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Autore: eddiefrancesco    04/01/2022    1 recensioni
Odyle Chagny aspirante artista, è costretta a lasciare la Francia per accontentarsi di fare l'istitutrice delle due figlie di Lord Moran.
Dalla sua posizione ai margini del bel mondo, la giovane si rende conto ben presto che in quell' ambiente dove tutto sembra perfetto, in realtà molti nascondono oscuri segreti.
Per esempio, Lord Tristan Brisbane, l'attraente e un po' impacciato gentiluomo la cui timida insicurezza mal si accorda con le voci inquietanti che circolano sul suo conto.
O dell'avvenenente Lady Moran, che pur circondata dal lusso conduce un esistenza triste e solitaria. Scoprendo a proprie spese che nell'Inghilterra puritana di fine Ottocento può bastare un sussurro per distruggere una vita.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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Con il cuore in gola, Odyle osservò la piccola scultura. Non si era neppure rovinata con il viaggio, grazie a quell'imballaggio sicuro. Si trattava di due figure, un uomo e una donna avvinghiati l'uno all'altra con forza quasi disperata. Nudi e appassionati. Quello era il bozzetto che le sarebbe dovuto servire da studio per un'opera ben più grande, ma purtroppo, pensò con rammarico, non le sarebbe mai stato possibile realizzarla. «No, Odyle» si redargui' scostandosi una ciocca di capelli dagli occhi. «Non perdere le speranze. Forse un giorno...» Chi voleva prendere in giro? Non avrebbe più potuto tornare in Francia e riprendere i suoi studi, non finché Victor... Victor! Odyle si sedette per terra e appoggiò la schiena alla sponda del letto, prendendosi il volto tra le mani. Ricordava la prima volta che aveva messo piede in classe, alla famosa Accademia Colarossi di Parigi. Fino ad allora, e aveva poco più di sedici anni, aveva sempre vissuto fuori città, con i genitori e la sua adorata sorella Miriam, l'unica di tutta la famiglia che la capiva. Era stata lei, dall'alto dei suoi venticinque anni, a convincere Monsieur Latuvielle a permettere a quella sua strana figlia minore di andare a studiare in città, dove aveva superato il concorso di ammissione all'importante accademia di belle arti. Odyle, aveva suggerito Miriam ai genitori, sarebbe stata il fiore all'occhiello della famiglia, e con un po' di fortuna sarebbe potuta diventare persino molto ricca. Odyle aveva dato l'esame in segreto, con l'aiuto di Miriam. Per tutta l'adolescenza aveva continuato a leggere e approfondire le poche nozioni che le venivano impartite alla scuola del paese, e la sorella l'aveva aiutata prestandole denaro e comprandole lei stessa alcuni libri, i quaderni e il primo blocco da disegno che aveva riempito in pochi giorni, girando per le strade e fermandosi a scarabocchiare tutto quello che le passava davanti. La sua matita e i suoi occhi avevano iniziato a soffermarsi sui movimenti e sui corpi delle persone, cogliendo la forza segreta, il vigore del movimento, la passione per la vita. Poi, con la creta, Odyle aveva cercato di rappresentare quelle sue idee a tutto tondo, plasmando la materia con le sue mani. Ricordava un pomeriggio in cui aveva modellato nella cera il volto e le spalle della sorella, mentre lei suonava il pianoforte. In quell'occasione non era stata tanto la somiglianza a stupire e affascinare Miriam, quando piuttosto l'espressione del volto che Odyle era riuscita a cogliere. Arrivata a Parigi, il frastuono e il fermento della grande città l'avevano intimorita e affascinata al tempo stesso. Suo padre e sua madre l'avevano messa in guardia contro i pericoli di quella metropoli tentatrice e le avevano chiesto di evitare i contatti con i compagni di corso e gli uomini in genere. Ma lei, che non era mai stata molto ubbidiente, ma che non era neppure un'ingenua, aveva iniziato a partecipare con passione alle lezioni e ai dibattiti dell'accademia. Purtroppo alle donne erano ancora interdetti alcuni corsi, come quello di anatomia, che le sarebbe stato molto utile per capire i movimenti e le proporzioni del corpo, ed era stato proprio durante una accalorata petizione sostenuta insieme a un gruppetto di compagne, che aveva conosciuto Claude. Claude Evory era un ragazzo di buona famiglia, il minore di quattro fratelli maschi, ed era sempre stato trattato con una certa benevola condiscendenza dai genitori sia perché era il più piccolo, sia per via di una leggera menomazione a una gamba che lo costringeva a camminare aiutandosi con un bastone. Per il resto, era un giovanotto brillante e gioviale, con i capelli chiari e il sorriso allegro, e un artista molto dotato cui non era passata inosservata la passione che quella ragazzina di campagna metteva nel suo lavoro. Lui la aveva aiutata a studiare anche materie che le erano state proibite, mettendo a disposizione il proprio corpo, senza vergogna, e portandola a conoscere i saltimbanchi del Circo che frequentava da un po' di tempo in compagnia di altri studenti dell'accademia. Odyle era rimasta affascinata dal colorato e luccicante mondo circense e aveva iniziato a studiare i movimenti e le espressioni degli artisti impegnati nei loro volteggi. Per capire meglio lo sforzo muscolare che dovevano compiere durante le evoluzioni, aveva preso lezioni da loro, arrivando perfino a lanciarsi in un numero di trapezio, sotto lo sguardo intimorito ed estasiato di Claude, che aveva insistito per scattarle qualche fotografia. Era lei la donna della foto dei trapezisti, che in abito sorprendentemente succinto, sembrava danzare nell'aria con il solo sostegno delle corde del trapezio. Per tutti erano diventati i fidanzatini dell'accademia, ma lei considerava Claude come un fratello minore, il suo cucciolo da proteggere, nonostante lui ripetesse di non averne alcun bisogno. Quando Miriam era morta, era stato lui a tenerla stretta tra le braccia, mentre lei singhiozzava con il cuore straziato. Qualche tempo dopo la tragedia, era stato un inverno assai rigido, e Miriam si era buscata una polmonite che l'aveva portata alla tomba in poche settimane, i signori Latuvielle le avevano fatto visita nel sottotetto di Montmartre che condivideva con altre studentesse come lei. Suo padre aveva storto il naso scrutando la stanza spoglia e polverosa nella quale la figlia viveva, in compagnia di qualche gatto randagio che andava e veniva dalla finestra aperta sui tetti di Parigi. «Non sei ancora stanca di questa vita da zingara, tesoro?» Le aveva domandato sua madre portandosi il fazzoletto alla bocca, quasi temesse di contrarre una terribile malattia. «Come potrei mai stancarmi di questa vita, mamma cara?» Aveva risposto lei, guardandosi in giro sorridente in mezzo a quello che amava definire il suo caos creativo. Allora non aveva capito che la visita di suo padre non era stata di semplice cortesia... Finché Miriam era stata in vita, Monsieur Latuvielle aveva lasciato che Odyle facesse quello che voleva, pensando che sarebbe bastato sistemare la maggiore delle sue figlie con un matrimonio vantaggioso per provvedere alla famiglia. Ma ora che Miriam era morta, quel compito spettava a Odyle. Anche sua madre ne sarebbe stata contenta. Quella figlia scapestrata era una vergogna da tenere segreta, quasi che il suo amore per l'arte fosse imputabile a qualche strana forma di follia. Se ne era resa conto quando, alla fine del primo anno di scuola, aveva visto spuntare i volti rigidi dei suoi in mezzo alla folla di studenti, critici e semplici appassionati d'arte che gremiva il salone espositivo degli allievi. Sua madre le aveva scoccato un'occhiata gelida, squadrandola da capo a piedi. Doveva essersi accorta che non indossava il bustino che, come altre compagne, aborriva per la costrizione cui forzava il corpo. «Questo è Victor Rouel, cara, voleva tanto conoscerti.» Un paio di occhi grigi e freddi l'avevano squadrata da sotto le sopracciglia nere e folte. «Mademoiselle Latuvielle, ho sentito tanto parlare di voi.» «Davvero? Non riesco proprio a immaginare come mai.» La voce di quell'uomo le aveva fatto correre un brivido freddo lungo la spina dorsale. «Monsieur Rouel è il padrone di un'importante fabbrica di tessuti, Odyle, cerca di trattarlo bene» le aveva sussurrato sua madre. «Non capisco. Dovrei trattarlo bene perché è il proprietario di una fabbrica?» Non aveva mai perso occasione di mettere sua madre in difficoltà: era un essere così diverso da lei. «Ovviamente, no... È anche un amico di tuo padre.» «Davvero?» Odyle aveva storto il naso e poi, con una scusa, si era allontanata da loro per cercare Claude e le altre amiche. Durante tutto il pomeriggio, però, ogni volta che si guardava alle spalle, aveva colto su di sé lo sguardo glaciale e altero di quell'uomo.
   
 
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