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Autore: Carme93    06/01/2022    1 recensioni
Una delle pareti dello studio circolare del Preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts è ricoperta di ritratti, alcuni particolarmente antichi altri più recenti, raffiguranti tutti i maghi e le streghe che, nel corso dei secoli, hanno avuto l'onore di dirigere quell'importante e nota istituzione.
Severus Piton, che ha ricevuto quest'onore, in una giornata autunnale, si convince che nemmeno in quelle condizioni smetterà di essere perseguitato dai Potter.
[Questa storia partecipa all'iniziativa "Regali d'inchiostro" indetta sulla pagine Facebook "L'angolo di Madama Rosmerta"].
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Albus Silente, James Sirius Potter, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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#regalidinchiostro LadyPalma
 





 
 
Conversazioni nella tela
 



La vita da dipinto era abbastanza piacevole, tutto sommato tranquilla – talvolta qualche eccitante novità, che coinvolgeva la Preside di Hogwarts, ravvivava la giornata ˗, raramente vi erano seccature, che di consueto coinvolgevano soprattutto gli studenti.
Si rilassò sulla sua poltrona e si guardò intorno, annoiato dal finto dormire che sembrava essere la prediletta attività degli altri ex presidi.
Tra l’altro quel giorno, la professoressa McGranitt non era rientrata dopo la colazione, com’era sua abitudine. Evidentemente le sue responsabilità la tenevano impegnata in qualche altra ala dell’austero castello. O, più probabilmente, qualche impertinente studente aveva violato le regole, mettendo a rischio l’incolumità dei suoi coetanei, degli adulti e, specialmente, l’antica cultura ancora preservata nella ragguardevole biblioteca. Inoltre, aveva percepito, più volte – troppe volte per sperare in un errore del pittore nel dipingergli le orecchie ˗ dei cognomi a lui fin troppo noti. Rabbrividì e tentò di scacciare quel pensiero.
All’improvviso due ragazzini entrarono nello studio circolare.
Immediatamente, cogliendo la loro presenza, finse di dormire, ma tenne, per quello che ne rimaneva, i suoi sensi allerta.
Arricciò il naso sentendoli borbottare. Ebbe la tentazione di strillare e spaventarli, ma aveva intravisto un serpente argentato sulle loro divise: le vecchie abitudini erano dure a morire. Effettivamente, il suo pittore era stato molto bravo, avrebbe dovuto rendergliene merito.
Comunque i due ragazzi uscirono poco dopo, d’altronde sarebbe stato poco onorevole per due Serpeverde farsi cogliere in flagrante dalla Preside.
Aprì un occhio e osservò criticamente la porzione di studio visibile dalla sua posizione, ma non notò nulla di diverso. Aprì anche l’altro occhio, ma non cambiò nulla. Si accigliò, non comprendendo le intenzioni dei due ragazzi. Per quanto gli era possibile, scrutò i suoi esimi colleghi – durante l’anno in cui era stato Preside, erano stati una piaga ˗, ma continuavano delicatamente – quanto un troll di campagna affamato – a russare. Per un attimo meditò di chiedere ad Albus, ma, in quel caso, sarebbe stato costretto ai soliti noiosi convenevoli – persino il suo ritratto sembrava avere una scorta di caramelle al limone… forse avrebbe dovuto veramente visitare nottetempo il pittore, tanto per fargli una piccola sorpresa.
Alla fine si convinse che i due Serpeverde si fossero recati in presidenza solo per parlare con la professoressa McGranitt, ma non l’avevano trovata e avevano deciso saggiamente di ritornare in un secondo momento, magari dopo le lezioni. Quasi rise dei suoi pensieri: aveva insegnato abbastanza da riconoscere lo sguardo di uno studente che stava violando le regole.
Sbuffò e tentò di togliersi dalla mente quanto accaduto: non era più un problema suo.
Poco dopo, però, un lieve bussare alla porta disturbò nuovamente la sua quiete. Perché aveva osato pensare che quella sarebbe stata una mattinata tranquilla? Quanto meno chiunque fosse il nuovo disturbatore, non ricevendo risposta, se ne sarebbe andato.
La porta di quercia si aprì lentamente e probabilmente con timore.
Come non detto. Essere un soggetto pensante in un quadro era una condanna, non un onore.
Questa volta socchiuse soltanto gli occhi: non gli piacevano i seccatori.
Il ragazzino aveva una testa nera, tutta arruffata, e un paio di occhiali rotondi.
Paralizzato, lo fissò mentre avanzava nello studio a passo incerto e con le mani in tasca. La solita stupidità firmata Potter. Per l’amore di Merlino, aveva temuto e tremato all’idea d’incontrare la nuova generazione di Potter e Weasley e, solitamente quando Minerva urlava uno dei loro nomi, lui faceva in modo di ritirarsi in un quadro in qualche angolo oscuro del castello. Doveva espiare le sue colpe anche da mera immagine.
Quel Potter poi doveva evidentemente rappresentare il fondo toccato geneticamente dalla sua famiglia: si guardava intorno terrorizzato, saltellando da un piede all’altro.
Era arrivato il momento di andare a rifugiarsi, si sollevò lentamente dalla poltrona per non attirare l’attenzione del ragazzino.
«Oh».
Accidenti, il ragazzino puntava verso di lui.
Fece un gesto vago con la mano come a scacciare una mosca.
«Buongiorno» trillò Albus Silente.
Si tirò una manata in faccia: ma sì, comincia a distribuire pure caramelle, in fondo il ragazzino è solo entrato senza permesso in presidenza! Roba da matti! D’altronde la madre, a sedici anni, aveva osato rubare nel suo studio… per non parlare del padre!
Naturalmente, il ragazzino si avvicinò titubante ai loro quadri.
«Oh, Severus, visto che assomiglia al padre?».
Ed ecco che lo tirava in ballo! Merlino, benedetto! Non aveva più vie di uscita, se non arrendersi e scambiare quattro chiacchiere da comari con un vecchio folle, anche da dipinto, e un ragazzino che, palesemente, stava per farsela addosso.
«Buongiorno, professori» mormorò il Potter in miniatura.
Quando il ragazzino fu vicino ai due quadri, accadde qualcosa di strano.
Severus fissò il punto in cui fino a poco fa c’era il piccoletto e ora il vuoto.
«Oh, Merlino, che cos’è successo?!» gridò una voce stridula e piagnucolosa, stranamente vicino a lui. Troppo vicino. Si voltò con un terribile presentimento.
«Come diamine sei arrivato qui?!» sbottò costatando che Potter era effettivamente accanto a lui. Dentro il quadro!
Severus non era mai stato così scioccato in vita sua. Non comprendeva come, in nome di Merlino, fosse possibile una cosa del genere. Forse da vivo aveva conosciuto anche quell’incantesimo, ma non era tra le sue facoltà di dipinto. La sua sorpresa rappresentò una grave debolezza, perché Albus Silente, deliziato da quella situazione, si autoinvitò nella cornice del collega, pronto per un illuminante – solo per lui – conversazione.
«Su, su, tranquillo» tentò di tranquillizzare il ragazzino che sembrava ˗ come dargli torto – in preda a un attacco di panico.
«Professore, io… come esco?» chiese quasi istericamente.
«Oh, non lo so» ammise candidamente Silente. «È un incantesimo interessante, non trovi?».
Potter lo fissò sconvolto.
«Su, intanto, che torna Minerva, perché non ti presenti? Sei anche tu figlio di Harry, vero? Il fratello di James Sirius?».
No, Severus non sarebbe sopravvissuto a quello. La sua ammirazione per Minerva aumentò notevolmente: Potter e Weasley a profusione e lei li affrontava senza nemmeno attaccarsi a una bottiglia di Whisky Incendiario ben invecchiato.
«M-mi chiamo A-albus Potter» balbettò il ragazzino, che tremava come una foglia.
«Oh, Albus. È un piacere conoscerti. Tuo fratello naturalmente ci ha parlato di te. Ero tanto curioso di conoscerti da voler chiedere il piacere a Minerva, la professoressa McGranitt, d’invitarti per un tè… ho desistito, sapevo che il destino aveva in serbo per noi un incontro a tempo debito».
Albus sorrise leggermente, palesemente desideroso di trovarsi nascosto sotto il suo letto. Tipico dei Grifondoro! Erano coraggiosi solo a parole. Severus storse la bocca, ancora troppo incredulo per intervenire.
«E come stanno i tuoi genitori? È tanto che non vedo Harry… Per la precisione, da quando tuo fratello e il signorino Weasley hanno liberato dei topi nei bagni delle ragazze. Tuo padre, però, non era molto in vena di conversare in quell’occasione».
«Stanno bene, grazie» mormorò Albus che, dalla sua espressione, forse stava tentando di autoconvincersi che fosse tutto un sogno.
«E i tuoi nonni come…».
«Basta!» sbottò Severus, che aveva raggiunto il livello massimo di sopportazione. «Albus credi di trovarti ai Tre Manici di Scopa?! Questo ragazzino è entrato senza permesso in presidenza e ha invaso il MIO spazio personale! È un impudente come tutti i Potter! Un somaro! Un Grifondoro che si crede chissà chi e non sta mai al suo posto! Credevo che Minerva fosse contraria alla tua politica di “veneriamo il grande Harry Potter”!».
«Abbassa la voce!» lo redarguì qualche vecchio bacucco dai quadri più in alto.
Severus fece per replicare, ma i suoi occhi incrociarono quelli sgranati del ragazzino e rimase senza parole.
«Oh, hai ereditato gli occhi di tua nonna» commentò deliziato Silente. «James Sirius non mi sembra, giusto? E la piccola di casa?».
«No, Jamie ha gli occhi di mamma» mormorò Albus. «E anche Lily».
«La finiamo con le domande assurde? Dobbiamo buttarlo fuori dal quadro!».
«Severus, mio caro, i miei sono solo convenevoli. Volevo conoscere il nostro ospite e mi dispiace non potergli offrire un tè».
«Il MIO ospite. Questa è la MIA cornice. Avrei dovuto immaginare che i Potter mi avrebbero importunato anche in queste condizioni».
«Mio padre la stima molto» osò dire Albus, quasi temendo la sua reazione.
Severus lo scrutò chiedendosi se lo stesse prendendo in giro, poi colse il sorrisetto sul volto di Silente e fu costretto a mordersi il labbro per non esplodere.
Evidentemente il ragazzino, con la tipica mancanza di spirito di conservazione dei Grifondoro, considerò il suo silenzio come un invito a parlare, perché aggiunse: «Infatti il mio secondo nome è Severus».
A quella affermazione Severus Piton cercò a tentoni la sua poltrona per sedersi, ma finì per rovesciarla e cadere a sua volta.
«L’aiuto» allungò subito la mano Albus.
Severus, però, la respinse e si ricompose da solo.
«Non è magnifico?» s’intromise come al solito Silente.
Doveva assolutamente rintracciare quello stupido pittore.
Incrociò le braccia al petto e tentò d’ignorare la presenza di quel piccolo Potter che, orrore degli orrori, portava anche il suo nome.
«Allora, Albus perché non ci racconti come mai sei qui?».
«La professoressa McGranitt voleva vedermi».
«Hai fatto qualcosa che non avresti dovuto?» chiese gentilmente Silente. Severus sbuffò in sottofondo.
«No, signore».
«E la professoressa McGranitt non ti ha accennato al motivo della sua convocazione?».
«No, sono stati dei ragazzi a comunicarmi che la Preside mi attendeva nel suo ufficio».
Severus si batté una mano sulla fronte. «Dei Serpeverde?» domandò dimenticando il suo proposito di tacere.
«Sì, signore, come lo sa?».
«Ho il dono della Vista, il tuo geniale padre non te l’ha raccontato?» rispose sarcasticamente Severus.
«No, signore».
«Temo che quei ragazzi ti abbiano fatto uno scherzo» costatò, tanto per cambiare, l’ovvio il grande Albus Silente. No, Severus non avrebbe retto ancora a lungo.
«Sei tale e quale a tuo padre» esclamò Severus.
«Grazie» replicò titubante Albus.
Severus sollevò gli occhi sul bordo superiore della cornice.
«Potreste insegnarmi il controincantesimo, professori?» domandò cortesemente il ragazzino.
«No» rispose seccamente. Aveva smesso d’insegnare ai Potter, unico aspetto positivo della sua condizione di ritratto.
«Temo non sia possibile» spiegò dolcemente Silente e, probabilmente cogliendo l’agitazione sul volto del giovane Grifondoro, aggiunse: «Attendiamo l’arrivo della professoressa McGranitt, sono sicura che ti farà uscire in un baleno».
«Grazie, signore» mormorò Albus.
Fortunatamente la Preside non tardò molto a rientrare nel suo studio, alle sue calcagna vi era James Sirius Potter.
«Professoressa, glielo giuro, Parkinson ha detto…».
«Potter, tuo fratello non c’è qui» sbuffò la McGranitt.
«Ma…».
Severus si schiarì eloquentemente la voce. «Minerva, temo di dover dissentire…».
«Al! Giuro che schianterò Parkinson appena lo vedo» strillò James.
«Tu non farai un bel niente, Potter» sibilò la Preside, scrutando il trio nel quadro.
«Oh, professoressa McGranitt, come sta oggi?» chiese Silente. «Ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere, vero, Severus?».
Severus emise un ringhio sommesso.
«Oh, hai conosciuto Piton!» trillò James, come se per lui tutta quella situazione fosse normale.
«Il professor Piton, Potter» lo richiamò la Preside. «Sto bene, grazie, professor Silente» aggiunse rivolta al quadro. «Finite incantatem».
Albus fu scaraventato fuori dal quadro e James lo tirò su senza tante cerimonie. «Bentornato, fratellino».
Severus sospirò per aver riacquistato il suo spazio personale ˗ Silente, conclusosi il divertimento era subito ritornato nel proprio quadro ˗ e si accomodò per darsi un tono. Da quella posizione osservò criticamente i due fratelli e, quando, tanto per cambiare, la colpa ricadde quasi interamente sui due Serpeverde del secondo anno, si mise vigorosamente a fingere di russare. Ormai l’unico mezzo per mostrare il suo disappunto.
 
   
 
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