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Autore: eddiefrancesco    05/01/2022    0 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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«Hai fatto conquiste, Odyle!» le aveva sussurrato Marie, sua vicina di stanza alla pensione per signorine in cui alloggiava. «Spero proprio di no, quel tipo mi dà i brividi.» «E perché? Mi pare piuttosto gradevole d'aspetto... magari potrei fargli il ritratto.» «Magari sarebbe meglio evitarlo.» «Di nuovo il tuo sesto senso?» le aveva domandato Claude, che si era avvicinato a loro appoggiandosi al bastone. «Tesoro, sei molto pallido, ti senti bene? Ti stancherai tantissimo a stare tutto il pomeriggio in piedi.» Era sempre premurosa nei confronti di Claude. «Sto bene... Comunque, questa volta, credo che tu abbia ragione. Quel tipo non mi piace. Ha uno sguardo... feroce.» Più tardi, Odyle era stata invitata con altri compagni a salire sul palco e aveva ricevuto una menzione d'onore per una scultura che le era costata molta fatica e molte notti insonni. Raffigurava il corpo di una donna nuda che lottava per liberarsi dal bozzolo di marmo in cui era rinchiusa, e nell'espressione contorta dallo sforzo si poteva comunque individuare la rassomiglianza con l'autrice. I capelli la avvolgevano coprendola appena e la fronte corrucciata lasciava intravedere un paio di occhi fieri e furiosi. Subito dopo, Victor Rouel era tornato ad avvicinarsi a lei. «Siete davvero selvaggia come la vostra scultura, mademoiselle? Mi piacerebbe scoprirlo.» Aveva sporto una mano verso di lei, togliendole una ciocca di capelli dal viso. Odyle era rimasta pietrificata dall'intimità di quel gesto, mentre un senso di nausea aveva iniziato a montarle nello stomaco. «Posso venire a vedere i vostri lavori, qualche volta?» Monsieur Rouel era stato molto cortese con lei, tuttavia, c'era qualcosa nel suo modo di muoversi e di guardarla che le diceva di non fidarsi. E non aveva torto. La terza volta che se l'era trovato davanti all'uscita dell'accademia, nel giro di una sola settimana, non era riuscita a trattenersi dal rispondergli male. «Siete davvero strana se preferite la compagnia di quello storpio alla mia!» era sbottato lui con un sorriso crudele, afferrandola per un braccio. «Come osate parlare di Claude in questo modo? Non sapete niente di lui! Non sapete niente di me! Monsieur, vi chiedo, una volta e per tutte, di lasciarmi in pace. Non sono interessata a voi in alcun modo. Continuate la vostra vita e io continuerò la mia. Buona giornata.» Lui, per tutta risposta, si era messo a ridere. «Siete proprio una sciocca...» L'aveva lasciata andare. «E siete una donna selvatica e senza freni... proprio come piace a me. Io vi domero', Odyle Latuvielle. Sarete mia, fosse l'ultima cosa al mondo che farò» aveva mormorato quando lei si era allontanata. In realtà, Odyle ancora non riusciva a capire il motivo di tutto quell'accanimento da parte di Monsieur Rouel. Poteva solo pensare che fosse uno di quegli uomini che amavano le sfide impossibili. Ben presto, tuttavia, si era accorta di essere al centro di una congiura. Sia suo padre sia sua madre avevano iniziato a insistere affinché frequentasse Victor, arrivando persino a combinarle una visita alla sua fabbrica, alle porte di Parigi. Probabilmente, con quella mossa, avevano sperato di farle vedere il molesto pretendente sotto una luce diversa, quella del potere e del prestigio. Era ovvio che non la conoscevano affatto. Subito si era sentita girare la testa in quell'enorme capannone semibuio. Il caldo era insopportabile e i lavoratori sembravano fantasmi dai volti scarni e pallidi. Aveva visto persino una donna crollare a terra esausta ed essere risvegliata con un calcio dal soprintendente. «Mi sento male...» aveva mormorato barcollando. La vista le si era annebbiata, vedeva delle figure confuse e macabre che le danzavano intorno. L'odore dell'olio surriscaldato degli ingranaggi e i fumi delle macchine le avevano fatto salire la nausea. Sua madre le aveva dato una gomitata nel fianco cercando di sostenerla, ma non c'era stato nulla da fare: aveva vomitato la colazione sul pavimento. Victor l'aveva afferrata per la vita e sollevandola tra le braccia l'aveva portata nel suo ufficio, dove le aveva offerto dell'acqua per rinfrescarsi. Odyle era stremata e non ricordava di essersi mai sentita male come in quel momento. Probabilmente era stata colpa del corsetto cui sua madre l'aveva costretta a sottomettersi almeno per quel giorno. I suoi genitori erano rimasti in piedi, con lo sguardo severo, vicino alla porta, mentre Victor si inginocchiava premuroso ai piedi del divano su cui l'aveva fatta distendere. «Mademoiselle Latuvielle, vi sentite bene?» «Io...» Forse era stata colpa di quell'unico bicchiere d'assenzio che aveva bevuto la sera prima con Claude e gli altri, aveva pensato. «Odyle... desidero sposarvi. Sono innamorato di voi. Ditemi di sì.» Lei aveva sgranato gli occhi, incredula. Possibile che stesse approfittando dello stato di prostrazione in cui si trovava per farle una proposta di matrimonio? «Oh, santo cielo, Odyle!» era intervenuta sua madre con un sorriso gaio e rossa in viso. «Oddio, ma è meraviglioso! Hai sentito cara? Monsieur Rouel desidera sposarti!» «Io no.» Era riuscita a riacquistare le forze e aveva tentato di rimettersi in piedi. «È solo molto scossa, Monsieur, non temete. Vi garantisco che il suo è un sì» si era affrettato a dire suo padre, posando una mano sulla spalla di Victor. «Voi non garantite proprio un bel niente!» aveva urlato lei. Victor, allora, le aveva lanciato uno sguardo pieno di rabbia e l'aveva colpita in pieno volto con uno schiaffo. «Non devi parlare a tuo padre in questo modo» aveva sibilato poi. I suoi genitori, esterrefatti, erano rimasti in silenzio. E Odyle si era ritrovata fidanzata. Le avevano detto che Victor era stato tanto buono da acconsentire a farle finire almeno quell'anno d'accademia. Poi si sarebbero sposati e lei avrebbe lasciato gli studi. Qualche settimana dopo, Odyle aveva trovato il coraggio di confidare tutto a Claude e si era rifugiata tra le sue braccia piangendo. Per calmarla, lui l'aveva esortata a lavorare. Era già molto tardi, ma alla luce delle lampade a olio e delle candele dello studio avrebbe potuto continuare la scultura degli amanti che stava plasmando con la creta. Senza esitazione, entrambi si erano spogliati fino a rimanere con la sola biancheria addosso. In quel modo, Odyle poteva studiare i movimenti dei loro corpi e la posizione della sua statua. Era stato proprio allora che un rumore secco alla porta li aveva fatti trasalire. «Sei una donnaccia!» aveva sentito gridare. Era Victor. «Che cosa diavolo vuoi da me?» aveva urlato lei per tutta risposta mentre Claude le metteva una coperta sulle spalle. «Non posso neppure pensare a quello che stavi facendo con questo... con questo mostro!» Claude, allora, si era scagliato contro di lui. «Dovete lasciarla in pace, mi avete capito?» aveva urlato afferrando Victor per il bavero. «Lei non vi ama. Vi detesta. Volete proprio rovinarle la vita? Chi di noi due sarebbe il mostro allora?» Victor a quel punto gli aveva dato uno spintone, mandandolo a ruzzolone sul pavimento senza troppo sforzo. «Claude!» Odyle si era chinata sull'amico. «Ti odio, Victor. Non ti sposerò mai! Mai, hai capito? Vattene!» Quando era tornata allo studio, il giorno dopo, vi aveva trovato una gran confusione. Alcuni pezzi di marmo che aveva comprato erano stati sbriciolati a martellate e i suoi bozzetti erano sul pavimento, ridotti in mille pezzi. E lei avrebbe dovuto consegnare alcuni di quei lavori di lì a pochi giorni. Era andata a spiegare la sua situazione alla commissione dell'accademia, ma quando aveva accennato a quella specie di persecuzione di cui era vittima, i professori l'avevano guardata con aria incredula. Alcuni giorni dopo aveva sentito qualcuno dei compagni mormorare che forse quei bozzetti era stata lei stessa a distruggerli, perché non era riuscita a fare nulla che fosse all'altezza della fama che si era creata e non aveva voluto sfigurare.
   
 
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