Due giorni dopo, finiti gli
allenamenti, Rainbow Dash si precipitò a Manehattan, dove sapeva viveva la sua
rivale.
Ci mise le consuete cinque ore ad
arrivare con il treno, e durante quel tempo infinito si mise a leggiucchiare il
nuovo libro di Daring Do, ma non riusciva a concentrarsi come di consueto, così
dopo qualche pagina decise di riporlo nella sua borsa e restare incollata al
finestrino, mentre gli alberi e le montagne di Ponyville lasciavano il posto ad
alte costruzioni moderne, grattacieli e l’indimenticabile Statua dell’Amicizia.
Una volta giunta alla Maneway
Station, Rainbow si ritrovò immersa in una bolgia immensa, tra pony con
l’inseparabile ventiquattrore, modelle alle prese con una fitta agenda e
colt-scout in gita estiva.
Stando alle sue conoscenze,
Lightning Dust viveva vicino a Bridleway, all’ultimissimo piano di un
grattacielo di ultima generazione. Tipico, da parte di chi aveva il volo nel
DNA.
La pony azzurra schiacciò il
pulsante accanto alla scritta “Dust” e dopo qualche incerto minuto una voce
gracchiante le rispose:
“Chi è?”
“Sono Rainbow Dash!”
Ci fu ancora una piccola pausa;
Lightning Dust stava probabilmente pensando se fare entrare o no la sua rivale
più agguerrita.
Nonostante tutto, la Wonderbolt udì
il *click* della porta d’ingresso che si sbloccava, così si fece coraggio e
volò fino al trentesimo piano, dove vide la pegaso dai capelli dorati già ad
attenderla sull’uscio del suo appartamento.
“Non ti arrendi facilmente, eh?” la
salutò quest’ultima, con un sorriso sarcastico che però parve a Rainbow Dash
come venato di… gratitudine?
La ragazza dai crini arcobaleno
entrò nel luminoso e ben arredato appartamento di Lightning Dust, guardandosi
attorno come a voler cercare indizi della condizione della sua proprietaria.
“Sei preoccupata per me, cara la mia
pony-spalla? Nonostante io sia tua
nemica?”
Rainbow Dash sospirò; era
maledettamente difficile far comprendere un concetto sfumato a Lightning Dust,
lei ragionava per estremi. Tuttavia, ci provò:
“Lightning Dust, io non ti considero
una nemica. Sei soltanto la mia più acerrima rivale, ma questo non significa
che ti lascerei sola nel momento del bisogno.”
L’altra alzò un sopracciglio con
fare indagatore:
“L’hai capito al funerale che ho
bisogno di aiuto?”
“Non solo io, anche le mie amiche.”
Lightning si lasciò scappare una
risatina amara, dopodiché si andò a sedere sul divano.
“Non vi sfugge niente… Ma devi
sapere che io non sono malata, né in pericolo di vita. Se così fosse stato non
mi avresti visto in quello stato pietoso, avrei accettato la mia sorte come
qualunque altra sfida. Ma questo… quello che mi è capitato… va al di là di ogni
mia immaginazione…”
Rainbow Dash, che era rimasta in
piedi, le fece cenno di continuare.
“… Sono una pessima padrona di casa.
Mettiti comoda, e prenditi pure una bibita dal frigorifero. C’è molto da
raccontare se avrai voglia di ascoltarmi…”
Rainbow era sempre più catturata da
quella situazione, non aveva mai visto Lightning Dust così sottotono, lei che
aveva sempre avuto la più grossa faccia tosta della terra, superiore
addirittura a quella di Discord per quanto la riguardava.
Così, per stemperare un po’ il
racconto, le due ragazze si versarono della spuma rossa nei bicchieri e la
Scartata cominciò a raccontare quanto aveva scoperto il giorno stesso della
morte di Cadance.
“La notizia della morte di Princess
Cadance è arrivata rapidamente in tutta Equestria. Io l’ho scoperto la sera
stessa, pare abbia avuto un crampo alle ali e non abbia fatto in tempo a
teletrasportarsi prima di schiantarsi. Un incidente subdolo, assurdo. Una morte
stupida.
Il giorno dopo mi ha suonato il
campanello l’ultimo pony che avrei voluto vedere: mio padre.
Non si fa mai vedere, non scrive mai,
non gliene importa nulla neppure di sua nipote, però ieri è salito fino a
questo pianerottolo, ha messo il sedere su questi cuscini e con tutta
tranquillità mi ha detto:
-Ieri è morta tua sorella.- ”
Gli occhi dorati di Lightning Dust
si posarono seri su quelli attoniti di Rainbow Dash, dopodiché la pony prese un
altro sorso di bibita.
“Devi sapere che mio padre è sempre
stato un tipo inaffidabile, ha seminato in giro delle figlie di cui non si è
mai curato. Ne ha due più piccole, una che non ho più visto e un’altra peggio
del demonio. Quattro giorni fa ho scoperto di avere una sorella più grande di me, di
non averla mai conosciuta e che questa non era nient’altro che la sovrana
dell’Impero di Cristallo!”
Per poco la spuma non andò di
traverso a Rainbow.
“Ma come?! Da quello che ho capito
Cadance era un’orfana adottata dalle principesse!”
“E invece no, è figlia di mio padre
e di una poveretta che ha ingannato e lasciato. Questa tizia deve averla abbandonata o dev’essere morta anche lei, visto come sono andate le cose!”
“Ma io non riesco a capire… Perché
tuo padre non si è più fatto vivo con Cadance? Voglio dire, per quel poco che
ho potuto vedere lei non ha mai menzionato i suoi genitori. Era una
principessa, avrebbe potuto sfruttare la sua posizione di potere!”
Lightning la guardò trucemente.
“Oh, credi che non ci abbia pensato?
Mi ha raccontato di aver voluto provare a riallacciare i rapporti con lei
quando era ragazzina, ma non aveva voluto turbare il suo equilibrio. Balle,
dico io. Lui la voleva manipolare a suo favore, essendo lei la protetta di Princess Celestia, ma quest'ultima era molto attenta a mia sorella e non la
lasciava spesso da sola, così lui non ha nemmeno provato ad incontrarla,
perché ha capito che non avrebbe cavato un paraspirito dal buco, anzi, si
sarebbe pure messo in cattiva luce con la sovrana.”
“Whoa…” riuscì solo a dire Rainbow,
finendo la sua bevanda.
“Poco male, Wind Rider non ha avuto
bisogno di incontrare sua figlia primogenita per cadere in disgrazia…”
Il bicchiere scappò di ala a
Rainbow, che lo riacchiappò per un soffio, pochi centesimi di secondo prima che
ci fossero frammenti di vetro per il pavimento della sala.
“Co-come? Wind Rider?!”
“Sì… Se ho deciso di iscrivermi
all’Accademia Wonderbolt non è stato solamente per il mio spirito competitivo,
ma anche per attirare l’attenzione di mio padre, che era stato per l’appunto
una gloria di quell’istituzione. Lui e mia madre sono stati sposati per
diciassette anni, e si sono lasciati perché lui aspettava una figlia da
un’altra. Anche quando viveva ancora in famiglia era distratto, troppo preso da
se stesso per regalare qualcosa a qualcuno. A quanto pare, io sono veramente figlia sua… Egoista, incapace
di provare empatia, innamorata della mia spavalderia… Mia madre ci ha provato a
far andare avanti la baracca, ma anche lei doveva lavorare e il suo lavoro di
organizzatrice dei Giochi di Equestria le portava via molto tempo. Io mio padre
lo adoravo. Volevo essere come lui da grande, una gloria dei Wonderbolt. L’ho
fatto per lui, per dimostrargli il mio valore. Quando mi hanno buttata fuori
dall’Accademia ha scrollato le spalle e mi ha detto semplicemente che avrei
trovato la mia strada. Capisci? Avrei preferito che mi gridasse dietro, che
avesse una reazione di orgoglio ferito, che gli importasse qualcosa, insomma. Invece niente. E’ rimasto sereno non perché avesse fiducia in me e nel mio
futuro, ma perché non gliene fregava niente. Aveva i suoi viaggi, i suoi
autografi, le sue adorabili figliolette che avevano appena iniziato la scuola,
non c’era più posto nei suoi pensieri per una scarpa vecchia come me. Con il
passare degli anni e il disfacimento pure di quella nuova famiglia, mi sono arresa. Avrei potuto diventare l’imperatrice
di tutto il mondo, ma per Wind Rider non sarebbe cambiato niente. Lui è l'unico
idolo della sua vita, non persegue altro.”
Aveva parlato a fiume, Lightning
Dust e la bocca di Rainbow Dash si era un poco spalancata dall’incredulità:
aveva toccato con tutti e quattro gli zoccoli il carattere complicato della sua
ex compagna di corso, ma non immaginava che fosse figlia di Wind Rider,
nonostante le palesi somiglianze.
Tante, troppe domande le si
affastellavano nella mente, così chiese un bicchiere d’acqua e le pose quella
che riteneva più urgente:
“Chi sono le tue sorelle più
piccole?”
“La più grande si chiama Spur,
adesso ha quattordici anni. Vive con gli zii materni e suo cugino Biscuit.
Sua sorella minore ha tredici anni
ed è una statua di pietra. Si chiama Cozy
Glow.”
Questa volta il bicchiere andò
veramente in frantumi sul pavimento. Ma che razza di famiglia aveva Lightning Dust?
Se era solo per quello, anche la stessa Princess Cadance!
“Scusami per il bicchiere, ma quello
che mi stai dicendo ha dell’incredibile!”
“Lo so, è un vero schifo…”
“Ma perché Cozy si è staccata dalla
famiglia ed è andata in giro a fare disastri? Non poteva starsene con sua
sorella?”
L’ultima domanda Rainbow se l’era
posta più a se stessa che a Lightning Dust. Non poteva dimenticare ciò che
aveva combinato quel demone di puledra.
“Che vuoi che ti dica, Rainbow, la
seconda moglie di mio padre è una svitata ricoverata nell’Ospedale di
Ponyville. Molto probabilmente la figlia ha preso da lei.”
“Cosa?”
“Mio padre l’ha incontrata alla sua
cerimonia di ritiro dai Wonderbolt. Screwy, questo era il suo nome. Una sua fan
sfegatata. Una maestra nel fingersi ciò che non era, nel ricacciare indietro la
sua follia con pasticche e chissà quale altra diavoleria. Quando l’ho vista per
la prima volta sembrava una pony come tante altre, non immaginavo che
nascondesse delle turbe mentali. Mio padre mi ha detto che aveva delle crisi
spaventose, dove si comportava come un animale selvatico, prendeva a morsi le
tende e i cuscini e sbavava, era diventata progressivamente incapace di
prendersi cura di se stessa e delle bambine. Credo che sia nata da questo la
sua volontà di separarsi e portare le mie sorelle dal fratello di Screwy e da
sua moglie.”
“E poi?”
“Ancora non lo hai compreso il
ritornello? Le ha parcheggiate lì e chi si è visto si è visto, in questo caso
poi si stava parlando delle figlie di una malata di mente, e mio padre temeva
che potessero aver ereditato qualche tara, quindi figurati se aveva voglia di
tirarsi addosso quell’impiccio.”
Rainbow Dash abbassò la testa. Era
tutto così diverso dalla sua infanzia dorata, circondata dall’affetto dei suoi
genitori, a volte fin troppo presenti ma sempre solleciti e protettivi. La vita
di Lightning Dust era invece sempre stata caratterizzata dal contrasto con un
padre assente e disinteressato, un’ombra ingombrante. Ciò non la giustificava,
avrebbe potuto comportarsi diversamente, ma sicuramente gettava una luce
diversa sui suoi errori.
“Mamma…”
La porta che conduceva alle camere
da letto si spalancò e da essa comparve la stessa figuretta che le ragazze
avevano notato al funerale. La figlia di Lightning Dust.
Era una piccola pony di terra dal
piacevole manto color fiordaliso. I corti capelli lisci sfumavano dal biondo
oro scuro all’arancio al biondo paglierino.
Gli occhi, dolci e miti, erano color
sabbia.
“Thunderquake, tesoro, ti sei
svegliata?”
Rainbow Dash rimase colpita dalla
dolcezza con la quale si rivolgeva alla bambina.
“Quakey, ti voglio presentare
Rainbow Dash, una mia vecchia amica.”
La
Wonderbolt non ribatté all’affermazione errata di Lightning, anche perché le
sembrava di essersi avvicinata parecchio all’altra pegaso dopo tutte quelle
confessioni.
Mentre la piccola faceva colazione,
la Scartata si decise di raccontarle la sua storia:
“Siamo solo io e lei. Il padre di
Thunderquake è un mio fan, ma non gli ho detto niente di lei, né ho intenzione
di coinvolgerlo nella nostra vita.”
Lightning si fermò ad osservare il
volto di Dash.
“So a cosa stai pensando, ti si
legge in faccia. Penserai che sono uguale a mio padre e in questo ti posso pure
dare ragione, ma io non mi sognerei mai di staccarmi da mia figlia, la amo
troppo, è la parte buona di me.”
La pegaso azzurra guardò la piccola
mangiare con appetito. Sua madre continuò a parlare:
“Sai, Rainbow… Mi piacerebbe portare
Thunderquake dai suoi parenti… Vorrei che conoscesse suo zio e sua cugina.
Potresti avvisare Princess Twilight per me? La mia piccola ha quattro anni e
non vorrei che ripetesse la mia infanzia senza punti fissi e senza radici.
D’altronde, anche con mia madre i rapporti non sono buoni, tanto che sul
campanello tu hai letto Dust e non Harshwhinny. E’ un cognome che mi sono
inventata io quando sono andata a cambiarlo, per simboleggiare la mia volontà
di ridurre in polvere il passato.”
Ora Lightning appariva raggiante,
con un sorriso di sfida sulle labbra.
Rainbow Dash si strofinò il mento,
indecisa sul da farsi, ma poi promise.
Durante il tragitto a casa si sentì
come immersa in una bolla di sapone, i rumori del traffico le giungevano
ovattati e l’albero genealogico di Lightning Dust, più intricato delle radici
di una palma, le procurò un mal di testa martellante per tutto il viaggio in
treno.