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Autore: ame_vuiller003    10/01/2022    0 recensioni
Tris è quasi un'intrepida. Lo ha scelto lei, dopo che il test attitudinale si è rivelato inconcludente. Ha abbandonato tutto ciò che conosceva per immergersi in un mondo completamente nuovo dove ci sono specchi, cibi elaborati e dove lei può avere degli amici e degli interessi al di là del volontariato. Dopo essere saltata da quel cornicione, il giorno della Scelta, ha finalmente capito cos'è la vera amicizia non appena ha incontrato Christina e Will.
Uriah e Marlene sono delle persone squisite che riescono sin da subito a farle provare la bellezza dell'essere intrepidi.
Perfino Lynn inizia ad essere simpatica qualche volta. Ma in tutto questo, lei ancora non riesce ad inquadrare lui: Quattro. Chi è? Perché è così restio a parlare della sua famiglia e delle sue origini? Ma soprattutto, perché sembra così combattuto quando si tratta di lei?
- Questa storia è una versione alternativa di quella narrata dalla Roth, qui non ci saranno rivolte né attentati agli Abneganti, ma semplicemente la storia d'amore tra Tris e Quattro un po' revisionata e con qualche avventura e colpo di scena. E nulla, spero che vi piaccia -
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Four/Quattro (Tobias), Marlene, Tris, Uriah, Will
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi nascondo la faccia tra le mani e respiro profondamente. Proprio come ieri, oggi dovevo scegliere se uccidere la mia famiglia o farmi piantare una pallottolla in testa. Sparare a Caleb, o a papà, diventa ogni volta più difficile. Se ieri ero così sconvolta da vederli nella mia mente da non provare pressocché nulla, tanto consapevole del fatto che non fosse reale da non provare nessuna emozione mentre premevo il grilletto, oggi vedere la macchia di sangue sui vestiti grigi di mio fratello mi ha fatto sentire una persona orribile. Alzo lo sguardo e noto che Quattro mi sta osservando.
-Lo so che non è reale.- dico.
-Non devi spiegarlo a me. Ami la tua famiglia, non vuoi ucciderla. Non è la cosa più assurda del mondo.- mi risponde. So bene che non lo è, ma questa paura è peggiore delle altre. Non riesco a superarla in fretta come le cornacchie o la scatola con l'acqua.
-La simulazione è l'unico momento in cui posso vederli, anche se so che non sono davvero lì.- dico, e anche se mi ha detto che non ha bisogno di spiegazioni sento di dovergliele dare, -Mi mancano... a te.. manca mai la tua famiglia?- chiedo, anche se conoscendolo probabilmente non mi risponderà. Con mia grande sorpresa, invece, parla.
-No. A me non manca mai, ma è una cosa insolita.-
Talmente insolita che tutto il senso di colpa che provavo nei confronti del mio Caleb immaginario scompare. Che razza di famiglia doveva avere per non averne mai nostalgia? Ho la mano già sulla maniglia della porta quando mi volto verso di lui. Ci guardiamo e basta.
Sei come me?, sei un Divergente?, vorrei potergli chiedere. Ma questa parola sembra già pericolosa solo da pensare, non credo che troverei il coraggio di dirlo a voce. Lui mi guarda a sua volta, e ho come l'impressione di non essere l'unica che vuole dire qualche cosa che non riesce a dire. Sento il mio cuore accellerare come nella simulazione, ma non ha nulla a che fare con la paura. Ogni minuto in più che passo a guardarlo, mi sembra di vederlo diventare sempre più umano, sempre più il ragazzo che è in realtà, quando non è Quattro. Ma chi è, quando non è Quattro? Me lo chiedo ogni volta che lo osservo. Che cosa nasconde sotto i suoi lineamenti duri e inespressivi? Perché è sempre così restio a parlare di sé?
Non aspetto una risposta e, con il cuore ormai in gola, apro la porta e scappo dal suo sguardo.

•••

È ormai notte inoltrata quando mi alzo dal mio letto e, facendo meno rumore possibile, mi dirigo fuori, verso la rete su cui sono atterrata la prima volta che ho saltato dal cornicione, quando sono entrata nel quartier generale degli Intrepidi. Sembra passata una vita da allora mentre in realtà è passato poco più di un mese. Sospiro mentre mi allontano dai miei compagni trasfazione, dai loro incubi, dalle loro urla e, nel caso di Al, dalle loro lacrime. Perché a me il secondo modulo non fa lo stesso effetto?
Quando la porta della Guglia si chiude alle mie spalle, mi incammino con sicurezza nel corridoio buio. La prima volta che l'ho percorso mi guardavo intorno spaurita in cerca di luce, ma ora non ne ho più bisogno: ormai il buio non mi spaventa più, anche se dormire nella stessa di Peter, che ha accoltellato Edward solo perché era prima in classifica, non è il massimo. Soprattutto se lui è secondo nel secondo modulo e tu sei prima. In quel caso è pessimo. Sospiro mentre afferro l'impalcatura che porta alla piattaforma e mi tiro su. Fino a poco tempo fa non sarei mai riuscita a issarmi in questo modo ma ora quasi non sento lo sforzo. Dopo essere salita mi spazzolo i pantaloni e poi scendo a sdraiarmi sulla rete, che si tende al contatto con il mio corpo.
Guardo in alto. Le stelle sono luminose questa notte, probabilmente siamo in luna nuova. A volte mi manca non poter guardare il cielo la notte, quando tutto intorno a me non c'è che oscurità e la loro luce sembra un raggio di speranza. Quando ero piccola, a volte mia madre le mostrava a me e a mio fratello per insegnarci a non avere paura del buio; sosteneva che finché quelle luci fossero rimaste lì tutto sarebbe andato bene. E, nonostante qualche volta il cielo fosse nuvoloso o le strade fossero bagnate dalla costante pioggia, le stelle erano sempre lì.
Il pensiero di mia madre, con i suoi capelli biondi come i miei raccolti in una stretta crocchia sulla nuca, gli occhi verdi sempre dolci e gentili verso il prossimo, il suo sorriso disponibile, mi punge gli occhi, e all'improvviso mi rendo conto che probabilmente non la vedrò mai più. Questa consapevolezza per un attimo mi toglie il fiato. L'ultima volta che l'ho vista, durante il Giorno delle Visite, mi sembrava la stessa donna di sempre. Ma cosa succederà l'anno prossimo? Verrà comunque, magari con papà? Oppure non verrà nessuno, e allora andrò a trovare mio fratello tra gli Eruditi per passare un po' di tempo con la seconda pecora nera della famiglia? Sospiro affranta.
Allungo le braccia e le gambe mentre con gli occhi mi diverto a tracciare figure immaginarie tra le diverse stelle; sento un rumore. Mi tiro su di scatto. Me lo sono immaginata? O c'è qualcuno? Poi la vedo: è solo una sagoma, e cammina lentamente nella mia direzione. Nonostante la poca luce lo riconosco e il mio cuore perde un battito.
-Quattro?- sussurro, sperando che sia lui e al contempo che non lo sia. La figura si ferma.
-Tris?- risponde lui e io annuisco, cosa un po' inutile considerata la luminosità inesistente che c'è.
-Cosa ci fai qui?- chiedo mentre lui si arrampica sulla piattaforma e si cala nella rete.
-Torno dal turno al Centro di Controllo e avevo voglia di farmi un giro, così ho pensato di venire qui. Di solito non ci viene mai nessuno.- mi risponde con quella che credo sia un'alzata di spalle. Annuisco di nuovo.
-Da oggi sai che ci vengo anche io.- dico.
-E perché tu sei qui? Dovresti riposare dopo le simulazioni.- mi chiede, e so che ha ragione.
-Non riuscivo a dormire. E non avevo voglia di stare ad ascoltare i lamenti dei miei compagni. Anche io ho gli incubi a volte, ma loro piangono, urlano. È terrificante.- dico mentre mi sdraio di nuovo. Lui fa lo stesso a qualche centimetro da me. Quando la rete si tende avverto un brivido lungo il lato sinistro del corpo, quello vicino a lui.
-All'inizio è sempre così, poi passa. Anche io avevo gli incubi durante l'iniziazione.- mi confida, e mi rendo conto che questa è la prima vera volta in cui mi dice qualcosa di sé. Giro la testa nella sua direzione e mi accorgo che mi sta guardando.
-Perché a me non fa lo stesso effetto, Quattro? C'è qualcosa di sbagliato in me?- chiedo in un sussurro abbassando uno sguardo.
-No, non c'è nulla di sbagliato in te. Semplicemente, la paura è una cosa così soggettiva che creare uno schema uguale per tutti è impossibile. La paura non ha lo stesso effetto che ha su Al su di te.- mi sussurra in risposta, e ho così bisogno di essere rassicurata che neanche mi accorgo di chiudere gli occhi e di concentrarmi sulle sue parole. Mi fido di lui, voglio crederci davvero in quello che ha detto.
Rimaniamo così, fermi a guardare le stelle, per un tempo interminabile.
Dopo non so esattamente quanto, Quattro si gira a guardarmi.
-Tris...- comincia, ma si interrompe.
-Si?- chiedo, voltandomi a guardarlo. I miei occhi si sono ormai abituati a questo tipo di luminosità e riesco a distinguere più o meno chiaramente i suoi lineamenti: sono contratti, come se fosse combattuto.
-Dovresti andare a dormire, a riposarti. Domani sarà pesante.- mi consiglia tirandosi in piedi e salendo sulla piattaforma. Mi tiro su a mia volta annuendo, anche se so che non era per dirmi questo che mi ha chiamata. Mi allunga la mano e io la afferro lasciandomi tirare su proprio come la prima volta. È come un grande déjà-vu: lui che mi tira su e che mi afferra per le braccia per non farmi cadere, io che lo guardo e lui che lo fa a sua volta.
Mi aiuta a scendere e poi mi sospinge fuori tenendo comunque sempre la sua mano sulla mia schiena. Spero non si accorga dei brividi che provo ad ogni contatto.
-Buonanotte Tris.- mi dice prima di uscire: evidentemente prenderemo due strade diverse.
-'Notte Quattro.- rispondo ringraziando il buio che nasconde il rossore sulle mie gote in questo momento. Lo osservo allontanarsi fino a quando non rimango di nuovo da sola e in questo momento, mentre mi incammino verso il dormitorio, ripenso alle stelle lassù nel cielo. Finché loro saranno lì, e Quattro qui con me, non mi accadrà nulla.

 

   
 
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