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Autore: Dalybook04    05/01/2022    0 recensioni
Nell'antichità ogni tanto nascevano persone magiche con delle voci speciali, talmente belle da far tremare le montagne ed esplodere i cuori dei nemici, distruggere le mura nemiche o far fiorire le colture anche durante gli inverni più rigidi. Erano persone molto, molto speciali, e venivano venerate al pari degli dei. Ne nasceva uno su un milione, erano rarissimi. Non ne nascono più da un migliaio di anni, forse di più.
Ma sarà davvero così?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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https://youtu.be/i97_N9xJ0Bg
"Auguri amore!" Lovino sgrana gli occhi. Oh no, no no no. L'ultima volta che ha sentito quelle parole...
E infatti: Antonio l'ha preso in braccio, abbracciandolo davanti a tutti. Lovino non lo insulta solo perché il bastardo ha la lungimiranza di occupargli la bocca in altri modi.
"Oggi sei maggiorenne!" sorride, lo spagnolo, mettendolo giù.
"Come fai a sapere che oggi compio gli anni? Non te l'avevo detto..."
"Tuo fratello"
"Quella piccola merda me la pagherà"
Antonio lo stringe, questa volta lasciandogli i piedi sul pavimento scuro del corridoio, e lo bacia "non sei felice?"
Lovino sogghigna "tu dovresti esserlo. Adesso che sono maggiorenne anch'io, non ti potranno più denunciare per pedofilia"
Lo spagnolo si imbroncia. È adorabile "non è pedofilia. Hai superato l'età del consenso da un bel po' e..."
"Sì sì, inventati pure delle scuse" Lovino lo bacia sulla guancia "se mi organizzi una festa a sorpresa ti eviro"
"Una sorpresa te l'ho preparata in effetti" il diciannovenne bacia l'ormai diciottenne per qualche secondo, ingabbiandolo contro la parete bianca alle sue spalle, prima di continuare la frase "stasera dormi da me?"
"Vabbuò"
"Perfetto" controlla l'ora e si allontana, imbronciato "devo andare, querido. Ci vediamo più tardi"
"Seh. Ciao"

"Allora Antonio, come va?"
"A posto direi. Le cose con Lovi vanno così bene che non mi sembra vero"
"Ti va di parlarmene un po' nel dettaglio?"
"Oh sì" adora parlare di Lovino, è uno dei suoi argomenti preferiti, e il divanetto della psicologa è un posto molto comodo per farlo "oggi è il suo compleanno, stasera viene da me. Voglio che sia un'occasione speciale, se lo merita"
"Vi amate tanto"
Non gli è stata posta una domanda, ma Antonio risponde comunque "sì. Darei la vita per lui"
La psicologa ha un'espressione un po' triste, quasi combattuta.
"Sta bene?" premuroso, dolce Antonio, sempre a preoccuparsi di chi ha intorno.
"Sì sì, ho solo un po' di pensieri, non ti preoccupare. Con la tua famiglia?
"Con mio fratello mi sento spesso, almeno un paio di volte a settimana"
"I tuoi genitori?"
"Si fanno la loro vita. Non mi hanno neanche chiesto di conoscere Lovi... la cosa mi fa stare male" aggiunge, prevedendo la domanda solita "vorrei che vedessero che sto con un ragazzo fantastico, o che almeno gli interessasse sapere che non sono fidanzato con un teppista spacciatore o che so io"
La psicologa gli stringe la mano. Le sue sono calde "so che è difficile, ma prova a non pensarci. Goditi la tua vita, se vorranno farsi vivi lo faranno"
"Sì... credo di sì. Ci proverò. Per oggi credo che basti così" Antonio sorride, si alza dal divanetto e le stringe la mano "la ringrazio, dottoressa, è fantastica come sempre"
"Figurati, è il mio lavoro, non ho fatto niente di che" sembra più tesa del solito. Ad Antonio sembra quasi di sentirla sussurrare un "mi dispiace" prima di uscire dallo studio.
Si chiude la porta alle spalle, chissà se Lovi ha da fare, la seduta è durata meno del solito e ha voglia di stare con lui. Si incammina verso la biblioteca, di solito lo trova lì a leggere qualche tomo illeggibile, ma dopo pochi passi, meno di una decina da quando è uscito dallo studio, direi meno di cinque addirittura, quando sta per prendere il telefono per chiamare Lovino e chiedergli dove sia, un'esplosione devasta tutta l'ala est dell'edificio, producendo un trambusto che sembra sentirsi persino nello spazio. Antonio non lo sente però, non che sia sordo, e non è neanche in un'altra galassia o pianeta, solo che be', sapete, l'onda d'urto o cose simili lo ha sbalzato via, e ora è riverso a terra, privo di coscienza per il colpo.

Lovino prende in braccio una ragazzina del primo anno rimasta nell'incendio e corre a portarla fuori, poi torna dentro il corridoio disastrato e va a cercare altre persone. Ci sono altri volontari, maggiorenni ovviamente, che si stanno buttando nell'incendio per salvare chi si riesce in attesa che arrivino i vigili del fuoco, e non sembrano finire mai: ogni volta che trovano degli studenti, ritornano dentro e ne trovano altri e altri ancora. L'incendio vero e proprio è in una stanza sola e loro si limitano ai posti vicini all'esplosione, dove ci sono dei feriti che non riescono a camminare magari, potrebbe essergli caduto qualcosa addosso o potrebbero essere caduti loro a terra, ma che sono ancora vivi e rischiano di restare intrappolati quando l'incendio si espanderà.
"Ce ne sono altri?" chiede a un ragazzo con la gamba rotta che un altro, dell'ultimo anno anche lui, sta portando via.
"C'è... c'è un ragazzo davanti alla porta della classe. È stato sbalzato dall'esplosione, non so se sia vivo"
"Vado a vedere" lo lascia andare e corre. Un dubbio, un dubbio atroce lo sta perseguitando, perché Antonio era in quella zona al momento dell'esplosione, perché non lo ha visto in giardino con gli altri né tra i feriti che hanno già portato via. Ingoia il groppone che gli blocca la gola e si avvicina il più possibile alla stanza. Il fumo non gli permette di vedere, quasi non riesce a respirare, ma continua a procedere. Una trave per poco non gli cade addosso, ma non importa, perché intravede una figura stesa a terra. La afferra per la parte più vicina che trova, e lo trascina via, non è un bel modo o un modo sicuro ma è l'unica cosa che riesce a fare, quando saranno più tranquilli controllerà chi sia e come sta. Questo tizio pesa, non ha il coraggio di voltarsi a guardare chi sia, va solo avanti finché non arrivano nel giardino della scuola, dove si riesce a respirare più o meno bene.
Crolla sull'erba secca, inspira una bella boccata d'aria abbastanza pulita, di sicuro più di quella dentro la scuola, ed espira. Porca troia se quel tizio è pesante.
No, non ce la fa a girarsi a controllare chi sia.
Gilbert e Francis, anche loro tra i soccorsi, accorrono e dalle loro facce Lovino capisce, anche se non vorrebbe. Si gira a guardare, tremando in maniera incontrollata, neanche se ne accorge, smette nel momento che si rende conto che sì: quello è Antonio.
La stanza esplosa è quella della psicologa, d'altronde, e lui se ne stava andando proprio quando era saltato tutto.
Lovino si inginocchia per terra e si posa la testa del suo ragazzo in grembo. Gli accarezza i capelli pieni di fuliggine, quando passa le mani sotto alla nuca se la ritrova sporca di sangue secco, deve aver battuto la testa, e il viso ricoperto di cenere, chissene fotte dello sporco, tanto ne è ricoperto anche lui, ne è impregnata l'aria che puzza di cenere, il mondo intero è sudicio se è successa una cosa del genere.
Francis e Gilbert intanto controllano freneticamente come stia il loro amico, dove sia ferito e, soprattutto, se sia vivo. A Lovino non serve controllare, lo sa già.
Antonio è morto. Lo sente, sente che in quel corpo non scorre più vita, eppure è calmo. Posa le dita sulle sue labbra e una lacrima gli scorre sulla guancia, il pensiero di non baciarlo più gli è insopportabile.
Perché, perché, perché, non è giusto, Dio deve aver fatto un errore. Perché la persona più buona del mondo è morta così, all'improvviso, senza un motivo, come l'ultimo degli stronzi? Non una bella morte, non una morte tranquilla, non una morte eroica, forse neanche una morte veloce. Perché?
Non è giusto, ci deve essere stato uno sbaglio. Antonio non è pronto per morire, non è la sua ora, è troppo giovane, ha troppe cose da fare, da provare, non è giusto, non è giusto nel senso vero della parola, non è giusto nel senso che è un errore, uno stupido errore del destino, una svista del Cielo o dell'Inferno. Sì, dev'essere andata così, un angelo si è sbagliato e glielo ha strappato per sbaglio. Uno sciocco, inutile sbaglio a cui si può porre rimedio. Come fa a far loro capire che hanno sbagliato?
Lovino segue l'istinto e comincia a cantare.
Canta dell'amore che prova per Antonio, della gioia che lo invade ogni volta che lo vede e del modo in cui lo bacia, del sapore delle sue labbra e di quanto queste siano leggere e morbide, di quanto bella, gioiosa e piena di vita sia la sua risata e di quanto sia armonioso il suono della sua voce, di quanto sia unico fare l'amore con lui, scoprirsi piano piano, pezzettino dopo pezzettino, rivelarsi come non ha mai fatto con nessuno, e non solo fisicamente, e sapere, sentire, che lui sta facendo lo stesso, e ridere, ridere e ridere con lui, per qualsiasi cosa, solo perché è bello e giusto così, sentirsi dire ti amo e sapere oltre ogni irragionevole dubbio che è vero.
Canta di tutto quello che gli fa provare Antonio, delle farfalle nello stomaco che sente, dei brividi così piacevoli che gli fa venire, di come non riesca a non sorridere quando c'è lui vicino.
Non canta parole, perché non ne esistono per descrivere tutto quello, persino "ti amo" non sarebbe abbastanza. Canta sensazioni, canta sentimenti, canta cose che noi comuni mortali non saremmo capaci di cantare, ed è uno spettacolo così bello, così straziante che l'intera scuola è in lacrime, ma che dico scuola, l'intero mondo, questo e gli altri, è scosso da un'ondata di disperazione e amore così grande che si scuote, la terra stessa piange, il cielo piove, il mare si placa per chiudersi nel lutto. In lontananza i lupi ululano, le gazzelle si fermano, i leoni non mangiano, l'erba smette di crescere, i fiori di sbocciare, il vento di soffiare. Nulla vive più, come se fosse morto il Sole e la Luna ne stesse piangendo la perdita.
Niente e nessuno può rimanere indifferente davanti a un dolore simile, neanche Dio, neanche Ade, Plutone, Osiride, niente, nessuno, è semplicemente troppo. E come Orfeo, Lovino cerca di riportare il suo amore dall'Oltretomba. A differenza di Orfeo, però, si rivolge al dio giusto.
Gli occhi verdi di Antonio si aprono. Lovino sorride tra le lacrime, ride, e a quel suono tutto riprende vita, un'ondata di gioia si sprigiona e riempe tutto di luce. Gli accarezza la guancia, spaventato all'idea di romperlo, come se Antonio fosse fatto di cristallo, lo pulisce un po' dalla cenere.
"Lovi..." la voce di Antonio è roca per il fumo inalato, parla a mala pena. Quel sussurro infrange il silenzio, crepa la campana di vetro nel quale si erano rinchiusi e lascia entrare uno spiraglio di luce, spiraglio che, una crepa alla volta, devasterà tutta quella campana e riporterà il mondo alla normalità; i cocci di vetro a terra, però, quelli rimarranno eccome, e chi si incaricherà di portarli via? Vanno portati via?
"Shh, va tutto bene, amore. Non sforzarti"
Il mondo intero è senza parole. L'unico suono udibile è la voce di Lovino.
Uno alla volta i primi, coraggiosi personaggi iniziano a tornare alla loro vita. Un venticello osa soffiare, le onde del mare, timide, riprendono a infrangersi contro gli scogli con forza, una gazzella corre, un leone la insegue, un fiore sboccia.
Gilbert è il primo dei presenti a muoversi. Stringe la mano all'amico, la sente calda e scoppia in lacrime dal sollievo.
Antonio cerca di sporgersi a guardarlo ma l'italiano lo tiene fermo, meglio che non si sforzi. Il medico dell'infermeria della scuola accorre a controllarlo e Lovino lo lascia fare senza protestare, in autostrada i vigili del fuoco di riscuotono e si precipitano verso la scuola, le sirene che urlano al vento. Lovino si sente strano. Sa di aver appena compiuto un miracolo, ma non lo sorprende la cosa. Sente solo una gran pace: Antonio è tornato in vita, l'errore è stato corretto, tutto è al suo posto.
Feliciano è corso accanto a lui, gli stringe le guance tra le mani per controllare come stia, Lovino gli permette di acquietare le sue ansie ma continua a tenere d'occhio Antonio, che viene sistemato su una barella e portato su una delle ambulanze appena arrivate. Senza una parola, chissà che potrebbe combinare la sua voce, si alza, si spolvera i vestiti pieni di cenere e sale sull'ambulanza dietro ai medici, che lo lasciano fare. Seduto accanto alla barella con Antonio sopra, gli stringe la mano e parla con lui per tenerlo sveglio, come se niente fosse successo, e in fondo è così. Antonio è vivo, va tutto bene, è tutto al suo posto, tutto è perfetto.
"Cosa è successo, Lovi?" gli chiede lo spagnolo "ero... ero dalla psicologa e... e quando sono uscito ho... ho sentito un gran botto, poi niente e quando apro gli occhi ti vedo"
Lovino valuta se dirgli la verità o no; forse non è abbastanza in forze da sopportarla, e d'altronde non saprebbe di preciso cosa dirgli "te n'eri andato e ti ho riportato indietro"
"Andato dove?"
"Lontano. Dove non dovevi andare, non ancora"
"E adesso cosa succede?" gli mettono il respiratore, ha inalato troppo fumo. Lovino lo bacia sulla fronte.
"Adesso ti cureranno" e poi chissà. Non pensa alle conseguenze di quello che ha fatto, non gli importa. Ha fatto quel che andava fatto, niente di più, niente di meno "e poi non lo so"

Romolo corre per i corridoi bianchissimi dell'ospedale, sa che Lovino è lì, glielo ha detto Feliciano. Tra poco verranno a prenderlo, è questione di tempo.
Arriva nella stanza di Antonio e lì ci trova suo nipote, seduto al fianco del paziente a stringergli la mano. Un uomo in soprabito scuro gli sta parlando, non ha per niente l'aria di un medico.
"Chi cazzo sei?"
L'uomo, un mediorientale sulla trentina, turco forse, sorride "un amico" guarda Lovino "sai come contattarmi" e se ne va senza aggiungere niente, scompare nell'aria dall'insistente odore di disinfettante. Prima che Romolo riesca a fermarlo, se n'è andato.
"Lovino! Lovino, te ne devi andare, mi senti? È pericoloso, ora che sanno di te ti verranno a prendere. Odiano quelli come te, ti ho già nascosto due volte, ma questa non posso, tutti sanno, tutti ti hanno sentito e..."
Lovino lo guarda. La pupilla è stretta, l'espressione vuota "non lascio Antonio"
"Stai mettendo a rischio la tua vita! Ti studieranno, ti sbatteranno da qualche parte e ti faranno degli esperimenti che... mi stai ascoltando?!"
"Non lascio Antonio" che, per la cronaca, sta dormendo, ma respira. Il suo stomaco si alza e si abbassa in maniera così regolare che è un piacere per gli occhi.
"Lovino! Non c'è tempo, stanno per arrivare"
"So come difendermi"
"Non è vero. Abbiamo poco tempo cazzo, ti vuoi muovere?"
Lovino sospira. La sua voce è una coltellata "nonno, perché sono quello che sono?"
"Ti sembra il momento?!" il nonno vorrebbe scuoterlo, afferrarlo e trascinarlo via, ma qualcosa lo blocca. Il ragazzo sembra emanare un'aura quasi divina, intoccabile. Romolo cede, se gli dà quello che vuole dopo lo seguirà, o almeno lo spera "le Belle Voci sono persone che vengono benedette dalla voce di un angelo. Non si sa perché succeda, non si sa come o per quali motivi venga scelto chi viene scelto, ma succede"
"Lo sei anche tu, vero?"
"Io- sì. Come lo sai?"
"Lo so e basta" il ragazzo chiude gli occhi "non mi faranno passare liscia questa cosa, vero?"
"No"
"Ho solo fatto quel che era giusto. Il giusto flusso degli eventi è che Antonio viva" accarezza la mano del ragazzo in questione mentre parla "non so perché ma è così"
"Non ho mai sentito di una Bella Voce che abbia riportato qualcuno in vita. Guarito i malati sì, ma non di più"
Un sorriso amaro colora le labbra di Lovino "lo sai che noi Vargas dobbiamo sempre eccellere in tutto" il ragazzo si alza in piedi "le cose peggioreranno, vero?"
"Temo di sì"
Lovino annuisce come se si fosse già immaginato la risposta. Stampa un bacio sulle labbra del suo amore, un breve quanto necessario commiato, e si gira verso il nonno "stanno arrivando. Salutami Feli" l'uomo sbatte le palpebre e il nipote è scomparso, per l'ennesima volta, sfuggente come acqua tra le dita aperte.
Un secondo dopo le guardie nazionali sfondano la porta.

"Antonio!" Gilbert e Francis corrono ad abbracciarlo, preoccupati e apprensivi come una brava famiglia. Lo spagnolo si è svegliato da poco ma sta bene. I medici non sanno spiegarselo, eppure è lì, vivo, con una ferita alla testa che avrebbe ucciso chiunque, e che l'aveva effettivamente ammazzato, perfettamente rimarginata, senza alcun danno al cervello o a qualsiasi altro organo vitale. Pensa, ragiona, è cosciente e sta bene, tutto è nella norma, nessuna irregolarità. Semplicemente un attimo era morto e quello dopo no, come se si fosse divertito a saltare da una parte all'altra come un marmocchio che salta la corda.
"Come stai?"
Antonio alza le spalle "tutto bene. Sono solo un po' intontito"
"E ci credo!"
"I medici che dicono?"
"Che sto bene. Ho inalato del fumo ma la cosa non sembra avere effetti particolari, non ho problemi al cervello a giudicare dagli esami e... e niente. È come se non fosse successo nulla"
Francis e Gilbert si guardano. Meglio essere cauti su quel che gli diranno "ti ricordi qualcosa?"
"No. Stavo uscendo dall'ufficio della psicologa e poi ho visto tutto nero. Dopo ho aperto gli occhi e c'era Lovino"
"Oh. Ehm" Francis si tormenta le mani, a disagio "non so come dirtelo ma..."
"Eri morto" sputa fuori Gilbert "poi Lovino ha cantato e... e c'era questa... quest'ondata di energia che..."
"Ha fatto stare male tutti. È stato come se tutti avessimo perso la persona che più amavamo al mondo. Non... non so come abbia fatto, ma sei qui, vivo"
"Ora dov'è Lovino?" interviene Gilbert "è venuto con te in ospedale, dove..."
Antonio si fa scuro in viso "se n'è andato"
"Andato dove?"
"Via. Non mi va di parlarne"
"Oh, ehm, va bene. Sicuro di stare bene?" Francis scosta i capelli dalla fronte dell'amico.
"Sicuro"
"Com'è dopo la morte?" interviene Gilbert, curioso. Francis lo guarda male.
"Ti sembrano domande da fare?" sibila, ma Antonio non sembra a disagio per la domanda.
"Ricordo solo che era tutto nero"
"Sembra noioso"
"Te l'ho detto, un attimo ho sentito un botto e quello dopo mi sono svegliato per terra"
"Riesci a camminare?"
"Sì. Sto bene. Solo un po' di mal di testa"
Gilbert sospira "scusa se ti abbiamo lasciato qui solo per due settimane. Non ci facevano uscire dall'istituto, anche se siamo maggiorenni per ragioni di sicurezza o che so io"
"Stanno iniziando a fare discorsi assurdi" sussurra Francis "sul fatto che le Belle Voci siano pericolose e che dovremmo starci alla larga, anche con la violenza se serve"
"Be', hanno ragione"
Francis e Gilbert si guardano, come a chiedersi senza dirlo "l'hai sentito anche tu o sono scemo io?". Gilbert si azzarda a parlare.
"Amico... stai con una Bella Voce da quanto, quattro mesi? Cinque?"
"Okay, ma oggettivamente lo sono. Hai visto il terremoto che ha causato Lovino, per poco non ci uccideva tutti. E l'incidente di due settimane fa... non so, non mi stupirei se l'avesse causato lui per sbaglio"
"Non era neanche nelle vicinanze! Perché avrebbe dovuto far esplodere mezzo istituto?" ribatte Francis, basito "e ti ricordo che ti ha salvato letteralmente la vita"
Antonio esita "non è giusto. Immagina se se ne andasse in giro a far risorgere la gente a caso. Sarebbe il caos. La natura non dice questo"
"Non potrebbe. Quel canto era... era molto personale. Ha funzionato solo nel tuo caso"
"Quindi mi risorgerebbe in eterno? Non ci tengo ad essere immortale"
"Ma neanche a morire a meno di vent'anni, suppongo" sibila Gilbert, acido.
"Sentite, non sto dicendo che le Belle Voci andrebbero sterminate o cose simili, solo... controllate. Potrebbero essere pericolose per gli altri e per loro stesse"
"A me sembra tanto un modo per schiacciare una minoranza con la coscienza pulita" ribatte Francis.
"Non voglio schiacciarli! Solo tenerle d'occhio"
"L'hai presa proprio forte la botta in testa, Antonio" commenta Gilbert. Afferra il biondo per un braccio "dobbiamo andare, tra poco abbiamo il pullman per tornare a scuola. Ci si vede"
"Ciao ragazzi! Tornate presto"
Francis sospira quando si lasciano la stanza d'ospedale alle spalle "ha qualcosa che non va"
"Decisamente. Che gli si sia sminchiato il cervello?"
"Non lo so. Aspettiamo e vediamo. Magari è un po' stordito ora e con il tempo si riprenderà"
"Speriamo. Non sembrava lui"
   
 
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