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Autore: moira78    04/01/2022    5 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I see trees of green
Red roses too
I see them bloom
For me and you
And I think to myself
What a wonderful world

I see skies of blue
And clouds of white
The bright blessed day
The dark sacred night
And I think to myself
What a wonderful world

The colors of the rainbow
So pretty in the sky
Are also on the faces
Of people going by
I see friends shaking hands
Saying how do you do
They're really saying
I love you

I hear babies cry
I watch them grow
They'll learn much more
Than I'll ever know
And I think to myself
What a wonderful world
Yes, I think to myself
What a wonderful world
Ooh, yes

 
***
 
(Vedo alberi di verde
Anche rose rosse
Le vedo fiorire
Per me e per te
E penso tra me e me
Che mondo meraviglioso
Vedo cieli blu
E nuvole bianche
Il luminoso giorno benedetto
L'oscura notte sacra
E penso a me stesso
Che mondo meraviglioso
I colori dell'arcobaleno
Così belli nel cielo
Sono anche sui volti
Delle persone che passano
Vedo amici che si stringono la mano
Dicendo come stai
In realtà stanno dicendo
che ti amo
Sento piangere i bambini
Li guardo crescere
Impareranno molto di più
di quanto io non saprò mai
E penso a me stesso
Che mondo meraviglioso
Sì, penso tra me e me
Che mondo meraviglioso
Ooh, sì)

(What a wonderful world - Louis Armstrong)

 
 
Coronamento di un sogno

Candy si guardò al grande specchio che avevano predisposto per lei nella stanza dove si stava preparando e si emozionò proprio come quando aveva scelto quell'abito.

"No, cara, ti prego, non piangere! Non credo che sarei capace di ritoccarti il trucco e Annie si è già allontanata per prendere posizione sulla collina!", la supplicò Miss Pony.

Ricacciò indietro le lacrime deglutendo con vigore e respirò a fondo: "Mi... mi tremano le gambe", disse con voce rotta.

"È normale, tesoro, stai per sposare l'uomo che ami! Ricordo che io ho provato qualcosa di molto simile quando ho deciso di dedicare la mia vita a Dio, anche se si tratta di due sentimenti diversi", intervenne Suor Lane, mettendosi dietro di lei per sistemarle il velo.

Candy controllò che i fiori di rudbeckia fossero ben fissati sulla sua chioma: i capelli, ormai, le superavano le spalle di un paio di dita. Sarebbe piaciuta quella semplice acconciatura ad Albert? Avrebbe apprezzato l'abito di tulle e organza così elegante ma al contempo etereo come una nuvola?

Non era mai stata vanitosa, ma quel vestito doveva simboleggiare la loro unione e lei voleva, come pensava desiderasse ogni sposa, che fosse perfetto. Aveva anche indossato i gioielli di famiglia che la zia Elroy le aveva dato in vece di Albert: si era detta assolutamente d'accordo con la sua decisione e Candy aveva sospettato che non fosse solo per una mera questione di tradizione.

Aveva gli occhi lucidi mentre le consegnava la collana e il bracciale di smeraldi appartenuti alla madre di suo nipote e, prima di lei, a sua nonna. Li indossò con orgoglio pensando che fossero semplici ma luminosi, proprio come la Collina di Pony.

"Riflettono il colore dei tuoi occhi", commentò Suor Lane alle sue spalle, appuntandole meglio il velo perché non coprisse i fiori.

Candy provò a fare qualche passo con le scarpe dal tacco più alto di quanto fosse normalmente avvezza e sperò di poterle indossare a lungo senza troppi problemi.
"Posso chiamare i bambini?", domandò Miss Pony avvicinandosi a sua volta.

Lei strinse i lembi del vestito, a disagio. Aveva rimandato quel momento per vergogna, per mancanza di tempo e per tutta una serie di scuse con se stessa che non riusciva più a formulare. La verità pura e semplice era che, pur avendo una felicità traboccante nel cuore, il timore di non essere in grado di affrontare quella sera si stava facendo sempre più pressante.

Non sapeva cosa aspettarsi. Non sapeva se poteva chiedere. Non sapeva se erano sufficienti le sue conoscenze da infermiera e temeva alcune voci, piuttosto sgradevoli a dirla tutta, che aveva udito in società.

"Tesoro, cosa c'è? Parla liberamente". Suor Lane sembrava averle letto dentro.

"È che... è che... Annie non si è più sposata e io non sapevo con chi parlare...". La voce le tremò e capì che doveva controllarsi prima di mettersi a piangere e rovinare il trucco. "Non so cosa devo fare", disse in un mormorio che dovette suonare alquanto indistinto.

Dallo specchio, vide le sue mamme guardarsi esterrefatte. "Ma, tesoro, la tua prozia non ti ha parlato o ha trovato una giovane parente che potesse farlo per lei?", domandò Suor Lane. Nonostante fosse una serva di Dio, riusciva ad affrontare certi argomenti con maggior disinvoltura della più anziana Miss Pony. Tuttavia, sapeva bene che nessuna delle due aveva mai avuto un marito, quindi non poteva far altro che esprimere il suo timore.

"No", disse. "Immagino che per lei sia stato già un grande sforzo accettarmi come moglie di Albert e consegnarmi quei gioielli", spiegò.

Le donne si guardarono di nuovo, a disagio, e Candy capì che si era lasciata sopraffare dalle emozioni: "Perdonatemi, mi dispiace, non avrei dovuto farvi preoccupare... Dopotutto sono un'infermiera...". Cercò di rassicurarle, ma loro la conoscevano da sin troppo tempo.

"Candy, tesoro mio", iniziò Miss Pony, "anche se non possiamo aiutarti, una cosa te la voglio dire: non devi avere paura. Tuo marito ti ama e saprà... saprà prendersi cura di te", concluse sorridendo con un rossore appena accennato sulle guance.

"Io... temo di deluderlo, di non essere...". Pur essendosi ripromessa di non farle stare in pena, non poté fare a meno di esprimere quel particolare timore, tormentandosi le mani.

"Piccola mia, voi due vi conoscete da tanto tempo", intervenne Suor Lane, "non credi che sia più facile parlarne con lui? Io sono sicura che il signor Albert sarà come sempre un uomo paziente e comprensivo. Solo questo conta. I... doveri coniugali sono solo una parte del matrimonio".

"Esatto!", disse con fervore Miss Pony. "Quello che contano sono l'amore e la dedizione che avrete uno per l'altra. Non c'è nulla che non possiate affrontare insieme".

Finalmente, Candy sorrise e le abbracciò con trasporto. "Lo amo tanto! Sono così contenta che vorrei solo fosse tutto perfetto. Voglio davvero renderlo felice ed essere felice con lui. Abbiamo sofferto tanto!".

"Quando due anime gemelle sono affiatate come voi non c'è nulla che possa intaccare questa intesa, sotto nessun punto di vista, capisci, tesoro?", aggiunse Miss Pony sistemandole una ciocca ribelle. "Sii sempre te stessa e rimani al suo fianco nelle gioie e nei dolori, come dice nostro Signore, e tutto andrà bene".

Già, proprio come si erano promessi tante volte, ancora prima di ammettere quanto forti fossero i sentimenti che albergavano nel loro cuore.

Si era davvero preoccupata che Albert non capisse? Che la... potesse costringere a fare qualcosa di sgradevole senza che prima si parlassero? Le sue paure non svanirono, ma si ridimensionarono grazie alle parole confortanti delle sue mamme. D'altronde, Albert era più grande di lei di qualche anno e, anche se non le piaceva immaginarlo con altre donne, era certa che avrebbe saputo come guidarla.

Lui avrebbe saputo cosa fare.

Con il cuore più leggero, si dispose a uscire dalla stanza e recarsi da papà albero, sulla Collina di Pony, per sposare l'uomo che amava.
 
- § -
 
Sulla Collina di Pony il leggero vento di fine estate era ancora caldo e accarezzava gli steli d'erba, facendoli frusciare assieme alle fronde di papà albero in una sinfonia carezzevole e deliziosa.

Albert posò lo sguardo sull'arco di fiori, riccamente decorato con Dolce Candy provenienti dal giardino di Lakewood e di rudbeckia, colti nelle campagne circostanti proprio quella mattina. Alle sue spalle, il sacerdote era già dietro all'altare allestito per l'occasione mentre di fronte a sé, in direzione della Casa di Pony dove stava guardando nervosamente da minuti interi, c'erano due file di sedie che ospitavano gli invitati.

Gli sembravano passate ore e Candy ancora non si vedeva. Senza alcun senso logico, ripensò a lei senza memoria che lo aveva lasciato solo su quella collina e che non era tornata indietro per fermarlo il giorno in cui se n'era andato.

Doveva calmarsi, chiudere gli occhi e respirare profondamente: Candy sarebbe arrivata e non l'avrebbe più abbandonato. Ne era certo.

Tuttavia, proprio mentre il panico cominciava ad attanagliargli le viscere in una morsa e un rivolo di sudore freddo gli accarezzava insidioso una tempia, Albert vide delle figure in lontananza.

Una era bianca, eterea, meravigliosa e ne poteva distinguere la luminosità già da dove si trovava.

I mormorii cessarono e tutte le teste si voltarono in quella direzione, come se gli avessero letto in volto che la sposa, alfine, stava arrivando.

Il cuore prese a battere forte contro il torace mentre un'emozione, che aveva tante volte immaginato e solo ora provava davvero, lo stava letteralmente sommergendo con una potenza tale da stringergli la gola in un nodo di pura commozione.

Sbatté le palpebre più volte, gli occhi che bruciavano mentre metteva a fuoco la sua Candy vestita da sposa con un abito che sembrava essere stato fatto apposta per lei, al braccio di Vincent Brown e con le sue mamme ai due lati. Tra i capelli aveva intrecciato rudbeckia e rose e, con il bouquet in mano, sembrava una ninfa dei boschi. Incedeva piano, con lo sguardo puntato nel suo e vide il brillio delle lacrime come fossero rugiada su una foglia di ninfea.

Si asciugò con discrezione l'angolo dell'occhio destro e tentò di trattenere le sue emozioni traboccanti allungandole una mano per accoglierla accanto a sé, nel luogo dove sarebbe sempre rimasta da quel momento in poi.

Candy lo fissò con qualcosa di simile all'adorazione e lui le sfiorò leggermente una guancia con le nocche, tentando di non stringerla a sé e baciarla come avrebbe voluto: sulle labbra piene aveva messo appena un filo di rossetto e le guance erano imporporate da qualcosa che poteva essere cipria o emozione in egual misura.

"Mio Principe della Collina", mormorò con voce rotta.

Le sorrise: "Mia amata Candy", ribatté prima che il parroco si schiarisse la voce per officiare la cerimonia, interrompendo un momento che avrebbe voluto diventasse eterno.

Albert pronunciò i suoi voti e udì quelli di Candy sentendo a malapena il resto della breve predica. Non c'erano gli invitati, certamente commossi e con i fazzoletti in mano dietro di loro; non c'erano le voci dei bambini che ridacchiavano a bassa voce nominando spesso la loro Candy con un misto di eccitazione e pura gioia infantile. C'erano solo loro due, che si scambiavano le fedi e si guardavano negli occhi immersi in quel momento così pieno, così magico che sembrava appartenere a una favola.
Quando, infine, il sacerdote gli diede il permesso di baciare la sposa, Albert sentì un calore invaderlo dal centro del torace fin sul viso e si chinò per sfiorare le labbra di quella che ora era sua moglie. Lo fece con dolcezza, con tenerezza, come se potesse svanire al suo tocco, ma vi impresse tutto l'amore che provava.

Occhi chiusi, respiro contro il suo respiro, il fremito di lei e poi il suono della cornamusa di Archie, anche lui in kilt. Fu il primo a fare loro le congratulazioni quando quel bacio delicato finì, seguito da Annie e Patty, commosse fino alle lacrime.

Guardava Candy muoversi e ricevere gli abbracci, ma lanciargli occhiate piene di gioia e aspettativa: se avesse potuto, sarebbe fuggito con lei in quel preciso istante. Si guardò persino attorno, mentre lei era distratta da un'ondata di piccoli urlanti che le si attaccavano al vestito chiedendole di essere abbracciati a loro volta.

Individuò George e la zia Elroy che si stavano avvicinando e capì che era in trappola: nessuna fuga romantica, nessun colpo di testa. Quel giorno avrebbe seguito le regole.

"Beh, congratulazioni", la mano sulla spalla e la voce nota lo fecero trasalire perché non si aspettava che Terence si fosse avvicinato. Karen gli era accanto e sorrideva.

"Bene, mi siete arrivati alle spalle senza che me ne accorgessi", commentò con un sorriso, voltandosi per salutarli come si conveniva.

"Stavamo studiando le tue mosse per sorprenderti! Confessalo, stavi cercando una via di fuga, ho ragione?", disse Terence facendo ridacchiare la fidanzata.

Albert spalancò gli occhi: "Come diamine hai fatto a capirlo?".

Lui lanciò un'occhiata a Karen che d'improvviso arrossì e ribatté, enigmatico: "Diciamo che ho l'occhio allenato".

Sbatté le palpebre, ma mentre cercava di comprendere il senso delle sue parole, Candy comparve al suo fianco, facendogli perdere il filo del proprio ragionamento.

Dopo i convenevoli e un misterioso occhiolino da parte di Karen, Terence disse con grande serietà: "Mi raccomando, Tuttelentiggini, abbi cura del mio amico giramondo. E tu non azzardarti a far soffrire Candy o dovrai vedertela con me". Detto questo, come per controbilanciare quell'intensa dimostrazione di amicizia, baciò Karen in maniera decisamente meno casta di quanto non si fosse azzardato a fare lui con Candy davanti all'altare.

La guardò e nei suoi occhi dovette leggere il suo desiderio di emularli, perché un lieve rossore le salì alle guance.

"Noi vi seguiamo a ruota fra un paio di mesi. Spero sarete tornati dalla luna di miele", annunciò Karen quando il fidanzato la lasciò andare.

"Ma certo! Staremo via per poco più di un mese, vero Albert?", disse Candy.

Lui annuì: "Sì, torneremo prima che l'autunno diventi rigido e comunque avremo modo di viaggiare insieme durante le mie trasferte", sottolineò stringendola a sé con un braccio.

Sua moglie. Candy era sua moglie. Poteva stringerla senza timori, proprio come faceva Terence con Karen pur non avendola ancora sposata.

"William, Candice". La voce altera della zia Elroy li raggiunse e si voltarono nello stesso momento, mentre la coppia si allontanava per dare loro modo di parlare. "Lasciate che vi faccia le mie congratulazioni. Sono certa che questo matrimonio darà prestigio alla nostra famiglia, specie se Candice continuerà a studiare per diventare una vera signora".

"Zia...", iniziò con tono di avvertimento.

"Ma sei già sulla buona strada, quindi non ne dubito", concluse facendoli sorridere, entrambi più sollevati. "Spero anche di vedere presto un erede...".

"Zia...", ripeté Albert in tono più alto, vedendo Candy arrossire.

"Va bene, va bene, dovevo dirvelo, sapete quanto è importante che il nome degli Ardlay rimanga solido anche in futuro", li liquidò con un gesto della mano. "Ora volete dirmi dove si terrà la festa principale? Questa collina mi sta spezzando la schiena e vorrei sedermi poggiando su un pavimento solido".

Candy indicò alla zia l'edificio principale, dove era stata allestita la sala più grande ma, soprattutto, una porzione di giardino per servire il pranzo di nozze. Con una smorfia poco convinta, la donna si incamminò seguita dalla sua cameriera personale e loro rimasero per qualche istante da soli.

"Sei felice?", le chiese prendendole il volto tra le mani e preparandosi a baciarla.

Lei chiuse gli occhi a quel tocco: "Che domande, ho sposato il mio Principe della Collina, l'uomo che mi è stato accanto per tutta la vita nei momenti più difficili, colui che mi fa battere il cuore come nessun altro! Come potrei non esserlo?".

Le labbra incurvate in un sorriso, Albert sfiorò il naso col suo: "Ti amo", soffiò prima di catturarle la bocca in un bacio vero, appassionato, quello che poco prima avrebbe voluto darle.

Stretto a lei sulla loro collina, sposati e con i fantasmi del passato finalmente lontani, Albert si sentì completo, in pace con il mondo intero.

Dopotutto, anche se fossero arrivati un po' in ritardo alla festa non ci sarebbe stato nulla di male.
 
- § -
 
Annie si sentiva quasi un'estranea nel suo stesso corpo. Era nel luogo in cui era cresciuta, anche se quell'ala era stata costruita dopo assieme alla cappella per volere di Albert, circondata da tante persone che amava ed era il matrimonio di quella che aveva sempre considerato una sorella.

Eppure era immersa in una specie di torpore nel quale l'unica costante che la facesse uscire da quella nebbia era Archie. Come al rallentatore, vedeva Candy e Albert ballare al centro della sala, mentre l'orchestra chiamata appositamente da Chicago suonava, i loro occhi pieni d'amore che si fissavano con un'intensità tale che sembravano emanare luce propria; vedeva i bambini estasiati ballare in mezzo alle altre coppie improvvisate, inclusi Patty e George; ma, soprattutto, vedeva lui in un angolo, con i suoi genitori a fare da barriera, che parlavano tra loro a bassa voce proprio nel suo campo visivo.

Per un attimo le parve che le loro labbra dicessero parole che lei comprese nonostante il rumore e la distanza.

Mai più. Separati. Tutto il possibile.

Improvvisamente colta dal panico, Annie si ricordò che Archie sarebbe partito entro pochi giorni. Non c'era più tempo di mettersi a pregare e chiedere le motivazioni, quasi sempre futili: doveva prendere una decisione e doveva prenderla ora.

"Vuoi ballare?". La voce alle sue spalle la fece gridare. Annie era certa che chiunque avesse parlato avesse letto i suoi pensieri e stesse per riferirli ai suoi genitori.

Ma, quando si voltò, vide solo Tom, sul viso un'espressione esterrefatta: "Scusami, ti ho spaventata?", chiese chinandosi su di lei.
Si alzò di scatto dalla sedia che si rovesciò: "No, tranquillo", disse in tono affettato, i nervi tesi.

Tom si abbassò lentamente per tirare su la sedia: "In realtà sembra che tu abbia visto il diavolo in persona. So che è da un po' che non ci incontriamo e, da quello che ho letto sui giornali, hai avuto qualche problema con il tuo fidanzato".

"Non è più il mio fidanzato", disse cominciando a piangere. Non era previsto, quel pianto la sorprese come un temporale estivo e si mise una mano sulla bocca fuggendo fuori, dove c'erano solo alcuni ospiti che, per fortuna, parvero degnarla appena di uno sguardo.

Annie corse fino a un faggio, sotto al quale crollò a sedere, le mani tra i capelli e i singhiozzi che le squassavano il petto. Quando sentì dei passi sull'erba e una mano sulla spalla, capì che era il suo vecchio amico.

Non le disse nulla, limitandosi a quel contatto e a qualche lieve carezza sulla schiena. Apprezzò la sua vicinanza, ma anche il fatto che non cercasse di consolarla con frasi fatte che l'avrebbero solo fatta sentire peggio.

Quando le parlò, si sorprese a smettere quasi di piangere per ascoltarlo: "Sai, me lo ricordo quel giorno, quando Suor Lane e Miss Pony vi hanno portate a casa, vi avevo sentite piangere proprio io. Ero solo un bimbetto, ma ogni volta era come se arrivassero altri fratellini e sorelline con cui giocare. E voi due eravate così diverse tra voi! Eppure, man mano che crescevamo, trovavamo tanti modi per divertirci... ti ricordi quando nevicava e ci prendevamo a pizzicotti per rimanere svegli e aspettare che diventasse tutto bianco?".

Annie si sorprese a ridere fra le lacrime, annuendo e asciugandosi gli occhi con un fazzoletto mentre Tom si sedeva accanto a lei, la schiena contro il tronco.

Era incredibile quanta serenità le stesse trasmettendo solo ricordandole il passato.

"Sono stato molto in pena per Candy e vederla senza memoria mi ha colpito profondamente. Forse solo tu puoi comprendere quanto vederla felice oggi per me equivalga quasi al coronamento di un sogno. Però adesso sono preoccupato per te: mi rendo conto di aver sottovalutato quello che ho letto sui giornali e comunque non ti sei più fermata tanto a lungo da farci una chiacchierata". Sospirò guardando davanti a sé, staccò uno stelo d'erba e se lo mise tra le labbra.

Non le chiese nulla, ancora una volta le lasciò semplicemente il suo spazio, esponendo dei dati di fatto. Annie osservò il suo profilo, l'immancabile cappello da cow boy anche con il vestito della festa e si rese conto di quanto fosse diventato affascinante il suo fratello acquisito. Ebbe quasi l'impulso di chiedergli come mai non si fosse ancora trovato una fidanzata, ma si trattenne: non sapeva nulla di lui, questa era la verità, e neanche si sentiva in diritto di chiederglielo.

Non più di quanto Tom avesse fatto domande a lei.

"Sono stata io a lasciare Archie, ma non perché sia andato in prigione. È... è successo prima". Si ritrovò a confessare tutta la storia a Tom, raccontandola per la prima volta nella sua interezza a voce alta. Fino ad allora, solo Candy ne conosceva tutti gli aspetti.
Ma aveva bisogno di parlare con un amico fidato, di gettare via tutte le incertezze, i dubbi, gli abbagli, incluso quello che aveva preso poco dopo che Candy aveva recuperato la memoria: fu con somma vergogna che gli confessò la sua insensata scenata di gelosia di fronte all'atteggiamento fraterno di Archie e Candy ma, di nuovo, lui non disse nulla e rimase solo ad ascoltare.

Alla fine le chiese: "Quindi, adesso, che hai intenzione di fare?".

Annie rimase per lunghi istanti a fissare quel bel profilo in apparenza rilassato, gli occhi persino chiusi. Si tormentò le mani, mentre il vento gentile le si insinuava fra i capelli come tante volte avevano fatto le mani di Archie.

Non poteva opporsi al volere dei suoi genitori, anche se era maggiorenne. Loro l'avevano adottata e non meritavano la sua ribellione. Le avevano dato quella seconda possibilità che raramente la vita concedeva.

Fu allora che prese la sua decisione definitiva.

E la comunicò a Tom.
 
- § -
 
Candy era persa negli occhi e nel volto di Albert. Tutto girava e girava e forse si stavano librando nell'aria, tra le nuvole.

Ma il loro ballo da sogno s'interruppe ed entrambi furono costretti a raggiungere gli altri invitati per ricevere le congratulazioni, ringraziarli per la loro presenza e gustare con loro le prelibatezze del banchetto.

Quel giorno, però, Candy si sentì egoista come mai le era accaduto in vita sua: voleva solo godersi ogni momento possibile con suo marito, ripetersi nella mente quei due termini per convincersi che era tutto reale e forse anche per convincere lui, che la guardava spesso con un'espressione di dolce incredulità.

Ogni volta doveva impedirsi di baciarlo e rassicurarlo, stringendolo a sé e ripetendogli che sarebbero stati insieme per sempre.
"Candy, la zia Elroy vuole che faccia un discorso", le mormorò all'orecchio mentre lei posava il flute con lo champagne sul tavolo.

"Devo parlare anche io?", domandò un po' spaventata, ricordando la festa di fidanzamento.

"Solo se lo vorrai", ribatté posandole le labbra sulla tempia. E lei capì che per Albert avrebbe parlato in pubblico anche ore intere.

Si posizionarono in giardino, da un lato della tavolata su cui era stata appena adagiata la torta nuziale di cinque piani, meravigliosamente decorata con fiori e panna. Albert le prese la mano e, mentre si preparava a parlare, Candy poté vedere quasi le stesse persone che erano presenti a Chicago per l'annuncio del loro fidanzamento: i componenti del clan Ardlay sembravano tutti fuori dal loro ambiente naturale, l'aria un po' spaesata ma tutto sommato serena. Rivide con piacere il viso rubicondo e sorridente del signor Campbell e notò l'assenza di quel mister Glenn che l'aveva messa in difficoltà: ne fu davvero lieta.

Si concentrò su coloro che conosceva meglio e che, a parte la zia Elroy, ancora un po' sulle sue, avevano espressioni gioiose e interessate, mentre si predisponevano ad ascoltarli. Le dispiaceva un po' che Adrian non fosse presente, ma sperò con tutto il cuore che avesse raggiunto Frannie e l'avesse convinta a dargli una possibilità.

Intercettò gli occhi di Annie e Archie e vi lesse, discreto e ben celato agli altri, il dolore di essere separati. Sorrise di rimando al dottor Martin, che le fece un occhiolino divertito; a Vincent Brown, che l'aveva accompagnata all'altare come un vero padre e aveva augurato commosso a lei e ad Albert di avere una vita piena di gioia; a Eleanor Baker, bellissima come sempre; a Terence e Karen, cui augurò silenziosamente con tutta l'anima di essere felici tanto quanto loro: non avrebbe mai dimenticato quanto fosse stata in pensiero per Terry. Aveva promesso di scrivergli, dopo il loro doloroso addio, ma la perdita della memoria le aveva fatto perdere ogni contatto con lui. Era davvero contenta che, nel frattempo, avesse trovato qualcuno da amare e con cui condividere la sua vita. Dio solo sapeva quanto se lo meritasse, dopo tanta sofferenza.

Miss Pony e Suor Lane, commosse e sorridenti, cercavano di tenere a bada i bambini che erano irresistibilmente attratti dal dolce, così come fino a poco prima lo erano stati dal suo lungo strascico. Jimmy la guardava con un misto di orgoglio e adorazione e fu lei a fargli l'occhiolino, sorprendendolo, mentre il signor Cartwright, alle sue spalle, gli dava leggere pacche paterne: sarebbe rimasto sempre lui il capo simbolico della Casa di Pony, in sua assenza.

E scorse Tom, al fianco di suo padre e del signor Marsh che, forse per la prima volta in vita sua, vide in abiti eleganti e non vestito da postino.

Tutti i suoi amici e la sua vita erano lì, di fronte a lei. Accanto, aveva l'uomo con cui era predestinata a condividere tutti gli anni a venire, fin da quando era solo una bambina.

"Io e mia moglie", esordì prendendola improvvisamente per le spalle con un braccio e attirandola a sé in un gesto di possesso, "vi siamo grati con tutto il nostro cuore per essere qui oggi. Alcuni di voi hanno già avuto modo di conoscere la nostra storia, in quanto presenti al fidanzamento, altri semplicemente l'hanno vissuta in prima persona. Questo luogo è molto speciale per entrambi, perché rappresenta quasi la cornice di quello che fu il nostro primo incontro, nonché la prima vera casa della mia Candy".

L'aveva chiamata 'la mia Candy'... quel semplice aggettivo detto ad alta voce davanti a tutti le fece provare un'emozione così forte che sentì le lacrime salirle agli occhi.

"A tal proposito voglio ringraziare in particolar modo due persone molto speciali, senza le quali forse non l'avrei mai conosciuta. Miss Pony, Suor Lane... non vi sarò mai grato abbastanza per esservi prese cura di Candy con tanto amore. E di continuare a farlo per tanti bambini che, un giorno, potranno avere un futuro luminoso quanto il nostro". S'inchinò, sollevando qualche mormorio stupito persino tra i pochi giornalisti che stavano scattando le loro foto.

Il patriarca degli Ardlay si stava inchinando davanti a due donne che gestivano un orfanotrofio, comunicando chiaramente quanto considerasse prezioso il loro lavoro.

Quel gesto commosse le due donne fino alle lacrime e le sue madri non poterono far altro che ribadire la loro gioia.

Fu in quel momento che capì che doveva, anzi, voleva dire qualcosa che aveva nel cuore già da tanto tempo e che una volta aveva espresso in una delle sue lettere per Albert. Gli strinse la mano, per segnalargli che desiderava intervenire e lui le sorrise, incoraggiandola.

"Anche se un giorno i miei genitori hanno deciso che non potevano tenermi con sé, sono loro grata per avermi lasciata proprio qui, alla Casa di Pony. Le mie due mamme, come ha già avuto modo di esprimere mio marito, sono state le donne che mi hanno allevata, insegnato i valori della vita, amata e, sì, anche sgridata quando ce n'è stato bisogno", disse facendo ridacchiare qualcuno. "Ma è grazie a loro che ho avuto modo di affacciarmi alla vita con coraggio, anche se spesso con un pizzico d'imprudenza". Tacque per qualche istante, chiudendo gli occhi, quindi li riaprì e riprese, cercando di controllare le proprie emozioni: "Sono grata ai miei genitori di avermi lasciata qui perché ho incontrato persone speciali che mi sono state amiche e con cui ho condiviso lacrime e sorrisi. Annie, Tom, Jimmy, tutti i bambini della Casa di Pony, il signor Steve, il signor Cartwright, il signor Marsh...", si voltò per guardare Albert, gli occhi che ormai le bruciavano per il pianto trattenuto, "...e, infine, sono grata ai miei genitori per avermi abbandonata qui perché ho incontrato te, che mi sei sempre stato vicino quando ero in giro per il mondo e le difficoltà sembravano avere il sopravvento. Ti amo tanto, Albert", concluse lasciando cadere le lacrime, che lui asciugò prontamente, stringendola a sé mentre partiva un applauso spontaneo.

Candy perse la cognizione del tempo, seppe solo che tagliò e mangiò la torta con Albert, il quale non mancò di scherzare sulla sua proverbiale golosità e gliene spalmò persino un po' sul naso, scoppiando a ridere; che ebbe modo di chiedere ad Annie come stesse e che lei le rispose, con occhi tristi, di essersi rassegnata e di non preoccuparsi: "È il tuo giorno, Candy, goditelo. Io starò bene"; che ricevette l'abbraccio di Eleanor Baker, ballò con George, Vincent, Archie, Jimmy e Tom prima di chiedere lei stessa, tra le risate di tutti, al dottor Martin di scendere in pista.

E che, quando il sole stava già cominciando la sua discesa, Albert le si avvicinò da dietro la schiena, trasmettendole un brivido e le sussurrò: "Scappiamo".
   
 
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