero nella loro improbabile e assolutamente scoordinata danza di gruppo.

Ma chi eravamo noi per farglielo notare e distruggere i loro sogni da aspiranti John Travolta?

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: flyerthanwind