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Autore: N92    10/01/2022    0 recensioni
Un giorno mi innamorai di una ragazza che avevo visto una sola volta.
Di lei conoscevo solo il nome.
Non me la dimenticai più.
Questa storia parla della sua ricerca. Parla di magia. Di dimensioni oltre quella ordinaria. Di mitologia. Di amore.
Parla di tutto ciò che un essere umano è disposto a fare per trovare qualcuno che sembra introvabile.
Un'avventura fra i mondi e i sogni, con tutto ciò che ne consegue.
Perché l'unico sogno che bisognerebbe vivere è la realtà.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La magica dimensionalità dell'Amore

 

 

Voglio raccontarvi di un film che ho visto un po' di tempo fa. Il titolo non lo ricordo, ma posso dirvi che era un'avventura ambientata su, nello spazio. C'erano questi umani, che furono costretti ad abbandonare il proprio pianeta per cercarne uno nuovo perché la terra li stava abbandonando. Ragionavano, e ragionavano dentro la navicella su quale fosse il candidato migliore per loro, finché una donna, che era innamorata di uno scienziato andato anni prima in avanscoperta in uno di quei mondi alieni, spinse per andare proprio lì, nonostante l'equipaggio avesse carburante per viaggiare verso uno solo dei pianeti. I dati in loro possesso propendevano per una scelta diversa, ma lei, alimentata dal quel sentimento, si batté fino all'ultimo. Ci fu una discussione con i suoi compagni, e alla fine disse una cosa che mi rimase molto impressa: che l'amore, come lo spazio, il tempo e la gravità, è qualcosa che supera le dimensioni. L'amore non è legato a niente, e si può amare qualcuno follemente anche se si trova dall'altra parte dell'universo.

Questa definizione dell'amore mi colpì talmente forte da indurmi a riflettere sulla natura e potenza di questo sentimento. Mi sentii come la mia amica astronauta, perché condividevamo in un certo senso lo stesso peso: anch'io ero innamorato, e la donna che amavo si trovava molto distante da me. Anch'io come lei non avevo smesso di amarla nemmeno per un secondo, nonostante fosse passato ormai molto tempo. Però, a differenza sua, io questa donna non l'avevo mai incontrata. La vidi una volta ad una serata di flamenco. Indossava una bella gonna a quadri sul marroncino e una blusa nera corta. Me ne innamorai subito follemente. Di lei sapevo solo il nome.

Ilaria.

La cercai arduamente sui social ma non riuscii a trovarla. Provai per lungo tempo a tornare in quel locale dove l'avevo vista ma lei non ci fu mai. Chiesi al proprietario e a qualsiasi persona potesse conoscerla ma nessuno sembrava sapere chi fosse. Caddi nello sconforto più totale.

Rimuginavo continuamente su come usare ciò che l'astronauta aveva detto. Tutto quello di cui ero sicuro era la totale autenticità della sua affermazione.

Sentii tempo dopo una conversazione che mi cambiò la vita.

Era una sera di novembre, e un mio amico appassionato di esoterismo stava conversando con un altro ragazzo su qualcosa che riguardava certi riti antichi. La conversazione fu più o meno questa:

 

Amico: «Senti, tu puoi crederci o non crederci. Fatto sta che anche nella seconda guerra mondiale furono usati dalle streghe inglesi per aiutare a sconfiggere Hitler e la Germania.»

Ragazzo:«Pff, pensi veramente che io creda a stupidaggini del genere? Sono le armi che hanno permesso la vittoria della guerra, non gesti e parole. Senti, secondo me dovresti smetterla di volare con la fantasia e tornare sulla terra.»

Amico: «Ti dico che la magia esiste! Solo perché non la vedi o non la conosci non vuol dire che non ci sia. Guarda gli egizi, o... o i greci»

Ragazzo: «Stai parlando di civiltà vissute millenni fa, che non sapevano nulla di quello che li circondava, che pensavano che ogni notte il sole dovesse abbassarsi e combattere negli inferi, o che credevano in dei che lanciavano fulmini e mostri a cento teste. Una cosa ridicola! Non ci sono fatti scientifici, ne dimostrazioni che indicano che la magia esista.»

Amico: «E che mi dici di quando pensi fortemente ad una cosa e poi scopri che quella cosa si è avverata?»

Ragazzo:«Quello è il caso. Solo una certa probabilità piuttosto che un'altra.»

Amico: «Ascolta, tu...»

Ragazzo: «No ascolta tu. Guarda!».

Il ragazzo tira fuori una penna. La afferra con pollice ed indice stringendola lievemente. Comincia a farla oscillare su e giù, dando l'impressione che si pieghi.

Ragazzo: «Eccola la tua magia. Si chiama illusionismo. Questa è una cosa a cui posso credere. Ma la magia no, la magia NON ESISTE!»

 

L'ultima cosa che ricordo è il mio amico che scuote la testa contrariato.

Effettivamente era vero: non c'erano evidenze scientifiche su quello che sosteneva. Non aveva appigli a cui fare presa, tuttavia quella conversazione mi spinse a volerne sapere di più. Decisi che avrei studiato la magia, come essa operava, quali erano -se esistevano- le regole a cui si doveva sottostare, ma su tutto, ovviamente, la sua reale esistenza.

Non dissi niente al mio amico, perché mi avrebbe chiesto per quale motivo mi ero avvicinato alla materia e non volevo dirgli che era per amore. Mi vergognavo terribilmente.

Nei mesi successivi mi informai il più possibile e rimasi stupito di quanto la magia fosse popolare. Torino ad esempio -la città in cui abitavo- era famosa per la tradizione esoterica, ed in effetti mi accorsi di quante rappresentazioni si potevano notare anche solo osservando le facciate dei palazzi.

Cercavo di conciliare la multi-dimensionalità dell'amore con ciò che la magia poteva offrire. Mi imbattei in molti concetti diversi, fra i quali, pianeti, angeli, demoni, ore del giorno e della settimana, altari e oggetti di ogni tipo. Venni a conoscenza delle apparentemente diverse tipologie di magia e delle finalità per cui venivano utilizzate. Niente di tutte queste informazioni però mi aiutava concretamente nella mia ricerca, tranne una: il concetto di Piano Astrale.

Sostanzialmente secondo la tradizione magico-esoterica ogni atto magico, o intenzione, o richiesta, prima di manifestarsi nella realtà passa per il Piano Astrale che è più sottile e molto più condizionato dal pensiero. Nel Piano Astrale pensando una cosa, quella si manifesta. Ciò indicava l'esistenza di una dimensione diversa, anzi, in realtà di più dimensioni. Andando avanti con gli studi, scoprii finalmente qualcosa che poteva essermi utile: un collegamento fra sogni e Piano Astrale. In un libro che avevo acquistato c'era scritto testualmente: Quando si dorme, si va nel Piano Astrale.

Quest'informazione mi eccitò moltissimo. Praticamente il sogno è una parte del Piano Astrale, una delle sue infinite dimensioni. Secondo il mio ragionamento, dato che l'amore è multidimensionale, durante un sogno avrei potuto portare quell'amore nel Piano e da lì cercare Ilaria.

Ero deciso a rivederla in qualsiasi modo fosse stato necessario.

Ma c'era un problema: avrei dovuto avere il controllo del sogno. Beh voi lo sapete, ogni tanto succede di avere la consapevolezza di star sognando, però succede molto, molto di rado. In più, come appresi dopo, lo stato onirico era solo una via per accedere al Piano Astrale, e non il Piano stesso. Potremmo pensarlo in effetti come una sorta di anticamera. Intuì che quella non era la soluzione definitiva, e che i libri presi in biblioteca o su internet non potevano più aiutarmi.

Allargai il tiro e cominciai a cercare anche nelle librerie esoteriche. A Torino ce ne sono parecchie e presi a girarle tutte. Scoprii ben presto che vendevano per lo più gli stessi libri, con la stessa banale impronta commerciale di sempre. Un giorno però, nello scaffale di una di queste, nascosto fra altri, trovai un libricino un po' malandato. Si intitolava: Le Melodie di Morfeo. L'autore si chiamava Marco Sutonis. Lo sfogliai velocemente per vedere di cosa trattava.

Morfeo, secondo la mitologia greca, è il dio dei sogni. Il libro parlava del suo culto, delle caratteristiche come divinità, e di come si sia evoluta nel tempo la sua adorazione. La cosa che però attirò la mia attenzione fu un piccolo paragrafetto verso la fine del libro.

Recitava così: I culti morfeici venivano praticati soprattutto d'inverno, poiché si riteneva avessero un'efficacia maggiore. Si svolgevano con cadenze lunari precise e secondo gli adoratori inducevano potenti illusioni che permettevano di accedere a quello che veniva chiamato Sogno Vero. Fu proprio da questo tipo di rituali che si sviluppò, più tardi, la concezione moderna di sogno lucido. Non si conosce però come questi eventi venivano svolti, né qual'era la pratica reale che bisognava seguire. Quello che si sa è che venivano celebrati da una piccola cerchia di persone scelte, e forse è proprio per questa ragione che non ci sono state pervenute nel tempo informazioni più dettagliate, tanto più che, comunque, erano rituali che non venivano presi molto in considerazione neanche dalla gente dell'epoca, che preferiva l'adorazione di divinità più importanti, come Dioniso o Apollo.

Questa concezione di Sogno Vero era estremamente simile a quella di Piano Astrale. Mi ritrovai a pensare che c'era una seria possibilità che, se questi riti funzionavano davvero, potevano essere la chiave d'accesso al Piano. Cercai un tutta la libreria qualsiasi volume desse informazioni sui culti morfeici, ma purtroppo non trovai nulla. Chiesi anche al proprietario, che mi disse allegramente: «Sinceramente non ricordavo neanche di possederlo quel libro». Lo acquistai e tornai a casa, deciso a scoprire tutto quello che potevo su Morfeo e sul suo culto.

Internet si rivelò magro di informazioni. Per lo più c'erano riportate le stesse cose scritte nel libro. Provai, come ultima spiaggia, nelle community, ma venni di nuovo deluso.

Passarono alcuni giorni e cominciai a chiedermi se questa storia non fosse tutta una perdita di tempo enorme, se non fossi andato troppo oltre, o come aveva detto quella volta quel ragazzo, se stavo volando troppo di fantasia.

Non avevo raggiunto nulla di ciò che mi ero prefissato, e la quantità di tempo che avevo speso per compiere quest'impresa mi aveva portato a non avere quasi più rapporti sociali. Ero diventato una specie di eremita.

Un giorno, dopo il lavoro -a proposito, lavoravo come contabile in un'azienda da circa quattro anni. Avevo cominciato subito dopo la laurea in economia all'età di ventisei anni- , seduto sulla poltrona del salotto di casa, tenevo il libretto di Sutonis fra le mani. Fissavo il titolo dell'opera, che stava cominciando a sbiadirsi. Inclinai un poco la testa notando una cosa curiosa: l'autore parlava di melodie, nonostante nel libro non si accennava neanche lontanamente alla musica. Aggrottai le sopracciglia, pensando che magari fosse soltanto uno stratagemma evocativo per attirare l'attenzione dei consumatori. Però dal libro si percepiva benissimo la meticolosità con cui Sudonis scriveva: era riportato, quando possibile, addirittura il giorno preciso degli avvenimenti descritti.

Ma che idiota che sono!”. Sbottai fra me e me. Non avevo mai considerato di andare direttamente a parlare con Sutonis. Avevo fatto ricerche su ricerche e avevo omesso l'unica cosa saggia: interpellare l'autore. Girai il libro e cercai informazioni sulla data di pubblicazione sul retro. Niente. Lo aprii e cercai nelle prime pagine. Niente di nuovo. Passai alle ultime e di nuovo non c'era scritto nulla. Com'era possibile che non fosse indicata la data di pubblicazione? Sfogliai per scrupolo ogni pagina ma ovviamente non trovai nulla. Ad un certo punto però, dopo l'ultima pagina scritta, notai qualcosa di strano: si intravedeva, in maniera quasi impercettibile, un bordino che correva su tutta la lunghezza della pagina. Era minuscolo, ma la mia abitudine nel lavorare con fogli di carta evidentemente mi aveva reso attento a questo tipo di dettagli. Ne ero sicuro: una pagina era stata tagliata via. Forse era un caso, o forse chi lo aveva fatto voleva consciamente nasconderne il contenuto.

Mi precipitai in studio, accesi il computer e digitai alla tastiera “Marco Sutonis”.

Internet mi propose decine di Marco Sutonis, e nomi simili, come Marco Svatoni, Marco Suatoni, Marco Sedoni. Scorrevo e aprivo i siti che mi sembravano migliori. Niente, finché nella descrizione di uno di loro c'era scritto: “Marco Sutonis – Le Mel..

Aprii la pagina e mi trovai in una conversazione fra due utenti. Uno dei due chiedeva:

-Qualcuno conosce un certo Marco Sutonis? Ha scritto un libro intitolato: Le melodie di Morfeo! Mi serve saperlo! Per favore qualcuno risponda!-

L'altro: -Io si, mi è capitato fra le mani qualche tempo fa. Sinceramente l'ho dato via subito perché mi sembrava piuttosto scadente-

-A chi lo hai dato?? ti prego, ne ho assoluto bisogno!-

-Non ricordo sinceramente, mi dispiace. Sarà stato minimo due anni fa... mh, forse a qualche mercatino dell'usato? Ahah-

-Ti ricordi per caso qualcosa su Sudonis?-

-No, non direi... non sono uno che ci fa molto caso a cosa fanno gli autori dei libri, o da dove vengono. Però adesso che mi ci fai pensare una cosa me la ricordo: nel libro c'era riportata, proprio nell'ultima pagina, una nota del tipo:

Questo testo è dedicato alla città di Nuoro, e alla Sardegna tutta, patria della melodia... o forse era delle melodie? Insomma, una cosa del genere più o meno-

Non ci fu risposta.

Bingo! Esultai.

Aprii un'altra pagina in cui c'erano riportati l'elenco dei voli per la Sardegna.

Sorridevo.

Bene, era ora di andare a trovare questo Sutonis!

   
 
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