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Autore: FluffyHobbit    04/01/2022    1 recensioni
[Un Professore]
[Un Professore]Dal testo:
“Ma se po sape’ che ce devi fa’ co’ quel vecchio?”
"[...] le stesse cose che facevi tu con l’architetta.”
FF post 1x10 in cui Manuel si ritrova a fare i conti con la gelosia e Simone con la rabbia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo  8 – E non c’è più dolore, soltanto io, soltanto tu

Simone, senza esitare, portò le mani di Manuel sui propri fianchi e quando fu sicuro che l’altro lo tenesse ben stretto, lasciò i suoi polsi per far scivolare una mano sulla sua schiena e l’altra tra i suoi ricci, aggrappandosi all’altro ragazzo come se ne dipendesse la sua vita. Forse un po’ era così, aveva atteso e sognato a lungo un momento come quello, un momento che avesse il sapore di certezza e di felicità. Si guardarono, dopo un tempo indefinito, affannati e sorridenti.

“E…e mo che facciamo?”

Sussurrò Manuel, anche se lui un’idea ce l’aveva. Gli aveva promesso una moltitudine di baci e di certo non si era già stancato di darglieli. Solo che non gli piaceva l’idea di continuare a baciare Simone con Claudio nell’altra stanza, era geloso di quel momento soltanto loro.

“Beh, adesso…io devo parlare con Claudio.”

Manuel, a quell’affermazione, lo tirò un po’ di più a sé. Non voleva che Simone si allontanasse da lui, stavano così bene vicini…non poteva essere Claudio ad andare via e a lasciare casa libera? Simone accennò una risatina, paziente, e gli fece una carezza sulla guancia.

“Ci metto poco, dai. E poi devo ringraziarlo, se non fosse stato per lui non ti avrei parlato.”

Manuel sbuffò, ma poi annuì. In effetti, anche lui doveva ringraziare Claudio.

“E dopo?”

“Beh, dopo possiamo andare a casa mia, se ti va…”

Propose Simone, un po’ esitante. Non voleva mettere in alcun modo fretta a Manuel, per il quale già solo realizzare di essersi innamorato di un ragazzo doveva essere stata una bella batosta. C’era passato prima di lui e sapeva quanto potesse essere difficile accettare di essere diverso da come si aveva sempre pensato di essere. Liberatorio, ma difficile. Difficile, ma liberatorio.

“E me lo chiedi così, senza nemmeno un invito a cena?”

Manuel era consapevole di avere ancora molto da imparare su se stesso, ma di una cosa era certo: era innamorato di Simone ed era felice di stare con lui, e non aveva più intenzione di nascondere quell’amore e quella felicità. Nonostante la battuta, infatti, non si nascose e lasciò che il suo viso esprimesse tutto ciò che provava in quel momento. Simone rise, imbarazzato ma più tranquillo.

“Certo che hai proprio tante pretese, tu. Vedrò che posso fare.”

In realtà Simone aveva già pensato di preparargli qualcosa da mangiare, perché sospettava che l’altro non avesse cenato quella sera ed era praticamente certo che, in generale, quello non fosse l’unico pasto che avesse saltato nell’ultimo periodo. Manuel lo ringraziò con lo sguardo e con un bacio a fior di labbra, poi lo lasciò libero di andare.

“Allora? Com’è andata? Spero che il mio salotto sia ancora tutto intero…”

Disse Claudio quando vide entrare Simone nel suo studio, sfilandosi gli occhiali per guardarlo meglio. Il ragazzo si grattò una guancia, un po’ imbarazzato, ma era chiaramente felice.

“È andata bene, anzi, più che bene. Avevi ragione, parlargli era la cosa giusta da fare. Grazie Claudio, davvero. Grazie di tutto.”

Rispose impacciato, non sapendo bene cosa dire. Lui e Claudio non erano mai davvero stati insieme nel vero senso di una relazione, erano più una compagnia reciproca, e non sapeva se in quel momento si stessero lasciando o semplicemente salutando. L’uomo si alzò, sorridente, e gli diede una leggerissima pacca sul braccio per poi fargli una carezza sullo stesso punto.

“Io ti ho solo dato un consiglio, per il resto ringrazia te stesso. Ti meriti di essere felice, Simone, e io sono contento di averti aiutato a trovare la tua strada.”

Simone lo ringraziò ancora, poi gli spiegò che aveva intenzione di tornare a casa sua e mentre raccoglieva le sue cose, Claudio prese Manuel in disparte.

“Ascolta, Manuel, c’è una cosa che vorrei chiederti, ma se non ti senti di farla lo capisco. Simone mi ha raccontato dei tuoi affari con Sbarra, tu lo conosci bene? Sai che cosa fa?”

Manuel non si aspettava quel tipo di domanda, e ricordando che Claudio era pur sempre un avvocato, si mise subito sulla difensiva.

“E a te che te frega?”

“Mi frega, perché c’è chi sta indagando su di lui da anni e non ti nascondo che un testimone come te farebbe comodo. So che sei un bravo ragazzo e che non appartieni veramente a quel mondo, ma so anche che ti sto chiedendo molto.”

Manuel si ritrasse, scuotendo il capo. Voleva uscire da quel giro già da un po’, ma Sbarra gli aveva fatto capire che ci sarebbero state delle ripercussioni. Non osava immaginare cosa sarebbe successo se avesse testimoniato contro di lui.

“No, Claudio, senti, io te ringrazio per avermi aiutato co Simone, ma questo non lo posso fa’. È una follia!”

Non soltanto per lui, ma anche e soprattutto per le persone a cui voleva bene. Sua madre sarebbe stata la prima a pagarne le conseguenze, poi probabilmente anche Dante e -si ritrovò a pensare con una fitta di paura allo stomaco- Simone, di cui Sbarra in qualche modo sarebbe venuto a sapere. No, poteva mettere in pericolo se stesso quanto voleva, ma non i suoi cari.

“So a cosa stai pensando, perciò non insisterò. Sappi, però, che farei di tutto per proteggere te e la tua famiglia. Ti chiedo solo di pensarci su, va bene?”

Manuel annuì, ben poco convinto, poi raggiunse Simone per aiutarlo con i bagagli. Non voleva pensare ad altro, in quel momento. Lasciarono casa di Claudio dopo gli ultimi saluti, sistemarono i borsoni di Simone alla bell’e meglio sulla moto e sulla Vespa e si misero in viaggio. Per fortuna aveva smesso di piovere e, sempre per fortuna, lungo la via non incontrarono poliziotti che avrebbero avuto da ridire sull’opera ingegneristica che avevano realizzato per trasportare le cose di Simone. Quando imboccarono il viale di villa Balestra e fu possibile vederla da lontano, Manuel si sentì come se stesse tornando a casa e le sue labbra si curvarono in un dolce sorriso.

“Ci siamo solo noi, la casa è vuota.”

Spiegò Simone, entrando. Suo padre, infatti, era andato di nuovo a Napoli per il processo del suo ex alunno e sua nonna, invece, era a Milano per un evento. Manuel non poté evitare di rivolgere uno sguardo furbetto all’altro ragazzo.

“Hai capito a Simone Balestra, non solo nun me invita a cena, ma me porta pure in una casa vuota!”

Gli si avvicinò, prendendolo tra le braccia. L’altro ragazzo era rosso in viso per l’imbarazzo e le risate, ed era meraviglioso.

“Ma del resto sei sempre stato tu l’intraprendente, tra me e te.”

Aggiunse con più dolcezza, per poi baciarlo. Simone ricambiò il bacio –sarebbe stato folle a fare diversamente- ma subito dopo gli arruffò i capelli e si affrettò a dare una spiegazione.

“È solo una coincidenza, non pensare male. Forza, muoviti, andiamo a mangiare!”

Senza neanche dargli il tempo di replicare lo prese per mano e lo portò in cucina e Manuel si lasciò guidare, pur conoscendo perfettamente la strada.

“Allora chef, che menù mi propone?”

Chiese divertito, trattenendolo a sé per dargli un altro bacio.

“Avevo pensato ad una bella spaghettata aglio, olio e peperoncino. Vista l’ora ci sta, no?”

Replicò l’altro, senza smettere di sorridere, ebbro di felicità.

“Mh, non so se questo menù mi va bene, sinceramente…”

Gli occhi di Simone furono attraversati da un lampo di preoccupazione.

“Perché? Cos’ha che non va?”

Manuel si avvicinò a lui, sogghignando divertito. Gli sarebbero andati bene anche i sassi per la fame che aveva, voleva solo fare un po’ lo scemo. Si sentiva leggero.

“Non va che poi nun me baci più, se puzzo d’aglio.”

Simone rise, dandogli un leggero spintone e Manuel rise di rimando.

“Sei proprio un cretino, Manuel! Non ti preoccupare, ti posso dare uno spazzolino, ma se anche non fosse stato così, beh…”

Lasciò la frase in sospeso, allontanandosi con la scusa di dover cominciare a cucinare. Aveva aspettato così tanto per stare insieme a lui, che certamente non si sarebbe fatto fermare da un po’ d’aglio. Manuel sorrise a quell'impacciata dichiarazione e, pensando di essere il ragazzo più fortunato del pianeta, si mise a dargli una mano.

“Ma me li devo magnà tutti io? Guarda che pe me so’ troppi…"

Esclamò quando vide che Simone aveva messo tutti gli spaghetti in un solo piatto. Simone alzò gli occhi al cielo.

“Io ho già cenato e ti ho visto mangiare altre volte, forse per te sono pure pochi. Siediti e zitto, su.”

“E no, non ci pensare proprio! Anche perché ad un invito a cena se magna in due, se lo faccio solo io è deprimente!”

Prese un altro piatto e un’altra forchetta, mettendosi subito a dividere l’enorme porzione di spaghetti.

“Oh, piano non esagerà! T’ho detto che ho già mangiato!”

Protestò Simone, fermandolo ad un certo punto. Manuel, comunque soddisfatto, si sedette e Simone fu subito accanto a lui.

“Se mi vedesse il mio coach adesso…”

Mormorò il rugbista, cominciando a mangiare. Manuel alzò gli occhi al cielo.

“Per una volta non succede niente, dai.”

Iniziò a mangiare anche lui, facendo un verso di apprezzamento. Aveva davvero una fame da lupo, come non gli succedeva da settimane.

“Boni, oh. I miei complimenti allo chef!”

Simone fece una risatina imbarazzata, ma era felice che finalmente l’altro stesse mangiando. Gli diede un bacio sulla guancia, per ringraziarlo, e si ritrovò a pensare quanto fosse bello poter lasciarsi andare a quei piccoli gesti, così naturali.

“Lo chef ringrazia.”

Non appena finirono di mangiare, Manuel si alzò per sparecchiare e si offrì anche di lavare i piatti, respingendo tutte le insistenze di Simone, che poté soltanto mettersi a guardarlo. Non che se ne lamentasse, ovviamente, del resto Manuel era il ragazzo più bello di tutta la scuola e anzi, secondo lui era il ragazzo più bello di tutte le scuole di Roma.

“Senti, ma…cos’è questa storia che devi ringraziare Lombardi?”

Chiese dopo un po', incuriosito, e l’altro ridacchiò, ripensando a quella che ora gli sembrava soltanto una buffa storia.

“Hai presente l’interrogazione dell’altro giorno, no? Eh, mentre cercavo di tradurre quella cazzo di poesia, ho capito che quelle parole avrei voluto dirle a te, perciò mi sono bloccato come uno scemo.”

Teneva lo sguardo basso, fisso sui piatti che stava asciugando, troppo imbarazzato di raccontare quella cosa ad alta voce.

“Una roba ridicola, eh?”

Simone sorrise dolcemente e gli portò una mano sotto al mento, per farlo voltare verso di lui. Come aveva potuto anche solo pensare che quel ragazzo meraviglioso, che scopriva se stesso in una manciata di versi, non fosse in grado di provare sentimenti sinceri?

“Io la trovo una roba molto profonda, invece, e ti chiedo scusa per non averti difeso mentre quello stronzo Lombardi ti insultava."

Sussurrò, baciandolo subito dopo. Manuel si rilassò immediatamente e gli prese il viso tra le mani bagnate, ricambiando l’affetto che l’altro gli dava. Gli veniva naturale ed era una cosa che avrebbe dovuto lasciarsi fare molto prima.

“Non scusarti manco pe scherzo, me lo sono meritato. Piuttosto, dov’è che sta quello spazzolino che dicevi?”

Domandò a bassa voce quando si separarono, accennando un sorriso.

“Adesso chi è che fa storie per l’aglio?”

Rispose divertito l’altro, invitandolo con un cenno del capo a seguirlo. Si lavarono i denti insieme, schizzandosi con l’acqua come due bambini, poi senza nemmeno rifletterci si diressero entrambi verso la stanza di Simone.

“Vuoi che ti prepari l’altro letto o…?”

Fin dalla prima volta in cui Manuel si era fermato a dormire a casa sua, Simone aveva desiderato di stendersi accanto a lui, di abbracciarlo al posto del cuscino, immaginando che meraviglia sarebbe stata poter trascorrere la notte a bearsi del calore del suo corpo e ascoltare il suono del suo respiro rilassato, eppure preferì mettere da parte il suo desiderio e dare all’altro ragazzo la possibilità di scegliere, non voleva metterlo a disagio. Manuel sorrise sghembo.

“Simò, c'ho più di dumila baci da darti, secondo te vojo dormì nell’altro letto? A te sta bene?”

Simone sorrise a trentadue denti e annuì, per essere poi immediatamente travolto dall’abbraccio di Manuel che, baciandolo, lo spinse fino al letto, cadendo su di lui.

"Che bella vista che c'è qui."

Sussurrò Manuel, spostando una mano per accarezzargli una guancia. Simone, istintivamente, abbandonò il viso a quella carezza, spingendosi verso il suo palmo.

"Non più bella di quella che ho io da qui. Mezza scuola pagherebbe per poter ammirare questo panorama…"

Mormorò in risposta, perso negli occhi scuri dell'altro. Manuel fece una risatina, imbarazzato, ma non separò i loro sguardi.

"Me spiace per loro, ma manco tanto. Cazzate non ne faccio più, nun te lascio nemmeno pe tutto l'oro del mondo, te lo giuro."

Simone, a quella dichiarazione, prese il viso di Manuel tra le mani e lo baciò ancora e ancora, con tutto il suo amore. Si erano promessi più di duemila baci, ma nessuno di loro due si mise a contare quelli che si scambiarono in quell’abbraccio, nel silenzio della notte interrotto soltanto dalle loro risate. Quando però la sveglia sul comodino segnò che erano le due passate, Simone decise che per il momento fosse meglio fermarsi. Uno dei due doveva essere responsabile, almeno un po’.

“Dovremmo dormire Manuel, domani c’è scuola…”

L’altro ragazzo mugugnò di disappunto.

“E chi se ne frega, non ci andiamo. Restiamo qui, insieme.”

Per quanto quella prospettiva fosse allettante, Simone scosse il capo.

“No, Manuel. Non puoi fare altre assenze, lo sai anche tu. Abbiamo tutte le sere e i giorni del mondo per stare insieme, ora.”

Manuel sorrise dolcemente a quell’immagine, ma non si lasciò convincere.

“Adesso sembri mi madre, però, quindi ti dico la stessa cosa che dico sempre anche a lei: ormai il mio anno scolastico è andato, tanto vale farsi bocciare con stile, no?”

Simone gli diede un buffetto sulla guancia, perché nonostante tutto non gli sembrava che Manuel fosse così contento di quella prospettiva.

“Dai, non dire così. Lo so che non manca molto alla fine della scuola, ma ci sono materie in cui puoi ancora prendere la sufficienza, ti aiuto io.”

Manuel sbuffò, scuotendo la testa.

“Sì, così poi mi tocca prendere il debito nelle altre e passare tutta l’estate a studiare mentre tutti vanno al mare. Non ci penso proprio!”

Simone gli diede un bacio a fior di labbra, per farlo calmare e ragionare.

“Beh, per me non sarebbe un problema passare l’estate a studiare.”

L’altro si accigliò, perplesso.

“Tu? Ma che c’entri tu? Hai la media dell’otto! È per la storia della festa?”

“No, no, per quella mio padre ha convinto la preside, non so come, a farmi fare un esame formale prima degli scrutini. Volevo dire che studierei insieme a te, per darti una mano. La Manuel e Simone Associati non deve mica chiudere, no?”

Disse accarezzandogli il viso, sorridente. Manuel pensò che Simone avesse davvero il cuore più grande del mondo.

“Sei sicuro? Guarda che ce so già passato, studiare d’estate è una tortura…davvero lo faresti per me?”

Simone annuì, ridacchiando. Gli scostò un ciuffo di capelli dalla fronte, poi tornò ad accarezzargli la guancia.

“Dopo averti aiutato a rubare una macchina questa mi sembra davvero una cosa da poco, sinceramente. E poi lo faccio con piacere.”

“E dopo questa dimostrazione d’affetto io davvero dovrei dormire e non passare la notte a baciarti?”

Replicò Manuel, malizioso. Simone gli diede uno schiaffetto sul braccio, arrossendo all’idea. Era una proposta più che allettante, a cui fu molto difficile dire di no, ma avevano tempo, adesso, e tante notti per baciarsi.

“Sì, forza, non fare lo scemo. Non ti aiuto, altrimenti.”

Manuel fece una risatina, ma poi s’incupì. Simone se ne accorse immediatamente.

“Hey, guarda che era una battuta. Ti aiuterei lo stesso…”

“No Simò, non è questo…è che non c’ho voglia de dormì. Ho paura de svegliarmi.”

Sussurrò, tenendo lo sguardo basso. Subito dopo scivolò da sopra Simone per sistemarsi su un fianco, dandogli le spalle.

“Che vuoi dire?”

Simone si girò a sua volta di lato, portando subito una mano sul fianco di Manuel per accarezzarlo. L’altro ragazzo sospirò. Gli era difficile raccontare le sue paure, ma non voleva più fare l’errore di tenere segreti con Simone.

“Hai presente che t’ho detto di non dormire bene? Eh…è che spesso sogno una situazione come questa, con me e te che dormiamo insieme, ma poi mi sveglio e sono solo. Non voglio che accada anche questa volta.”

Spiegò con voce fioca, spezzata dal magone che gli pesava in gola. Simone lo guardò con occhi carichi di comprensione e annullò la già poca distanza tra i loro corpi per abbracciarlo. Lui, abituato ad afferrare altri ragazzi soltanto per buttarli a terra durante una partita di rugby, adesso stringeva Manuel al petto con tutta la delicatezza di cui era capace, come se Manuel fosse un oggetto fragile e prezioso. E lo era, fragile e prezioso, ma non era un oggetto. Era una persona, una persona che Simone amava tantissimo.

“Per favore, guardami.”

Manuel scosse il capo, aveva cominciato a piangere non appena Simone l’aveva stretto a sé e si vergognava a farsi vedere con gli occhi gonfi di lacrime come un bambino. Simone sospirò e gli diede un bacio tra i capelli.

“Anch'io ti cercavo nei miei sogni, sai? Ma questa volta non si tratta di un sogno, né di un incubo. Io sono accanto a te e tu sei accanto a me, è la realtà e sarà sempre così, te lo prometto. Domani mattina saremo ancora insieme in questo letto, e così tutte le volte che vorremo, quindi ti prego, fidati di me e cerca di dormire.”

Manuel, stretto tra le braccia di Simone, si sentiva al sicuro come mai in vita sua. I suoi pezzi rotti erano tenuti insieme con cura da quell’abbraccio e respirare non faceva più  male. Non c’era più dolore, soltanto tanto, tantissimo amore. Come poteva, allora, non credere a quelle promesse sussurrate?

“Certo che me fido de te…”

Si voltò verso l’altro e si aggrappò al suo corpo con tutte le sue forze, mostrandosi in tutta la sua fragilità. Si fece piccolo contro il suo petto, lui che aveva sempre voluto mostrarsi grande, la prova estrema di quanto si fidasse di quel ragazzo così speciale. Accennò un timido sorriso mentre Simone gli asciugava le guance con una mano per poi sostituire le lacrime con dei morbidi, piccoli baci. Senza accorgersene scivolò in un sonno tranquillo e profondo e Simone un po' dopo di lui, dopo essersi assicurato che l'altro fosse sereno.

Quando Manuel riaprì gli occhi, erano ancora entrambi stretti come in un sol corpo e trovò nel viso rilassato di Simone il suo primo sorriso della giornata. Non aveva idea di che ore fossero, né aveva voglia di sciogliere l'abbraccio e sporgersi per controllare la sveglia sul comodino, ma sicuramente era ancora presto per alzarsi. Il Sole, infatti, ancora doveva decidersi a mostrarsi con forza nel cielo, la stanza era avvolta da una luce azzurrognola che rivestiva tutto di sogno, ma il respiro caldo di Simone che gli accarezzava il viso e i loro corpi intrecciati gli diedero la certezza che fosse tutto reale. Lentamente e con cautela sollevò una mano per portarla tra i ricci scompigliati di Simone, accarezzandoli con delicatezza. Si ritrovò a pensare che l'ultima volta che aveva dormito in quella stanza Simone si era preso cura del suo corpo, mentre quella sera aveva chiuso le ferite del suo cuore e sentì gli occhi pizzicargli. Ringraziò quel ragazzo speciale con un bacio a fior di labbra, stando attento a non svegliarlo, poi si limitò a continuare le sue carezze fino a quando anche Simone aprì gli occhi, più o meno nello stesso momento in cui la stanza si fece più luminosa. Due Soli che sorgevano insieme, pensò Manuel.

"Buongiorno, Simò."

Sussurrò e Simone gli sorrise, felice di trovarlo accanto a lui per davvero dopo tante notti passate a cercarlo senza sosta, ma poi si accigliò leggermente.

"Perché sei sveglio? Non hai dormito?"

Domandò preoccupato, facendogli una carezza sulla guancia a cui Manuel rispose con un dolce sorriso.

"No, tranquillo, ho dormito, mi so' svegliato poco fa. Te, invece? Dormito bene?"

Simone annuì, più tranquillo, poi liberò uno sbadiglio che subito contagiò anche Manuel. Ridacchiarono insieme, poi, per la loro stessa pigrizia.

"Forse rimetterce a dormire non è una pessima idea…"

Propose Manuel a bassa voce, riprendendo ad accarezzare i capelli dell'altro. Si era reso conto in poco tempo che sarebbe stato molto difficile staccare la mano.

"Aspetta, vediamo che ore sono…"

Simone, seppur controvoglia perché adorava quelle carezze, sciolse momentaneamente l'abbraccio per girarsi a controllare l'orario. Sbuffò, tornandosene subito tra le braccia e le carezze di Manuel.

"Niente da fare, tra dieci minuti suona la sveglia."

Per farsi perdonare della cattiva notizia posò un bacio sulle labbra di Manuel, poi un altro subito dopo.

"Preferisco decisamente questa sveglia qui."

Commentò l'altro, sorridendo pigramente. Simone rimase in silenzio a fissarlo per qualche minuto, ricambiandogli le carezze dopo aver infilato una mano tra i suoi ricci morbidi e lunghi. Era un momento vero, un momento bello, un momento felice, un momento che questa volta non sarebbe stato unico. Al solo pensiero, i suoi occhi si inumidirono un po'. Manuel, naturalmente, notò subito quel luccichio.

"Hey, a che pensi?"

"A quanto sono fortunato. È bello stare qui con te, così…"

Manuel lo baciò in mezzo agli occhi commossi, poi sulle labbra. Nessuno gli aveva mai detto di sentirsi fortunato a stare con lui, Simone era diverso anche in questo.

"Sono io quello fortunato, Simò, perché mi hai perdonato fin troppo in fretta. Avresti dovuto farmi penare un po' di più."

E così dicendo prese a fargli un po' di solletico sul collo, facendolo ridere. La risata di Simone era per lui il suono più bello del mondo.

"Oh, e fermo con 'ste mani!"

Manuel ridacchiò, senza però fermarsi.

"Fermami tu, rugbista! Che, fai le mischie e mo non sai fermare uno che ti fa un po' di solletico?"

Simone rispose alla provocazione facendo appello a tutte le sue forze per prendergli il volto tra le mani e baciarlo a lungo, e con passione. Per Manuel fu impossibile fare qualsiasi cosa che non fosse ricambiare quel bacio. Furono interrotti dal suono della sveglia, che accolsero entrambi con uno sbuffo scocciato.

"Te sei proprio sicuro che ce dovemo annà a scola oggi, eh?"

Simone sospirò e annuì, guardandolo dritto negli occhi. Non voleva che l'altro si giocasse l'anno per motivi stupidi.

"Pensa che se ti bocciano finiremo in classi diverse…"

Bastò questo per convincere Manuel, che non aveva proprio voglia di passare il resto del liceo lontano da Simone, anche se solo per poche ore al giorno.

"Famo così allora, io mo mi alzo e vado a preparare la colazione, ok? Tu resta un altro po' a letto, ti vengo a chiamare quando ho fatto."

Propose, facendogli una carezza sul viso. Simone sorrise e lo guardò incuriosito.

"Come mai questa premura?"

"Eh, come mai! Non sarò Claudio, ma se posso darti qualcosa di bello lo faccio. E poi devo ancora farmi perdonare per bene…"

Fece per alzarsi, quando Simone lo fermò afferrandolo per una mano. Non voleva che Manuel si sentisse in debito o inadeguato, lui l'aveva perdonato e l'aveva scelto, non doveva dimostrargli nulla.

"Ti ringrazio, ma ti prego, non pensarla così. Le tue scuse sono state sincere e io non ti ho perdonato troppo in fretta, mi sono accorto che anche tu sei stato male nell'ultimo periodo, un periodo fin troppo lungo. E poi non hai bisogno di paragonarti a Claudio, se avessi preferito restare con lui lo avrei fatto, no?"

Manuel gli sorrise innamorato e si chinò a dargli un bacio sulla guancia. Nonostante le sue parole, in cuor proprio sapeva di dover dimostrare il proprio amore a Simone come lui meritava e non avrebbe esitato a farlo.

"Allora facciamo che ti preparo la colazione perché mi va e perché tu hai preparato la cena ieri, va bene?"

Simone annuì, accennando un sorriso, e lo lasciò andare. Dopo qualche minuto si sentì chiamare dall'altro e, dopo essersi stiracchiato, scese pigramente in cucina. Manuel era illuminato dai raggi di Sole, ora più alto nel cielo, che filtravano dalla finestra e a Simone sembrò una visione divina in tutta la sua umanità. Riusciva soltanto a guardarlo, anzi a contemplarlo, con un dolce sorriso stampato in volto, incantato.

"Beh? Che, c'ho quarcosa 'n faccia?"

Domandò l'altro, passandosi istintivamente la mano sul viso come a pulirsi. Simone ridacchiò, scuotendo il capo.

"No, no, solo il Sole. Ti dona."

Rispose, avvicinandosi a dargli un bacio sulla guancia. Manuel lo trattenne in un abbraccio, giusto il tempo di dargli un bacio a sua volta, poi si spostò per scostare la sedia in modo da far accomodare l'altro ragazzo.

"Prego!"

"Manuel, davvero, non mi devi fare da cameriere…"

Ripeté Simone con un sorriso, mentre si sedeva. Manuel scosse il capo.

"Non è per farti da cameriere, è che così sei più basso di me e posso fare questo."

Gli posò un bacio tra i capelli, causando una morbida risata in Simone, poi si sistemò accanto a lui.

"Mi sa che ieri sera hai preso troppa acqua, Manuel."

Manuel rispose con un movimento rapido della mano, come a scacciare quell'idea.

"Ma no, è che sono felice, Simò. Me sento meglio, me sento più leggero...è una sensazione che vale tutte le attese sotto i temporali del mondo. Se lo avessi saputo, non avrei fatto il coglione per tutto questo tempo."

Disse queste parole tenendo lo sguardo fisso negli occhi di Simone, per fargli capire quanto fossero vere e sentite. A Simone quella sincerità arrivò tutta ed era bello sapere che Manuel finalmente si sentisse bene. Era un ragazzo speciale, se lo meritava.

"Ecco il poeta che viene fuori, eh?"

Gli arruffò i capelli, divertito.

"Non ti crucciare troppo, la cosa importante è che tu l'abbia capito. Neanche tanto per me, ma per te stesso. Meglio tardi che mai, no?"
Manuel sgranò gli occhi per un istante e accennò una risatina, ripensando alla conversazione che aveva avuto con Claudio. Ci aveva davvero visto giusto, l'avvocato.

"Eh, però se famo tardi 'sto latte e 'sto caffè si freddano, quindi adesso mangia!"

Simone ridacchiò, annuendo.

"Agli ordini!"

A dire il vero, Simone iniziò a mangiare soltanto quando si accertò che anche l'altro avesse cominciato a farlo, ancora preoccupato per quella specie di sciopero della fame che sembrava aver portato avanti da quando avevano smesso di parlarsi. A giudicare dal modo in cui Manuel aveva divorato gli spaghetti la sera prima e dalla quantità di cereali che si era versato nel latte adesso, comunque, quello era ormai un pericolo passato. In pochi minuti rimase sul tavolo solo l'ultima merendina e a Simone venne un'idea. La prese, mostrandola a Manuel.

"Dividiamo?"

E l'altro annuì, dopo aver buttato giù l'ultimo sorso di latte. Si aspettava che Simone la tagliasse a metà, quindi si sorprese nel vederlo portarsela alla bocca. La teneva tra i denti, in attesa, guardandolo eloquentemente, e Manuel impiegò qualche secondo a realizzare.

"Ma che stamo a fa', Lilli e il Vagabondo?"

Commentò divertito, senza tuttavia perdere altro tempo nell'avvicinarsi. La mangiarono così, ciascuno da un lato, e alla fine risero insieme per l'assurdità di quella cosa che avevano appena fatto. Assurdità, ma anche bellezza.

"Non è che per caso anche te hai preso acqua, ieri?"

Simone scosse il capo, con le guance ancora rosse per le risate.

"No, è che anch'io mi sento felice e leggero. Forse anche un po' scemo, ma non mi dispiace."

"Sapessi a me! È bellissimo vederti sorridere."

Così dicendo andò a posare un bacio su ciascuna delle fossette che si formavano sulle guance di Simone in quei momenti e se possibile il sorriso di Simone si fece ancora più luminoso. Si presero ancora qualche minuto per scambiarsi un po' di baci al sapore di zucchero, poi si decisero a  prepararsi e uscirono per andare a scuola.

"Abbiamo un po' de tempo, ti va di fare una cosa?"

Propose Manuel, mentre parcheggiavano la Vespa e la moto davanti al liceo. Simone lo guardò incuriosito, aveva notato un luccichio furbo negli occhi dell'altro.

"Devo accettare a scatola chiusa?"

Manuel annuì, ridacchiando.

"Non è niente di illegale, giuro! Non troppo, almeno..."

Mostrò anche le mani, per far vedere che non stesse incrociando le dita. Simone gli diede una leggera spinta, scherzoso. Non si sarebbe fatto fermare neanche dalla legge, per Manuel, e del resto non sarebbe stata la prima volta. L'altro ragazzo ne approfittò per prenderlo per una mano e condurlo un po' più in là rispetto a dove avevano parcheggiato, davanti al muro dell'amore. L'impalcatura sotto la quale si erano rifugiati la sera del compleanno di Simone era ancora lì, ma a differenza di quella notte era piena di operai che lavoravano. Tra loro, a supervisionarli, c'era anche Alice e d'istinto Simone rafforzò la presa sulla mano di Manuel, serrando la mascella. Se non fosse stato per quel suo gesto, Manuel non si sarebbe neanche accorto della presenza della donna.

"Hey, non la pensà a quella, va bene? Mi dispiace d'averti fatto soffrì tanto per colpa mia e per colpa sua, so' stato un coglione, però davvero, per me non esiste neanche più."

Sussurrò dolcemente, muovendosi per incrociare lo sguardo di Simone, ancora rivolto in direzione dell'architetta, perché lei non era degna degli occhi puri di Simone. Neanche lui lo era, ma avrebbe fatto di tutto per diventarlo.

"Lo so, lo so, ma...non è facile, Manuel."

Confessò, spostando gli occhi in quelli dell'altro ragazzo. Il dolore che aveva provato quando aveva visto la foto di Manuel e Alice insieme era tornato a farsi sentire prepotentemente e per quanto si ripetesse che fosse insensato, non riusciva a metterlo a tacere. Manuel sospirò, perché quel dolore lo vedeva e sapeva che esisteva per colpa sua. Era anche per questo che doveva dimostrare a Simone tutto il suo amore.

"Guarda, ti faccio vedere perché ti ho portato qui."

Si sfilò lo zaino, portandoselo davanti, e ne estrasse un pennarello che si trovava lì per puro caso, anche se ricordava di averlo. Portò Simone più vicino al muro pieno di nomi colorati e gli rivolse un sorriso gentile.

"Se pensi che sia troppo presto lasciamo stare, ma se ti fa piacere scegli un punto."

Simone recuperò il sorriso a quella proposta e il suo cuore cominciò a battere all'impazzata, impaziente di lasciare il proprio pegno d'amore su quel muro. Quello di Manuel non era da meno.

"Qui!"

Esclamò immediatamente Simone, indicando uno spazietto ancora libero sulla destra. Il sorriso di Manuel si allargò per quell'assenza di esitazione, poi con gli occhi seguì il dito di Simone verso il punto scelto e vi disegnò un cuore, scrivendo al suo interno "S+M". Una cosa semplice, che probabilmente nessuno avrebbe mai notato, confusa tra mille altri disegni e scritte, ma per loro era la più speciale di tutte e non importava altro. Tenendosi ancora per mano, si voltarono a guardarsi negli occhi e si sorrisero dolcemente, consapevoli di aver entrambi finalmente trovato il loro posto. Innamorarsi era davvero una delle cose più belle del mondo.

Angolo dell'autore: siamo giunt* all'ultimo capitolo, che prende il titolo da "Mantieni il bacio" di Michele Bravi. Che dire, un enorme grazie a chiunque si sia fermato a leggerla, spero vi sia piaciuta e che abbia contribuito almeno un po' ad alleggerire il senso di vuoto lasciato dalla fine della prima stagione. Un abbraccio grande <3
   
 
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