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Autore: HellWill    08/01/2022    0 recensioni
(Ho visto questa challenge (goo.gl/XBoRTK) e non potevo non farla. L'ho iniziata nel 2015, ma era l'anno della maturità e mi sono fermato al prompt n°23.)
"Si sa, a volte i mondi collidono.
Non sempre i risultati sono piacevoli: dopotutto si chiama collisione, non matrimonio ¬– anche se alcune persone potrebbero concordare che anche quest’ultima parola non sia poi così amena come dicono.
Comunque.
Questa è la storia di una collisione, di un disastro insomma, dalle proporzioni colossali."
Genere: Fantasy, Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '365 DAYS WRITING CHALLENGE'
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8 gennaio 2022
Disaster
 
Si sa, a volte i mondi collidono.
Non sempre i risultati sono piacevoli: dopotutto si chiama collisione, non matrimonio ­– anche se alcune persone potrebbero concordare che anche quest’ultima parola non sia poi così amena come dicono.
Comunque.
Questa è la storia di una collisione, di un disastro insomma, dalle proporzioni colossali.
Questa è la storia del modo in cui il Mondo di Zasharia e quello di Laerun si fusero in uno solo; e buon pro gli faccia agli abitanti di entrambi i mondi, che neanche sapevano – non con precisione, in ogni caso – dell’esistenza di altre Dimensioni oltre alla propria.
Iniziò tutto in un fresco pomeriggio di primavera, nel Mondo di Laerun; come nel nostro mondo, lì c’era una luna, un sole, un cielo terso di un brillante color azzurro, e l’erba tenera era rigogliosa e verde.
In quello di Zasharia, invece, era una torrida mattinata estiva: lì il cielo era attraversato da ben sei lune – o almeno, sei erano quelle più vicine; quelle più lontane non erano altro che stelle nel cielo, o così apparivano dal pianeta –, e riscaldato da due soli binari che sorgevano a poche ore di distanza l’uno dall’altro. Perciò, il pianeta era caldo per la maggior parte dell’anno; le temperature sembravano come quelle sul finire della nostra primavera solo in quello che veniva considerato “inverno”, e per il resto del tempo c’era un caldo che variava dal Torrido Insopportabile™ all’Afa Intollerabile™. Il cielo, inoltre, era rosso come se fosse un eterno tramonto; questo era dovuto alle continue tempeste di sabbia, certo, ma anche al modo in cui i raggi dei due soli si rinfrangevano nell’atmosfera; non che facesse differenza sapere il perché fosse in quel modo, con un caldo del genere, ma tant’è.
Fu un avvenimento molto graduale, invero: non è che nel cielo di Laerun spuntarono tutt’a un tratto altre sei lune, e nuove stelle; non è che la terra di Zasharia fosse tutt’a un tratto colma di verde e fresca erba invece che di terreno brullo e riarso; tutt’altro.
Per prima cosa, i cieli divennero via via, con il passare dei giorni, di una strana sfumatura di violetto; e questo fu guardato come evento bizzarro dalla maggior parte degli abitanti dell’uno e dell’altro mondo, ma nulla di preoccupante poiché accadde in modo così lento che solo chi c’aveva sguardo attento lo notò.
Poi, pian piano, come in un’apparizione di fantasmi, le luci delle sette lune brillarono su Laerun, prima che le lune comparissero effettivamente nel cielo. Questo lo notarono in pochi, all’inizio, e poi quando infine le sei lune comparvero, diventando sette in tutto, ciò fu guardato come segno di imminente catastrofe e con grande scompiglio il mondo si rovesciò un po’. I prezzi al mercato salirono a dismisura, poiché tutti volevano accaparrarsi le migliori leccornie da consumare prima che il mondo finisse.
La comparsa di una settima luna nel cielo di Zasharia fu guardata con nulla più che curiosità:
«Toh, c’è un’altra luna stasera nel cielo» disse un predone ad un altro.
«Già, un’altra» gli fece eco il suo compare. E restarono a fissare quella luna un po’ strana, tutta rosata nel cielo viola scuro della notte, e poi ripresero a depredare ed ammazzare come tutte le sere.
Gli astronomi di Laerun non ci potevano pensare, invece, a quell’evento sconcertante.
«Ci sono altre sei lune».
«Cosa vorrà dire?».
E seguitavano a far teorie su teorie, senza riuscire a spiegarsi quegli strani avvenimenti.
Le temperature di Laerun si fecero più calde, quelle di Zasharia più fresche; e infine avvenne il disastro: le due terre collassarono, unendosi in un modo più o meno eterogeneo.
A Zasharia comparve l’erba, a nord e a sud dei due emisferi addirittura apparve la neve, all’equatore la terra desertica divenne tollerabile, addirittura spuntarono dei fiumi e le conseguenti foreste tropicali che c’erano a Laerun; ciò fu visto come molto strano, e anche a Zasharia improvvisamente la gente fu convinta che il mondo stesse per finire.
A Laerun comparvero episodici terreni brulli qui e lì, inframmezzati da un’erba così scura da parer nera, a nord e a sud dei due emisferi la neve si ritirò fino a conservarsi solamente ai poli estremi, e i deserti si espansero all’equatore; per fortuna non sparirono le foreste tropicali, perlomeno.
E infine si verificò il più curioso dei fenomeni: nell’uno e nell’altro mondo, gli abitanti potevano vedere quelli del mondo in collisione aggirarsi nelle proprie case, nelle proprie strade, attraversare porte che non c’erano e muri che c’erano, come fantasmi.
Fu allora che scoppiò.
Ecco, questo avvenne tutt’a un tratto: gli abitanti di un mondo si ritrovarono in un altro; le case erano costruite le une dentro le altre dove le posizioni geografiche delle città coincidevano; e città spuntarono dove il giorno prima non c’erano, quando le posizioni geografiche non coincidevano con nient’altro.
Non fu subito un disastro, in effetti: collettivamente, gli abitanti del mondo si stavano grattando la testa cercando di capire cosa diamine fosse successo.
Poi però subentrarono le incomprensioni linguistiche.
Gli abitanti di Zasharia erano perlopiù popolazioni che parlavano una lingua in clicks, con aspri suoni sibilanti e un tono di voce molto alto; in più, gesticolavano con particolare veemenza.
Gli abitanti di Laerun, invece, erano decisamente più posati e calmi nel loro linguaggio, pieno di morbidi suoni liquidi e vocali aperte, con un tono di voce sommesso come l’acqua di un ruscello di montagna; e non adottavano particolari gesti, che erano reputati, se non maleducazione, quantomeno segno di infantilismo.
Era come metter insieme un russo e un norvegese, e sperare che non pensino l’un dell’altro che siano minacciosi, l’uno con quei toni freddi come se ce l’avessero con te, e l’altro con quei modi un po’ irruenti come se fossero aggressivi.
Insomma fu un po’ un disastro iniziare a capirsi.
Lingue diverse, alfabeti diversi, e soprattutto modi non-verbali diversi di esprimersi portarono ad una sanguinosa guerra; ma non era organizzata, bensì nata spontaneamente di città in città, un po’ come una guerra civile e interna, ma mondiale.
La pace arrivò solamente quando degli studiosi Laerunesi, rifugiatisi in una città all’estremo nord, lì dove gli Zashariani vivevano più numerosi, furono accolti a braccia aperte dalla popolazione di questi ultimi. E insieme iniziarono a ragionare e a capirsi tramite i disegni: prima disegnarono degli insetti, che erano comuni ai due mondi; e dissero i loro nomi nell’una e nell’altra lingua, scrivendosi le parole pronunciate dall’una e dall’altra parte nei loro diversi alfabeti.
Da lì fu più o meno tutto in discesa.
Principi e principessa di Laerun e Zasharia furono promessi in matrimonio: erano così diversi che l’amore scoppiò e le norme culturali si fusero nel giro di un paio di generazioni.
Quindi, alla fin fine, non si può dire che la collisione di due mondi sia poi tanto disastrosa; può essere percepita come tale, certo, in un primo momento… ma se si sa come e dove guardare, si troverà più amore di quanto ci si aspettasse, sotto le mentite spoglie dell’iniziale incomprensione.
   
 
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