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Autore: Betz73    04/01/2022    7 recensioni
Ci sono persone che ti possiedono
anche se sono lontane
perché riescono a rubare
i tuoi pensieri ogni giorno
F.D’Amato
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Di spalle. E’ questa l’ultima immagine che ho di te. La tua schiena dritta, accarezzata dai tuoi lunghi capelli biondi appena mossi dalla brezza primaverile, mentre in groppa a César ti allontani lentamente da palazzo Jarjayes, diretta verso la villa di famiglia in Normandia. Il portamento elegante che tradisce una leggera rigidità solo ad un occhio esperto come il mio, pronto a cogliere ogni minima sfumatura, anche il più piccolo cambiamento, in tutto ciò che fai… La mano destra alzata come ultimo gesto di saluto verso la nonna, che ti ha accompagnata fino all’ultimo gradino riempiendoti di mille raccomandazioni e criticando la tua decisione di partire da sola, mentre lanciava a me occhiate di silenzioso rimprovero, sorpresa e delusa dall’ostinato mutismo del suo amato nipote.
 
Non una volta ti sei voltata, neppure un timido cenno col capo… Con lo sguardo ti ho seguita fino a quando mi è stato possibile, nel disperato tentativo di imprimere nella memoria ogni tuo particolare, prima di perderti nella linea dell’orizzonte.
E poi il vuoto. Fuori e dentro di me, totale e soffocante, mi ha inchiodato in fondo a questa scala.
Ho atteso non so per quanto tempo, e non so nemmeno cosa…forse nella vana speranza di vederti tornare indietro, riemergere da quel panorama che la tua assenza ha già reso così anonimo ed insignificante… E sentirti dire che non vuoi più partire, perché mi hai davvero perdonato e possiamo dimenticare quello che è stato…e che vuoi riprendere con la nostra vita…con me al tuo fianco… Ma guardarti negli occhi questa volta, leggere la conferma delle tue parole in quel blu dove chiedo soltanto di immergermi. Non come questa mattina, quando mi hai parlato dandomi le spalle, come se la mia vista ti fosse insopportabile, e mi hai ripetuto di nuovo che non dovrò più occuparmi di te. Affossato nel rimorso ho ritrovato quel tanto di voce per risponderti “Bene”, mentre il mio cuore gridava muto, implorando la tua misericordia. Ma niente poteva raggiungerti. Te ne sei andata spronando decisa il cavallo e lasciandomi solo sul selciato, a fissare quel nulla al quale ora mi hai nuovamente condannato. Nessuna punizione potrebbe essere altrettanto efficace: perderti è il castigo più grande, ed è il prezzo per averti imposto il mio amore.

A casa mi hai evitato per tutto il tempo, mentre la servitù preparava i tuoi bagagli ed io mi tenevo occupato con César, perché ogni cosa fosse pronta per la tua partenza. Hai salutato tuo padre, chiusa nel suo studio: chissà se ti avrà rivolto le stesse domande che ha fatto a me stamane quanto non riusciva a trovarti… Era così convinto che sapessi ciò che ti passava per la mente, mi ha quasi accusato di volerglielo tacere. Ma come avrei potuto raccontargli quello che è accaduto? Quello che io ti ho fatto? Non può immaginare quanto stonassero le sue parole alla luce di quanto è successo… Mi è mancato il coraggio di guardarlo negli occhi mentre il suo rimprovero mi colpiva come un pugno in pieno petto.

 
- André, se io ti ho messo al suo fianco è semplicemente perché tu la proteggessi e le impedissi di fare delle pazzie.
 
Proteggerti… Dagli intrighi di corte? Da Nicolas del La Motte? Dal Cavaliere Nero? No…da me, piuttosto! Dal bisogno ormai incontenibile di sentirti mia, di arrivare, prima che sia troppo tardi, a quel cuore che vuoi chiudere al mondo… Sono diventato il pericolo più grande, nascosto insidiosamente dietro l’apparenza di un volto amico, di una mano fiduciosa sempre tesa ad aiutarti…quella stessa mano che invece si è levata contro di te, varcando un limite che nessun uomo degno di questo nome oserebbe mai infrangere. Eppure io l’ho fatto: è stato mio quel gesto di pazzia che tuo padre sembra aspettarsi da te. E mia è la colpa se oggi sei fuggita lontano, chiedendo a tempo e spazio di curare la profonda ferita che ti ho inferto con la forza di questo sentimento. Dio, Oscar! Cosa ti ho fatto? Come posso anche solo illudermi di vederti tornare indietro ed attraversare di nuovo questo cancello, dopo quella notte? Solo uno stolto lo farebbe….
 
Mi volto per rientrare a palazzo: negli occhi ancora la tua immagine che si allontana, nel cuore l’eco dei tuoi passi che per lungo tempo non potrò più sentire. Mi manchi. E’ bastata una manciata di minuti per rendermi insopportabile qualsiasi cosa, se tu non ci sei. Anche questo maledetto sole, che splende indifferente come se il mondo fosse un luogo pieno di gioia…vorrei poter spegnere la sua luce e lasciarmi assorbire dal buio, sparire nel niente a cui sono destinato ora che ti ho perduta per sempre. Ti amo, e ti ho fatto del male. Il mio amore è sofferenza…eppure è questo stesso dolore a tenermi in vita.

La nonna mi chiama dalle cucine, forse se mi concentro in qualche lavoro manuale smetterò per qualche minuto di essere tormentato da questi pensieri che non mi abbandonano mai.

Sono tutte già indaffarate nella preparazione del prossimo pasto, qualcuno deve riporre le stoviglie utilizzate per la colazione: una piccola incombenza che richiede davvero un minimo sforzo. Piattini, cucchiai, teiera, ogni cosa al suo posto, e infine le tazzine…e la tua tazza, Oscar, quella dove la nonna ti prepara sempre la cioccolata che tanto ti piace. La guardo e mi sembra di poter riconoscere il punto esatto in cui sei solita appoggiare le tue labbra per sorseggiare il cibo degli dei, nei tanti pomeriggi invernali trascorsi davanti al camino. Lo sfioro con il pollice, come se potessi lentamente accarezzare la tua bocca… quella stessa bocca che ho sognato mille volte di baciare con tenerezza, e che invece ho violato come l’ultimo dei vigliacchi.

Se solo potessi tornare indietro e fermarmi in tempo, di fronte ai tuoi occhi che già mi imploravano più delle tue parole: “ Così mi fai male André ”. Ma l’averti per la prima volta alla mia mercé, priva di quello scudo di imperturbabile freddezza con cui mi avevi appena escluso dalla tua vita, mi ha reso sordo a qualsiasi supplica. D’impulso ho stretto maggiormente le mie mani intorno ai tuoi polsi sottili, che tanta forza avevano sprigionato colpendomi in pieno viso, perché non potessi più scappare da me, almeno non in quel momento, non di fronte al mio desiderio, che chiedeva con urgenza di provarti quanto potessi essere donna per me. E ti ho baciata, pur sapendo che mi avresti respinto, se solo te lo avessi permesso, e che non erano mie le labbra che avresti voluto su di te.
Come ho potuto fare di un gesto d’amore un modo per punire l’indifferenza con cui mi stavi congedando per sempre? Mi vergogno di ciò che sono, e mi vergogno di ciò che provo, perché mi basta chiudere gli occhi per sentire di nuovo il tuo sapore così dolce, in grado di risvegliare anche ora ogni singola fibra del mio essere…

- André! André! Non stare lì imbambolato! Ricordati il compito che ti ho affidato ieri sera! Tutto deve essere pronto per tempo!

La voce della nonna mi strappa da questi pericolosi ricordi… In fretta ripongo le tazzine, spingendo la tua sul fondo del ripiano, in un tentativo puerile di allontanare da me il bisogno così impellente di toccarti di nuovo, di illudermi che un giorno tu possa essere in qualche modo mia. Devo riuscire a tenermi occupato, cercare di distogliere la mente dalla tua assenza che già preme con forza contro le pareti di questo cuore. Lo sento sempre più sgretolarsi…non passerà molto prima che vada completamente in pezzi, senza di te.

- Sì, non me ne sono dimenticato. Adesso vado.

Salgo le scale diretto alla camera del generale: la nonna mi ha chiesto di portarle la sua alta uniforme che dovrà essere indossata questa sera a Versailles, al banchetto a cui è stato invitato insieme a Madame e al generale Bouillé. Tutto dev’essere in perfetto ordine per un evento così importante, guai se ci fosse anche solo un bottone allentato.
Nel corridoio incrocio Justine, che sta uscendo dalla tua camera dove probabilmente ha cambiato la biancheria, approfittando della tua assenza. Un accenno di sorriso prima di andarsene veloce verso il piano inferiore, lasciando aperta la porta dietro di sé.

Si dice che i colpevoli di un crimine tornino sempre nel luogo in cui l’hanno commesso. Ed eccomi allora, attirato all’interno della tua stanza come una mosca dal miele a cui non può resistere, le gambe che da sole mi trascinano lì dove ogni cosa è cambiata per sempre nell’urgenza di un gesto che è ormai un marchio d’infamia, impresso a fuoco nella mia anima.
Il tuo letto, avvolto nella penombra, è così immacolato e perfettamente in ordine…nessuna piega sulle lenzuola che possa tradire quello che hai subito per mano mia. Eppure sul mio corpo sento ancora quel contatto rubato alle tue forme, mentre ti spingevo sulle coltri, inchiodandoti le braccia perché non potessi ribellarti a me e al mio folle desiderio. La sensazione delle tue labbra morbide contro la mia bocca, che avrebbe dovuto donarti solo dolcezza, invece di imporsi reclamando con l’inganno il tuo primo bacio. Che ricordo mai ne avrai, a causa mia?

Poi il tuo grido disperato, che era già una richiesta di aiuto…perché qualcuno ti salvasse da me, da quel mostro in cui mi ero trasformato, vittima e insieme carnefice di un sentimento troppo a lungo represso ma gelosamente nutrito, giorno dopo giorno, dentro di me. Non ho potuto nulla contro la forza con cui mi ha travolto, un fiume in piena che ci ha trascinati entrambi verso il fondo, e da cui sono riemerso solo sentendo la tua voce che mi implorava di lasciarti andare. E così ho fatto, ma con un ultimo gesto ignobile mi sono ancorato a quel velo che da sempre nasconde la tua vera natura al mondo, lacerandolo senza pietà perché potessi mostrarti a me nella tua femminilità, che così tenacemente volevi negare. E ti ho vista, esposta in tutta la tua fragilità di donna, umiliata dal mio bisogno malato di demolire le tue barriere, e di punirti per la facilità con cui mi stavi allontanando da te.

Per un attimo i nostri occhi si sono ritrovati, incatenati dallo stesso orrore per ciò che avevo fatto, increduli che proprio io, disposto a difenderti con la mia stessa vita, potessi essere arrivato a tanto… Poi hai distolto lo sguardo, incapace di sopportare oltre la vista della bestia che ero divenuto, mentre lacrime di dolore bagnavano la tua voce…

- Bene…e adesso? E adesso che cosa vorresti farmi, André? Che cosa vuoi provare?

Solo in quel momento ho capito appieno l’atrocità del mio gesto, di fronte alla disperazione delle parole con cui mi accusavi di poterti fare qualunque cosa, e d’impulso ho abbandonato quel pezzo di stoffa, odioso testimone della mia vergogna, che ancora stringevo nella mano e che sembrava bruciare come l’inferno a cui mi ero appena dannato. Ti ho chiesto perdono giurando su Dio che mai più ti avrei fatto una cosa simile, mentre le mie parole annegavano tra i tuoi singhiozzi. Avrei voluto soltanto sparire, cancellare tutta la mia esistenza che mi aveva portato ad un simile abominio, e lasciarti sola con quel dolore di cui io solo ero causa…ma invece di rispettare il tuo silenzio, ho voluto confessarti il mio amore, pur sapendo che niente avrebbe mai potuto giustificare un atto così sconsiderato.

Non so neppure se la mia voce sia riuscita a superare il tuo pianto, e cosa tu abbia provato nello scoprire che ti amo da sempre. Forse paura e disprezzo non hanno lasciato spazio ad altro sentimento. Eppure ti amo, Oscar, così profondamente da non riuscire neppure a ricordarmi il momento in cui ho iniziato a vivere questo amore. Non esiste nulla prima di te, e niente seguirà se tu non ci sarai.
Ti prego, torna da me, anche se sono un uomo indegno, anche se ti ho ferita come nessuno aveva mai osato fare. Perdonami, se puoi.

Mi volto per allontanarmi dalla tua camera, in gola il nodo delle lacrime che ho versato insieme a te, nell’anima il fardello di questa colpa che niente potrà mai cancellare. I miei passi risuonano pesanti tra le mura di questo palazzo che sembra così grande e vuoto, e in cui mi sento già un estraneo. Non sai cosa darei per sentire le note del tuo pianoforte alleggerire quest’aria che diventa sempre più densa e soffocante, mentre le ombre degli oggetti si allungano e il sole lentamente tramonta su questo primo maledetto giorno senza di te.

***

Apro gli occhi all’improvviso, il respiro accelerato come se soltanto ora riuscissi a guadagnare l’aria, riemergendo da profondità sconosciute. E’ notte. Il buio mi avvolge completamente, eppure le immagini sono ancora così vivide nella mia mente… Mi alzo a sedere nel letto, un velo di sudore su tutta la pelle. Stringo la testa tra le mani…un incubo…no, un bellissimo sogno! Dovrei rinnegarlo, sforzarmi di dimenticare…e invece serro disperato le palpebre, perché tutto possa travolgermi di nuovo con la stessa tangibile intensità…

Ti vedo di fronte a me, sul viso ancora la sensazione bruciante dello schiaffo con cui hai voluto punire la sfrontatezza delle mie parole. Ma il calore sulla mia guancia è nulla paragonato al fuoco che mi sale dentro per averti tanto vicina da poter respirare la tua rabbia.
I tuoi occhi mi sfidano, vuoi sapere cosa si cela realmente dietro quella frase, ma non ho più voce per spiegarti quello che ho nel cuore. Mi afferri la camicia e le mie mani sono già sui tuoi polsi: il sangue corre veloce sotto la tua pelle di seta ed il suo ritmo incalzante è come un canto che mi attira verso di te. Ti faccio male ma non mi importa, le tue parole di protesta mi giungono come attutite: è troppo tardi…
Scendo sul tuo viso e catturo finalmente quella bocca che è insieme la mia tentazione ed il mio tormento, il mio costante desiderio, anche quando mi ferisce, anche quando mi respinge... Sento tutto il tuo stupore nell’innocenza con cui mi accogli, mentre il mio corpo cerca il tuo spingendoti sul letto.

Ma nessun grido lacera il silenzio della stanza.

Le tue labbra inesperte lentamente si lasciano guidare dalle mie, aprendosi con fiducia al mio bisogno sempre più impellente di rubare il tuo sapore. Sei così dolce e calda… La mia presa si allenta per lasciarti libera, le nostre dita si cercano fino ad intrecciarsi mentre ti inarchi sotto di me. Dalla tua gola un gemito.

Non so con quale forza riesca a staccarmi da te… I tuoi occhi mi guardano confusi, ma non c’è paura in quello sguardo che si fa dolce quando la mia mano ti accarezza il viso. Sei così bella…

“Ti amo Oscar. Io…credo di averti sempre amata”

Le tue dita sulla mia guancia, un tocco così delicato, quasi irreale, fino a scivolare sulla nuca. Non dici nulla ma è come se tutto in te mi parlasse. Lentamente mi attiri di nuovo verso la tua bocca…ed io voglio solo perdermi dentro di te.
Le tue mani nei miei capelli, il tuo respiro che diviene il mio…voglio toccarti, sentire che mi appartieni, raggiungerti nel profondo dove nessun altro potrà mai arrivare. I bottoni si arrendono docili alla mia invadenza mentre la mano scende avida seguendo la curva morbida del tuo seno. Il tuo battito accelerato mi guida in questo sentiero di sensazioni che mi porta dolcemente dentro di te. Le mie dita affondano nel tuo caldo languore. Un brivido percorre la nostra pelle e ci lascia senza fiato. Il tuo corpo è pronto per accogliermi…

Basta! Basta!
Con rabbia scalcio le lenzuola, infastidito da qualsiasi contatto sulla mia pelle, solo per vedere con disgusto che la voglia di te si è fatta di nuovo carne in questo corpo traditore che non conosce vergogna, che non conosce rimorso… Mi è sufficiente anche solo immaginare di averti, per ridurmi così. Perdonami Oscar... Ho giurato a Dio che non ti avrei fatto mai più del male e mi ucciderei piuttosto che toccarti contro la tua volontà. Ma nella mia fantasia, in questa mente che la notte si libera di qualsiasi freno in cui tenti di imbrigliarla, ti offri a me in modi che non avrei mai il coraggio di descriverti… Ed io posso soltanto arrendermi di fronte a questo desiderio che non mi abbandona mai e che fa di me il suo schiavo. Neppure il sonno mi dà tregua…

Tu mi scorri nelle vene, Oscar. Sei la linfa che mi dà vita. Senza di te posso soltanto vagare per i corridoi di questo palazzo, svuotato di me stesso, come un’ombra che non è più nulla perché è stata privata del corpo a cui appartiene. Ancora non so dove troverò la forza di superare questo mese in cui dovrò fare del tuo bellissimo viso un ricordo, nella vana speranza di vederlo un giorno sorridere ancora per me.
Chissà se anche tu mi stai pensando, Oscar, o se davvero riuscirai a dimenticare, come hai detto prima di andartene. E’ stata l’ultima parola che mi hai rivolto, prima di allontanarti con César. Io non potrò mai scordare ciò che ho fatto, né il terrore del tuo sguardo, o il tremore del tuo corpo, scosso dal pianto mentre ti ricoprivo con il lenzuolo. E non devo farlo.
Prego solo Dio che tu mi conceda di starti accanto in qualche modo, anche se non lo merito, anche se non ne sono degno. Posso sopportare il tuo biasimo, e accettare il tuo disprezzo…ma condannarmi ad una vita di cui tu non sei parte, sarebbe morire ogni singolo giorno.

***

Ho perso ormai la cognizione del tempo che è trascorso dalla tua partenza…ma il mio cuore sa che stai per tornare. Il pensiero di te mi ha perseguitato in ogni istante, rendendo le giornate tutte uguali, un lento affollarsi di ore senza senso, dilatate dalla solitudine che mi ha divorato l’anima un morso alla volta.
Credevi forse che la distanza avrebbe indebolito la forza del mio sentimento? Che non vederti ogni giorno sarebbe stato sufficiente perché in qualche modo ti dimenticassi? Come potrei! La mia anima è satura di te.

Mille volte ho pensato di montare in groppa ad Alexandre e raggiungerti, e riprendere finalmente a respirare grazie alla tua sola presenza. Ma ho sempre rinunciato, consapevole che sarebbe stata l’ennesima aperta violazione dei tuoi desideri: con patetico ritardo ho deciso di rispettare infine la tua volontà.

La notte non mi ha mai portato consiglio, come qualcuno una volta ha detto…forse qualche stolto che non ha mai amato. Ti ha invece sempre consegnata alle mie braccia, preda arrendevole di un desiderio che non conosce misura e che ti ha plasmata in ogni sua fantasia… Per fuggire da questa ossessione ho cercato di annegare la mia voglia di te nel fondo di un bicchiere, passando quasi ogni sera in una bettola a caso, in compagnia di vino scadente, solo per stordirmi i sensi e non ricordare al mio risveglio di averti posseduto di nuovo nei miei sogni troppo vividi.

Sono stato una preoccupazione costante per la nonna, ma non mi è importato. Perché ha funzionato, sai? Mi ha dato la pace finalmente… E non è stato l’alcol, né quell’oblio temporaneo che sa donare… No, ho semplicemente trovato un modo per restare nella tua vita, anche se non mi vorrai. Perché è questo il mio timore più grande, che al tuo ritorno tu mi escluda per sempre dalla tua esistenza, voltando di nuovo quelle spalle che sono l’immagine stessa dell’indifferenza.

Non ho la forza per affrontare il tuo abbandono: è questa forse la mia più grande debolezza.

Ti seguirò Oscar: ovunque tu andrai, io sarò con te. Pronto a difenderti, a proteggerti dal pericolo anche a costo della vita, come ho sempre fatto, com’è nella mia natura, perché tu sei il mio destino.
Ho un amico nelle Guardie Metropolitane e grazie a lui potrò ottenere quello che tu non mi concederesti mai, non ora che ho tradito la tua fiducia.

Ho vissuto gli ultimi giorni combattuto tra la necessità ormai vitale di rivederti, e il timore di come mi avresti affrontato, o peggio ancora ignorato, una volta a casa.
Ora il mio cuore è tranquillo.
Non mi troverai qui al tuo ritorno: sarò già là dove una nuova vita avrà inizio, anche per me. Il tuo corpo avrà di nuovo la sua ombra fedele, ed io potrò vegliare ancora su di te come nessun altro sarebbe mai in grado di fare.
Non sarò più solo.

Ti aspetto Oscar. Non tardare.
   
 
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