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Autore: fogliassi malfoy    09/01/2022    0 recensioni
In un futuro in cui Harry, a ventuno anni appena compiuti, trova il coraggio di trasferirsi a Grimmauld Place, la casa che gli ha lasciato Sirius in eredità. E dove, rovistando nella sua camera, trova il diario di suo padre.
E tra i ricordi della vita che era stata dei Malandrini, scoprirà che quello che è già successo spesso si ripete. Che la storia copia sé stessa. E troverà qualcuno che, forse, c'è sempre stato.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Vari personaggi | Coppie: Blaise/Pansy, Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Dopo la II guerra magica/Pace
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Tanto tempo fa, qualcuno mi scrisse che grazie alla mia storia aveva imparato ad amare il personaggio di Draco.

Ricordo di aver pensato che non fosse giusto, in qualche modo, perché Draco non è davvero un mio personaggio. Ma la verità è che le fanfiction sono uno specchio attraverso cui vedere un mondo che già esiste, e sono strettamente personali. È inevitabile che un pezzo dell'autore finisca nei personaggi che scrive.

Non sono mai stata una che ama gli eroi, ma sentivo che era questo che volevo fare: una storia dedicata ad Harry, dall'inizio alla fine. Al bambino del sottoscala e al ragazzo che ha scelto volontariamente di sacrificare la sua vita nella Foresta Proibita. È una storia dedicata agli idealisti, ai Malandrini - a chi ci ha creduto fino alla fine, in quel sogno dorato che ha cercato di proteggere. 

Ed è ironico che abbia così paura di pubblicare una storia che è impregnata di coraggio, di sacrificio, di eroismo. Ci ho messo così tanto tempo a scriverla, e temo ancora che ci sia troppo di me. Sono consapevole che ci siano passaggi controversi, che qualcosa possa non essere capito o apprezzato. Ma va bene, anche questo fa parte del gioco, è proprio perché ho pensato a lungo ad ogni dettaglio che sarò sempre felice di rispondere a critiche o domande. E giuro che leggo ogni commento, anche se poi mi dimentico di rispondere.

Questa premessa infinita che mi fa tanto sentire una vera scrittrice è finita, lo prometto. Grazie a te che l'hai letta, e anche a te che l'hai saltata. Se vi chiedete se scrivo anche per voi, è così. Vi auguro di riuscire sempre a trovare un po' di luce e speranza, in mezzo a tanto buio.

Un'ultima cosa, ve lo chiede un'amica. Tenete la mente aperta, voletevi bene. Ma, soprattutto, trattate questa storia con gentilezza.

 

☀️

 

 

 

 

~*~

 

 

You knew what you wanted 

and you fought so hard, 

Just to find yourself sitting in a 

golden cage.                

 

 

~*~

 

 

Harry Potter era andato a letto con Draco Malfoy.

 

E il peggio era che, da quel poco che si ricordava della sera precedente, gli era anche piaciuto. 

 

Fu con questa brusca rivelazione che si svegliò, mentre lo colpiva a tradimento nella confusa nebbia che gli offuscava la mente tra il sonno e il momento del risveglio. Sentiva il lenzuolo sul corpo nudo, coperto solo dai boxer - una sensazione piacevole, fresca sulla pelle accaldata - e il sole sul volto che traspariva dalle tende della finestra. Se non fosse che all'improvviso si ricordò perché era nudo, e tutti i ricordi della notte si fecero vivi in maniera prepotente nella sua mente. 

 

Si rialzò di scatto, sudato e con il fiatone, e gettò un'occhiata disperata all'altra parte del letto. Era vuota. Per fortuna. 

 

Harry tirò un respiro di sollievo. Malfoy aveva almeno avuto la decenza di andarsene, di risparmiargli lo sguardo sprezzante che avrebbe sicuramente avuto alla luce del sole. Harry gemette constatando che non si ricordava quasi nulla di preciso, tranne l'evidenza di ciò che aveva - avevano - fatto, e si passò una mano sul viso mentre si decideva ad alzarsi. 

 

Quando fu entrato nella doccia si concesse di sperare, in un piccolo angolino illusorio del suo cervello, che niente fosse successo. Che la sera prima, durante la cerimonia di premiazione degli Auror del Ministero, lui non avesse bevuto, non avesse iniziato a litigare con Malfoy e non fosse finito a fare sesso con lui nel suo letto a Grimmauld Place. Che al contrario avesse ballato con Hermione, bevuto un bicchiere con Ron, e fosse andato a casa presto. 

 

L'acqua calda scese sul suo corpo abbandonato contro le piastrelle del bagno, lavando via l'odore di Malfoy - che sentiva incollato addosso. Possibile che fosse davvero andata in quel modo? Che tra tutti i ragazzi presenti avesse scelto proprio lui? 

 

Avrebbe dato qualsiasi cosa per scoprire che non era così, ma se chiudeva gli occhi poteva ricordare con una chiarezza allarmante le labbra del Serpeverde sulle sue, il suo sguardo mentre Harry lo aveva baciato d'istinto in un corridoio nascosto del Ministero, prima di portarlo a casa. Aprí gli occhi di scatto non appena si rese conto di che piega stessero prendendo i suoi pensieri, che senza il suo consenso si mettevano a scavare nei ricordi della sera precedente. Aveva il respiro affannato e si costrinse a non pensarci, perché sarebbe stato ben poco dignitoso - anche per uno che aveva fatto sesso con la sua nemesi. 

 

Dovette radunare tutte le sue forze e il suo già minimo autocontrollo per trascinarsi fuori dalla doccia, asciugarsi e andare in cucina - e soprattutto per rimettere insieme i neuroni sopravvissuti alla sbronza della serata precedente e ricordarsi come si facesse un caffè. Alla finestra c'era un gufo che picchiava il suo becco affilato contro il vetro, e Harry sospirò prima di andare ad aprire e afferrare le lettere che questo gli porgeva. 

 

Si sedette al tavolo con aria tetra, mentre beveva a più riprese il caffè scuro nella sua tazza. Una era di Ron, dalla Tana, che gli chiedeva dove diavolo fosse finito la sera prima. E le altre due erano di Hermione, dall'appartamento nel centro della Londra babbana che aveva affittato due mesi prima. In una esprimeva tutto il suo disappunto per la sua totale mancanza di responsabilità - niente di nuovo, in pratica - e gli ricordava del loro incontro di quel giorno per pranzo, mentre nell'altra allegava la copia di quel giorno della Gazzetta del Profeta. Ad Harry tornò il mal di testa al solo pensiero che la notizia della sua notte con Malfoy fosse trapelata e il suo cervello gli regalò - senza il suo consenso, di nuovo - l'immagine della peggiore foto che avrebbe potuto esserci in copertina. L'idea era così terribile che ignorò deliberatamente la Gazzetta gettandola nella spazzatura, e tornò nella sua camera. Il mondo esterno, almeno per quella mattina, poteva aspettare. 

 

La sua camera, poi, era quella di Sirius. Ricordò involontariamente la faccia che aveva fatto Malfoy la sera prima, quando erano entrati nella stanza e aveva visto i poster dei Cannoni di Chudley attaccati alle pareti rosse: aveva alzato le sopracciglia con molto sarcasmo, e poi aveva strascicato un molto Grifondoresco, Potter. Harry era scoppiato a ridere, ricordò con orrore. Aveva riso davanti a Malfoy, davvero? Una mossa terribile. Che cosa aveva in testa? Poi, però, Malfoy aveva premuto la sua bocca sulla sua - e c'era stato poco tempo per spiegare.

 

Harry si passò una mano tra i capelli, sperando di riuscire a fermare quei flash della serata che gli apparivano in quel modo davanti agli occhi, come se quel gesto potesse cancellare quello che era successo. Si era trasferito a Grimmauld Place da meno di un mese, ma era solo da pochi giorni che aveva trovato il coraggio di iniziare a rovistare tra le cose del suo padrino. Per lo più aveva trovato vecchi dischi di rock band babbane, modellini di scope e antichi volumi sul Quidditch. Le lettere tra lui e suo padre erano rarissime - Harry sospettava che si vedessero troppo frequentemente perché servisse mandarsi lettere, quando ancora Sirius abitava nella casa dei Black - e quelle che aveva trovato, in ogni caso, erano piene di ogni genere di insulti. 

 

Aveva pensato che sarebbe stato difficile, che ritrovare quelle parti del passato dei suoi genitori avrebbe riportato alla luce ferite che avrebbe voluto solo dimenticare. Ma aveva scoperto che gli faceva provare una strana sorta di sollievo, di consolazione, e non aveva più smesso. E in particolare in quel momento, sentiva di aver bisogno di pensare a qualcosa - o a qualcuno - che fosse il più lontano possibile da Malfoy.

 

All'improvviso, mentre rovistava nell'ennesima scatola piena di vecchie edizioni di libri di Hogwarts e pergamene riempite di compiti mai finiti in una scrittura fitta e indecifrabile - quella di Sirius - Harry si imbattè in qualcos'altro. Era un libro piccolo e sottile, di un rosso opaco e scolorito, rilegato in oro. Harry aprí la prima pagina con delicatezza.

 

Sirius.

 

Se stai leggendo questo libro, mettilo giù. Non è quello che pensi. Perché io lo so, che pensi che sia un diario segreto. Per quanto tu dica il contrario, sei estremamente prevedibile. 

 

Sono James. Potter, ovviamente. 

 

E questo non è un diario segreto. 

 

Godric, fu la prima cosa che Harry pensò prima di girare pagina con improvvisa curiosità - e la familiare fitta che provava sempre quando scopriva qualcosa che si riconduceva a suo padre. Ma sorrise d'istinto. 

Che idiota. 

 

Se stai ancora leggendo, Sirius - e se così è puoi star certo che lo saprò, perché la tua risata arriverà forte e chiara anche in Antartide - dovresti aver già capito che lo sto facendo per mio figlio. E questo, come minimo, dovrebbe farti capire la delicatezza di questo momento, mentre mi preparo a trascrivere le mie memorie, e costringerti a mettere giù il libro. Quindi, tornando a noi - Harry! 

 

So a cosa stai pensando. Si, non sei nemmeno nato, e io so già a che cosa stai pensando: che non è questo il regalo che ti saresti aspettato per i tuoi diciassette anni. Ma non ti preoccupare, sono certo che il me del futuro avrà pensato ad un regalo strepitoso per accompagnare questo primo volume di le Cronache dei Malandrini. 

 

Tua madre mi ha appena tirato un pugno. Lei dice che essere incinta la rende più cattiva, ma la verità è che era già cattiva prima di essere incinta. E va bene, il titolo è ancora in via di approvazione. È assurdo, non sa nemmeno esattamente cosa stia scrivendo - e mi ha tirato un altro pugno. Okay, forse dovrei smetterla di leggere ad alta voce quello che sto scrivendo. Ho smesso. 

 

A partire da ora. 

 

Voglio semplicemente dire, qualcuno doveva prendersi la responsabilità di tramandare queste storie ai posteri. Perché tu, Harry, hai il diritto di conoscere nei particolari le imprese eroiche dei Malandrini, perché io un giorno diventerò vecchio e potrò scordarmele, ma tu non dovrai farlo. Sirius dice che i giovani non vogliono sentirsi dire queste cose. Be', non mi importa nulla di ciò che dice Sirius, perché di solito sono pessimi consigli. E d'altro canto nemmeno Remus è molto d'aiuto al momento, perché anche se si reputa così bravo a finire i compiti, si irrita anche spesso quando gli ricordiamo di tutte le cose che abbiamo fatto e non avremmo dovuto fare - ed è per questo che ho deciso di fare tutto da solo, di trascrivere l'esperienza che ho accumulato in questi anni di vita. 

 

Perché, se mi assomigli anche solo per un quarto, ne avrai bisogno.

 

Quindi non ringraziare la fortunata previdenza di tuo padre, e goditi tutti i 20 consigli che ho accumulato nei miei interessantissimi e degni di nota anni di vita. 

 

Siediti comodo. Sarà divertente. 

 

Harry non riusciva a trattenere un sorriso divertito. C'era qualcosa, nella maniera ridicolmente tenera e allegra in cui scriveva suo padre, che gli fece stringere il cuore. 

 

02/02/1980

 

Capitolo uno.

 

Naturalmente tutta la mia vita è stata interessante, ma, se sei d'accordo, passerei subito a ciò che davvero ci interessa, ovvero il giorno della festa di Natale di Lumacorno del nostro quinto anno. Il giorno in cui ho capito che Sirius sarebbe stato il mio migliore amico per sempre. 

 

Naturalmente sapevo già che Sirius sarebbe stato il mio migliore amico per sempre, grazie tante, ma è stato qui che ne ho avuto l'inconfutabile prova. 

 

Forse dovrei anche specificare che non mi riferisco in alcun modo alla noiosa festa di Lumacorno, ma a quella che ci fu dopo, nel pieno della notte, organizzata in modo molto poco legale da Sirius rifilando Burrobirra ai poveri elfi domestici che non ne volevano sapere di lasciarci accedere alle scorte di torte della cucina. Poveri, poveri elfi domestici. Ho addirittura saputo che qualcuno di loro finí in riabilitazione. 

 

Ora, il punto è questo. Ci sono una serie di criteri da rispettare per organizzare una festa illegale, ma non era la prima che tenevamo, naturalmente, dunque è stato un gioco da ragazzi. Il problema - che è sempre lo stesso, a detta di Remus - è stato uno soltanto. Sirius. 

 

Devi sapere che tua madre, lei... Lei non era particolarmente incline ad ammettere di essere pazza di me, almeno all'inizio. So che lei non la metterebbe in questi termini, ma questo è del tutto irrilevante ai fini della nostra storia, che ha una forte morale totalmente non legata ai sentimenti di tua madre verso di me a quei tempi. E anche io potrei non essere stato disposto ad accorgermi subito che provavo qualcosa che andava ben oltre quella rivalità scolastica che avevo immaginato. 

 

Ma, il fatto è, Sirius lo sapeva. Sirius lo sapeva, di qualsiasi cosa ci fosse tra di noi, o almeno di qualsiasi cosa ci fosse nella mia testa, perché Sirius passa lì dentro più tempo di quanto ce ne passi io o chiunque altro - quindi, non so se l'ho già sottolineato abbastanza, lui sapeva. Tutto. 

 

Sapeva, eppure ha invitato quell'idiota di un Serpeverde di cui girava voce tua madre fosse cotta all'epoca. Bene, non entrerò nei dettagli - dettagli che comprenderebbero il glorioso tentativo di Peter di mangiarsi tutte le torte nel giro di dieci minuti, quando fummo minacciati di venire scoperti da Gazza, e che implicherebbero la menzione del fatto che i fiumi di Whiskey Incendiario che scorrevano a quella festa erano ben maggiori di quelli che un Grifondoro medio quindicenne possa reggere - ma la festa, a parte questo, è stata assolutamente memorabile. Almeno fino a quando, attraverso il corpo di Peter che sembrava allargarsi sotto il mio stesso sguardo a causa della continua esposizione all'inglobamento di torte, vidi una scena che avrei davvero voluto non vedere. Tua madre che ballava con quel Serpeverde. 

 

Ora, è risaputo che io sia una persona con cui trascorrere il tempo sia assolutamente fantastico, con nessun difetto percepibile - ma fui, in quel preciso istante, un tantino geloso. Naturalmente io non sapevo ancora che era gelosia quell'istinto che mi faceva venire voglia di affatturare la faccia del Serpeverde con metà manuale di Incantesimi - ma, come credo sia ben chiaro a questo punto, Sirius sapeva. Tutti i miei amici sapevano. 

 

E non sembravano assolutamente voler mettere al corrente me. Come se - come se la questione non riguardasse anche loro, e non fosse un loro dovere informarmi dei mutamenti che avvenivano nel mio cervello.

 

"Quindi" iniziai, avvicinandomi a Sirius con le sopracciglia spaventosamente inarcate. "Oh, Godric, se mi dici che questo è il rossetto della Serpeverde con cui parlavi prima, giuro che vomito"

 

Sirius girò la testa verso di me con uno sguardo colpevole, e io alzai gli occhi al cielo. Lui scoppiò in quella sua risata simile ad un latrato, pulendosi il lato della bocca con il pollice, e mi guardò con curiosità e rimprovero. Uno sguardo che non avrebbe minimamente dovuto avere, considerando che dovevo essere io a guardarlo male perché aveva la lingua infilata nella gola di una tredicenne Serpeverde solo pochi secondi prima. "Be', devi far finire la tua festa"

 

"Che cosa? No" esclamò con vigore, barcollando leggermente mentre si dirigeva verso il tavolo degli alcolici. "È una festa fantastica"

 

"È una festa orribile. Tu sei orribile" sospirai io, passandomi una mano sul volto. "Dov'è Moony? Ho bisogno di lui"

 

"Oh, sta parlando con quella Corvonero" fece Sirius, annuendo e sghignazzando fra sé stesso come se trovasse quel fatto estremamente divertente. Io avrei voluto dirgli che avrebbe fatto molto meglio a concentrarsi sul suo dannatissimo bicchiere, visto che non dava segni di volerlo centrare. "Perché credi che abbia scelto lei?"

 

"In non," iniziai, cercando di non guardarlo mentre si scolava il bicchiere ora miracolosamente pieno, passandomi una mano fra i capelli. "Non ho tempo di preoccuparmi delle vostre scelte in fatto di partner. Che sono pessime, peraltro. Tu una Serpeverde, Moony una Corvonero noiosa e sapientina. E il peggio è Peter. Ora se la fa con le torte"

 

Sirius sghignazzò come se trovasse tutto estremamente divertente. "Be', la torta non ha provato ad infilargli un bigliettino di pergamena nei pantaloni, mentre cercava di baciarlo"

 

"Che - aspetta, cosa?" chiesi io, aggrottando le sopracciglia, oltraggiato. "La Serpeverde ha provato a -"

 

"Oh, no, è la Corvonero. Moony non ci sta capendo nulla, in realtà, ma l'unico binocolo a cui quella è interessata non è quello che si trova sulla Torre di Astronomia" disse lui, facendomi l'occhiolino e annuendo come se fosse scontato che io capisca queste battute pessime. Le capisco, naturalmente. Ma solo perché ho passato troppo tempo con lui.

 

"Okay, Prongs, ti ho fatto attendere abbastanza. Coraggio, dimmi qual è il problema"

 

"Il problema è che la tua stupida festa è stupida"

 

"Il problema" iniziò lui irritato ma con un'aria da gran saggio, prima di vedere qualcosa alle mie spalle. All'improvviso annuí. "Oh, vedo il problema"

 

"No, non lo vedi. Il problema è invisibile. Non puoi vedere il problema"

 

"Okay, siamo sicuri che sia io quello ubriaco?" chiese Sirius, guardandomi confuso. "Il problema è visibilissimo, in mia modesta opinione"

 

"Siamo sicuri" 

 

"Perfetto" mi disse Sirius, sbattendomi con una certa violenza il bicchiere contro il petto. "Non ti agitare, Prongs. Studierò un piano"

 

"Quale piano?" protestai io. "Non ti ho nemmeno spiegato -" 

 

Ma Sirius se ne era già andato e quelle furono le ultime parole famose che mi disse, prima di sparire per un tempo tanto lungo che credetti che il piano geniale a cui avrebbe pensato implicasse l'affogamento del Serpeverde sul fondo del Lago Nero. 

 

 

~*~

 

 

"Cioè, vuoi dirmi che l'hai lasciato andare" iniziò Remus, guardandomi dubbioso. 

 

"L'ho lasciato andare, Remus, si" gli confermai per la decima volta in trenta secondi. "Non è stata un'ottima idea, sono disposto ad ammetterlo" 

 

"Okay" commentò sconsolato Remus. "Okay, be' - ora dobbiamo solo trovarlo, suppongo. Il che sarà facile perché è Sirius, e Sirius non è mai silenzioso, e i suoi piani lo sono ancora meno" 

 

"Dov'è Peter?" chiesi, improvvisamente allarmato. Se c'è una cosa che tutti ad Hogwarts sanno, è che se hai una brutta sensazione devi controllare la precisa posizione di ogni Malandrino. Non sai mai cosa potrebbe succedere. 

 

"Se i miei calcoli sono giusti, e lo sono" si sentí di aggiungere Remus, con un placido sguardo compiaciuto di consapevolezza e fierezza negli occhi - che non dovrebbe avere, a dirla tutta, perché i suoi calcoli di solito prevedono solo sventure e punizioni. "A questo punto si è addormentato, sotto il peso delle torte e del Whisky Incendiario" 

 

Normalmente mi sarei preoccupato del fatto che un Malandrino che si addormenta ad una festa rischia di minare la consolidata idea che tutti ad Hogwarts hanno di noi, ovvero di rispettabilissimi ed imprevedibili combinaguai, ma in casi estremi come quello che mi si presentava davanti lasciai perdere. "E i tuoi calcoli hanno idea di quale sia il piano di Sirius?" 

 

"C'è quella pozione che sta preparando di nascosto sotto il tuo letto da tre settimane, in effetti" disse Remus, cercando di farsi largo con me tra le folle di studenti scatenati. 

 

Io spalancai gli occhi. "Ma che - il mio letto?" 

 

"Sotto al suo non c'è più spazio. È il deposito comune di cioccolata, ricordatelo" 

 

"Certo. Una - una pozione, dici? Mi sembra geniale. Subdolo e innocente al punto giusto. Nessuno si accorgerà di chi è stato a fargli sciogliere la faccia" 

 

"Io non - no, a dire il vero no, non è geniale. Geniale è l'ultimo degli aggettivi che userei per discutere di questa situazione" 

 

"Hai un piano migliore, Moony?" 

 

"Ne ho quattro, a dire la verità" annuí lui convinto, abbassandosi per schivare il bicchiere lanciato in aria da qualche Grifondoro con problemi di autocontrollo. Non so perché, ma qualcosa mi dice che fosse Frank. "Ma il migliore è quello di lasciar perdere" 

 

"Che cosa?" chiesi scandalizzato, voltandomi a guardare il mio amico che mi era appena venuto a sbattere addosso. Remus si portò una mano sulla faccia con un'espressione addolorata. Ma che melodrammatico. "Che significa, lasciar perdere?" 

 

"James" il modo in cui Remus pronuncia il mio nome è sempre stato, in mia opinione, più simile ad un non poi così velato rimprovero che ad un sincero apprezzamento verso il nome stesso e la mia persona. "So che l'espressione lasciar perdere non è esattamente nel tuo vocabolario, come non lo è in quello di nessun altro Grifondoro, perché la testardaggine è un tratto caratteristico di questa casata e chiunque dica il contrario è un folle -" 

 

"Il tuo inutile sproloquio ha intenzione di arrivare da qualche parte, Moony?" 

 

"Il punto è" si decidette lui, guardandomi convinto. Poi sospirò. "James, perché ti da' così fastidio?" 

 

"Che significa, perché mi da' così fastidio?" chiesi, sbalordito. Ad anni di distanza, potrei essere disposto ad ammettere che la mia reazione fu pateticamente ingenua. "Perché è un Serpeverde, e la sua faccia è ridicola" 

 

Remus alzò le sopracciglia in quel suo modo che sembra sempre dirmi che non mi crede nemmeno un po'. "Tutto qui?" 

 

"Da quando ho bisogno di avere un motivo per odiare un Serpeverde?" risposi, con un misto perfetto di indignazione ed evasione che fece sospirare Remus. 

 

"James, io non credo -" 

 

Stavo accuratamente evitando di notare come il Serpeverde si fosse avvicinato a Lily, quando vidi finalmente Sirius sbucare tra la folla, con un piattino pieno di patatine in mano. "Padfoot" esclamai, avvicinandomi a lui con fatica e sollievo. Remus mi seguí, naturalmente. "Che cosa - non avrai -" 

 

"Oh!" esclamò lui spalancando gli occhi, la bocca impastata di patatine fritte che minacciava di sputacchiarmi in faccia. "Il piano. Potrei -"

 

"Non hai nessun piano" constatai tristemente, non appena la comprensione mi illuminò lo sguardo. Lui fece per dire qualcosa, ma finí solo per strozzarsi con le sue patatine. "Be'," ripresi, rinvigorendomi dopo che la prospettiva che il mio migliore amico non mi avesse aiutato per niente mi aveva demoralizzato abbastanza. "Farò qualcosa io" 

 

"James, no" strillò subito Remus, afferrandomi per il braccio. Una reazione esagerata, sicuramente, soprattutto per quel suo sguardo negli occhi che sembrava già intravedere uno scenario post-apocalittico. Poi si girò verso Sirius, che continuava a mangiare indisturbato. "Hai intenzione di fare qualcosa?" 

 

"Dovreste provare queste patatine, sono fantastiche. Chi avrebbe mai detto che gli elfi ubriachi avrebbero cucinato meglio degli elfi sobri?" 

 

"Oh, ma è un'ottima domanda!" esclamai convinto, scrollandomi di dosso la presa di Remus e assottigliando gli occhi in direzione di Sirius. "Forse dovremmo aiutare il Serpeverde, che sembra avere tutta l'intenzione di cercare la risposta nella bocca di Evans" 

 

"Non essere ridicolo, James. Noi non aiutiamo i Serpeverde" disse Sirius automaticamente, perché è ovvio e l'unica risposta che viene automatica ad un Grifondoro quando si nomina un Serpeverde è un insulto. Remus sembrava sull'orlo di una crisi nervosa. 

 

Alcuni, tipo Sirius, direbbero che nel momento in cui il suddetto Serpeverde si chinò sulle labbra di Lily io feci un gemito ben poco virile. Qualcuno, sempre Sirius, in quel momento alzò gli occhi al cielo e mi sbattè violentemente sul petto il piatto di patatine. Una scena che era già avvenuta circa un'ora prima. "Oh, piantala, Prongs. Non essere così melodrammatico. Lascia fare a me" 

 

Sirius si disperse di nuovo nella folla. Fu in quel momento che mi voltai verso Remus. Lui sembrò all'improvviso colto sul fatto e trasalí. Già sapeva. "Una Corvonero, Moony, davvero? Questo è così lontano dal tipo di comportamenti che noi Malandrini promuoviamo" 

 

Remus fece per dire qualcosa, ma Frank mi interruppe. Ora, la faccia di Frank è una di quelle da cui escono cose piacevoli, nella norma, parole che ti fa piacere sentire. Non è stato il caso, purtroppo, di quando in quel momento si girò a guardarmi dal nulla, abbandonando Alice, con la quale avrebbe invece dovuto continuare a ballare, e mi indicò la scena non molto lontana da noi con le sopracciglia alzate. "Comportamenti tipo quello?" 

 

 

 

**********

 

 

"Okay, Harry" fece Hermione quel pomeriggio, subito dopo che ebbero pranzato nel suo appartamento, alzando lo sguardo su Harry. Lui la guardava quasi impaurito. "Noi sappiamo

 

"Voi... Sapete" fece Harry, prima di schiarirsi la gola. Ron annuí con gravità. "E non avete nulla da dirmi?" 

 

"Che cosa vuoi che diciamo?" chiese lei divertita, scuotendo i ricci castani. "Che non avresti dovuto?" 

 

Esattamente, era quello che stava per uscire dalla bocca di Harry, prima che Ron lo interrompesse ridacchiando. "È stato un incidente" 

 

"Un incide - che cosa?" sbottò Harry, scandalizzato, guardandoli a turno. Come facevano a prendere quella rivelazione scioccante con tutta quella calma? "Qual è la tua definizione di incidente?" gli ringhiò contro, facendolo spaventare. 

 

"Io, uhm" Ron, che era sobbalzato, si spostò appena da Harry con le sopracciglia aggrottate. "Ti aspetti una risposta seria, oppure -" 

 

"Come potete dire questo?" fece Harry, mentre la disperazione nel suo tono di voce cominciava a farsi evidente. Hermione lo guardò divertita e confusa. "Io non - non so come sia potuto succedere" 

 

"Ok, be', sono sicura che Andromeda continuerà a farti vedere Ted comunque. Non è poi una tragedia" disse Hermione con calma, alzando gli occhi castani su di lui. 

 

Harry aggrottò le sopracciglia. "Che cosa c'entra Ted?" 

 

Ron fece per dire qualcosa, ma Hermione lo interruppe, confusa. "Ma di che stai parlando, Harry?" 

 

"Di che stai parlando tu!" scattò lui, alzandosi all'improvviso in piedi dal divano. Hermione lo vide fare il giro del tavolino, nervoso, e andare ad appoggiarsi alla finestra. 

 

"Ieri hai versato un bicchiere di champagne addosso ad Andromeda mentre uscivi dalla sala del Ministero" raccontò distrattamente Ron, che invece non sembrava essersi accorto come lei del tormento del suo migliore amico. "Voglio dire, ripeto, é stato un incidente. Certo c'è stata quella giornalista, una tizia che lavorava per Rita Skeeter, che ha scritto un articolo su quanto in realtà sia imbranato quello che ci ostiniamo a chiamare Salvatore del Mondo Magico anche a distanza di anni - testuali parole - ma, be', se ne dimenticheranno tutti nel giro di - "

 

"Oh, dio, è questo che voi sapete" fece Harry con orrore, guardandoli dalla sua postazione alla finestra. Hermione lanciò una breve occhiata interrogativa a Ron, che sembrava ancora più confuso di lei. 

 

"Perché, c'è altro che dovremmo sapere?" chiese Hermione, alzando le sopracciglia. "Qualcosa di peggio delle tue scuse da ubriaco ad Andromeda?" 

 

Harry fece un gemito di vergogna. 

 

"Peggio del fatto che, subito dopo, sei atterrato dritto addosso a Lumacorno?" aggiunse Ron, che iniziava sul serio a divertirsi. "Peggio anche di quando Lumacorno ti ha chiesto come stessi, e tu hai risposto certo non bene quanto lei stasera, professor Lumacorno?" 

 

L'espressione di Harry era diventata ormai una di totale vergogna, e si sentí cadere ancora più in basso quando si rese conto che quello che aveva fatto era, in realtà, peggio. 

 

"È stato abbastanza indecoroso" concordò Hermione, annuendo. "Ma Lumacorno si è sentito molto lusingato, e non è come se -" 

 

"Peggio anche di quando -" 

 

"Si, Ron" lo interruppe frettolosamente Harry, senza trovare il coraggio di guardarlo. "È peggio" 

 

"Oh, miseriaccia" rise lui, alzandosi. "Be', qualunque cosa dirai, ti prenderò in giro a vita. Quindi non preoccuparti" 

 

"È molto incoraggiante" fece Hermione, divertita. "Be', Harry?" 

 

"Io, uhm" iniziò Harry, lanciando un'occhiata estremamente triste e colpevole fuori dalla finestra. "Avrete notato che, be', sono sparito dalla festa"

 

"No, figurati, non l'abbiamo notato. L'imitazione che George fa di te è parecchio credibile, sembrava che tu fossi ancora con noi"

 

"Io non - ero, be', non ero da solo"

 

"Vuoi dire che te ne sei andato con qualcuno?" tradusse Hermione, aggrottando le sopracciglia e incrociando le gambe sul divano. 

Harry annuí lentamente.

 

"E chi è questo qualcuno?" lo incoraggiò lei, ormai molto divertita. 

 

"Questo qualcuno..." fece Harry con aria mistica, chiudendo gli occhi verdi verso la finestra e sentendo il cuore schizzare nel petto al pensiero dell'assurdità di ciò che stava per dire. "Era, uhm, era Malfoy"

 

Per un attimo il silenzio calò sul piccolo salotto. Ron esitò, troppo stupito per parlare, poi Hermione si schiarí la gola. "E tu e Malfoy, dove siete andati?"

 

"Da me, abbiamo dormito da me" sbottò Harry tutto d'un fiato.

 

"Che cos - cosa? Ma come - voi -"

 

"Perché qualcuno dovrebbe voler dormire con Malfoy?" chiese Ron ad alta voce, ancora in piedi in mezzo al salotto, aggrottando le sopracciglia.

 

"Ma come è successo? Perché tra tutti, proprio - proprio lui?"

 

"Perché ti agiti, Hermione? Hanno solo dormito insieme" fece Ron annuendo. Sia Hermione che Harry gli scoccarono un'occhiata esasperata.

 

"Loro non... Oh" soffiò poi, allargando gli occhi azzurri mentre la comprensione e il terrore inondavano il suo sguardo. "Oh" 

 

"È stata una pessima idea, non credo che -" 

 

"Si, ma perché?" chiese Ron, gli occhi spalancati, che ora sembrava disperato al punto da implorare di essere rassicurato che quello fosse solo uno scherzo. "Malfoy è -" 

 

"Il mio odio per Malfoy è sempre lo stesso, lo giuro. Ero ubriaco, Ron, e non mi capacito del fatto che - non mi ricordo quasi nulla, a dire la verità, ma credo -" 

 

"Godric, Harry, ti lasciamo solo mezzo minuto e tu finisci a letto con Malfoy" rifletté Hermione, prima di ridacchiare. Harry la fissò scioccato. "Quale piega inaspettata hanno preso gli eventi" 

 

"Che cosa vuoi dire?" chiese il ragazzo, guardandola con gli occhi sbarrati. 

 

Hermione si protese verso la punta del divano. "Voglio dire, non è come se al sesto anno tu non fossi stato totalmente ossessionato da Malfoy. Credo che non sia stato casuale, che tra tutti tu abbia scelto proprio lui" Hermione annuí tra sé. Sapeva che, se solo avesse alzato lo sguardo, avrebbe incontrato l'espressione terrorizzata dei due ragazzi. "C'è sempre stata una sorta di tensione, tra di voi" 

 

"Te - tensione?" farfugliò Harry. "Quale tensione? Io e Malfoy - io e Malfoy ci odiamo. E questo è stato un errore. Un errore per cui gli starò attorno ancora meno di quel che facevo prima" 

 

"È un ottimo piano" fece Ron con una voce flebile, la gola secca, ancora sotto shock. "Miseriaccia, Harry, lasciati dire che sei un idiota" 

 

"Non sono un idiota" si ritrovò a dire Harry, imbarazzato, chiedendosi a quale punto della sua vita esattamente avesse dovuto iniziare a specificare di non essere un idiota. 

 

"Be'," fece Hermione, alzando le spalle con cautela. "Con la tua attitudine a tendere sempre, anche inconsapevolmente, verso le scelte che ti complicheranno ancora di più la vita - forse un po' lo sei, devi ammetterlo" 

 

Harry sospirò, passandosi una mano sul viso. Aveva capito di essere gay poco dopo la guerra, in quel terribile periodo che ricordava come uno dei più bui della sua vita. Certo, c'erano stati quei mesi pieni di luce subito dopo la sconfitta di Voldemort, in cui le lettere di ringraziamento fioccavano da tutte le finestre della Tana, e il via vai di gufi era interminabile. Mesi in cui aveva spento il cervello e si era lasciato tutto alle spalle, concentrandosi sul fatto che adesso aveva tutto quello che aveva sempre desiderato - una ragazza, degli amici, una famiglia, e che tutti erano salvi e al sicuro. Che nessuna minaccia sarebbe arrivata a colpirli all'improvviso. 

 

E l'ignorare gli insistenti richiami della sua memoria era stata l'unica cosa che non l'aveva fatto affondare, in quei primi tempi. Ma ad un certo punto tutto era sembrato troppo. 

 

Non ricordava come fosse successo. Un giorno si era svegliato e tutto aveva perso quella luce, quell'aria di gloria e felicità, e lui non era più il Salvatore o il Prescelto, o qualunque altro nome gli avessero affibbiato. Era solo Harry, un ragazzo che non sapeva nemmeno che cosa voleva dire, vivere quella vita, che si ritrovava nella totale incapacità di gestire quella normalità. E non c'era niente che Hermione o Ron potessero dire o fare, niente che Ginny potesse risolvere. C'erano lui e gli incubi, lui e le terribili notti in cui si svegliava sudato e fremente afferrando d'istinto la sua bacchetta, notti in cui sentiva che tutto era perduto, che lui era perduto, e non trovava il coraggio e la forza di svegliare i suoi amici. C'erano lui e quel sentimento di totale apatia che sembrava essersi impossessato del suo corpo stremato dal sacrificio, lui e l'indifferenza verso quella felicità abbagliante che un tempo gli era sembrata così giusta, e che invece ora gli appariva solo una grande, immensa bugia. 

 

Poi, Hermione li aveva obbligati a tornare ad Hogwarts per l'ultimo anno. Aveva sempre avuto la sensazione che l'avesse fatto soprattutto per lui, perché doveva essersi accorta di come stava, e non solo perché ci tenesse a finire gli studi. E per un po' era stato bello mettere da parte quel sentimento, sentirsi di nuovo a casa, al sicuro, e fingere che tutto si fosse sistemato. Ma Harry sapeva che c'erano parti del Mondo Magico, parti di sé stesso, che vincere la guerra non aveva saputo riparare. 

 

E così, quando uscirono dal loro ultimo anno, aveva dovuto farlo. Aveva dovuto dire agli Weasley, alla fine dell'estate, che non avrebbe più potuto vivere con loro. Si sentiva soffocare, e percepiva con chiarezza che sarebbe arrivato ad un punto di non ritorno. E così aveva iniziato il seminario per diventare Auror - e c'era riuscito, contrariamente alle aspettative di metà Ministero della Magia. E, nonostante Shacklebolt minacciasse di licenziarlo almeno una volta al mese, nessuno avrebbe potuto dire che Harry non fosse tra i suoi Auror migliori. 

 

Era stato in quel periodo che l'aveva capito. Le cose con Ginny non andavano bene. Avevano provato a dare la colpa al fatto che fossero entrambi troppo impegnati con il lavoro, tra il Ministero e gli allenamenti di Ginny con le Holyhead Harpies, ma ad un certo punto avevano capito che non avrebbe più funzionato. Che anche se provavano a fingere che non fosse così, loro non erano più gli stessi sedicenni che si erano innamorati, che erano cambiate troppe cose. 

 

Si lasciarono di comune accordo. Non ci furono lacrime, quel giorno, e Harry ricordava solo la vividezza di un attimo breve, in cui la delusione per quello che avrebbe potuto esserci stato brillò negli occhi di Ginny, prima che lei la scacciasse bruscamente. Da quel giorno si erano evitati - più inconsciamente che altro - ed era stato facile, a dire la verità, perché entrambi erano realmente occupati. Ma quando Ginny gli aveva presentato il suo nuovo ragazzo l'anno prima, a Natale, lui aveva solo provato un moto di sollievo. E non aveva dovuto fingere, per essere felice per lei. Era stato come chiudere quel cerchio, assicurarsi di non averle fatto del male e lasciarla andare. 

 

La realizzazione che non avrebbe mai potuto essere felice con lei era arrivata tempo dopo. Era un giorno piovoso, e lui si era rifugiato in un bar babbano dopo il lavoro. All'improvviso un ragazzo gli aveva offerto da bere. Era stato strano, all'inizio, Harry era imbarazzato e non sapeva cosa dire - ma poi si era accorto che in realtà era piacevole, che il drink gli scivolava nella gola e non doveva sforzarsi di ridere alle battute del ragazzo. Che l'aveva trovato carino, ad un certo punto della serata. E, senza rendersene conto, aveva accettato il suo invito ad uscire di nuovo. 

 

Si erano frequentati per pochi mesi. Lui era un babbano, e per un po' era stato bello fingere di non essere nient'altro che un ventenne normale. Harry aveva imparato un sacco di cose, in quel breve mese di tempo. Primo fra tutti che, insomma, gli piacevano i ragazzi. 

 

L'aveva detto a Ron ed Hermione qualche mese dopo. Era avvenuto quasi per caso, ad un certo punto si era reso conto di quanto stupido fosse nascondere loro una cosa che ormai sapeva con certezza, e che forse aveva sempre saputo, e glielo aveva detto e basta. Hermione aveva sorriso, un po' meno stupita di quel che avrebbe creduto Harry, e l'aveva abbracciato. Ron sembrava confuso allo sguardo di Harry, che sembrava aspettarsi di tutto da lui, e gli aveva detto che non gli importava, naturalmente - "dico davvero, Harry, ma che razza di persona credi che io sia?" -, che nulla avrebbe cambiato le cose. 

 

E niente era cambiato, infatti. Continuavano a vedersi come prima, a fare le stesse cose insieme. Ron lavorava con George al negozio, Hermione alternava lo studio all'università babbana con il suo periodo di prova al San Mungo - da cui l'avevano cacciata dopo qualche mese, dopo averla quasi pregata di allontanarsi dai pazienti. Lei era particolarmente stizzita per quel comportamento, ma aveva lasciato perdere, per mirare a qualcosa di più ambizioso. 

 

Era stato solo attraverso Hermione che era venuto a scoprire dove fosse finito Malfoy, che dopo la guerra sembrava essersi semplicemente rintanato dietro le mura fredde del Manor. Certo Harry l'aveva visto in giro ad Hogwarts, e si era stupito del fatto che l'avessero lasciato tornare. Ma entrambi erano cresciuti ed erano dotati di un grande spirito di indifferenza, e ignorarlo non era stato poi così difficile. Harry sapeva che Lucius Malfoy era stato condannato ad Azkaban, ma quando Hermione gli aveva detto che sarebbe potuta succedere la stessa cosa a Draco e Narcissa qualcosa si era smosso dentro di lui, qualcosa che gli diceva che non era giusto. Si era deciso a testimoniare a loro favore, raccontando di come Narcissa l'avesse salvato, mentendo davanti a Voldemort per proteggerlo. Malfoy non l'aveva mai ringraziato, ma non era come se Harry volesse un riconoscimento. 

 

Non si erano parlati per i due anni successivi. Hermione gli aveva raccontato di averlo visto in giro, al San Mungo - era un eccellente pozionista, ed Harry si era quasi sorpreso a ricordarlo - e qualche volta l'ospedale magico lo chiamava per chiedere il suo aiuto. Harry l'aveva visto di rado al Ministero, ma non era poi come se avesse davvero bisogno di trovarsi un lavoro. E, dopotutto, non gli parlava da anni - e non aveva motivo di farlo: ma quella realizzazione, che dopotutto forse non lo stesse per niente ignorando e anzi l'avesse tenuto d'occhio tutto quel tempo, lo colpí all'improvviso e lo lasciò con la gola secca e senza parole. 

 

Per questo tutta la situazione era ancora più assurda. Hermione alzò gli occhi al cielo. "Ma, insomma" disse con tranquillità e ragionevolezza, soppesando la situazione. "Malfoy è gay?" 

 

Harry aprí la bocca per dire qualcosa, qualsiasi cosa, per distrarre l'attenzione da quell'argomento così indecoroso, ma venne distratto da un rumore alla finestra. Un grande gufo reale quasi lo spaventò, ma la aprí e prese l'elegante busta di pergamena gialla che l'animale gli porgeva. Aggrottò le sopracciglia, scrutandola con curiosità. "È strano" stava dicendo Ron, quando Harry rialzò lo sguardo. "Ero convinto che stesse con la Parkinson, al sesto anno" 

 

Hermione aveva alzato gli occhi al cielo, con la stessa attitudine che aveva ad Hogwarts quando lui e Ron non conoscevano la risposta a qualcosa che lei aveva studiato due anni prima. "Non ho mai creduto che fosse -" 

 

"È per me" li interruppe Harry con un singhiozzo triste, passandosi una mano sul viso. "Da Shacklebolt" 

 

"Uh" commentò subito Ron, con una smorfia poco incoraggiante. "Deve aver saputo di Lumacorno. Forse è preoccupato che farai delle avances anche a lui" 

 

"Ron, smettila" ridacchiò Hermione, alzandosi per poi andare vicino ad Harry, che fissava ancora la busta senza avere il coraggio di aprirla. Lei la prese, scoccandogli un'occhiata divertita, e la scartò di fretta per poi leggerla. La sua espressione diventò stupita. "Dice che vuole vederti oggi pomeriggio nel suo ufficio" 

 

"Oggi è domenica" fece Ron, aggrottando le sopracciglia. "Non credo che sia un buon segno" 

 

"Grazie, Ron" replicò ironico Harry. Guardò di sfuggita Hermione, cercando un minimo di conforto. 

 

Lei lo notò e sorrise. "Harry, rilassati. Che cosa credi, che Shacklebolt possa sgridarti per le persone con cui scegli di andare a letto?" chiese, scuotendo la testa, e Harry sentí un barlume di speranza illuminarlo. "Non può farlo. Sono certa che voglia affidarti un nuovo caso, o qualcosa del genere" 

 

"Questa è un'ipotesi" concordò Ron, per poi emettere un gemito spaventato quando Hermione gli scoccò un'occhiataccia. "Un'ipotesi che si verificherà, ne sono certo" aggiunse frettolosamente. 

 

"Si" fece Hermione, ridando la lettera ad Harry e sostenendo il suo sguardo preoccupato. "Non c'è motivo di essere agitato" 

 

"Già" disse Harry, speranzoso. Quella era la logica, logica che lui voleva seguire con tutto sé stesso. Non aveva senso, che il suo capo fosse al corrente delle sue preferenze sessuali. Non poteva essere. "Si, hai ragione" 

 

Hermione aveva ragione. Hermione aveva sempre ragione.

 

"E poi, potrai lasciarti tutta questa faccenda alle spalle" aggiunse lei, con un piccolo sorriso. Harry si sentí rincuorato. "Non dovrai più vedere Malfoy, se è questo che vuoi" 

 

 

~*~

 

 

Hermione aveva torto. 

 

Fu quello il primo pensiero di Harry, quando entrando nell'ufficio di Shacklebolt la prima cosa che vide furono i capelli biondi di Malfoy. Ci fu un attimo in cui la disperazione crebbe a dismisura dentro di lui, e si preparò a quella che sarebbe stata l'ora più imbarazzante della sua vita. 

 

"Oh, signor Potter, prego" fece Kingsley quando lo notò, con la sua profonda voce rassicurante. Con Harry in realtà di solito più che esprimere calma e tranquillità esprimeva rimprovero, cosa che mischiata alla sua aria sinistra risultava completamente lontana dall'essere rassicurante. "Le dispiace sedersi?" 

 

Harry incontrò lo sguardo di Malfoy per un breve attimo. La sedia occupata da lui era proprio accanto a quella vuota dove era chiaro che il Ministro si aspettava che si sarebbe seduto. "Si" disse con sincerità, prima che Malfoy facesse una smorfia. 

 

"Be', lo faccia comunque" lo liquidò in fretta Shacklebolt, indicandogli la sedia con una certa urgenza. Harry deglutí e si avvicinó cautamente a Malfoy, sedendosi senza guardarlo negli occhi.

 

Harry iniziò a far vagare lo sguardo nell'ufficio di Shacklebolt, in un disperato tentativo di non pensare a ciò che la sua mente gli imponeva di pensare - dai toni verde scuro delle pareti ai quadri appesi, dal tagliacarte affilato sulla sua scrivania agli encomi e i riconoscimenti alle sue spalle, insieme alla fascia con l'Ordine di Merlino, appesa in bella vista sopra la sua testa. Già il fatto che li avesse riuniti nel suo ufficio e non nella sala riunioni era un segno totalmente funesto. 

 

Tutto il suo corpo fu teso nello sforzo di non sfiorare il Serpeverde nemmeno per sbaglio dal primo momento, e per i primi trenta secondi non sentí niente del discorso. 

 

"Mi sta seguendo, signor Potter?" 

 

"Cosa?" fece Harry, colto alla sprovvista, alzando di scatto lo sguardo su di lui. Vide con la coda dell'occhio Malfoy fare una smorfia sarcastica. 

 

"Potter" lo redarguí placido Shacklebolt, passandosi una mano sul viso e smettendola di camminare davanti a loro con le braccia incrociate dietro la schiena. 

 

"Dovrà farla molto più semplice di così, signor Ministro" disse Malfoy piccato, incrociando le gambe magre e serrando le dita lungo i braccioli della sedia, senza nemmeno incontrare lo sguardo di Harry. "Il cervellino da Grifondoro di Potter non ci arriva. Non lo fa di proposito" 

 

"Dio, no" mormorò Harry, coprendosi il viso con la mano. "È un incubo, sembra di essere tornato a scuola" 

 

"Oh, non fare finta che ti dispiaccia" sbottò Malfoy, irritato. 

 

"Ora basta" fece Kingsley, scoccando un'occhiata truce ad entrambi, che si zittirono all'istante e puntarono gli occhi su di lui. Si sedette alla sua poltrona, dove sembrò molto più inquietante. "Non mi potrebbe interessare di meno dei vostri stupidi ed infantili battibecchi. Potete fare qualsiasi cosa al di fuori di qui -" 

 

"Noi non facciamo - non facciamo nulla, che cosa - perché pensa una cosa del genere?" fece Harry, schiarendosi la gola imbarazzato dopo che la sua voce si fu alzata di un'ottava.

 

"Sta' zitto, Potter, dio" borbottò Malfoy in un sussurro concitato, stringendosi la radice del naso tra le dita. 

 

"Potter" iniziò Shacklebolt serio, con la chiara intenzione di ignorare i loro commenti. "Lei ha un evidente problema con l'Occlumanzia" 

 

"Oh no, non di nuovo" fece subito Harry con una smorfia spaventata, agitandosi sulla sedia. 

 

"E questa non è una cosa che possiamo tollerare, non nel suo lavoro. Le devo ricordare del caso con i goblin dell'anno scorso, quando appena prima del nostro intervento le hanno letto la mente e ci hanno smascherati?" chiese Shacklebolt, alzando le sopracciglia. Harry avrebbe davvero preferito che non dicesse quelle cose davanti a Malfoy, e sprofondò nella sedia. 

 

"O di quando -" 

 

"Si, no, ricordo perfettamente, grazie" fece frettolosamente, senza guardare Malfoy che aveva preso a sghignazzare. Harry sospirò. "Ma non - insomma, non è un problema, no? Ce l'abbiamo fatta, con i goblin" 

 

"Il fattore fortuna potrà funzionare per lei, signor Potter, ma noi non tendiamo a basarci su questo" disse severo. Harry sentí un rumore soffocato venire da Malfoy e si concesse di lanciargli una veloce occhiata. Aveva l'aria di uno che stava per piangere dalla gioia, o che avrebbe abbracciato Shacklebolt proprio in quel momento. 

 

"Si ma be', proprio non capisco" riprese Harry, sforzandosi di ignorare Malfoy. "Che cosa c'entra lui?" 

 

"Qualcuno dovrà pur insegnargli l'Occlumanzia, signor Potter. E il signor Malfoy è un Legilimens eccelle-" 

 

"Lui?" scattò Harry, scandalizzato. "Ma come - perché?" 

 

"Per quanto mi lusinghi, signor Ministro" si decise ad intervenire Draco dopo essersi schiarito la gola, riacquistando una certa dose di calma e freddezza. "Non ho alcun interesse ad aiutare questo idiota" 

 

Harry annuí con convinzione, mentre Shacklebolt alzava le sopracciglia in un modo molto poco incoraggiante. "Davvero, signor Malfoy?" 

 

"Per quanto potrà stupirla" continuò Draco con un'aria sdegnosa. "Ho di meglio da fare che rimediare ai fallimenti dell'istruzione nei suoi confronti. Mi piacerebbe, certo, trascorrere del tempo con una persona che odio. Ma sono costretto a rifiutare" sibilò, sarcastico. 

 

"È curioso, che lei lo dica" disse con tranquillità Shacklebolt, puntando i suoi occhi scuri su Malfoy e unendo le dita al di sopra della sua scrivania in una piccola, sinistra piramide. "Proprio ora che è stato proposto il Bacio del Dissennatore per suo padre. Pensavo sapesse, signor Malfoy, che il Ministro della Magia ha una grande influenza sul Wizengamot" 

 

Per un attimo Malfoy fu così scioccato da quelle parole che boccheggiò, senza sapere cosa dire. Persino Harry fu stupito. Quello era un colpo basso, e lui non aveva idea di quelle cose. "Questo è un ricatto" sibilò alla fine il Serpeverde, guardando Shackebolt con tutto l'odio possibile. 

 

"E io non dovrei poter decidere qualcosa?" sbottò Harry, allargando le braccia con aria ovvia. 

 

"Lei è l'ultimo a poter decidere qualcosa, signor Potter" replicò calmo Shacklebolt. "Non c'è nulla da discutere" 

 

"Ci sono milioni di cose da discutere. Perché proprio lui, innanzitutto?" fece Harry, resistendo all'impulso di alzarsi e sbattere la testa contro il muro. O sbattere la testa di Malfoy, non aveva ancora deciso. "Non l'ha sentito? Ci odiamo" 

 

"Questo la stupirà, signor Potter, ma a me non importa un accidente delle persone che lei odia" replicò calmo Shacklebolt. 

 

Harry fece per replicare, ma lui riprese a parlare, incrociando le dita sulla scrivania. "In più, nessuno del Dipartimento Auror si è offerto di aiutarla con questo suo problema" l'uomo sembrò godersi a fondo l'espressione scioccata e indignata di Harry. "La ritengono, come dire, un soggetto difficile con cui lavorare" 

 

"Difficile?" ripetè Harry, sentendo la rabbia crescere dentro di lui. "Che cosa vorrebbe dire?" 

 

"È quello che avrei chiesto al suo ex compagno Auror, se lui non avesse così premurosamente pensato di allegare alle sue dimissioni una lista di motivi che rispondono perfettamente alla definizione di difficile" fece Shacklebolt, e con un movimento della bacchetta un cassetto della sua scrivania si aprí, facendone uscire un foglio di pergamena che volteggiò sulle loro teste. Sia Harry che Malfoy seguirono la sua traiettoria, fin quando non finí nelle sue mani. Si schiarí la gola, facendo scorrere gli occhi sul foglio. "Vediamo... Oh, ecco qui. Prima di tutto, é impulsivo. Prende scelte pessime senza consultare il mio parere - " 

 

"Questo è accaduto solo una volta, e gli ho chiesto scusa" scattò Harry, irritato. 

 

"Sembra non curarsi della sua stessa vita" continuò a leggere imperterrito Shacklebolt, alzando il tono di voce e inarcando le sopracciglia. Harry si sforzò di non guardare Malfoy, che sicuramente si stava divertendo. "È incurante di qualsiasi regola e ha, e cito testualmente, l'istinto di sopravvivenza di una Puffola Pigmea" l'uomo fece una pausa, incontrando l'espressione imbarazzata di Harry. "Preferisce che vada avanti, oppure -"

 

"Basta così" fece Harry di fretta, sporgendosi in avanti sulla sedia.

 

"Non che questa esilarante esposizione dei difetti di Potter non mi abbia fatto piacere" intervenne Draco, che sembrava essersi ripreso dal crudele ricatto di Shacklebolt a lui e alla sua famiglia, nonostante il suo tono di voce avesse ancora una nota amara e indignata sotto gli strati di sarcasmo, "ma credo di ricordare che sia amico della strega migliore del nostro anno. Ed è un'opzione che dovrebbe davvero considerare"

 

"Hermione!" fece Harry, illuminandosi. "Hermione mi aiuterebbe"

 

"L'Occlumanzia è un'arte delicata, sono certo che lei sappia quanto sia faticoso insegnarla e apprenderla" disse in fretta Shacklebolt, come per liquidarli. "La signorina Granger è un suo affetto personale. Le sarebbe di gran lunga più difficile mantenere uno sguardo oggettivo e distaccato verso l'apprendimento. E, in ogni caso, è impegnata in una missione per conto del Ministero. Ed è tutto ciò che ho da dire sulla faccenda" concluse alzando il mento, come a sfidarli a contraddirlo.

 

Harry aggrottò le sopracciglia. Ebbe il tempo di chiedersi di quale diamine di missione si trattasse, quando il panico crebbe dentro di lui e soffocò qualsiasi altra emozione. Che cosa avrebbe dovuto fare? Non poteva, in quello e in nessun altro mondo parallelo, collaborare con Malfoy. Era escluso. Si sentí pietrificato dall'orrore, mentre l'immagine di Malfoy che faceva di tutto per entrare nella sua memoria e tirarne fuori i segreti più umilianti si faceva strada nella sua mente. Non lo avrebbe permesso.

 

All'improvviso si fece chiaro ciò che doveva fare. Lui e Malfoy erano andati a letto insieme, e questo rendeva il compito di insegnargli l'Occlumanzia impraticabile e molto poco professionale. "Ministro" iniziò quindi, imbarazzato a livelli oltre l'immaginabile. Si rendeva conto che non avrebbe mai più potuto guardare in faccia Shacklebolt, ma non era poi come se adesso i loro rapporti fossero tutti rose e fiori. Malfoy gli lanciò un'occhiata piena di terrore, e dal suo sguardo nervoso dovette capire che cosa stava per dire. "Io e Malfoy non possiamo farlo per molti motivi, ma in particolare... Noi... Be', perché..."

 

"Va bene, accetto" sbottò Malfoy all'improvviso, sporgendosi in avanti sulla sedia. Harry si sentí morire le parole in gola, e lo guardò scandalizzato.

 

"Sono felice che siamo giunti a questa conclusione" annuí Shacklebolt, per poi guardare Harry, che non sapeva cosa dire. "Mi aspetto la massima professionalità da entrambi, spero sia chiaro. Non ho intenzione di spiegare al San Mungo che vi siete uccisi a vicenda perché non sapete comportarvi come due adulti"

 

"Professionalità" ripetè Harry incredulo, mentre guardava Malfoy stringere di malavoglia la mano del Ministro. "Che cosa - come -"

 

"Sa cosa significa, signor Potter?" chiese Shacklebolt. Harry annuí, come in trance. "Bene, allora vi voglio entrambi fuori dal mio ufficio in questo momento"

 

Malfoy non se lo fece ripetere. Si alzò dalla sua sedia, portandosi dietro una scia di indignazione, e uscendo sbattè la porta. Harry si riscosse e si rialzò, lanciando un'occhiata disperata a Shacklebolt, che gli aveva già voltato le spalle. 

 

"Ministro" riprese Harry, senza riuscire a trattenere quella vena implorante e così poco dignitosa nella voce. "Noi non possiamo passare del tempo insieme. Lui mi odia, e io... Noi..." Harry incespicò nelle sue parole, e sotto lo sguardò annoiato di Shacklebolt ebbe quasi voglia, di nuovo, di raccontargli che erano andati a letto insieme. Ma l'unica cosa che uscí dalla sua bocca fu uno stizzito, "Lui è cattivo, ecco cosa" 

 

Il sopracciglio di Shacklebolt si sollevò così tanto che minacciò di scappare dalla sua testa. "Lui è cattivo" ripetè atono, imprimendo la sua totale indifferenza nel tono di voce e nella sua espressione. Poi sospirò. "Mi creda, Potter, nessuno è più dispiaciuto di me del fatto che lei non abbia ancora superato il suo infantile contrasto con la sua nemesi scolastica," 

 

"Non è solo questo" protestò Harry. 

 

"Ma se Malfoy sarà cattivo con lei," proseguí lui, lanciandogli uno sguardo che esprimeva chiaramente quanto poco amasse essere interrotto e calcando la parola cattivo, "Potrà farlo presente al Dipartimento risorse umane. Forse sapranno aiutarla" 

 

"Be', forse lo farò" fece Harry, irritato, ben sapendo che non avrebbe mai chiesto l'aiuto di nessuno e men che meno di quelle pettegole del Dipartimento risorse umane. 

 

"Bene" annuí il Ministro. 

 

"Bene" ripetè Harry, nervoso. Shacklebolt riprese a voltargli le spalle, probabilmente desiderando che se ne andasse, ma Harry mandò al diavolo l'orgoglio e decise di implorare. "La prego, signore, come può pensare - come può credere che farà un buon lavoro? Che mi aiuterà?" 

 

"Lo sta facendo per suo padre, signor Potter, non perché ama tormentarla o qualcosa di simile" lo liquidò in fretta Shacklebolt, voltandosi e posando una pila di libri che ricadde pesantemente sulla scrivania. "Non crede anche lei che farà il possibile per evitargli un'umiliazione come il Bacio?" 

 

Harry fece per dire qualcosa, ma si bloccò. Era vero, lo sapeva. Se conosceva bene Malfoy anche solo la metà di quello che credeva, era certo che avrebbe fatto di tutto per proteggere la sua famiglia. Suo malgrado, non trovò nient'altro da aggiungere. 

 

"Bene" disse Shacklebolt, chiaramente compiaciuto di averlo zittito. "E ora, se non le dispiace" 

 

Harry camminò tristemente fino alla porta, e quando fu fuori fece per tornare indietro, ma il Ministro chiuse la porta a chiave con uno scatto secco e sicuramente premeditato della bacchetta, sbattendolo fuori. Harry borbottò un insulto tra i denti e si affrettò a prendere l'ascensore. 

 

Quando fu arrivato primo piano, si stupí nel rendersi conto che il Serpeverde era ancora lì. "Malfoy!" lo chiamò, osservandolo percorrere a grandi falcate irritate il corridoio. Lui si fermò all'istante, contrariamente alle aspettative di Harry. Restò di spalle, dandogli il tempo di raggiungerlo.

 

Quando lo ebbe davanti - fin troppo vicino, per i suoi gusti - e si fu voltato, Harry si sentí morire di imbarazzo.

 

Alla fine venne fuori che Sirius ce lo aveva eccome, un piano. Mentre tutti si divertivano alla festa era sgattaiolato via, approfittando del momento in cui avevano le difese abbassate, per riempire di Frisbee Zannuti ogni singolo angolo della Sala Comune di Serpeverde. Fu per questo che il giorno dopo Madama Pince si ritrovò l'infermeria piena di Serpeverde graffiati e pieni di innocui morsi, e che le lezioni vennero sospese per tutta la giornata. Vendetta, dolce vendetta.

 

La pozione che stava preparando venne fuori essere un Distillato della Pace per Remus, che altrimenti avrebbe sicuramente avuto quella crisi di nervi di cui ti parlavo prima. Lui non è molto d'accordo con questo discorso della faida ormai personale tra noi e i Serpeverde, ma è anche il primo a suggerirci incantesimi interessanti per proseguirla, cosa che personalmente trovo parecchio incoerente da parte sua. 

 

Restava il problema del Serpeverde, la cui faccia - nonostante sarebbe stata di lì a poco colpita da un Frisbee - era ancora troppo vicina a quella di tua madre. Sirius era sparito per la seconda volta. Ma, quando lo rividi, grazie a Frank, era proprio in mezzo ai due. E le labbra incollate alla faccia del Serpeverde non erano quelle di tua madre, ma appunto di Sirius.

 

Lily, indignata, venne da noi e ci disse di controllare meglio il nostro amico. Ora, quello che successe ad Hogwarts dopo quel momento fu esilarante: tutti parlarono di questo avvenimento per la settimana successiva, e l'amore segreto tra un Grifondoro e un Serpeverde surclassò decisamente la storia dei Frisbee Zannuti, nonostante non credo fosse proprio questo lo scopo di Sirius. Di sicuro io fui l'ultimo a lamentarmene.

 

Dopo questa storia, imparai a non sottovalutare i piani di Sirius. E, soprattutto, imparai un'altra cosa fondamentale.

Perciò ecco il primo dei venti consigli: mai, e dico mai, lasciare il tuo migliore amico da solo ad una festa. Non sai mai quello che potrebbe combinare. 

 

Godric, pensò Harry quando Malfoy gli puntò addosso i suoi occhi grigi, pieni di annoiata irritazione. Quanto avrebbe voluto che Ron non lo avesse lasciato solo la sera prima.

   
 
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