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Autore: eddiefrancesco    02/01/2022    1 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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Le due ragazzine si precipitarono attraverso l'uscio sgomitando e tirandosi l'un l'altra per le vestine. La più piccola afferrò con ferocia una ciocca di capelli della sorella, che strillo' senza ritegno e si vendico' strizzandole con violenza il naso, e tirandolo come se volesse strapparglielo via. Nel giro di pochi secondi, stavano rotolando sul tappeto, lottando come monelli di strada. Lord Moran e la moglie le guardavano inorriditi. Forse non erano avvezzi a scene di quel tipo e probabilmente era la prima volta che capitava loro di vedere che le figlie potevano essere preda di passioni forti e sentimenti violenti. «Bambine!» Odyle sentì la propria voce risuonare nella stanza con una forza insperata. Non aveva avuto intenzione di urlare, ma il suo tono sorti' l'effetto sperato, richiamando l'attenzione delle due pestifere ragazzine. «Pensavo che mi sarebbero state presentate due signorine, non un paio di scimmiette da circo...» disse, cercando poi di assumere un tono più gioviale e scherzoso quando colse l'occhiataccia che Lord Moran le lanciò nel sentirla usare quell'appellativo. «Ovviamente, è soltanto un modo di dire... francese!» si affretto' a chiarire. «Agnese, vergognati! Ti pare questo l'esempio da dare a tua sorella?» Lord Moran redargui' la figlia maggiore tirandole l'orecchio. «E tu, Ernestine, non ti sembra di aver esagerato?» Ernestine si alzò con aria contrita, congiungendo le manine in grembo e rimanendo davanti al padre con lo sguardo fisso sul pavimento. «Quante volte vi ho detto che non dovete fare rumore? A me e alla mamma non piace essere disturbati. Dovete stare buone e in silenzio, almeno quando siete con noi.» A Odyle non sembrava che quello potesse essere un buon sistema educativo, né che in futuro avrebbe avuto qualche presa su quelle creature, ma preferì rimanere in silenzio. Così, dopo qualche minuto di imbarazzante ramanzina, fece la conoscenza delle signorine Agnese ed Ernestine, rispettivamente di nove e sette anni. Agnese era una bambina alta e magrolina, con il viso affilato, simile a quello della madre. Doveva essersi offesa per essere stata redarguita dal padre di fronte a una perfetta sconosciuta, anche se probabilmente era in grado di riconoscere il proprio errore. Ernestine, più piccola e paffuta, sembrava aver già scordato l'episodio e le sorrise passandosi l'indice sotto il naso. «Non hai il fazzoletto?» le domandò Lord Moran, severo. Lo sguardo truce del padre ebbe l'effetto di far tremolare il labbro inferiore della bambina. «No, papà, l'ho dimenticato di sopra» rispose la piccola. «Ecco, prendi il mio» Odyle si chino' e offrì il proprio fazzoletto alla bambina. «È pulito.» le assicurò vedendola indecisa. A un cenno del capo da parte del padre, la piccola accettò. «Siete la nostra nuova bambinaia?» domandò cautamente Ernestine. Anche Odyle aspetto' un cenno di assenso da parte di Lord Moran. E quando arrivò rispose: «Si». Dalla parte opposta della città, mentre Miss Odyle Chagny cercava di impressionare favorevolmente i suoi nuovi datori di lavoro, Lord Tristan Brisbane usciva dall'abitazione del dottor Oswald, con il quale aveva ritenuto di diversi consultare a causa di una lettera che aveva ricevuto quella mattina. Paul Oswald era suo amico dai tempi di Oxford, dove avevano condiviso la passione per le scienze e le tecnologie dell'era moderna. Di famiglia alto borghese, aveva orgogliosamente portato a termine i suoi studi nel campo della medicina, diventando poi uno dei medici più in vista di tutta Londra, mentre Tristan, cui la famiglia di nobile lignaggio aveva concesso di studiare purché, finita l'università, si facesse carico del patrimonio avito, si era permesso di indulgere in sperimentazioni tecnologiche, che erano rimaste la sua segreta passione. Si era attardato più del previsto a casa di Oswald, che considerava il suo più caro amico, ed era per questo che si affrettava verso il club, dove aveva un appuntamento. Senza di lui, a Mr. Andrews sarebbe toccato attendere fuori dalla porta, essendo White's un circolo esclusivo cui solo i Pari del Regno potevano iscriversi e dove a nessun altro era concesso di entrare senza l'invito specifico di uno dei membri. Aveva preferito dargli appuntamento lì piuttosto che a casa sua, perché sapeva che avrebbe potuto approfittare di uno dei salotti privati e avrebbe potuto contare sulla discrezione dei gestori. Le strade di Londra erano ancora affollate, nonostante l'ora tarda, e si avvertiva l'odore intenso dei fumi del carbone che uscivano dalle stufe delle case annerendo la città. Per fortuna anche Mr. Andrews era in ritardo, perché riuscì a precederlo al club nonostante fossero quasi le sei di sera. Tristan borbotto' un saluto al cameriere e, passando per il grande salone comune, si fece accompagnare in una delle salette private. Immagino' gli sguardi curiosi dei gentiluomini presenti, pochi a dire il vero, e si sforzo' di rispondere ai loro falsi sorrisi con cordiali cenni del capo. «Grazie, Wilkins. Sto aspettando un tale Mr. Andrews» disse al cameriere. «Portatemi del brandy con due bicchieri, per cortesia.» Tristan sbuffo' lasciandosi sprofondare in una poltrona con l'intento di rilassarsi. Se non avesse fatto troppo tardi, medito', avrebbe potuto concedersi un viaggio in metropolitana, prima di andare a casa. Da Paddington a King's Cross, su quei piccoli treni che viaggiavano al di sotto del tessuto urbano e che tanto lo affascinavano. Si versò un bicchiere di brandy e constato' che l'atmosfera di White's era abbastanza piacevole da consentirgli di rilassarsi e da permettere ai suoi pensieri di fluire in libertà. Lui però avrebbe preferito non pensare. Tra non molto avrebbe compiuto trentotto anni... Non si sentiva vecchio, ma era stanco. Gli ultimi tredici anni l'avevano provato nel fisico e nella psiche, e non poteva fare a meno di chiedersi per quanto si sarebbe prolungata quell'agonia. Le notizie che gli erano giunte da Blackborough non erano affatto rassicuranti...I domestici mordevano il freno e il maggiordomo stentava a mantenere la situazione sotto controllo. Avrebbe dovuto recarvisi al più presto. Si passò una mano tra i capelli chiari, e si stropiccio' il volto. «Buonasera, milord.» Andrews era arrivato a porre fine al flusso dei suoi pensieri. «Andrews... Prego, accomodatevi.» L'uomo, un giovane sulla trentina vestito in modo austero, come un impiegato di banca, posò a terra la valigetta che aveva con sé e si sfilò gli occhiali per strofinare le lenti con un fazzoletto. «Brandy?» gli domandò Tristan. «Grazie, milord...» Christian Andrews era piuttosto intimidito e si guardava attorno prendendo nota di ogni caratteristica di quel posto. L'indomani mattina si sarebbe potuto vantare con i colleghi di essere stato ammesso nel più esclusivo club dell'aristocrazia inglese e voleva ricordarne ogni particolare. Sua Signoria, seduto di fronte a lui, faceva roteare il liquido ambrato nel bicchiere e lo guardava con aria indolente. Quello era il ritratto di un uomo che nella vita non aveva mai dovuto lavorare e si era adagiato sulla ricchezza dei suoi avi come un bambino nella propria culla, si disse. Il suo viso era segnato dall'età e da alcune piccole cicatrici su una guancia, ma doveva ammettere che aveva un certo fascino. Gli occhi chiari erano intelligenti e vispi, mentre le spalle, benché possenti, erano incurvate e lo facevano sembrare un po' goffo. Lord Tristan Brisbane, in ogni caso, dovette ammettere Andrews seppure con riluttanza, era dotato del fascino aristocratico nei cui confronti i borghesi come lui ostentavano tanto disprezzo, ma che invece, segretamente, invidiavano e ammiravano. «Me l'avete portato?» domandò Tristan. «Sì, signore.» Andrews sollevò la valigetta e se l'appoggio' sulle ginocchia. «Come vi avrà detto Mr. Oswald, è un autentico gioiello... Ho dovuto contrattare molto con il precedente proprietario per averlo» concluse aprendo il lungo astuccio che aveva portato con sé.
   
 
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