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Autore: moira78    11/01/2022    8 recensioni
Candy e Albert si conoscono da sempre e, da sempre, un filo invisibile li lega. Ma la strada che li porterà a venire a patti con i propri sentimenti e a conquistare la felicità sembra essere infinita e colma di ostacoli...
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Brighton, Archibald Cornwell, Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester, William Albert Andrew
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo capitolo contiene scene abbastanza esplicite, nonostante io abbia cercato di usare sempre un linguaggio "leggero" e non eccessivo. Pertanto, il rating vira verso il rosso. Se siete sensibili a questo tipo di letture non leggete, se invece non vedevate l'ora di vedere Candy e Albert godersi un po' il loro amore dopo tanti capitoli, enjoy!
Questo capitolo mi è costato sudore e lacrime di sangue (un po' come la camera verde menta che Albert costruisce per Candy, per chi ha letto il romanzo XD), perché rendere plausibile un momento del genere tra due personaggi che sono eterei come una Principessa e un Principe Disney è davvero, davvero, DAVVERO, DAVVERO COMPLICATO. Spero quindi di non averli snaturati, ma resi anche reali. Buona lettura!

 
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Nessuno ha come me
Le sue mani addosso a te

Angelo e vita mia
Segreto nero
Nella notte mia
Io ti guardai
E nel fuoco in fiamme andai

La nostra pelle sia
Incendio su di noi
Io ti amerò
Fino a perdere la mia vita

Sarai
Il destino che prende me

Sarò
Il destino che prende te


(La voluttà - Cocciante - Plamondon - Panella)

***
E la stagione nuova
Dietro il vetro che appannava, fiorì
Tra le tue braccia calde anche l'ultima paura morì

Io e te
Vento nel vento
Io e te
Nodo nell'anima
Stesso desiderio di morire e poi rivivere
Io e te


(Vento nel vento - Battisti - Mogol)
 
 
 
Di fuoco e miele

Candy abbassò lo sguardo sui propri piedi, ancora coperti dall'abito, e Albert vide il suo volto arrossato. Poteva essere per il fuoco del caminetto? Non lo sapeva, ma sapeva che aveva una gran voglia di baciarla. Mentre lei scendeva finalmente dai tacchi, che a sua detta le stavano massacrando i piedi, lui le passava le mani tra i riccioli biondi, carezzandole la nuca, i lati del capo dove incontrò la pelle morbida dei lobi delle orecchie e, alfine, il viso.

Lo alzò con gentilezza verso di sé, guardandola con intensità prima di avvicinarsi e chiudere la distanza tra loro in un bacio esigente, colmo di tutto l'amore che, da quel momento in poi, poteva e potevano esprimere liberamente.

Perché ora erano marito e moglie e non c'era limite all'esplorazione delle sue labbra. Ora poteva far vagare la punta della lingua all'interno della bocca di Candy solleticandola, assaggiandola, gustandola e ritraendola per suggerle avido le labbra senza timore di doversi separare perché altrimenti sarebbero andati troppo oltre.

Ora, davanti a Dio, era loro diritto andare oltre.

Col respiro un po' affannato, ma affatto intenzionato a smettere la sua dolce scoperta della bocca di Candy, Albert inspirò direttamente sulle sue labbra, staccandosi solo di pochissimo e quel gesto gli riportò il profumo della sua pelle e il suo stesso alito fruttato.

Fu come respirare un afrodisiaco che lo costrinse a stringerla a sé, facendo vagare le mani dietro la sua schiena, premendo un poco i palmi dove nasceva la curva della sua vita stretta per avvicinarla al suo corpo, che cominciava ad esigere qualcosa di più di quel bacio, pur delizioso.

Sentiva Candy vibrare come se stesse tremando e lo interpretò come un segnale della sua passione, non più di nervosismo. Con un gesto deciso, aprì ancora di più la bocca, divorando quasi la sua, aumentando la stretta finché ogni centimetro di lei non fu contro di sé. Nonostante il vestito, poteva sentire i fianchi e le gambe aderire ai propri.
Stava per sollevarla da terra per portarla meglio alla sua altezza quando lei si irrigidì e si divincolò un poco, staccandosi da lui, lasciandolo confuso  e ansimante.

"Devo... andare a togliermi questo vestito", disse come se anche lei avesse corso. Fece una risatina quasi isterica: "Non erano solo le scarpe a essere scomode", aggiunse allontanandosi verso la porta della camera da letto.

"Va bene. Io ti aspetto qui", rispose lui con tono basso, tentando di riportare indietro l'onda di marea che lo stava sommergendo.

"Torno subito", concluse lei velocemente, chiudendosi la porta alle spalle.

Scappando da lui e da quel desiderio che lo stava distruggendo.

Candy era l'unica donna che avesse mai tenuto tra le braccia. Sapeva di essere inesperto, ma ora aveva la certezza di aver sbagliato tutto. Nonostante i libri letti, nonostante i consigli, nonostante lo avesse immaginato migliaia di volte.

Doveva di certo averla spaventata, o forse lei non era ancora pronta. Non importava, l'avrebbe aspettata ancora.

Ma l'aveva attesa così tanto, tanto a lungo...

Con un sospiro rassegnato, si versò due dita di whisky e sedette sulla poltrona accanto al fuoco, immaginandola mentre si toglieva da sola quel meraviglioso vestito da sposa che aveva sognato di sbottonarle lui.

Almeno era sua. Almeno l'amava. Il resto sarebbe venuto dopo.
 
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Candy prese un respiro profondo, sconvolta dalle sensazioni che quel bacio, ancor più di quelli che si erano scambiati in passato, aveva suscitato in lei.

Quel calore, quell'emozione che dal cuore le pungeva il petto fino a irradiarsi lungo ogni singolo nervo del suo corpo e arrivava nei luoghi più remoti e sconosciuti...

Affondò il volto arrossato tra le mani, combattendo tra desiderio e timori ai quali non sapeva dare nome. Temeva di essere sopraffatta da emozioni così violente e sconosciute tanto da perdere il controllo.

I dubbi e le paure tornarono tutti in una volta, suo malgrado, mentre si toglieva i gioielli e li riponeva in uno dei cassetti del comodino.

Era un'infermiera e aveva studiato l'anatomia umana. Conosceva i meccanismi dell'accoppiamento fra uomo e donna e, da quello che era riuscita a capire, quell'atto era piacevole solo per l'uomo. Doveva essere funzionale alla nascita di un figlio, nel suo caso di un erede per gli Ardlay, anche se sapeva che Albert l'avrebbe amata persino se fosse stata sterile.

Non solo, ma una donna difficilmente provava piacere, tutt'altro: era destinata a sentire dolore dalla prima notte di nozze fino alla nascita del figlio, godendo solo della dolcezza di tenerlo fra le braccia dopo averlo messo al mondo.

Una parte di lei sapeva già da molto tempo quanto queste informazioni fossero pessimistiche in maniera eccessiva, perché aveva avuto modo di sperimentare tutt'altro a cominciare dal loro primo incontro dopo aver riacquistato la memoria, quando era stata persino pronta a donarsi a lui.

Avevano dormito insieme, Albert l'aveva stretta forte la mattina dopo e allora aveva compreso quanto desiderio e timore fossero altrettanto intrecciati, anche se era lontana anni luce dalle paure che aveva da smemorata. 

Ogni volta che Albert la teneva tra le sue braccia e la baciava, Candy provava emozioni potenti, travolgenti, che le apparivano come il preludio di qualcosa di così bello che non poteva essere descritto a parole. Davanti a quel caminetto, mentre la stringeva e la baciava con chiare intenzioni, si stava lasciando andare seguendo l'istinto del proprio corpo e questo l'aveva destabilizzata al punto che era fuggita.

I segnali contrastanti tra pelle e cervello la stavano mandando in tilt e Candy si rese conto che, mentre lei era lì a combattere contro i suoi timori da ragazzina inesperta, suo marito era nella stanza accanto, di certo a struggersi per lei.

Quanto ancora avrebbe dovuto farlo soffrire? Non aveva sopportato già abbastanza? E lei non gli era stata abbastanza lontana? Non era forse ora che si godessero un po' di dolcezza?

Ma Candy era intimorita e confusa, non sapeva se avrebbe dovuto avere paura della loro prima notte o solo della portata di quello che si stava negando al momento.
L'impossibilità di slacciare da sola i bottoni di quel vestito, incantevole ma impossibile da togliere, la costrinse a prendere una decisione obbligata. Col cuore che batteva come impazzito, socchiuse la porta e chiamò Albert perché l'aiutasse.
 
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"Albert, potresti aiutarmi coi bottoni? Non riesco a slacciare il vestito da sola", disse Candy facendogli quasi cadere il bicchiere di mano.

Si volse di scatto e la sua figura mezzo girata, con le braccia protese verso la schiena mentre cercava di raggiungere i bottoni, gli parve la cosa più sensuale del mondo.

"S...sì, certo", disse tremando e cercando stupidamente un posto dove posare il bicchiere, senza trovarlo. Optò per il tavolo in mezzo alla stanza, che sembrava farsi beffe di lui, così imponente e massiccio che era impossibile non notarlo.

Candy dovette vedere il suo nervosismo, perché fece un leggero sorriso, col volto arrossato.

Albert lottò per ritrovare la calma ed entrò nella camera da letto con sua moglie, riacquistando parte della sua proverbiale freddezza. Freddezza che andò a farsi benedire quando allungò le mani sulla pelle seminuda della schiena di Candy. Cercando di controllare il tremito delle dita, tolse dall'asola il primo bottone, ma si rese quasi subito conto che i capelli di lei, ora lunghi fino alle spalle, avrebbero reso l'operazione più difficile, senza contare che avrebbe potuto tirarli senza volerlo.

Inclinando un poco il capo, affascinato, afferrò con delicatezza la ciocca per passargliela oltre la spalla, scoprendo in parte il collo candido. Cos'era, un sospiro quello che le era sfuggito dalle labbra? Non ne era sicuro, ma le sue s'incurvarono in un sorriso quando ricominciò l'operazione, con deliberata lentezza.

A ogni bottone, sentiva che Candy rabbrividiva un po', irrigidendosi e poi rilassandosi di nuovo. Rimase concentrato sui segnali del suo corpo, cercando d'ignorare i propri che gli gridavano di abbracciarla e baciarla in quel preciso istante, senza indugiare oltre.

Man mano che scendeva e si avvicinava alla curva dove terminava la schiena, Albert faticava sempre di più a mantenere il suo sangue freddo e iniziò, invece, a sentire un caldo infernale.

Per fortuna, il suo compito s'interruppe prima che perdesse la testa del tutto e, schiarendosi la voce visto che lei non si muoveva, disse: "Ho finito". Dovette schiarirla di nuovo perché risuonò arrochita.     
 
Candy, che aveva abbassato un poco la testa come per facilitargli il compito, si raddrizzò all'improvviso e, voltandosi verso di lui con le braccia sul vestito per non farlo scivolare giù, balbettò: "G... grazie. Scusa ma... non me ne ero accorta, il tuo tocco era così gentile che mi sembrava quasi un massaggio".

Albert si accigliò: rilassarla con un massaggio non era proprio quello che si era prefissato, ma una parte di sé ne era felice. Almeno l'aveva messa a suo agio.

"Bene, ora torno di là ad aspettarti mentre ti metti più comoda". Si voltò per uscire, senza soffermarsi a pensarci troppo su. Avevano tutto il tempo del mondo per la luna di miele.

Fu quasi sorpreso quando lei lo bloccò per un braccio, l'altra mano sempre salda sul corpetto dell'abito da sposa slacciato.
"Perché sei così?", domandò d'improvviso, guardandolo con curiosità.

Albert deglutì, non capendo cosa volesse dire: "Così.... come?".

Lei abbassò gli occhi: "Così... gentile. Così paziente. Questa è la nostra prima notte di nozze e tu dovresti voler... io dovrei essere... Insomma, come moglie ho degli obblighi".

Le sopracciglia si aggrottarono e un sentimento di ribellione lo pervase. Fece un passo verso di lei e le pose le mani sulle spalle, con fare fermo ma non intimo: "Candy, ascoltami bene. Tu non hai alcun obbligo, mi hai capito? Alcun obbligo verso di me, né verso chiunque altro. Io e te siamo sempre gli stessi Albert e Candy di Londra, di Lakewood, della Casa della Magnolia e mai, MAI ti costringerei a fare qualcosa che tu non voglia, è chiaro?".

Candy lo guardava con gli occhi spalancati: "Ma, Albert, io...".

"Sei mia moglie perché ti amo e tu mi ami", continuò stringendo un po' di più la presa, "ma questo non significa che il nostro rapporto sia cambiato. Io ti rispetterò sempre, Candy, e anche se mentirei dicendoti che non ti desidero qui e ora, sappi che sono disposto ad aspettarti per tutto il tempo che ti è necessario. Nessuno ci costringe a seguire delle regole o un rigido protocollo, capisci? L'amore fisico è solo un'espressione dei nostri sentimenti e avverrà quando entrambi saremo pronti".

Gli occhi verdi di Candy divennero brillanti e, in breve, s'inumidirono di lacrime. Era commossa o si sentiva in colpa? Albert stava per chiederglielo, quando lei fece una cosa che gli mozzò il fiato in gola: lo abbracciò, chiamandolo per nome, lasciando la presa sull'abito e stringendosi a lui mentre quello cadeva.

Ora la sentiva contro di sé, singhiozzante, con solo il corsetto addosso.

In modo timido e senza alcuna intenzione di approfittare di quella situazione, Albert le cinse la schiena, ripetendosi che era la sua Candy che piangeva e aveva bisogno di conforto. Null'altro.

Era difficile ignorare la sua pelle candida e il fatto che, all'altezza delle cosce, quell'unico capo di abbigliamento terminasse con un reggicalze. Albert non ne aveva mai visto uno e, indossato da Candy, gli sembrò così sensuale che dovette distogliere lo sguardo e concentrarsi sul muro di fronte per impedire al suo corpo di reagire.

La desiderava come un disperato. Desiderava Candy da tanto di quel tempo che di sicuro l'avrebbe spaventata solo con la forza dei suoi pensieri. Con gentilezza, e per impedire che accadesse altro a rendere evidente quanto la voleva, la scostò da sé, asciugandole gli occhi: "Perché piangi? Non ti ho detto che sei più carina quando ridi che quando piangi?", mormorò con tutta la dolcezza di cui era capace.

Questo sembrò commuoverla anche di più: "Oh, Albert, tu sei così buono e comprensivo con me! E io invece non faccio che causarti sofferenza. Io...". Solo allora Candy si accorse delle sue condizioni e, con un gridolino, si affrettò a tirarsi su l'abito.

Albert chiuse gli occhi, cominciando di nuovo a voltarsi per andarsene. Non voleva la sua compassione. L'amava più della sua stessa vita, ma non era per compassione che doveva accadere.

Di nuovo, la sua mano gelida lo afferrò per il polso e la sua risolutezza vacillò. Come poteva impedirsi di cedere all'istinto quando lei metteva così a dura prova i suoi nervi?
"Ti prego, resta. Io... non è che non voglio, anzi... Sono solo spaventata". Ogni singola parola sembrò esserle costata molto, specialmente la parte in cui confessava che non era che non volesse.

Anzi.

Albert deglutì a secco: "Candy, io...". Adesso era lui a non sapere cosa dire.

Candy alzò il volto e lo guardò, la determinazione che tanto amava era un faro fisso nei suoi occhi verdi mentre lasciava ricadere il vestito ai suoi piedi, rimanendo immobile e seminuda senza titubanze. L'unica cosa che tradiva il suo nervosismo era il rossore diffuso sul suo viso.

"Insegnami a non avere paura. Dimostrami che ho ragione, che può essere bello e che... non è un dovere, ma un atto d'amore. Io ti amo, Albert". La sua voce vibrava un poco, e Albert vi riconobbe non solo la consapevolezza, ma anche una sfumatura di desiderio che lo fece cedere.

Sorrise e le si avvicinò di nuovo, sfiorandole il viso con gentilezza, in una carezza tenera che la fece sorridere a sua volta. Candy chiuse gli occhi, in apparenza abbandonata al suo tocco: "Anch'io ti amo, Candy. Sentiti libera di fare ciò che desideri. Di chiedermi ciò che vuoi. E di fermarmi se...".

Forse aveva davvero titubato troppo o forse Candy aveva alfine fatto il salto decisivo per superare i suoi timori, tant'è che non lo lasciò finire ma gli gettò le braccia al collo e lo baciò, lasciandolo basito. Bastò poco perché, da labbra contro labbra, il bacio divenisse di nuovo un'esplorazione vorace.

Stavolta, però, lottando duramente contro i propri istinti, Albert lasciò che fosse ancora lei a prendere iniziative, limitandosi ad allacciarle le braccia dietro la schiena.

E l'iniziativa non tardò.

Candy lo accarezzò lungo le braccia e poi portò con timidezza le mani ai bottoni della giacca, emulando i gesti che poco prima lui aveva fatto col suo abito da sposa. Non capendo più niente, Albert si ritrovò di nuovo ad ansimare assieme a lei, riprendendo fiato e poi ricominciando il bacio, trovandosi all'improvviso a torso nudo.

Lei si scostò un poco, lasciandolo stordito e bramoso di ricominciare, ma solo per sfiorargli le cicatrici lasciate dal leone, tanto tempo prima. Laddove gli artigli avevano impresso lunghi segni ormai sbiaditi, Candy imprimeva invece un tocco carezzevole che gli fece ribollire il sangue e aumentare il battito cardiaco alle stelle.

Quando decise di sostituire le labbra alle mani, Albert rovesciò la testa all'indietro ed emise un lieve gemito senza poterselo impedire.

Era ora di riprendere il controllo.
 
- § -
 
Il coraggio, il desiderio di lui che le offuscava i sensi e la determinazione a essere finalmente la donna che Albert meritava guidarono i gesti di Candy, facendola diventare intraprendente.

Baciarlo, allacciargli le braccia dietro al collo e poi togliergli la parte superiore del kilt come aveva segretamente sognato di fare tante volte fu più facile di quanto pensasse. Anche ora, mentre seguiva affascinata le linee quasi parallele sul suo bel torace definito che adesso vedeva con occhi diversi, Candy si sentì quasi onnipotente. Specie quando provocò quella reazione in lui.

Un gemito di evidente piacere che la sconvolse, le indusse un leggero timore ma, soprattutto, l'accese spazzando via quasi ogni incertezza.

Quasi. Perché quando lui l'attirò fra le braccia per baciarla di nuovo usando le mani nel chiaro tentativo di slacciarle il corsetto, si sentì liquefare: la pelle, le gambe e quel luogo segreto cui non aveva mai osato pensare in termini intimi con un uomo, tutto prese fuoco.

Un fuoco ardente e liquido al contempo. Acqua e fiamme.

Fu lei a rovesciare la testa indietro, trattenendo a stento un lieve lamento di gioia, sentendo le scie umide che le labbra di Albert lasciavano sul suo collo mescolando la saliva al respiro bollente e sempre più rapido e le dita si muovevano convulse, continuando la loro opera.

"Candy, che devo fare?", ansimò scendendo dove nascevano i suoi seni.

"Continua ad amarmi, mio principe", gli rispose senza titubare.

Finalmente il corsetto era aperto e Albert, che era giunto a baciarla quasi sul petto, si raddrizzò per chiederle il permesso di proseguire. Lei rimase un attimo rigida, ancora una volta divisa tra desiderio e timore. Alla fine annuì e si lasciò spogliare da suo marito.

Lanciandole di tanto in tanto sguardi interrogativi, Albert si chinò per slacciarle anche il reggicalze. Fallì, ritentò e lei si ritrovò ad aiutarlo con un leggero sorriso, i brividi che le facevano venire la pelle d'oca a ogni tocco delle dita.

Teneva il corsetto fermo con una mano e continuò a tenerlo così anche mentre lui le abbassava le calze in un gesto lento ma carico di erotismo che aumentò il respiro di entrambi. La sensazione delle mani carezzevoli di Albert sulle sue cosce e poi lungo le gambe la stava letteralmente facendo impazzire.

Quando lui si rialzò, un poco affannato, Candy chiuse gli occhi, lasciò andare il corsetto e sentì il tessuto scivolare via, lasciandole scoperta quella parte del corpo così sua, così proibita, da cui sapeva solo dovessero nutrirsi i bambini appena nati.

"Oh, Candy...", udì la voce di Albert rotta, commossa come se stesse piangendo. Riaprì gli occhi per guardarlo e si rese conto che erano l'eccitazione e l'ammirazione a rispecchiarsi nei suoi occhi, generalmente così chiari, ora offuscati da qualcosa di quasi selvaggio.

Senza chiederle a voce un permesso che gli avrebbe comunque dato, avvicinò le sue mani con una specie di timore reverenziale, incontrando per un istante il suo sguardo. Lei annuì, trattenendo l'impulso a coprirsi, il pudore che minacciava di bloccarla proprio in quel momento fondamentale.

Il tocco delle mani calde di Albert sul suo seno devastò gli ultimi brandelli di ragione. Di nuovo, rovesciò la testa, gemendo il suo nome, portando addirittura le proprie, di mani, sui polsi di lui perché la toccasse in maniera più profonda.

E lui lo fece, gemendo a sua volta, estasiato, mentre le catturava le labbra ancora e ancora. Massaggiò prima con tenerezza, sfiorandole i capezzoli e facendole trattenere il fiato perché anelava di più. Poi li prese a pieni palmi, saggiandoli, impastando la carne dell'intero seno, uno con una mano, uno con l'altra e Candy si morse il labbro per non gridare.

In un impulso che non seppe descrivere, sentendosi pulsare il cuore ovunque e specialmente tra le gambe, Candy si strinse ancora di più contro suo marito, lasciandogli appena lo spazio per continuare quella fervente esplorazione.

Fu allora che lo sentì.

Sentì quanto era rigido e caldo e pronto per lei, sotto al tessuto del kilt.

Scattò all'indietro, ritirandosi di nuovo mentre si malediva, avvertendo l'eccitazione spezzarla quasi in due, ma lasciandosi vincere dalla paura di quella novità così assoluta ed erotica.

Cadde a sedere sul letto di peso, col respiro mozzato e i suoi occhi si riempirono dell'immagine di Albert con le braccia ancora semi spalancate, il viso arrossato, il petto nudo che si alzava e abbassava come se avesse fame d'aria: "Candy...?", la chiamò con tono deluso.

"Mi... mi dispiace", balbettò. "Il fatto è che... tu... non ero pronta a... non sapevo...". Lanciò un'occhiata rapida tentando disperatamente di farsi capire e si diede dell'idiota. Certo che lo sapeva, lo aveva ben studiato. Ma una cosa era vedere dei libri di scienze molto schematici, un'altra era avere Albert lì, davanti a lei, eccitato e tremante a causa sua.

O grazie a lei.

Inaspettatamente, quel pensiero la inorgoglì. E la rese ancora più bramosa. Era la prima volta che vedeva il suo Albert dolce e protettivo in quel modo.

Albert respirò in maniera pesante per qualche istante e Candy capì che gli era sempre più difficile riprendere il controllo.

"Io... ti stavo baciando, Candy, ti stavo toccando... Dio, se vuoi che mi fermi lo farò, ma dovrai lasciarmi fare una doccia gelata, a questo punto", disse con una risatina nervosa.

"No!", lo interruppe. Deglutì, la gola di nuovo secca mentre lo guardava. E lo desiderava. "Devo solo abituarmi. Non voglio che smetti, ti prometto che non scapperò più". Terminò la frase imponendosi di fissare il proprio sguardo proprio dove si trovava il mistero che la stava facendo impazzire di lussuria e timor panico.

"Sei... sicura, Candy? Non so se potrò fermarmi, poi. Ti desidero... così tanto...", soffiò con un sospiro.

"A... avvicinati. Voglio... vorrei...". Toccarti? Esplorarti? Non sapeva cosa fare, di preciso, ma sapeva che lo avrebbe reso felice e che presto avrebbe desiderato lo stesso da lui.

Con lentezza esasperante, Albert si avvicinò e i suoi ansiti colmi di aspettativa la fecero sentire di nuovo forte. Stava conducendo il gioco: un gioco di cui conosceva a malapena le regole, ma che a breve non le avrebbe fatto più paura.

La mano di Albert scese sulla sua, la prese con tenerezza e la baciò: "Io ti amo, Candy, non voglio che tu ti senta costretta. Ma sappi che il mio cuore e il mio corpo... sono comunque tuoi. Ti appartengo totalmente".

Candy gli rivolse un sorriso che lui ricambiò con dolcezza. Più fiduciosa, allungò le mani sui bordi del kilt, imponendosi di avere il coraggio necessario ad abbassarlo lungo i suoi fianchi. Chiuse gli occhi e pensò che era lui, il suo Principe della Collina, quello che un giorno si era presentato a lei vestito così quando era ancora una bambina. E che, più tardi, lo aveva indossato di nuovo come uomo. Il suo amico, suo fratello, colui di cui si sarebbe innamorata perdutamente. Ora suo marito e il suo amante. Quel kilt, che era quasi il simbolo dell'evoluzione del loro amore, adesso doveva essere rimosso perché lei diventasse donna e lo potesse infine vedere nella sua interezza.

Cadde con un fruscio e Candy fu quasi delusa nel rendersi conto che Albert aveva la biancheria intima. Ciò non le impedì di rendersi conto di quanto fosse... così... dotato e bramoso e... Il rossore le salì al volto e il cuore accelerò fino a limiti che non credeva possibili. Ancora sentì tra le proprie, di gambe, quel fuoco liquido che le fece desiderare di unire il corpo al suo. Di avere quel contatto, inguine contro inguine.

Sapeva che non doveva vergognarsene, che l'educazione rigida che aveva avuto era alla base di tutti i suoi timori e di quelle fughe ridicole. Così decise di fare l'ultimo salto e allungò una mano per sfiorare prima la cicatrice sulla coscia poi, prima che il velo di dolore al ricordo di quanto accaduto potesse prendere il sopravvento, decise finalmente di toccarlo attraverso la stoffa, tremando per le emozioni contrastanti.

Sentì Albert prendere un respiro a denti stretti e trattenerlo, poi rilasciarlo in un gemito gutturale quando lo sfiorò prima con gentilezza, come in una carezza, quindi, incoraggiata dalla sua reazione, imitando i gesti di lui quando le stava toccando i seni.

Non era affatto pronta alla reazione di suo marito. Mosse leggermente i fianchi verso di lei, ripetendo il suo nome e l'afferrò per le spalle, rimanendo in piedi anche se avvertiva le sue gambe tremare.

"Fermati, basta, Candy", la supplicò in un ultimo gemito, con voce rotta.

Lei lo fece, ma non tolse la mano: "Ti... scusa, ti ho fatto... male?", domandò alzando gli occhi verso il suo volto contratto e sudato.

"No, anzi, però... così bruceremo le tappe. Prima tocca a te...". Candy poté vedere lo sforzo che stava facendo per controllarsi e nella sua testa esplosero quelle parole.
Prima tocca a te.

Cosa le sarebbe toccato? Le sue mani? Oppure direttamente...

Non ebbe tempo di chiederselo perché, con un'urgenza frenetica, Albert la fece sdraiare sul letto ricominciando a baciarla e a toccarla con devozione e amore, tenendo il suo corpo a una certa distanza ma standole comunque abbastanza vicino da passarle le mani ovunque. Sui seni, cui alternò le labbra facendola gemere, sui fianchi, sulle gambe e...

Lo chiamò, inarcandosi contro la mano di Albert che era affondata nel tessuto toccandole il punto più sensibile. Qualcosa di potente, di inaspettato cominciò a gonfiarsi dentro di sé come una marea turbolenta. Prima toccava a lei. Ora capiva a cosa si riferisse Albert. Ma voleva di più, estremamente di più. Si mosse contro quella mano, credendo che sarebbe esplosa come una bomba oppure precipitata attraverso il materasso per l'intensità con cui il corpo sembrava staccarsi dall'anima e unirsi a quella di lui.

Albert smise di baciarla e di toccarla, strappandole un gridolino di protesta che non seppe neanche di aver emesso. Ma la delusione lasciò posto allo stupore: le stava togliendo l'ultimo capo che aveva addosso, lasciandola nuda e inerme contro quelle sensazioni dirompenti.

Rimase per un attimo a guardarla estasiato e Candy avvertì la vergogna inframmezzarsi ancora alle ondate pulsanti di desiderio. Non guardarmi, abbracciami, scaldami col tuo amore. Toccami, ti supplico, ma non le uscirono parole, solo ansiti e gemiti.

Lui parve capirla perché si sdraiò di nuovo accanto a lei ricominciando le sue carezze sulle gambe, sul seno, sui fianchi e persino sulle natiche. Ovunque, tranne dove sembravano concentrarsi tutte le sensazioni. Si mosse verso di lui, intenzionata ad incollarglisi come pochi minuti prima per sentirlo di nuovo contro di sé. Tutto, pur di avere quel sollievo cui non sapeva dare nome. Quello che una donna difficilmente avrebbe dovuto provare e che, in realtà, un nome ce l'aveva.

Una scossa di elettricità le pervase il corpo dall'attaccatura dei capelli fino alla punta dei piedi quando le dita di Albert s'insinuarono dove lei voleva, alfine, massaggiando, sfiorando, esplorando ed entrando in un'invasione dolce e prorompente allo stesso tempo.

Suoni sconosciuti proruppero dalla sua gola, frasi incoerenti nelle quali il nome di Albert compariva spezzato, inframmezzato da sospiri, suppliche, spasmi. E le sue mani erano tra i capelli biondi di lui, scompigliandoglieli e scendendo verso le spalle e le braccia solide e muscolose. Adorava la sensazione della pelle maschile sotto i suoi polpastrelli e la consistenza soda dei suoi muscoli!

E l'esplosione avvenne, lacerandola e strappandole un grido acuto. Era come una spirale infinita, crescente, che irradiava le sue punte affascinanti e lussuriose dal centro del corpo fino agli angoli più lontani, come un fuoco d'artificio che si espande nel cielo.

L'onda si ritrasse con lentezza esasperante, lasciandola a tremare e ansimare mentre la mano di Albert allentava la presa, diminuiva i movimenti e si staccava da lei. Gli occhi, prima chiusi, si aprirono sul volto arrossato del marito che la fissava con un sorrisetto che osò definire soddisfatto.

Era imbarazzata ma felice e si domandò come fosse possibile che le altre donne, la maggior parte perlomeno, avessero timore di una cosa simile. Forse il loro timore era legato invece alla consapevolezza di non avere la possibilità di provare sensazioni così dirompenti?

Una parte di sé, però, comprese quanto timore e desiderio fossero legati: era qualcosa che rischiava di far perdere se stessi, soprattutto se avveniva con la persona amata. Una sublime emozione, quasi una vertigine, simile a quella dell'anima che si allontani dal proprio corpo.

Desiderosa di regalare quell'attimo di eternità anche ad Albert, Candy si accoccolò contro di lui, ancora una volta imitando i suoi gesti. Presa dall'adrenalina del momento, decise che era il suo turno di spogliarlo del tutto.

Voleva vederlo. Voleva sentirlo e che lui sentisse lei.

Albert protestò debolmente mentre Candy rimaneva impietrita ed estasiata di fronte a ciò che aveva appena scoperto. Seppe che era arrossita e a dire il vero poté vedere la stessa reazione sul viso di Albert. Cercò di dire qualcosa per spezzare quella tensione, indecisa se toccarlo di nuovo o chiederglielo prima.

"Avevo letto... che sotto al kilt non si indossa nulla", fu la grossa sciocchezza, pur documentata, che le uscì di bocca.

Aveva rotto l'incanto, spezzato quella tensione carica di lussuria e desiderio, ma in compenso la sua frase fece ridere il suo principe.

"Non potevo presentarmi al matrimonio senza biancheria intima, Candy", disse tra le risate. "E, anche se tecnicamente è così che si porta il kilt, sono concesse... variazioni, specie se fai parte di una famiglia importante e vuoi evitare incidenti imbarazzanti nonostante la spilla di sicurezza".

Candy seppellì il viso tra le mani, cominciando a ridere a sua volta e capì che Albert non era arrabbiato con lei per quella stupidaggine detta in un momento poco consono. Sbirciò tra le dita, imprimendosi nella mente la parte del corpo di lui che stava imparando a conoscere solo in quel momento, domandandosi come avrebbe potuto accoglierla dentro di sé.

Desiderando che accadesse, ma spaventata dal dolore che poteva causarle.

Era di questo che parlavano le altre donne? Era per quel motivo, così imponente e sfacciatamente proteso verso di lei che avrebbe sanguinato? Di certo sarebbe stato diverso che con le dita di Albert. Eppure...

Come indovinando i suoi pensieri, Albert le si avvicinò fino a stendersi su di lei: "Candy", mormorò scostandole i capelli dalla fronte. Poté finalmente sentire ogni centimetro della sua pelle coincidere con quella di lui, seni contro torace, gambe contro gambe e... i suoi fianchi...

"È così... così... grande per me...", soffiò prima di poterselo impedire.

Lui, che le stava sfiorando il collo con le labbra, allontanò un poco il viso per guardarla. Le parve di nuovo arrossito: "Devo prenderlo come un complimento?", ridacchiò prima di continuare. "Non ti farei mai del male, Candy. Ti preparerò bene per me...", mormorò con voce sensuale, mandandola di nuovo in tilt.

Istintivamente abbassò la mano, in una carezza intima che strappò a suo marito l'ennesimo gemito.

"Non così, Candy", soffiò con voce roca. "Voglio che accada dentro di te", concluse sconvolgendola.
 
- § -
 
Albert sapeva bene cosa stava accadendo, eppure non lo sapeva. Nonostante i discorsi di George, temeva ancora che non sarebbe stato perfetto come meritava Candy e come lui stesso anelava.

Fino ad allora aveva solo immaginato come sarebbe potuto essere, ma la verità era che non sapeva davvero come il suo corpo e la sua mente avrebbero reagito ora che potevano amarsi interamente.

Ad esempio, non sapeva che baciandola così sul collo, mentre ascoltava il gemito a malapena trattenuto da Candy, avrebbe sentito il desiderio di rifarlo ancora e ancora solo per riascoltarlo, come il dolce suono di un canto sconosciuto che si voglia assaporare come si deve.

Non sapeva che sentire le sue piccole mani vagare sulla schiena avrebbe reso ancor più dolorosa l'attesa, aumentato il battito cardiaco e affannato il suo respiro già corto. E non sapeva che le proprie, di mani, si sarebbero animate contro la sua volontà per il bisogno impellente di massaggiarle le spalle, così che la sua bocca potesse scendere sulle clavicole fino a...

"Candy, che devo fare?", ansimò mentre ormai era all'attaccatura del seno e avvertiva un sapore simile al miele sulle labbra.

"Continua ad amarmi, mio principe".

Le parole smisero lì.

La lotta con il corsetto fu dura e penosa, ma la vinse e, pian piano, conquistò le gambe flessuose e poi i suoi seni sodi senza stoffa di mezzo. Li assaggiò, li carezzò, li massaggiò e si beò della sensazione di Candy finalmente arresa ed eccitata tra le sue braccia.

Gli si strinse con un'audacia che non credeva possibile, mentre ancora la gloria della pelle piena del primo seno che toccava in vita sua lo stava facendo impazzire, mandandogli dolorose ondate all'inguine. Fu proprio agganciandosi a lui che Candy dovette sentirlo.

La sua reazione terrorizzata lo lasciò con le braccia vuote e un senso di frustrazione tali che ne fu quasi infastidito. Ma non voleva spaventarla, quindi tentò di capire cosa volesse realmente, spiegandole il perché di quella reazione del suo corpo. Sapeva che era la sua prima volta, ma lei non sapeva che era lo stesso per lui e si stava controllando sempre con maggior fatica.

Per fortuna, Candy non lo mandò a fare un'inutile doccia gelata, ma gli spiegò qualcosa che aveva già immaginato. Ciononostante era insicuro sul da farsi e non si aspettava che lei lo traesse d'impaccio con quella velocità.

Quando la mano di lei si allungò per toccarlo, Albert fu certo che tutto sarebbe finito in pochi secondi, specie nel momento in cui iniziò a fargli quello che solo pochi istanti prima stava facendo col suo seno. Dolorosamente e con uno sforzo di volontà immane per dominare una discesa che era già iniziata, cercò di ritrarsi da un'emozione violenta che si sarebbe compiuta senza una vera unione.

"Prima tocca a te...", ansimò deciso a fare le cose per bene, anche se era quasi certo che lei fosse pronta per lui tanto quanto lo era per lei.

Candy si lasciò guidare e sì, scoprì già attraverso il tessuto della sua biancheria intima quanto lo volesse. Cercando di allungare un po' quel momento meraviglioso per godersi i lineamenti contratti e desiderosi di lei, scelse di toglierle l'indumento e di guardarla per un attimo.

Voleva scoprire ogni centimetro del corpo di Candy, incluso il giardino più segreto dove avrebbe presto conosciuto la gloria più profonda. Ma prima voleva donarle qualcosa che lei, quasi sicuramente, non aveva mai provato.

Non voleva farla soffrire, ma portarla all'apice senza troppa fretta. Candy lo supplicò con lo sguardo e con il linguaggio del corpo mentre con le mano ritrovava i suoi seni, le cosce tornite e il ventre piatto. Quando, alla fine, si decise ad accontentarla, sentì che la medesima scossa elettrica che attraversò il corpo della moglie stava attraversando anche lui.

Si poteva provare piacere toccando la propria anima gemella e non se stessi?

Ebbene, Albert ci andò davvero vicino, ma non per questo si arrese e decise di concentrarsi su quello che stava facendo, scoprendo ogni piega e ogni più piccola conformazione dell'intimità di Candy, inserendosi in lei con gentilezza e immaginando come sarebbe stato farlo con la parte del suo corpo che pulsava sempre di più.
L'estasi di Candy lo portò a un livello superiore di gioia e di lussuria che andava oltre il proprio piacere fisico. Non era la stessa cosa, eppure lo soddisfò nel profondo, facendolo sentire completo e orgoglioso.

Lei lo guardò, imbarazzata, e lui le sorrise. Ancora una volta, lo sorprese con la sua audacia dopo tanta titubanza. Candy lo stava finendo di spogliare, avendo di certo imparato da lui e volendo mettere subito in pratica quello che le aveva fatto.

La sua volontà vacillò, ma lasciò che lo guardasse, ricacciando indietro il proprio, d'imbarazzo, e facendola abituare a quella parte del proprio corpo così tesa e inelegante. Ma Candy sembrava ammirata e Albert si rilassò e si agitò al contempo. Se l'avesse toccato non era certo di poter più rispondere di se stesso, si sarebbe semplicemente arreso.
Candy si morse il labbro, come se fosse indecisa, e il momento restò sospeso finché lei non disse: "Avevo letto... che sotto al kilt non si indossa nulla".

Nonostante l'eccitazione che rischiava di sommergerlo e mandare all'aria tutti i suoi piani di una prima volta perfetta, Albert avvertì l'ilarità solleticargli la gola e scoppiò a ridere. Benedì l'uscita divertente ma puntuale di sua moglie, perché lo aiutò a diminuire un po' la tensione e a fargli tornare la speranza di fare l'amore con lei come avrebbe voluto.
Tuttavia, mentre le parlava della differenza tra convenzioni e buona creanza, specie in una famiglia come la Ardlay, Albert capì che non avrebbe potuto più aspettare e che la sua facciata sarebbe presto crollata di fronte al bisogno impellente di possederla, lì e ora.

Si stupì del proprio autocontrollo che, infatti, andò in mille pezzi nel momento in cui lei lo abbracciò. Lo scambio di battute sui timori di Candy rispetto alle dimensioni del suo corpo non lo distrasse molto e si dedicò a baciarla gustandosi ancora la sua pelle morbida.

Adorava la sua pelle.

L'istinto ebbe il sopravvento e Albert assecondò il desiderio di aderire completamente a lei, sentendo nei suoi ansiti soddisfatti che gradiva quel contatto proprio come lui. Annebbiato, stordito e bramoso, riuscì comunque a fermare la sua mano che lo stava facendo gemere in modo incontrollabile: "Voglio che accada dentro di te", ansimò.
E stava per farla sua, ma si ricordò che lei doveva essere più che pronta, che era la sua prima volta e che aveva bisogno di altro tempo. Solo qualche istante, gridò dentro di sé, abbassando le labbra per lasciarle scie umide e infuocate di baci dai seni all'ombelico, indugiando prima di arrivare più in basso, prendendo una scorciatoia, per prepararla alla sua invasione, che Candy parve gradire anche più di prima.

Nel bacio più intimo che potesse darle, Candy invocò il suo nome artigliandogli i capelli e Albert si perse nel sapore e nella passione della moglie. La trascinò fino al limite ma non proseguì, perché finalmente era giunto il momento di unirla a sé.

Con un gemito roco e un ansito di soddisfazione lo fece, puntellandosi sui gomiti e scivolando in lei quasi senza difficoltà. Fu un momento incredibile, potente, che gli accelerò il battito cardiaco a livelli quasi intollerabili e rischiò, ancora una volta, di porre termine a tutto nel giro di un soffio d'istanti: era dentro Candy e il solo pensiero lo portò davvero a un passo dalla fine.

Sospirò forte, concentrandosi per non esplodere e implodere al contempo per la gioia. Trattenne con tutte le forse residue l'urgenza perché voleva che si abituasse a lui e si fermò poco prima di provocarle dolore.

Non voleva farle male prima di averla guardata, studiata, preparata. Non aveva che pochi istanti prima dell'eternità.

Lì, su quel grande letto morbido, mentre nulla più li separava e ogni centimetro dell'uno aderiva perfettamente all'altro, mentre la vibrazione colma di aspettativa di entrambi minacciava di sommergerlo con la sua intensità, d'improvviso Albert ebbe paura.

Paura di non essere all'altezza, di provocarle dolore, di lasciare che il corpo comandasse sul cuore, che l'inesperienza lo portasse a sbagliare quello che doveva essere l'attimo perfetto.

"Candy, io...", cominciò, tremando per il desiderio e il timore, immergendo lo sguardo in quello di lei che aveva trattenuto il respiro quando l'aveva presa e sembrava tutt'altro che infastidita.

Possibile che ora fosse lui quello timoroso?

"Mi fido di te, amore mio, sii ancora il mio principe", disse lei piena di fiducia, quasi commuovendolo.

Lui scosse la testa: "Non so se potrò essere il principe che sogni".

"Perché?", rispose lasciando trasparire stupore e delusione, sfiorandogli il viso con le dita.

"Perché... anche per me... è la prima volta", sussurrò, la sensazione di essere dentro di lei che lo stava facendo impazzire nonostante la titubanza.

Gli occhi di Candy si trasformarono in un modo che, sulle prime, non decifrò: sorpresa, dolcezza e infine commozione fu quello che lesse nelle lacrime nascenti.

"Sono... davvero la prima?", gli chiese con un'innocenza e una gioia così pure che ogni suo timore svanì all'istante, come una manciata di neve che si sciolga al sole.

Albert annuì, carezzandole la guancia: "Insegnami. Insegnami ad amarti, Candy. E nel frattempo impara quanto ti amo".

La conversazione tornò muta di parole e pregna di ansiti mal trattenuti. Incertezze, momenti sospesi, attese trepidanti, esplorazioni inedite.

Si mosse piano contro di lei, dondolando gentilmente e beandosi delle espressioni che mutavano sul volto di sua moglie.

Albert temeva ancora che il corpo così a lungo bramato di Candy gli facesse perdere la ragione e non rispettare i suoi tempi ma scoprì, con meraviglia e orgoglio, che gli bastava leggere nei lineamenti del suo volto per accordarsi a lei come uno strumento che suonasse in sincrono.

Si rese conto che poteva vedere con chiarezza i suoi desideri e le sue sensazioni, così capì che stavano facendo insieme ogni singola scoperta. Assieme sperimentarono i misteri dell'unione più profonda, attimi di sublime comunione tra spirito, cuore e pelle. Assieme furono complici di quei secondi in bilico tra prima e dopo, laddove una barriera fisica era diventata un confine che separava l'amore platonico dall'appartenersi completamente.

La superò, in un movimento più frenetico e fluido, avvertendo nel gemito di Candy l'ambivalenza delle sensazioni che stava provando.

Come un vero principe, lui riuscì ad attenderla sulle rive di quel mare speciale fatto di desideri e grida, del viso di lei trasfigurato dalla passione e da quelle labbra che chiamavano il suo nome in un sussulto. La osservò rapito, estasiato, fino a che fu libero di esprimersi, ancora profondamente commosso da ciò che le aveva appena donato.
La seconda estasi di Candy lo aveva avvolto e poteva sentirne gli spasmi stringerlo in un abbraccio intimo che non lasciava alcun dubbio su quanto si meritasse, alfine, di rilasciare la propria passione dentro di lei.

Eppure la mente gli giocò un brutto scherzo, suggerendogli che no, non poteva, non doveva, ancora non era arrivato per lui il momento di raccogliere quel frutto che tanto anelava. Proibito, bellissimo, temeva potesse sfuggirgli di mano.

Fu lei stessa a condurlo, come le aveva chiesto poco prima, abbassando le mani, ora deliziosamente maliziose, sulle natiche per tenerlo ancora più stretto, facendole risalire per la schiena e intrecciandovi anche le gambe.

In un attimo la mente si perse, all'improvviso, come per una luce accecante e dovette rovesciare la testa e stringere gli occhi per non impazzire alla sua vista, i tendini del collo tesi come corde di violino. Poi, mentre ancora stava accadendo e il suo corpo sembrava spezzarsi in una sorta di pazza discesa senza smettere di muoversi con urgenza, capì che doveva guardare la sua Candy, invocare il suo nome e incollare alle sue labbra il proprio grido strozzato per farle comprendere quanto prezioso fosse quell'istante eterno in cui cadeva e moriva per rivivere.

Aveva creduto di riconoscere ciò che avrebbe provato, ma quell'unione completa si era rivelata sublime come se le loro stesse anime si fossero alfine incontrate.

La sentì sussultare sotto di lui, dentro di lui e intorno a lui e comprese di averle regalato una parte di quell'attimo eterno.

Staccarono le labbra per respirare e Albert si stupì di essere ancora lì, su quel letto con lei e non sperso in un mondo parallelo e fatato. Respirarono uno sulla bocca dell'altra, si sfiorarono ancora, poi lui affondò il volto sul suo collo, grato ed emozionato.

"Ti amo", dissero nello stesso, perfetto momento.
   
 
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