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Autore: flyerthanwind    27/12/2021    1 recensioni
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La vita di Sam è quanto di più normale esista: ha una gemella che la conosce meglio delle sue tasche, un fratello con cui condivide la passione per il calcio e una squadra a cui tiene più della sua media scolastica –ma questo non ditelo alla madre!
Eppure, dal giorno in cui un vecchio amico di suo padre si trasferisce in città, la situazione prende una strana piega. Innanzitutto, le motivazioni del trasferimento appaiono strane, suo padre è strano e i sentimenti sono strani. Questo perché il figlio del tipo di cui sopra ha uno strano potere attrattivo nei suoi confronti.
Ottimi presupposti per una bella dose di disagio, non vi pare?
Genere: Commedia, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Patto con il diavolo

La festa di Margot Evans era stato l'argomento di gossip preferito delle due settimane successive. A quanto pareva erano successe tante di quelle cose – probabilmente per metà inventate di sana pianta e per metà ingigantite affinché potessero divenire pettegolezzi succulenti – che alcuni primini avevano dovuto prendere appunti per tenerle a mente.

Ecco, di sicuro quella era stata inventata.

Girava voce che la festeggiata a un certo punto fosse sparita dalla circolazione e che fosse riapparsa solo un'ora dopo, probabilmente in compagnia di qualche bel maschione. Questo dettaglio, tuttavia, era stato aggiunto a posteriori poiché nessuno dei presenti l’aveva vista allontanarsi in compagnia di un ragazzo.

Lei aveva negato tutto e nessuno se la sentiva di confermare o smentire la sua versione, specialmente a causa del caratterino tutto pepe che l’aveva portata a stringere amicizia con Amelia – e che non si risparmiava rispostacce e sguardi di fuoco a chiunque osasse inventare qualcosa sul suo conto. Avevo provato a chiedere anche a lei delucidazioni sull’accaduto, ma la mia gemella aveva negato la presenza di ragazzi appetibili per la cheerleader.

Si diceva inoltre che Martin Hurt, dopo essere arrivato alla festa nel pieno delle sue energie e pronto a “fare baldoria per tutta la notte”, avesse avuto una discussione accesa con qualcuno, dopodiché si era dileguato. Anche in quel caso i suoi compagni di squadra negarono di aver assistito a un litigio, per cui mi piaceva pensare che l'accesa discussione che aveva spento Martin Hurt fosse il breve scambio di battute avvenuto tra noi, dopo il quale l'avevo lasciato imbambolato a osservare il vuoto e rimuginare sulle mie parole.

Normalmente non mi sarei vantata di aver rovinato la serata a qualcuno, ma se quel qualcuno era un bastardo borioso che si divertiva a tormentarmi da anni senza alcun motivo preciso ma solo per il gusto di infastidirmi, allora ero più che contenta di aver ottenuto la mia piccola rivincita.

Se le cose a scuola andavano così bene, altrettanto non avrei potuto dire della mia situazione familiare. Nelle ultime settimane papà era sempre nervoso e stressato, non smetteva di lavorare nemmeno durante il weekend e neppure la mamma riusciva a capire cosa avesse. Un sottile velo di tensione si era annidato nella nostra casa, pronto ad essere squarciato al primo passo falso, che fosse masticare patatine troppo rumorosamente in salotto o provare a entrare nello studio di papà a chiamarlo per la cena.

La situazione era alquanto surreale: Lucas, Amelia e io eravamo spettatori non paganti di una sorta di teatrino che i nostri genitori mettevano in scena ogni volta che tentavano di rivolgersi civilmente la parola e che terminava sempre allo stesso modo, con la mamma che sbraitava chiedendo cosa non andasse e papà che sbuffava dicendo che erano solo cose di lavoro.

L'unico momento di pace lo vivemmo quando, un mercoledì sera di metà ottobre, Klaus Rogers si presentò a casa nostra. A giudicare dalla faccia stupefatta di papà quando mamma gli annunciò l'ospite inatteso, non immaginava nemmeno lui di ritrovarsi il vecchio compagno di college in salotto.

Passarono tre ore chiusi in ufficio, declinando anche l'invito di unirsi a noi per cenare, ma quando finalmente ne uscirono il volto di papà sembrava più rilassato, anche se ancora molto stanco. Il volto di Klaus era il suo esatto specchio, ma appariva un po' più teso e rigido.

Nei giorni seguenti l'umore di papà migliorò gradualmente, fin quando ci annunciò che aveva invitato i Rogers a pranzare da noi. Dal momento che sia io che Lucas – e di conseguenza Austin – avremmo giocato di sabato pomeriggio, mamma concordò con Meredith per la domenica.

Papà non venne alle nostre partite, né a quella di Lucas che giocava in casa né alla mia, che giocammo dall'altra parte della città; per fortuna fu un successo per entrambe le squadre, anche se i ragazzi soffrirono un po’ di stanchezza.

La fatidica domenica mattina, mamma svegliò tutti a un orario improponibile, costringendoci a darle una mano. Ormai erano due giorni che si dilettava in cucina, decisa a stupire Meredith con la sua arte culinaria, per cui a noi toccò sistemare la casa, pulire il giardino, apparecchiare il soggiorno e a me, ovviamente, preparare il dolce. Sapevo che ad Austin era piaciuta molto la torta che avevamo portato a casa sua, tuttavia non avevo avuto molto tempo a disposizione così avevo ripiegato su un più veloce tiramisù.

Quando i Rogers arrivarono da noi il giardino era perfettamente in ordine, la casa risplendeva e il dolce era ormai pronto. Meredith si lanciò in una serie di complimenti sullo stile di arredamento, una combo di moderno ed etnico, che mandò la mamma su di giri.

Io e Amelia eravamo state posizionate strategicamente in salotto, pronte ad accogliere gli ospiti e scortarli nella sala da pranzo, mentre Lucas riponeva i soprabiti in un'altra stanza.

«Benvenuta signora Rogers, io sono Amelia, è un vero piacere poterla finalmente conoscere» proferì educatamente mia sorella, che ancora non aveva mai incontrato i nostri ospiti. Il suo tono era cordiale ma vivace e il sorriso che regalò alla sua interlocutrice la fece sciogliere come gelato al sole.

«Piacere mio, Amelia, per favore dammi del tu e chiamami Meredith» rispose la donna gentilmente, stringendole la mano. C'era stato un attimo di smarrimento quando aveva visto due identiche figure ai lati della porta, ma l'aveva mascherato subito con un sorriso amabile.

Non si poteva dire lo stesso della piccola Kimberly, che ci aveva fissate per un po' prima che suo padre la richiamasse all'ordine. Austin, d'altra parte, aveva già fatto la lieta conoscenza di Amelia, per cui si limitò a salutarla con un sorriso; io, invece, venni accolta da una spintarella mentre mi chiedeva aggiornamenti circa la partita disputata il giorno precedente.

Durante il pranzo né papà né Klaus accennarono al lavoro, per la gioia delle consorti, le quali invece passarono tutto il tempo a chiacchierare: dall'arredamento si passò alla cucina, poi al giardinaggio, agli eventi di beneficenza e persino al nostro volontariato estivo in Africa. Nessuno di noi seguiva i loro discorsi, ci limitavamo a rispondere se interpellati e a parlare tra noi del più e del meno, principalmente di calcio e del pomeriggio precedente.

Quando mamma nominò il dolce vidi gli occhi di Austin illuminarsi e saettare su di me, ma lo bloccai immediatamente, conscia che non gli avrei proposto ciò che si sarebbe aspettato, ma ugualmente fiduciosa sul suo giudizio positivo.

«Non ho avuto tempo di fare la torta, dovrai accontentarti di una doppia razione di tiramisù» lo apostrofai, sotto le risate generali, passandogli il piatto con la fetta più grande.

«Se è buono almeno la metà ti puoi considerare perdonata per questa volta, ma devi comunque rifarmela» rispose per le rime mentre si apprestava ad addentare la sua fetta.

Mi presi alcuni istanti per osservarlo masticare il suo boccone e chiudere gli occhi, gustandosi a pieno ogni sapore con espressione estasiata. Muoveva la mandibola a rallentatore e gli zigomi si gonfiavano a ogni masticazione mentre la fronte si distendeva sempre più.

«Direi che sono perdonata» affermai sorridendo mentre anch'io iniziavo a mangiare. Sì, dovevo ammettere che quella volta avevo superato me stessa, mi era venuto addirittura più buono del solito.

«Se mi prometti che preparerai altri dolci ti posso offrire consulenza psicologica, penny, aiuti ad alzarti e tutto ciò che vuoi» biascicò continuando a mangiare il dolce con aria assorta, quasi volesse venerarlo prima di cibarsene.

«Fossi in te starei attento, il prossimo potrebbe avvelenarlo» mi schernì Lucas facendo ridere anche la piccola Kimberly, che avvampò dopo che lui le ebbe rivolto un sorriso complice. Amelia le riservò un occhiolino, poi si affrettò a dare man forte al fratello. «Pare che siano così buoni perché ha venduto l'anima al diavolo.»

«Oh, fatela finita, dite così solo perché non vi preparo i vostri preferiti» li zittii io sotto lo sguardo divertito di Austin. Ero contenta che i miei fratelli parlassero con lui, anche se ciò voleva dire sorbirsi i loro attacchi congiunti e, inevitabilmente, soccombere.

Lucas e Amelia erano normalmente pericolosi da soli, ma insieme potevano considerarsi invincibili. La loro complicità non aveva nulla a che fare col liquido amniotico– come per me e Amelia – o con le passioni comuni – come per me e Lucas –; prescindeva da ogni cosa, pareva insita nelle loro iridi e, sotto la loro pelle, sfrigolava per mettersi in mostra, essere notata e dimostrare quanto possono essere forti due cuori che pulsano all’unisono.

Quando poi mi aggregavo anch’io, come succedeva piuttosto spesso al di fuori delle amorevoli mura domestiche, era meglio per chiunque gettare la spugna e arrendersi prima ancora di provare a contrastarci.

«Penso che per una bontà del genere correrei il rischio» rispose Austin mentre terminava anche l'ultimo boccone del piatto di Kimberly, che si professava piena e per questo non l'aveva finito.

«Ottima risposta, Rogers» lo apostrofai, poi mi rivolsi direttamente ai miei consanguinei per proseguire quella sfida nata tra le varie portate. «Adesso possiamo combattere ad armi pari.»

«Sempre che Kimberly non decida di schierarsi dalla nostra parte» continuò Amelia, facendo l'occhiolino alla diretta interessata. Lei ci osservò alcuni istanti, restia a schierarsi in quell’ambiente che non conosceva, evitando accuratamente di guardare l'angolo in cui sedeva Lucas. Poi sorrise alla mia gemella e fece una linguaccia in direzione del fratello.

«Traditrice...» disse lui a denti stretti mentre noi iniziavamo una battaglia a chi sa fare meglio cosa che si concluse con un nulla di fatto e tante risate.

E, ovviamente, il bis di tiramisù per tutti.

 
   
 
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