Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Amandafoyer    12/01/2022    0 recensioni
| Levi x OC |
Amelia Bailey non era mai stata tanto interessata a sapere cosa ci fosse al di là delle mura. Come tutti, aveva sentito tante storie, ma il più delle volte aveva riservato loro un semplice ascolto distratto, soprattuto dal momento che quegli stessi racconti di morte e sangue, di giganti e battaglie provenivano dalla bocca di gendarmi che, sapeva per certo, non avevano mai messo piede fuori dai territori dell'uomo, i "soldati" al servizio di suo padre, Richard Bailey.
La morte violenta di quest'ultimo però cambia le carte in tavola. Amelia viene portata via da casa sua e chiusa in un palazzo senza possibilità di fuga.
L'irruzione di un gruppo di soldati rappresenta la sua salvezza. Cucite sui loro mantelli ci sono le ali della libertà e un guerriero dallo sguardo burbero a guidarli.
Amelia non avrebbe mai potuto immaginare di lasciare gli agi e la sicurezza del Wall Sina a favore della vita da cui suo padre aveva sempre voluto tenerla lontana: la vita del corpo di ricerca.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kenny Ackerman, Levi Ackerman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo 

Le urla di Levi l'avevano raggiunta come una folata di vento, sferzandole sulla faccia, raschiandole il cervello. Nel silenzio della città sotterranea le spade che si incrociavano e i lamenti degli uomini parevano arrampicarsi lungo le pareti di roccia, innalzandosi sopra le loro teste. Amelia dovette lottare contro l'impulso di tornare indietro. Quelle urla non erano dolore, non erano paura, erano il rumore della battaglia che si consumava sotto di lei. Una battaglia a cui le era stato ordinato di astenersi. Gli ordini del capitano erano chiari. 

Non diventare un bersaglio. 

 "Se prendono te, siamo tutti morti", si era raccomandato. "e io di morire non ne ho proprio voglia".

Amelia, costringendosi a guardare avanti, volteggiava tra i palazzi, nel tentativo di allontanarsi più velocemente possibile. Serrò le dita attorno la spada. Il freddo del metallo le bruciò i polpastrelli, facendole rivoltare lo stomaco.

Le era stato insegnato che il compito delle lame fosse lacerare la carne dei giganti, eppure per lei erano diventate il simbolo di una battaglia diversa, una guerra ben più pericolosa. Tante volte aveva assistito alla giustizia farsi strada con le spade e tante volte l'aveva messa in discussione. Talmente tante che ormai avevano acquisito nella sua mente un aspetto sinistro, un presagio di morte e sofferenza, ma soprattutto la conferma che anche lei era diventata una pedina nel gioco della conquista.

«Sei lenta, eh, principessa?». La voce di Kenny colpì Amelia come uno schiaffo, le strappò la concentrazione dal dispositivo di manovra, facendole perdere l'equilibrio. 

Virò all'improvviso, nel tentativo di evitare un campanile diroccato, ma non riuscì a proseguire la fuga.

Atterrò distratta e sgraziata, roteando, sul tetto d'una palazzina poco più sotto. Un mucchio di tegole fatiscenti vibrò al contatto con gli scarponi e per un momento ebbe l'impressione che la copertura potesse crollare da un momento all'altro. Si guardò attorno.

Kenny era lì, anche se non riusciva a vederlo.

E, come lui, non riuscì a vedere nessuno dei suoi compagni. 

Sprofondò nell'incertezza. Nessuna presenza, nessun suono, nessun fumogeno. Era sola e non perché fosse stata lasciata lì, ma perché erano riusciti ad isolarla.

Con lo sguardo rivolto alle spalle, Amelia scattò in avanti ma nel momento in cui avrebbe dovuto azionare il dispositivo di movimento, il sibilo delle bombole le diede la terribile conferma che il gas era terminato.

Colpì le bombole un paio di volte.

Erano vuote.

Doveva scendere di lì.

«Merda», imprecò a denti stretti. Fece per voltarsi nel tentativo di tornare indietro, ma venne afferrata per i capelli e strattonata verso il basso. 

Di storie su Kenny lo squartatore se n'erano raccontate tante e Amelia, che a quel tipo di voci aveva sempre prestato attenzione, per curiosità più che per fiducia, ne aveva sentite più di quante potesse ricordarne. Non c'era uomo che non avesse mai avuto a che fare con lui, lo squartatore di gendarmi. Prima di allora la sua immagine le era arrivata distorta, confusa. Molti l'avevano descritto come un uomo basso e grassocio, dal portamento trasandato, altri con le movenze delicate e lo sguardo furbo, si era parlato dei suoi vestiti, eleganti e sciatti allo stesso tempo, e così, in modo vario ed eventuale, si era parlato della sua voce, delle mani, di quanto fosse svelto il suo passo, senza mai arrivare ad un'immagine limpida e concorde.

Eppure, di tutti gli uomini con cui Amelia avesse mai parlato, nessuno di loro si era sottratto, nemmeno una volta, dal descrivere come Kenny lo squartatore traesse godimento dalle proprie azioni, scellerate ed infami. Adesso che vi si trovava faccia a faccia anche Amelia non poteva che concordare. Adesso che vi si trovava faccia a faccia sapeva a quali storie, tra le tante, avrebbe dovuto credere. Tutte quelle che lo descrivevano come uno spietato assassino.

Era un uomo sulla quarantina, alto e asciutto, leggermente ingobbito. Il sottile strato di barba sporcava, da orecchio a orecchio, la linea affilata della mandibola. Il cappello gli cadeva in avanti, coprendo leggermente la fronte, ma fallendo nel nascondere le profonde occhiaie scure che gli contornavano losguardo. 

Era un uomo inquietante, il ghigno beffardo inciso sulle labbra sottili, gli angoli del sorriso perennemente rivolti verso l'alto. La stava guardando. «Kenny...». La voce di Amelia era un sibilo a denti stretti, il nome pronunciato come un insulto.

Amelia tentò di gettare le braccia all'indietro ma Kenny fu così veloce da non lasciarle nemmeno il tempo di reagire. Era atterrato silenzioso e solido, tutto il contrario di Amelia, e teneva la mano ancorata alla sua testa, stringendo come se volesse fracassarle il cranio, affondare le dita nella carne.  Con uno scatto, fece scivolare la mano dalla testa fino al collo. Poi le strinse e torse la nuca, facendola gridare, sputare fuori il fiato che aveva nei polmoni. Il petto le bruciò.

«Shhh», fece passandole un dito sulle labbra.

Si chinò su di lei, il viso vicino in modo disgustoso mentre l'odore di colonia e sudore le si riversava sulla faccia come una corrente calda. Sorrise e strinse di nuovo.

Amelia trattenne il fiato.

Dovette mordersi le labbraper non gridare ancora. Sentì lo stomaco torcersi e il bisogno vomitare premerle sulla gola.

Kenny ghignò. «Brava ragazza». E le sferrò un calcio dietro le gambe, lasciandola andare di colpo.

Lei cadde in ginocchio. 

Rischiò di sbattere la faccia ma riuscì a pararsi con le mani. Le tegole scricchiolarono sotto il peso delle ossa.

Per un attimo non sentì la sua presenza incombere su di sé, ma fu un attimo talmente breve che Kenny la sollevò da terra prima ancora potesse sentire il dolore del colpo. Le aveva afferrato il colletto della camicia con entrambe le mani e la teneva salda. 

Sebbene fosse più alto di lei di almeno venticinque centimetri, Amelia in quel momento riusciva a guardarlo negli occhi. Rideva persino il suo sguardo. 

Girandosi su se stesso con uno scatto la spinse al limite del cornicione. Amelia sentì nuovamente i piedi toccare terra, ma sotto di sé percepì il vuoto e bastò uno sguardo alle spalle per confermare la sensazione. A circa dieci metri di distanza, un paio di uomini avevano alzato la testa rapiti dalla scena. La indicavano con la naturalezza di chi non si sorprende per così poco. 

Amelia tornò a guardare Kenny. La testa le girava e non solo per le vertigini. Lui la teneva abbastanza salda a sé da non lasciarla muovere più di tanto. 

Kenny girò la testa, gettando un rapido sguardo alle sue spalle. Gli occhi erano intenti a cercare Levi tra i palazzi. «Avreste dovuto saperlo, principessa», disse. «che non c'è spazio per l'amore in questa guerra di merda». E portò una mano al dispositivo di manovra. 

Prima di sentire il click, Amelia serrò gli occhi.

Kenny la lasciò precipitare nel vuoto con il nome del capitano sulle labbra e l'aria gelida a graffiarle il volto.

   
 
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