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Autore: LatazzadiTea    10/01/2022    13 recensioni
La pace regna incontrastata ormai da anni nel piccolo ma prosperoso regno di Patnar, quando la notizia di un'imminente catastrofe ne sconvolge gli abitanti. E in particolar modo Madya - giovane guaritrice dotata di enormi ed oscuri poteri - che per scongiurare la completa distruzione del suo mondo sarà costretta a indagare al fianco di un eccentrico generale e un invincibile assassino.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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La vita di ogni giorno scorreva piacevole come sempre nella provincia centrale di Patnar, tranne che per le piccole controversie che avvenivano al mercato di Murwara due o tre volte a settimana. La capitale di Patnar era la città più ricca del paese e si trovava proprio al centro delle principali rotte commerciali della zona franca del continente di Aisa, ma Madya amava la vita caotica e gioviale, se non altro per via della grande richiesta che c'era di guaritori ed esperti tracciatori dell'Oltre, una lunga striscia di terra semi desertica popolata da mostri che lambiva i confini orientali del suo paese estendendosi a sud.

Dall'alto dei bastioni che proteggevano la città, Madya poteva spaziare con lo sguardo sino alle lontane e pericolose Piane dell'Ombra, per poi soffermarsi con disappunto sui due accampamenti di Druzi a capo del "Celato", che da tempo stanziano lì, creando non poco scompiglio. La ragazza, che ogni mattina percorreva a forza quella strettissima scorciatoia per recarsi il più in fretta possibile al lavoro, aveva dovuto intrufolarsi spesso tra la folla scalpitante che si radunava davanti le porte del palazzo governativo. Di fatto, le genti delle gilde e dei numerevoli mercati, sembravano sempre più agitate a causa di quella presenza invadente ed oppressiva. Anche se, fra i soliti battibecchi e le inutili discussioni, anche quel giorno riuscì ad arrivare illesa al lavoro.

"Per amor del cielo Madya, sbrigati! O il capo avrà da ridire se non ti presenti in tempo per l'assegnazione dell'ingaggio di oggi..." le mise fretta Denali, la più anziana delle guaritrici del gruppo.

"Mi sbrigo, mi sbrigo! Ma hanno già detto a quell'uomo che uno schiavista?" rimbrottò la giovane guaritrice, gettando a terra la sacca piena di unguenti di sua produzione per guadagnare tempo.

Madya si precipitò dalla sala che ospitava i suoi colleghi verso il cortile esterno del palazzo, percorrendo a perdifiato il breve tragitto che separava l'ufficio personale del Capo della sua gilda dagli ambienti che dividevano la setta dei Bradesh da quella dei cittadini comuni. Le terre franche di Aisa comprendevano quattro grandi stati oltre che altri piccoli regni come quello di Patnar, che per sfuggire al controllo assoluto del Sovrano dell'Ombra sulle rotte fluviali e commerciali che attraversavano il paese, si era affidato a quella casta di assassini per difenderne i confini. A causa del loro lavoro e dei metodi barbari con cui uccidevano, i Bradesh facevano paura a tutti. Ciò nonostante Madya non li aveva mai trovati particolarmente inquietanti, come invece, da copione succedeva ad altri. D'altronde, nessuno degli abitanti di Murwara si era mai domandato che fine facessero i briganti quando finivano nelle loro mani. L'unica cosa che realmente importava a Patnar era che le ricche carovane piene di merci, comprese le navi di trafficanti di schiavi e frutti di Mekòn, arrivassero sane e salve a destinazione. Perché nessuno avrebbe potuto fare a meno del divertimento e dei soldi che quei traffici procuravano al popolo: giovani donne e uomini per i bordelli, e fiumi di birra di Mekòn a bagnare le gole e riempire le tasche.

Ad essere onesti, la disdicevole usanza di sfruttare la vita e le disgrazie altrui per ottenerne un vantaggio personale, era senza ombra di dubbio una pratica disumana e crudele, pensava Madya. Dopo tutto, lei stessa era stata ceduta dalla propria famiglia alla gilda dei guaritori quand'era solo una bambina, anche se poteva dire di essere stata più fortunata di altri a nascere con quelle abilità uniche e ricercate. Madya non era solo in grado di guarire le persone attraverso la manipolazione della propria energia vitale, ma riusciva anche ad orientarsi attraverso le lande desolate e desertiche dell'Oltre, per questo era molto gettonata da corporazioni come quella dei commercianti e dei Druzi. E tutto sommato, malgrado i pericoli che questo comportava, ne era felice. Era passato quasi un decennio da quando era entrata a far parte di quel circolo vizioso, e per quanto avesse lavorato sodo per tutti quegli anni, aveva ancora da sgobbare per ripagare il debito che aveva contratto con chi l'aveva comprata. A discapito di molti, a lei si poteva dire ch'era andata bene. Il capo della gilda dei guaritori era sempre stato un uomo gentile e benevolo, tranne quando si trattava di lavoro, attività per la quale non si faceva scrupoli a sfruttare chiunque dei suoi affiliati più giovani per trarne un guadagno. Come nel suo caso, ad esempio; doppio servizio, doppio compenso per Madya. Denaro che però, raramente restava a lei, visto che da quei soldi i capi delle gilde trattenevano spesso e volentieri più di quel che gli serviva per mandare avanti la baracca e vivere.

Antarik Urja - corpulento cinquantenne dagli occhi chiari e la pelle scura - se ne stava seduto alla sua scrivania, intento come sempre a sfogliare scartoffie mentre lei e gli altri ragazzi convocati se ne stavano in fila ad aspettare in silenzio di ricevere il proprio ingaggio. I contratti prevedevano sempre le solite informazioni: generalità del cliente, indirizzo e orario dell'incontro, difficoltà e specificità del caso più l'ammontare del prezzo per ogni prestazione richiesta. Si trattava per lo più di ossa rotte e ferite da taglio non mortali quel giorno, tranne che per lei, che aveva ricevuto una particolare supplica di soccorso da parte del misterioso comandante dei Druzi di Karazhan accampati proprio fuori le mura.

"Non se ne parla!" sbottò incredula e spaventata Madya.

"Nemmeno per una cassa piena d'oro rosso di Rubium? Se lo rivendessimo potremmo ricavarne una somma considerevole..." la tentò Antarik con fare sospetto.

Madya sapeva che, normalmente, di fronte a un rifiuto Antarik avrebbe urlato. Declinare proposte tanto vantaggiose era un peccato mortale a Murwara, dove la legge del profitto capeggiava sul buon senso fino a prevedere sempre e comunque una sola e unica soluzione, quella di accettare in silenzio e di buon grado ogni modalità di far su quanto più possibile col proprio lavoro. Ma quel giorno, l'espressione stranamente pensierosa del suo capo lasciò Madya di stucco. Facendola sentire inevitabilmente inquieta dinnanzi all'uomo che sapeva poco avvezzo a tentennamenti e paure, poiché Antarik Urja era un avido e impenitente scroccone, e angustiarsi per una cosa del genere non era proprio da lui.

"Ammetto sia un'offerta allettante, ma che succederebbe alla gilda se fallissi, ci ha pensato?" aveva obbiettato Madya, ricordando al suo capo l'enorme guaio in cui stava per cacciarsi.

"Per quanto se ne dica, il "Celato" è un uomo come gli altri, e non temo una possibile ritorsione da parte dei suoi alleati. In realtà, è ben altro a preoccuparmi... Tutto sta nel capire cosa abbia spinto Dunagan ad addentrarsi in quel luogo maledetto contro il volere del suo stesso Dio, per di più senza una scorta o la sapiente guida di un tracciatore esperto" le aveva spiegato l'uomo, sempre più incuriosito e crucciato.

"Avrà avuto qualcosa da nascondere, non crede? I Druzi sono solo dei fanatici, lo sanno tutti! A loro non è mai importato di niente e di nessuno, combattono esclusivamente per interesse e spesso e volentieri si danno al massacro solo per divertimento. Perciò non metterò a rischio la mia vita per avere delle stupide informazioni, mai e poi mai!" precisò con ancor più enfasi la giovane.

"Invece andrai!" puntualizzò di colpo Antarik.

"No!" s'impuntò ancora una volta Madya.

"Andrai, punto e basta! Avrai metà della posta in gioco se oltre a curarlo lo farai parlare, siamo intesi? Hai qualcos'altro da dire, adesso?" volle sapere l'uomo.

"M-Metà ricompensa, sicuro? Nossignore! Non ho assolutamente nient'altro da dire, giuro!" gli assicurò Madya.

"Metà della ricompensa... metà della ricompensa... metà della ricompensa..." continuò a borbottare fra sé e sé Madya, preparandosi ad uscire per incontrare Antarik e raggiungere il campo di Dunagan.

Certo, era una proposta coi fiocchi quella, ma se la testa diceva di andare, il suo cuore si rifiutava di farlo. Valkya Dunagan era descritto da tutti come un mostro in ogni suo aspetto, compreso quello esteriore, per questo nascondeva il corpo possente ma raggrinzito dagli anni sotto la stessa armatura. Nessuno poteva dire di aver mai visto il suo vero volto, e da quel che ne sapeva, doveva avere più di cent'anni. Tuttavia, alla base del suo timore e del suo disprezzo nei confronti del condottiero a capo dei Druzi, c'era ben altro. Madya era stata venduta alla gilda dai suoi zii, e questo perché dopo la morte dei suoi genitori e dei suoi fratelli nelle Piane dell'Ombra, era rimasta completamente sola. Non erano stati i Druzi a sterminare la sua famiglia, era vero. Malgrado ciò, non avrebbe mai dimenticato la loro indifferenza, soprattutto quella del generale Dunagan, che aveva assistito a quello scempio nascosto nella sua pesante armatura senza far nulla per salvarla.

"Sei sicura di volerlo fare? Sai chi è quell'uomo almeno, e cosa si dice sul suo conto?" intervenne Nizar, guaritrice e sua migliore amica di pochi anni più giovane di lei.

"Oh, ti prego. Non tormentarmi anche tu, Nizar! Tutti sanno chi è Dunagan e cosa si dice su di lui, e credimi, non farei un solo passo fuori da quella porta se non si trattasse di una somma tanto considerevole" ammise Madya.

"E quanto? Quanto considerevole, Madya?" chiese incuriosita l'altra.

"Abbastanza da riscattare l'intero ammontare del mio debito col capo, sempre che vada tutto bene, ovviamente" sospirò pensierosa Madya.

"Se c'è in ballo così tanto denaro, allora dev'esserci qualcosa di grosso sotto. Il capo non rischierebbe tanto, per una bazzecola. Ad ogni modo, ci andrei piano con l'entusiasmo sai, si vocifera che chiunque abbia visto il vero volto del generale non ne sia uscito vivo..." aggiunse incautamente Nizar, rincarando l'enorme dose di preoccupazioni che già l'assillavano.

Madya si disse che a quel punto doveva rischiare, o Antarik l'avrebbe sfruttata per sempre se non se ne fosse liberata. D'altro canto, però, c'era il generale Dunagan. O per meglio dire, il "Celato", di cui non si sapeva praticamente nulla a parte che fosse un formidabile guerriero e uno spietato e crudele assassino. Un luogo comune, si disse tuttavia Madya, sentendosi improvvisamente un'ingenua e stupida ragazzina pronta a credere a ogni genere di fandonia le venisse raccontata. Era di gran lunga più probabile che la fama che aleggiava attorno all'uomo fosse stata costruita a regola d'arte, e che il capo della sua gilda avesse ragione nell'affermare che in realtà, Dunagan era un uomo come gli altri. Dopotutto, se non fosse stato così quel vecchio rottame incartapecorito non avrebbe avuto bisogno di lei ne dedusse la giovane, cullandosi in quel pensiero per farsi coraggio. Immaginare il "Celato" come un anziano spelacchiato e senza denti, infine le strappò un sorriso. Sdrammatizzare era l'unica soluzione pensò, e ridere le fu di conforto più di quanto avesse pensato mentre si accingeva a lasciare la gilda per incontrare i soldati incaricati di scortarla all'interno del suo accampamento.

Tuttavia, Madya - che non era andata sola dato che Antarik si era offerto di scortarla fino al campo in attesa di vederla tornare indietro sana e salva - vacillò di fronte all'imminente pericolo che sentiva provenire dalla tenda del "Celato". Antarik non si era mai preso la briga di accompagnare nessuno dei suoi, e una volta arrivata, Madya capì subito la vera motivazione di quel gesto. Dunque, cosa poteva significare la presenza di Antarik al suo fianco, se non che il pericolo rappresentato dal "Celato" fosse reale? Se ciò che si diceva su Dunagan era vero, allora, malgrado la sua missione fosse pacifica, doveva stare veramente attenta. Lui era diverso dagli altri, esattamente come lo era lei, e questo non andava a suo vantaggio dal momento che aveva passato tutta la vita a nascondere agli altri la sua vera natura. La sua capacità di viaggiare attraverso l'Oltre senza subire nessun danno ne qualsivoglia attacco da parte delle creature che lo abitavano, andava al di là del semplice istinto, e non sapere nulla su cosa glielo permettesse la metteva sulla difensiva da sempre. Madya poteva attraversare quelle terre piene di insidie e mostri come una bambina un prato fiorito popolato di insetti e farfalle, una fortuna che avrebbe fatto comodo a molti degli abitanti di Patnar o peggio, come quelli di Karazhan ad esempio. Soprattutto per quello che percorrere quel lembo di terra incolumi avrebbe significato, come l'acceleramento dei tempi di consegna di merci, vettovaglie e rifornimenti destinati agli eserciti. Brave persone e malintenzionati, onesti cittadini o banditi, schiavisti e commercianti di Mekòn - compresi tutti i guerrafondai del continente - sarebbero potuti arrivare ovunque attraversando agevolmente l'Oltre. A pensarci bene, era più di un secolo che grazie a quella barriera naturale non si verificavano guerre. Almeno, non devastanti come quelle avvenute in passato, si disse Madya. In un modo che non riusciva ancora a capire, i giardini perduti di Heligan, il deserto dei pinnacoli popolato di creature orrifiche come i Tazelwurm - lucertoloni a due o quattro zampe con due grandi occhi e di fauci piene di denti appuntiti e velenosi - e i geyser acidi delle terre rovinose dell'Oltre, ostacolavano il passaggio a chiunque.

"Seguimi!" ordinò improvvisamente uno dei Druzi, risvegliandola dai suoi mille sogni ad occhi aperti.

"Sì, eccomi..." farfugliò la ragazza, guardando Antarik di sbieco. Il capo della sua gilda non aveva proferito parola, ma nemmeno distolto lo sguardo.

Urja aveva un'espressione truce mentre la portavano via, notò Madya, che più si avvicinava alla tenda del generale Dunagan più si pentiva di aver accettato di curarlo. Eppure, malgrado fosse stato proprio Antarik a metterla in quella situazione, per qualche ragione, la giovane guaritrice continuava ad avere fiducia in lui. In dieci anni da che lo conosceva, era la prima volta che metteva a repentaglio la sua gilda e la sua reputazione, perciò la piccola Nizar aveva ragione: Antarik aveva capito che al campo Druzo stava succedendo qualcosa. Qualcosa di una certa importanza e d'insolito, tra l'altro. Qualcosa che doveva proprio valere la pena di scoprire, malgrado il grande rischio che stavano correndo. Madya dovette percorrere alcuni metri passando fra gli armigeri accampati prima di raggiungere la tenda del loro comandante, e se la presenza di Antarik l'aveva rassicurata per un lungo tratto mentre lo faceva, quando non riuscì più a vederlo iniziò davvero a tremare. Intimorita dagli sguardi poco rassicuranti dei soldati Druzi che la fissavano, la ragazza cercò di farsi coraggio, sfoggiando di fronte a loro il sorriso più falso che qualcuno avesse mai dovuto ostentare in vita sua.

Era ormai a pochi passi dall'entrata della grande e imponente tenda in cui viveva il loro generale, quando la sua attenzione fu catturata da qualcosa che nessuno tranne lei era in grado di vedere. Madya riuscì a dare forma alla sagoma scura e oppressiva che la scrutava dall'oscurità, riconoscendola in quella misteriosa del "Celato", o per meglio dire, quella della sua armatura. Un'aura tanto depravata e malvagia da darle la nausea non appena mosse un passo verso l'interno, dove lui l'osservava da dietro la pesante coltre di tendaggi che divideva in due la sua impressionante dimora. Una volta dentro, Madya si stupì nello scoprire che la tenda del "Celato" non era poi così austera e spoglia come si aspettava. In realtà, era lussuosa e confortevole. Quasi si trattasse di una vera e propria abitazione trasportabile, adatta in tutto e per tutto alla tipica vita nomade che i Druzi di Karazhan conducevano abitualmente. Ciò che la colpì maggiormente però, fu l'aromatico profumo di incenso che permeava tutti gli ambienti: un odore dolciastro e stomachevole che sembrava provenire più che altro dalle stanze interne, dove solitamente il generale si intratteneva coi suoi numerosi amanti e le altrettanti concubine.

"Da questa parte!" le aveva indicato un servitore con un vassoio colmo di frutta e una brocca d'acqua fresca in mano.

Madya aveva emesso un gemito strozzato nel vederlo, ma poi aveva obbedito senza fiatare, intuendo nel tono di voce dell'uomo l'impellente urgenza di farsi seguire. Così, una volta oltrepassato l'ultimo pesante tendaggio, Madya si trovò finalmente al cospetto del "Celato", o per meglio dire, della sua armatura. Sì, perché c'era esattamente un'armatura vuota seduta sul grandioso scranno destinato a Dunagan, in una stanza al cui centro, invece del generale faceva bella mostra di se una capiente tinozza in cui un giovane stava apparentemente facendo il bagno. Madya vide il cadenzato andirivieni di persone interrompersi improvvisamente quando uno dei più anziani annunciò al generale la sua presenza, dopo di che, i servitori si allontanarono in fretta, permettendole di scorgere meglio la figura del giovane uomo che giaceva nell'acqua praticamente esangue. Inizialmente a Madya non sembrò affatto di essere in presenza del fantomatico generale dei Druzi, bensì di un ragazzo, che a occhio e croce non poteva essere più grande di lei. Così, malgrado l'inquietante presenza di quell'antico usbergo intento a fissarla, la ragazza si affrettò a raggiungere il giovane, che più si avvicinava più pareva avere urgentemente bisogno di cure.

"Perché è in quella vasca?" volle sapere Madya, notando una serie di graffi e morsi profondi sulla pelle delle spalle e delle braccia del giovane.

"Per alleviare la febbre..." tagliò corto l'anziano Vernia - capo della servitù - che governava quella "casa".

A quella risposta Madya si sfilò le scarpe, tenendo addosso lo stretto necessario per coprire le proprie nudità prima di immergersi con il ragazzo nell'acqua. Le era bastata una solo occhiata per capire di cosa si trattasse, ma volle ugualmente accertarsene meglio, chiedendo ai due Vernia presenti nella stanza di aiutarla ad alzarlo e metterlo a sedere. Solo allora Madya ebbe la prova concreta dell'attacco di un Tazelwurm, anche se i morsi dei mostri non erano grandi come si aspettava che fossero. Persino gli artigli, acuminati e taglienti come rasoi non avevano inciso troppo in profondità la pelle e le carni, sebbene il problema più grave fosse un altro. Quelle bestie infernali non solo avvelenavano le loro vittime, ma ne infettavano le ferite, impedendogli così di rimarginarsi e guarire. I morsi erano quasi sempre fatali, soprattutto perché nel giro di pochi giorni sviluppavano infezioni incurabili o aggressive forme di cancrena, sempre se non si aveva la sfortuna di essere divorati prima.

"I vostri medici non hanno saputo fare di meglio? Da quanto è in queste condizioni?" domandò ancora Madya.

"I nostri medici sono i migliori del regno, ragazza! Ma quelle ferite, beh, quelle sono state inferte da un mostro dell'Oltre, e non c'è niente che noi comuni mortali possiamo fare..." replicò causticamente l'anziano servitore.

Madya ebbe un tuffo al cuore nel ricambiare lo sguardo contrariato del vecchio, che non si era minimamente preoccupato di nascondere il disprezzo che da sempre i Druzi portavano alla sua razza, pensò la giovane. Quegli occhi grigi e scavati, velati ormai dall'età e sottili come lame, custodivano in se molti più segreti di quanto si pensasse, ne convenne Madya. Ma la cosa non le fu di nessun aiuto, al contrario, il pensiero che il generale avesse sconfinato nell'Oltre e raggiunto il deserto dei Pinnacoli con uno dei suoi amanti esponendolo al pericolo, la fece imbestialire ancora di più.

"Che razza di degenere attraversa l'Oltre facendosi scudo di un innocente, eh? Chi è costui? Uno dei suoi preferiti? Il suo favorito in assoluto? Dite al generale Dunagan che non gli assicuro niente, avete capito? Ad ogni modo, non statevene lì impalati: aiutatemi a spostarlo, forza! O non potrò fare più nulla per lui..." brontolò ad alta voce Madya.

"N-Non eravamo nelle terre dell'Oltre..." lo sentì mormorare poi Madya, del tutto inaspettatamente.

"Sono morsi di Tazelwurm, bello! E dove sennò?" sbuffò con disappunto lei, poco incline a credere che il ragazzo fosse lucido e sapesse di cosa stesse parlando.

"Nelle Piane dell'Ombra, a più di cinquanta chilometri dai suoi confini..." ebbe la forza di rispondere il giovane, respirando a fatica.

Madya provò una strana sensazione d'inquietudine nel sentire quella risposta: il ragazzo non sembrava delirare, anzi, nonostante la febbre alta pareva ben conscio di ciò che diceva. Se quella era la verità, allora c'era da preoccuparsi. Per quel che ne sapeva, le terre dell'Oltre avevano smesso di espandersi da secoli, benché un'improvvisa ondata estensiva non fosse da escludersi. In pochi lo sapevano, ma i suoi antenati le avevano insegnato che quel luogo maledetto era vivo, e come ogni essere vivente, anch'esso aveva un cuore. Un cuore ancora palpitante che sembrava aver improvvisamente aumentato la portata dei suoi battiti. L'influenza venefica dell'Oltre doveva aver infettato lentamente i propri confini, amplificandosi verso terre più lontane. Sdraiato supino su un grande tavolo rettangolare, dopo avergli rinsaldato le ossa e ricucito le ferite - applicando creme e unguenti curativi realizzati con erbe medicamentose provenienti proprio dalle terre dell'Oltre - Madya si accorse che lui la guardava.

Si era sentita osservata sin da quando aveva messo piede nel campo dei Druzi, questo era vero, ma quegli occhi color rosa lampone, beh, quelli erano decisamente tutta un'altra cosa. Non c'erano né bontà né malvagità in quegli occhi, solo una sconfinata e inequivocabile curiosità nei suoi confronti, notò. Il male che aveva percepito doveva provenire senz'ombra di dubbio dall'armatura vuota di Dunagan, ne dedusse poi, senza capire né come né perché quella cosa terrificante dovesse starsene seduta proprio lì, sul suo trono.

"Stringi i denti, perché questo farà male. Ma se può consolarti, ci siamo quasi..." lo avvisò Madya, preparandosi a estrarre da una ferita aperta e ancora sanguinante il dente avvelenato di un Tazelwurm.

Era stato quel dente a ostacolare la guarigione del giovane, e Madya faticò non poco a individuarlo fra le carni lacerate per farlo uscire senza provocare altri danni. D'altro canto, con la sua forza d'animo e il suo coraggio - standosene fermo e immobile - lui l'aveva aiutata. Altri avrebbero certamente pianto e urlato a causa del dolore, svenendo a causa dell'atroce sofferenza che quell'operazione comportava, ma non quel ragazzo. Lui, che alla fine, dopo un sospiro di sollievo aveva perfino trovato la forza di voltarsi per tornare a guardarla. E questo si che era strano, si disse Madya, osservandolo meglio. A dirla tutta, nessuno sarebbe potuto sopravvivere a un simile attacco. Se il giovane pallido dai capelli argentei e gli occhi color rosa lampone fosse stato un normale essere umano, avrebbe trovato un cadavere ad attenderla in quella tenda, realizzò Madya, sentendosi improvvisamente svenire.

"Lo vedi anche tu, vero? L'hai guardato tutto il tempo, non mentire! Ti ho osservata bene, sai..." aveva esordito Valkya un paio d'ore dopo, sgranchendosi le membra prima di saltare in piedi e mettersi a gironzolare nudo per la stanza.

"Visto? Visto chi, cosa?" le venne spontaneo chiedergli, cercando inutilmente di rialzarsi spontaneamente dal giaciglio dove si era adagiata priva di forze.

"Il mio Signore, chi altri! Ora che sto meglio, dovresti riuscire a scorgerlo più chiaramente là dentro... " continuò lui, indicando nell'esatta direzione in cui si trovava l'armatura del "Celato".

"Smettila! Io non vedo nessuno lì dentro, capito? Cosa mi è successo? Che mi avete fatto?" domandò Madya, sentendosi di colpo sempre più confusa e stordita.

"Noi non ti abbiamo fatto niente ragazzina, penso siano stati i fumi degli incensi a ridurti così, perciò, dovresti solo uscire a prendere un po' d'aria. Vieni, ti aiuto ad alzarti..." le propose il giovane, tendendole una mano dal pallore innaturale.

"Si può sapere chi sei tu? E come fai a non essere morto dopo... dopo quello che... che hai subito..." balbettò Madya, aggrappandosi a lui.

"Mi chiamo Val... Beh, Valkya per l'esattezza, e sono il generale Dunagan. E tu, piccolo fiore del deserto? Tu chi sei?" volle sapere l'altro, spiazzandola.

"Chi sono io? Una delle persone più stupide che siano mai esistite sulla faccia della terra, ecco chi sono! Mi chiamo Madya, comunque. Madya Pradek..." aggiunse la giovane, reggendosi a stento sulle gambe.

Ora che sapeva la verità, Madya ebbe modo di rendersi conto del suo madornale errore di giudizio. Il "Celato" non era affatto un mucchio d'ossa dalla pelle flaccida a un passo dalla tomba, ma un giovane affascinante di poco più di vent'anni. E come se ciò non bastasse, era pure un "Pallido". I "Pallidi" erano una vera propria rarità a Patnar, tanto che in tutta la sua vita Madya ne aveva visto solo uno da bambina. Era un maschietto di poco più di sei anni, una specie di fenomeno da baraccone che uno dei ricchi signori di Murwara teneva rinchiuso nel suo serraglio assieme ad altre piccole meraviglie come lui.

Ma se evidentemente a Korazhan venivano tollerati e persino adorati, come nel caso di Valkya, a Patnar i "Pallidi" erano da sempre oggetto di odio e superstizione. La nascita di un bambino di quel genere veniva considerata una punizione divina, tanto che - sebbene la considerasse una barbarie - veniva in ogni caso venduto o soppresso dalla propria famiglia, che specialmente a Murwara, avrebbe fatto di tutto per liberarsene. Ma Valkya non era solo un "Pallido", c'era di più in lui, e prima di tutto la sua straordinaria ed eccezionale capacità rigenerativa, cosa che lo aveva tenuto in vita e rimesso in piedi appena due ore dopo il suo intervento. Secondo poi, con quegli occhi color rosa lampone, il viso perfetto e un corpo statuario, Valkya era a dir poco bellissimo malgrado la muscolatura fosse ben poco sviluppata per uno della sua età. Ma la cosa più stramba di tutte, notò Madya, era in assoluto il suo insolito carattere. Valkya Dunagan poteva anche essere il "Celato" ed avere vent'anni, ma sembrava un idiota e ne dimostrava quindici ogni volta che parlava. Si era alzato da quel tavolo operatorio balzando in piedi come una scimmia al mercato, trotterellando in giro per la stanza come se fosse stato appena morso da un'innocente tarantola piuttosto che da un'enorme e spaventoso mostro dell'Oltre. Mostrando un'ingenuità e una purezza d'animo tipiche della fanciullezza quando in realtà era il comandante di una delle armate più letali e meglio organizzate del continente: immagine che naturalmente, cozzava sia con la sua vera natura che col suo aspetto.

Nel vederlo nessuno avrebbe pensato a lui come a un guerriero o un soldato, men che meno che dietro quel leggiadro giovane dall'aspetto fiabesco si nascondesse il più temuto e famigerato condottiero dei Druzi. Madya uscì dall'apertura posta sul retro del grande salone dove troneggiavano sia il seggio che l'armatura del "Celato" per riprendere fiato, riuscendo a vedere finalmente l'esterno. Era quasi il tramonto ormai, e solo dopo aver respirato a pieni polmoni l'aria umida e frizzantina proveniente dalle Piane dell'Ombra decise di rientrare. Pessima decisione, però. Perché ora, la necessità di saperne di più su Valkya e ottenere il favoloso premio promessole da Antarik avrebbero avuto la meglio sul suo naturale istinto di conservazione. Da quando il giovane si era rivelato a lei come il "Celato", Madya non aveva fatto altro che pensare alle ultime parole della piccola Nizar e alle voci e le leggende che giravano su di lui. Anche se era stato lo stesso Valkya a dirle chi era e lei non aveva indagato, ora che aveva visto la sua faccia, doveva sul serio morire?

"Ucciderti? E perché mai? Sai quanto ci ho messo a trovarti? Comunque sia, dimmi piccola Madya, come ci si sente ad essere l'ultima figlia dell'Oltre?" fu la scioccante risposta di Valkya.

"U-U... U-Una... f-figlia dell'Oltre, io? Che sciocchezza! Sono solo una tracciatrice esperta, tutto qui..." tentò di replicare Madya, innervosendosi.

"Tracciatrice esperta un corno! Andiamo piccola Pradek, mi hai salvato dal veleno di un Tazelwurm. Come credi sia possibile?" continuò Valkya, entusiasta.

"Non lo so, io... Voglio solo andare a casa, solo questo. Ti prego! Fammi andare, ti supplico!" reagì Madya, terribilmente a disagio.

"Non sei mia prigioniera Madya, puoi andartene quando vuoi, anche adesso. Sempre che non ti interessi saperne di più su di me, su di te e sul mio Signore... Perché non sei l'unica a poter "vedere" qui, sai, mia cara. Anch'io ti "vedo", mio piccolo "mostro" dell'Oltre! Anzi, ti "vedo" benissimo..." aggiunse Valkya, scurendo sia lo sguardo che il tono di voce d'improvviso.

Dopo di che, senza avere il tempo di ribattere e vedendo il bel viso di Valkya deformarsi in una maschera orribile, Madya iniziò a sentire un ronzio nelle orecchie. Un suono che si trasformò presto in un fischio acuto e insopportabile, al punto da confonderle nuovamente le idee e farle i sensi in un solo istante.


 
   
 
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