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Autore: The_Red_Goliath    29/12/2021    2 recensioni
Questo è il racconto di come Thrip'ad, goliath della tribù Kuntana, si sia messo in viaggio, in cerca del suo destino e forse di qualcosa di più.
La seguente storia è ambientata nei Forgotten Realms di una campagna di D&D 3.5. Thrip'ad fa parte di un gruppo di altri avventurieri di cui potrete leggere le storie seguendo i racconti pubblicati anche da NPC_Stories e Dira nei capitoli della storia "Lathander take the Wheel".
P.S. In alcuni punti ci sarà una libera interpretazione del gol'kah (il linguaggio goliath) e della loro cultura nomade. I personaggi goliath parlando nella loro lingua madre useranno termini talvolta forbiti, ma ciò accade perché non sono degli stupidi barbari di montagna, come comunemente si ritiene. O almeno non lo sono a parere dell'autore XD
Genere: Azione, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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(Seconda parte)
 
Thrip’ad della tribù Kuntana, si alzò stiracchiandosi dalla panca su cui gli avevano detto di aspettare. La panca era troppo piccola per il suo fondoschiena, ma abbastanza resistente. In più preferiva restare seduto mentre era nelle stanze di quella guarnigione, così non rischiava di sbattere la testa in lanterne o altri oggetti appesi che pendevano dal soffitto e dagli architravi di legno.

Una voce di donna dall’altra parte di una porta aveva urlato l’ordine di farlo entrare.
Arlo era uscito prima dalla stessa porta fischiettando, all’apparenza tranquillo. Ma il goliath ormai conosceva il suo amico e datore di lavoro. Il modo in cui teneva la testa mentre camminava, lo sguardo fisso davanti a sé e il fatto che sfregasse le punte di pollice e anulare tra loro, erano tutti segni che era nervoso e anche abbastanza arrabbiato.
“La donna dall’altra parte di quella porta deve essere terribile.” pensò Thrip’ad. “Ci sarà da divertirsi!”

Dopo essersi chinato leggermente per passare dalla porta, entrò con un sorriso smagliante nell’ufficio del tenente della guarnigione del Pugno Fiammeggiante.
«Guardia, potete anche levargli i ceppi» intimò la donna al soldato che lo scortava, un omone alto quasi due metri, e col fisico di chi probabilmente doveva essersi allenato da piccolo a sollevare sacchi di sabbia sempre più pesanti. Tuttavia la sua testa arrivava a malapena alla spalla del goliath. Questi chiese alla sua comandante se fosse prudente liberare le mani di quel bestione.
«Ma certo. Il signore qui mi sembra abbastanza sveglio da capire che, per quanto sia inquietantemente alto e muscoloso, nemmeno lui riuscirebbe a scappare da una guarnigione di uomini e donne armati. Inoltre, se anche ci prendesse come ostaggi, aggraverebbe la sua posizione, fino a trovarsi tutta la città che gli dà la cacc… A cosa sta pensando?»

Per un attimo Thrip’ad valutò effettivamente di tirare una gomitata sul naso al soldato alla sua sinistra, saltare sulla donna col corpetto in cuoio borchiato e gli spallacci dall’altra parte della scrivania, afferrarla per le caviglie e mulinarla a mo’ di mazza per aprirsi la strada. Magari, una volta tolte le carte e rotte le gambe, il tavolino poteva servire da scudo … E che dire di affrontare tutte le guardie di una città …
Da un angolo della sua testa, il tossicchiare di un vecchio nano lo riportò coi piedi per terra. Erano almeno due anni che il suo senso di autoconservazione ormai si palesava come il ricordo dei colpi di tosse che dava Dumar durante i loro allenamenti di combattimento, prima di dirgli “Roccetta, meno cazzate, più pragmatico. Come ti puoi salvare davvero la pelle?”
Smise di sorridere come un ebete e riacquistò un certo contegno.

« Ah, io pensa mie capre là su montagne… Belle capre…»
“Oh cielo, l’ennesimo idiota” pensò il tenente Juniper.
“Oh bene, l’ennesima umana che pensa che io ragioni solo coi muscoli o col cazzo” pensò Thrip’ad
«Mi pare innocuo soldato Frosnic. Vada pure, ma stia a portata d’orecchio»
«SISSIGNORA, SIGNORA TENENTE!»
Il soldato batté i tacchi degli stivali ed uscì, chiudendo la porta alle sue spalle.
«Prego, si metta comodo signor… Trippa?»
«Sì, bona, bona trippa … Io ha picca picca famona»
«Immagino… Ma no, niente trippa per lei. Dicevo, lei si chiama, Tri-pad?»
«Sì, io Thrip’ad di tribù Kuntana di monti Orsraun. Tuo nome bela siniorina?»
 «Non la riguarda. Può chiamarmi tenente. Come mai un …golla? delle Orsraun è arrivato così a nord, fino a Baldur’s gate?»
«Ah boh… Io camina camina camina e sta qua»
«Capisco … Lei parla altre lingue oltre la sua?»
«Io parla gol’kah…E poco poco nanese. Ma io sta parlando tua lingua. Tu no capisce povero Thrip’ad?»
«Sì, la capisco. Ma lei mi sa potrebbe non capire tutte le mie domande. E rispondere dicendo qualcosa che potrebbe aggravare la sua posizione e quella dei suoi compari. Peccato non ci sia tempo per chiamare un mago interprete…» aggiunse Juniper assumendo l’espressione più falsamente dispiaciuta e indisponente che riusciva.
«Oppure signorina tenente così poco educata da non volermi dire nemmeno il suo cognome, potrebbe smetterla di pensare che io sia un coglione di montagna e aprire un po’gli occhi. Che dice?»

Thrip’ad le riservò uno dei migliori sorrisi a sua disposizione e si sedette direttamente per terra, scostando con un piede lo scomodo sgabellino che la donna soldato aveva piazzato lì per lui, a rimpiazzare l’altrettanto scomodo e umiliante seggiolone che aveva riservato ad Arlo.
«Sa, noi idioti di montagna siamo abituati a sedere sulle pietre e sulla terra. Quindi questo pavimento per me è una comoda poltrona. E poi posso comunque guardarla negli occhi anche seduto così.» continuò Thrip mentre incrociava le gambe e si accucciava direttamente davanti alla scrivania.

Juniper, dopo aver aperto e chiuso la bocca a vuoto un paio di volte, era diventata paonazza. Si sedette di peso sulla sua sedia e batté un pugno sulla scrivania, facendo franare a terra almeno dieci chili d’incartamenti e pergamene.
«Cominciamo male signor Trippin. Lei si sta prendendo beffe di un ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni! Lei è in stato di arresto per numerosi crimini! Vogliamo aggiungerne qualcun altro, così che per svariati anni veda solo il soffitto delle celle del tempio di Helm? Mh?»
«Non per offenderla, ma ho pensato di giocare nello stesso modo in cui stava facendo lei con me. Lei sbaglia il mio nome sistematicamente, pensa che io mi metterò a sedere scomodamente in modo da sentirsi in vantaggio mentre mi fa delle domande in una lingua non mia, insinuando che potrei non capirle … Io invece mi faccio passare per idiota quando in realtà, dopo aver vissuto per due anni sulla Costa della Spada, con gente come mastro Fitzbottle, o il signor Polidori o la nostra momentaneamente assente amica Amalena Sulien, credo di padroneggiare abbastanza bene il Comune. Pensavo ci sarebbe arrivata da sola. Invece no. Ripeto, la mia non è voglia di sfotterla. Oddio, un po’ forse sì. È che per la cultura del mio popolo, ogni cosa diventa una sorta di competizione. Chieda pure a un qualsiasi esperto di culture montane se non mi crede. Qui la gara era a chi riusciva a far passare per scemo l’altro, no? Penso di aver vinto io. Ora può anche cominciare con le sue domande, tenente.»

Juniper era diventata decisamente color fragola. Nemmeno lei saprebbe dire se per l’incazzatura, per la vergogna di essere stata presa per il naso da un barbaro di montagna o per entrambe.
Il suo primo istinto sarebbe stato quello di mandare il grosso stronzo a passare un annetto nelle prigioni di Helm. Ma resistette all’impulso e dopo aver contato mentalmente fino ad un numero ragionevole (intorno a centosessanta), riprese a parlare.

«Allora passiamo direttamente alle domande sulla serata di ieri. Si rende conto di aver aggredito il signor Board, il proprietario della locanda “Il Cinghiale Sorridente”, presso cui i suoi compagni si stavano esibendo?»
«Sì, certamente.»
«Quindi ammette di aver caricato intenzionalmente il signor Board!»
«Ammetto di averlo colpito, sebbene la mia intenzione non fosse di farlo in modo così brutale. Ma ho ancora un po’ di difficoltà a capire quanto possiate reggere voi umani. Siete davvero molto diversi tra voi. Noi goliath grossomodo siamo fisicamente tutti abbastanza simili. Litoderma più, macula meno.»
«Litocos … Lasciamo stare. Quindi lei confessa di non aver voluto colpire il signor … Klaag. Ma lei voleva colpire proprio il signor Board! E poi io sarei la scema! I suoi amici mi hanno fatta dannare per ore con scene di mutismo, o ore e ore di chiacchiere per coprirvi le spalle a vicenda! Mentre lei, pezzo di fesso, mi dice che era un’aggressione premeditata a scopo di furto! Ma lei è un pezzo di deficiente!»

Juniper sorrideva di una felicità selvaggia. Non vedeva l’ora di mandare ai ceppi per almeno due o tre anni (a seconda di quanto avrebbero stabilito i sacerdoti della giustizia di Helm) quella banda di rompiscatole. Stava già per chiamare la guardia di sentinella per dirgli di riprendere il prigioniero e poi portare l’ordine di incarcerazione ai sacerdoti perché lo convalidassero, quando Thrip’ad rise.
Era una risata sincera, di cuore e di pancia. Batteva anche una mano a terra ritmicamente e grosse lacrime gli scendevano dagli angoli degli occhi.

«Ahahahahah! Tenente lei è uno spasso… Davvero uno spasso. Ma secondo lei vado a colpire il tizio che ci deve pagare solo per fregargli le monete dalla cassa? Il signor Klaag! Ahahahah! Lei ha talento … Klaag è un disgustoso troll di merda e come tutti i troll spero bruci prima possibile. Devo ammettere che per la sua stirpe è a livelli quasi sopportabili. Ma da questo a dargli del “signore” … Ahahahahah! No. Ci eravamo messi d’accordo con le ragazze e con lui perché lanciasse un po’ di cose sul palco per dare il via alla baraonda. Certo lo stronzo, da bravo troll della merda, ha esagerato e adesso Ulla avrà tre carinissimi buchi sulla guancia destra per sempre… Ma a parte questo il diversivo ha funzionato. Questo, il lampadario in caduta libera nel locale, il signor Fitzbottle che fa credere a metà dei presenti che gli sia cascato il cazzo e gli siano cresciute le tette … Ahahahaha! Una serata davvero spassosa.»

Juniper aveva cominciato a digrignare i denti e sbavare molto. A Thrip’ad ricordava molto sia un tasso idrofobo (il bisnonno una volta lo portò a sopprimerne uno) sia la sorella di sua madre, la zia Kha’na, quando il terzo marito diede fuoco alla loro tenda per baglio. Fu piuttosto sgradevole. Altrettanto lo fu Juniper quando prese ad urlare. Qualcosa in lei aveva totalmente ceduto e non prestò più alcuna considerazione a quanto appena detto dal suo prigioniero. Davanti a se vedeva solo un velo rosso e tanti goliath deceduti in vari modi, tutti molto molto cruenti.

«LEEEIIIII! LEI NON VEDRÀ MAI PIÙ LA LUCE DEL SOLE! IO LA FACCIO SBATTERE NELLE SEGRETE PIÙ SCHIFOSE … MI PREGHERÀ DI ESSERE SBATTUTO NELLA PIANURA DELLA BATTAGLIA DELLE OSSA PER FARSI SBRANARE DAI NON MORTI! COME PENSA CHE IO MI POSSA BERE QUESTO CUMULO DI CAZZATE …»
«Battaglia delle Ossa? … Sembra un posto interessante … Come ci si arriva?»
«FUUUOOORIIIIII!»
Triph’ad venne rimesso ai ceppi e scortato in cella dal soldato colosso che lo aveva accompagnato da Juniper. Il ragazzo sembrava aver visto una manticora nell’ufficio del suo superiore.
Il goliath invece era molto rilassato.

I suoi compagni di prigionia (tranne il monaco Shanti, in pieno voto del silenzio) dalle loro celle gli chiesero come fosse andato l’interrogatorio, se la soldatessa ci fosse andata giù pesante.
La sua risposta fu “Zia Kha’na urla di meno”.
 
Circa cinque giorni dopo, vennero liberati dalle prigioni di Helm con profonde scuse.
La missione di Amalena Sulien e dei suoi ex compagni del tempio di Lathander era andata a buon fine.

Sfruttando il puro caos creato dalla compagnia dei Tre Astri del Palco, lei e il suo gruppo erano potuti arrivare di nascosto nelle cantine del “Cinghiale Sorridente”, e al passaggio segreto lì nascosto, per poter così giungere al covo di una pericolosa setta di cultisti di Belial.
Il vecchio Board era consapevole che loschi soggetti stavano sfruttando i vecchi tunnel per il contrabbando che partivano dalle sue cantine, ma non sapeva esattamente per cosa. Tuttavia il fatto che ci fossero due mezze immonde canuffate tra le sue cameriere (come si scoprì in seguito), aveva reso necessaria un’estrema prudenza per il gruppo di Sulien.
Che tuttavia conosceva le “grandi doti” dei suoi compagni di teatro nel creare caos e si era affidata a loro prima di arrivare in città. Arlo aveva elaborato il piano in appena mezz’ora. Thrip’ad ci mise almeno un giorno a capire che non avrebbe potuto uccidere il troll. Ma per essere ancora più sicuri che non ci fosse alcun omicidio, Colton lo aveva convinto a lasciare la sua amata ascia ai nani che vivevano fuori le mura di Baldur’s Gate, perché la revisionassero, pulissero ed affilassero.
Lì avevano anche ingaggiato le due mezzorche, in realtà una vecchia conoscenza di Colton, che riscattò così un vecchio debito contratto in un bordello di Athkatla circa un anno prima.

«Scusa Shanti» chiese Thrip’ad al monaco, che aveva interrotto il voto di fame, sete e silenzio e si stava ingozzando a quattro palmenti in una locanda della città coi suoi compari «ma il furto della scimmietta, a che serviva?»
«Ah quello? A niente. Era la mia scimmia. Me l’avevano rubata circa due anni fa mentre navigavo tra le isole Moonshae. Un pirata se n’era invaghito e se l’era presa. Poi si vede se ne sarà stufato e l’avrà venduta a quel suonatore di organetto. L’ho rivista nella locanda quella sera, poco prima che partisse il piano, e ci siamo riconosciuti immediatamente! Non potevo crederci. E così nella confusione sono andato da lei, ho pestato l’organettista, e l'ho salutata.»
Sulien alzò gli occhi al cielo e mormorò una mezza preghiera a bassa voce.
«Era necessario pestare il suonatore di organetto? Lui ha solo comprato una scimmia da un pirata, Shanti. Non è un crimine. Non poteva sapere fosse la tua scimmia.»
«Beh Sulien tu ci avevi detto di non farci scoprire. Che doveva sembrare una rissa da locanda genuina… Ti sembra normale andare a parlare con una scimmia nel bel mezzo di una rissa?»
«Effettivamente hai ... ragione? - ammise, pur non molto convinta, l'aasimar - Ma perché poi volevi scappare per mare con lei?»
«Ah boh. Io nella rissa, mentre mi allontanavo con Sciona (così si chiama la scimmia) ho sentito Thrip’ad urlare “Prendi la scimmia e scappa!” e ho pensato facesse parte del piano!»
«Veramente stavo urlando a Sulla “Prendi la scimitarra!”. Era dietro di te, con due grossi hobgoblin che stavano per staccarle la testa.»
«Ahhhh … Scusate. Credo di aver capito quello che volevo capire. Colpa mia.»
Arlo e Colton si diedero una manata sulla faccia quasi all’unisono. Ulla e Sulla risero con gusto. Amalena sospirò nel suo bicchiere di vino elfico. Thrip’ad soltanto chiese «Ma ora dov’è la scimmia?»
«Beh col suo amico organettista. Sono passato a chiedergli scusa, e a rimborsarlo per i danni. Lui la tratta bene e Sciona è felice. E so’sempre dove trovarla adesso. Non posso certo riprendermela, serve a quel pover’uomo per esibirsi.»
Thrip’ad rimase perplesso, mentre un angolo della sua testa si chiedeva che sapore avesse una scimmia, e se era il caso di tirare una mazzata in testa all’organettista, recuperare Sciona, e provare a cuocerla sullo spiedo. Questa volta il suo buonsenso si manifestò come il ricordo di un dolorosissimo scappellotto del bisnonno.

Mentre si massaggiava la testa, al ricordo di quell’educazione a non mangiare qualsiasi bestia si muovesse, notò che Amalena Sulien aveva uno sguardo triste e melanconico nonostante l’allegria della serata.
Fu così che quando tutti si accomiatarono per andare a dormire finalmente in un letto vero dopo giorni di tavolacci, pagliericci lerci di chissà cosa e pietre nude, Thrip’ad resistette alle avances di Ulla e Sulla e si diresse verso la terrazza della locanda, dove Amalena stava fissando le stelle.

«E così stavolta ci lasci per sempre, eh piccolo angelo?»
«Cosa? Thrip’ad oddio, sei tu. Pensavo che uno dei muri della locanda stesse parlando.» disse lei cercando di ostentare allegria.
«Non mentirmi per favore Amalena. Non sono molto sveglio con le parole, non sono Arlo… Ma so riconoscere lo sguardo che fai quando sei triste e preoccupata. In più hai lo stesso sguardo di chi sta per partire e non sa quando tornerà. È uno sguardo che conosco bene. Lo stesso che avevo io quasi tre anni fa, quando lasciai le Orsarun. Che succede?»
«È una faccenda lunga Thrip’ad. Una storia complessa che riguarda le mie origini forse angeliche, la mia vocazione a lungo sopita e il non poter rimandare il mio destino.»
«Robe di dei e guerre sacre e quelle altre menate lì?»
«Più o meno» rispose Amalena, stavolta sorridendo sinceramente «mi mancherà il tuo modo di ridurre tutto a “Oh no una seccatura” e “Oh sì finalmente ci si pesta”. Un po’ meno il rattopparti.»
«Già … Con solo Arlo, Colton e Shanti, probabilmente mi farò così male che loro non sapranno nemmeno da dove cominciare per ricucirmi.»
«Thrip’ad… Non so se tu te ne sei accorto… Ma in questi due anni che sei stato con noi hai imparato a parlare bene, a non fare a pezzi proprio tutte le locande e anche come ci si muove in una città … Tuttavia temo che per seguire noi, tu abbia messo un po’da parte te stesso.»
«Eh?»
«Thrip’ad … Non sono un’esperta di goliath … Ma uno della tua gente, alla tua età, avrebbe bisogno di farsi rattoppare così spesso? Dopo ogni singola lite?»
«Beh … no. Effettivamente non mi sembra di aver fatto grandi progressi nella lotta o nell’uso delle armi o …»
«Sono mesi che non sfoderi la tua … Come l’hai chiamata?»
«Tagliacavalli. Non ricordi? Quei briganti da quattro soldi che ci volevano rapinare nel bel mezzo dell’Amn. E io che con un colpo d’ascia ho aperto il cavallo di uno dei loro in due… Con un singolo colpo… Non mi è più riuscito.»
«Perché hai smesso di allenarti con la tua arma. E credo di sapere il perché. Un po’ per paura di rovinarla. Un po’ perché ti manca Dumar vero? Alla fine, da quanto ci hai raccontato, quel nano era più simile a te di qualsiasi altra persona tu abbia incontrato in due anni a questa parte. Io me ne devo andare Thrip. Ma forse anche tu devi riprendere il tuo cammino. E crescere ancora.»
«E Arlo? Colton? Shanti?»
«Loro sono tipi da locanda, ma non da risse. Forse così mi capisci. Tu devi trovare delle persone più da… Oddio spero non risse. Ma che all’occorrenza possano mettersi spalla a spalla con te e combattere.»
«O che possano aiutarmi mentre combatto, come facevate voi con trucchi, magie e canzoni magiche»
«Hai ragione… Forse un mix di entrambe.»
«Si… Però in tutto questo non mi hai ancora spiegato perché te ne vai.»
«Mettiamola così… Quello che mi hai sempre visto fare non è tutto ciò che so fare. Mi sono sempre trattenuta un po’. Ora mi è richiesto di “scatenarmi” un po’ come fai tu. E dove vado io, tu e gli altri potreste essere in pericolo. Un pericolo tale da cui nemmeno le mie protezioni vi caverebbero di impaccio.»
«Oh… Alla fine quindi vai in una squadra più forte …»
Amalena fu sul procinto di mettersi a piangere. Ma si accorse che nelle parole del goliath non vi era biasimo o delusione. Ma un tacito “Fai bene, fossi in te, avrei fatto lo stesso”. Forse, era riuscita finalmente a capire il bizzarro modo di pensare del goliath.

Tuttavia il goliath era davvero triste. Non perché fosse troppo poco forte per fare ancora squadra con Amalena. No. Era solo perché stava per salutare un’altra amica. E forse non solo lei.
La spropositata figura del goliath si voltò e ri-incamminò verso l’interno della locanda. Ma prima di sparire nell’ombra delle sale interne si voltò un attimo. La luce delle stelle fece vedere ad Amalena il suo sorriso un po’ folle.

«Amalena, tuttavia stavolta non è un addio come con Dumar. E se mai ti trovassi nei guai, nonostante la tua “forza che ci hai tenuto nascosta”, non esitare a cercarmi. Chissà, nel frattempo potrei essere diventato abbastanza forte da aiutarti»
Detto questo si ri-incamminò verso le sale interne, con passo lento ma sicuro.

Amalena Sulien tornò a rivolgere una preghiera alle stelle «Oh astri del firmamento, oh superni Guardiani Celesti, e tu stella celata, ma che al mattino risplendi unica e sola, Mio Signore Lathander, ponete la vostra protezione sui miei amici, anche quando sarò lontana da loro. Thrip’ad, goliath della tribù Kuntana. Se solo tu sapessi quanto mi hanno detto le stelle, saresti molto stupito di quello che stai per affrontare. Pensi che il tuo viaggio sia cominciato circa tre anni fa. Ma ti sbagli. Il vero viaggio, comincerà tra poco.»
 
Immobili nel cello le stelle tremarono leggermente. Le stelle della costellazione che molti popoli di Toril chiamavano “Del Montone Selvaggio” lo fecero con più intensità delle altre.
Amalena Sulien, rincuorata, lasciò la locanda e Baldur’s Gate quella notte stessa.
Solo le stelle sanno se vi fece mai ritorno.
   
 
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