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Autore: ValeS96    05/01/2022    2 recensioni
“Nero, nero assoluto. Nemmeno uno spiraglio di una qualsiasi luce si intravede. Una notte senza luna. O forse un giorno senza sole.
[...]
«Sirius... Sirius, svegliati..»
Un sussulto. Gli occhi si aprono e si trova seduto sul letto. Accanto a lui, appoggiato sull’orlo del materasso, c’è Remus.”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Nero, nero assoluto. Nemmeno uno spiraglio di una qualsiasi luce si intravede. Una notte senza luna. O forse un giorno senza sole. Non riesce a capirlo ormai. Non sa nemmeno se i suoi occhi siano chiusi o no. O se gli occhi li ha ancora.
Un freddo penetrante lo attraversa dentro, profondissimo, gli ghiaccia il petto, il cuore non batte. Silenzio assoluto, il nulla più totale, nessun suono, nemmeno un alito di vento. Nessun odore. Solo assenza, mancanza di sensi assoluta, il nulla più totalizzante.
Poi gelido, un ansito: è innaturale, né animalesco, né umano. Sono loro. Stanno arrivando. Striscianti, freddi. Vuoti. Come lui.
Ancora un attimo, e sarà il nulla. Ancora un attimo e saranno qui. Di nuovo.
Eterna notte senza luna, eterno giorno senza sole, sospesi, in attesa.
 

«Sirius... Sirius, svegliati..»

Un sussulto. Gli occhi si aprono e si trova seduto sul letto. Accanto a lui, appoggiato sull’orlo del materasso, c’è Remus.
Il gelo gli corre nelle ossa, le orecchie fischiano. L’impatto dei nuovi suoni lo stordisce, la fioca luce della luna che filtra dalla finestra lo acceca.
«Ero lì, di nuovo...»
Remus allunga il braccio e gli circonda le spalle.
«Non c’era nulla... Non vedevo nulla...»
«Loro c’erano?»
Annuisce impercettibilmente.
Remus gli sfiora piano la schiena, mentre con lo sguardo percorre ogni centimetro del suo viso, i suoi occhi lo accarezzano. Appoggia la testa contro il suo petto e si affonda nella sua calma.
Non c’erano segni di disordine, il letto era ordinato. Doveva essere stato uno di quegli incubi immobili, spaventosi nella loro assenza assoluta di alcuna vita. Immobilità totale del vuoto. Un cuore spento da un gelo di puro terrore.
«Ora ci sono io.»
Sospira, Remus. Il suo calore timido lo rinvigorisce ogni secondo che passa. Vorrebbe non si muovessero mai da lì. Vicini, uniti. Soli e insieme. Opposti, ma ora fusi in un disperato tentativo di appiglio, una lotta contro le loro paure così diverse eppure così simili.
La mano sale ad accarezzargli i capelli, ancora scompigliati e intrecciati. Lo avvolge, sospira, il petto si alza e si abbassa, il suo ritmo lo culla. Respirano piano, riempiono il vuoto, sciolgono il gelo.
Un sussurro rompe il silenzio.
«Sdraiati.»
La sua voce è profonda, la sente risuonare nel petto, lo avvolge e lo sconvolge. Un braccio scende lungo la spina dorsale ad accompagnarlo mentre si distende sul lenzuolo freddo, un brivido quando il contatto si interrompe.
Lo guarda, Remus. È calore, è rassicurante. I suoi occhi sono scuri nel buio, ma percepisce tutta l’intensità di quello sguardo, un’intensità nuova, controllata ma esigente.
Poi sente una mano distendersi sul viso a coprire le tenebre della notte, mentre le dita gli sfiorano gli occhi in un muto invito a chiuderli.
Si iniziano lentamente a risvegliare gli altri sensi, disperati nel tentativo di colmare la mancanza. Ancora sente l’eco del contatto, ma sa che adesso non lo sta più toccando.
E la sua mano si muove ora, lentissima, la percepisce, come un tepore che scende e lo attraversa. Come forza invisibile avanza sospesa sulla sua pelle, ne percorre inesorabile ogni centimetro. Gli sembra quasi di vederlo, chinato su di lui, serio e concentrato, calmo e leggero.
Il materasso cigola e sente Remus avvicinarsi, mentre la mano continua a scendere, tepore che cresce e inizia a scorrere sottopelle, una scarica di energia sempre più intensa concentrata in quell’unico punto di impalpabile contatto.
Lo rilassa e allo stesso tempo lo elettrizza, il calore lo invade, l’energia lo accende.
Avverte un tremore nel respiro di Remus. Forse si è avvicinato ancora, forse gli sta sospirando all’orecchio, forse è a pochi centimetri dal suo viso. Forse le loro labbra si sfioreranno, ora.
Sospira Sirius, mentre la mano continua a gravitare su di lui, presente ma impalpabile.
Il tempo è rallentato, gli istanti sono distesi, l’universo è sospeso: esiste solo la sua pelle, ogni suo singolo centimetro che sembra voler divampare.
Attende un movimento, appeso al filo di quel tocco mancato. L’immensità di un attimo concentrata in quell’unica fonte di energia, intensità pura immobile nella tensione dello spazio che li separa. Il tempo è fermo su quel palmo, tutto il suo essere è sospeso su quel palmo.
Un tremito.
Ma non accade nulla.
Risale, invece, con la stessa lentezza: la mano lo ripercorre, coprendolo, avvolgendolo, ancora troppo lontana, ancora così vicina. Sale, calore sul petto, sul collo, sul viso. È di nuovo sui suoi occhi.
E in una carezza sottile lo sfiora.

Remus.

Tutta l’elettricità accumulata in quegli infiniti istanti di quel percorso sul suo corpo si scarica lì, in quel tocco, come se quell’energia non fosse mai esistita, come se fosse solo immaginata. Tutto si risolve nello spazio di un attimo, si dissolve nell’impalpabilità dello sfiorarsi.
Si scioglie la tensione, un tepore disteso rilassa ogni parte di lui, gli entra dentro, lo scalda.
Sospira di nuovo Remus, mentre Sirius schiude le labbra e inclina leggermente la testa per accogliere quella carezza, a sentire finalmente la sua mano. Dissolto, lui. Annullato nell’attimo di quel contatto.
Ma questa volta non è come prima: ora il nulla è pieno di Remus, un buio fatto della sua luce, un silenzio rotto dal suo respiro così vicino all’orecchio. Non ha ancora aperto gli occhi. Vorrebbe continuare a sentire quel momento in tutta la sua impalpabilità, assorbirne ogni particolare, con i residui di quell’energia silenziosa ora sopita, la lieve tensione del silenzio e l’eco di irregolarità nei loro respiri.
Il materasso si affossa leggermente, Remus si è disteso accanto a lui. Ora è davvero vicino, molto più vicino di quanto non sia stato finora: lo sente, vorrebbe toccarlo anche lui, ma rimane immobile. La carezza sale lieve sulla fronte, mentre le dita gli scostano i capelli come un soffio.
Rimangono così, per un intervallo interminabile di tempo.
Non ha bisogno di aprire gli occhi per vederlo. Sa che lo sta percorrendo, che il suo sguardo lo sta lambendo delicatamente. Sa che continuerà a farlo finché non si sarà addormentato, e che il vuoto non tornerà, che il buio di quelle ore sarà fatto di calore e respiro.
Sa che ora quella notte ha la sua luna e che il giorno dopo avrà il suo sole.
 
 
 
 
Nota: Dopo non aver scritto quasi nulla per un anno, torno a pubblicare questa piccola OS, idealmente legata a Ti porto a vedere l’alba, pubblicata l’anno scorso: in un certo senso le fa da contraltare, seppure in modalità parecchio diverse. Il punto di vista qui è di Sirius, che ho immaginato ancora perseguitato dagli incubi per tutti gli anni passati ad Azkaban.
L’ispirazione per questa storia è legata a una scena di un film che ho particolarmente a cuore, Starting out in the evening.
Ringrazio chi ha letto fin qui e spero a presto,
 
Vale




 
  
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