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Autore: Milkyna    12/01/2022    0 recensioni
Questa storia fa parte dell'AU Deathverse.
Un anno dopo l'incoronazione di Twilight come sovrana di Equestria, Cadance ha un brutto incidente in volo e muore, lasciando tutti smarriti e disperati. Al funerale partecipa la rivale di lunga data di Rainbow Dash, Lightning Dust, la quale reca con sé segreti inconfessabili di una famiglia disastrata e che sembrano includere anche la compianta principessa dell'Impero di Cristallo. Come reagiranno i familiari di Cadance? E come cambierà la loro vita dopo aver scoperto il segreto di Lightning Dust?
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Rainbow Dash, Shining Armor, Sorpresa, Twilight Sparkle
Note: Kidfic, OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Due giorni dopo, finiti gli allenamenti, Rainbow Dash si precipitò a Manehattan, dove sapeva viveva la sua rivale.

Ci mise le consuete cinque ore ad arrivare con il treno, e durante quel tempo infinito si mise a leggiucchiare il nuovo libro di Daring Do, ma non riusciva a concentrarsi come di consueto, così dopo qualche pagina decise di riporlo nella sua borsa e restare incollata al finestrino, mentre gli alberi e le montagne di Ponyville lasciavano il posto ad alte costruzioni moderne, grattacieli e l’indimenticabile Statua dell’Amicizia.

Una volta giunta alla Maneway Station, Rainbow si ritrovò immersa in una bolgia immensa, tra pony con l’inseparabile ventiquattrore, modelle alle prese con una fitta agenda e colt-scout in gita estiva.

Stando alle sue conoscenze, Lightning Dust viveva vicino a Bridleway, all’ultimissimo piano di un grattacielo di ultima generazione. Tipico, da parte di chi aveva il volo nel DNA.

La pony azzurra schiacciò il pulsante accanto alla scritta “Dust” e dopo qualche incerto minuto una voce gracchiante le rispose:

“Chi è?”

“Sono Rainbow Dash!”

Ci fu ancora una piccola pausa; Lightning Dust stava probabilmente pensando se fare entrare o no la sua rivale più agguerrita.

Nonostante tutto, la Wonderbolt udì il *click* della porta d’ingresso che si sbloccava, così si fece coraggio e volò fino al trentesimo piano, dove vide la pegaso dai capelli dorati già ad attenderla sull’uscio del suo appartamento.

“Non ti arrendi facilmente, eh?” la salutò quest’ultima, con un sorriso sarcastico che però parve a Rainbow Dash come venato di… gratitudine?

La ragazza dai crini arcobaleno entrò nel luminoso e ben arredato appartamento di Lightning Dust, guardandosi attorno come a voler cercare indizi della condizione della sua proprietaria.

“Sei preoccupata per me, cara la mia pony-spalla? Nonostante io sia tua nemica?”

Rainbow Dash sospirò; era maledettamente difficile far comprendere un concetto sfumato a Lightning Dust, lei ragionava per estremi. Tuttavia, ci provò:

“Lightning Dust, io non ti considero una nemica. Sei soltanto la mia più acerrima rivale, ma questo non significa che ti lascerei sola nel momento del bisogno.”

L’altra alzò un sopracciglio con fare indagatore:

“L’hai capito al funerale che ho bisogno di aiuto?”

“Non solo io, anche le mie amiche.”

Lightning si lasciò scappare una risatina amara, dopodiché si andò a sedere sul divano.

“Non vi sfugge niente… Ma devi sapere che io non sono malata, né in pericolo di vita. Se così fosse stato non mi avresti visto in quello stato pietoso, avrei accettato la mia sorte come qualunque altra sfida. Ma questo… quello che mi è capitato… va al di là di ogni mia immaginazione…”

Rainbow Dash, che era rimasta in piedi, le fece cenno di continuare.

“… Sono una pessima padrona di casa. Mettiti comoda, e prenditi pure una bibita dal frigorifero. C’è molto da raccontare se avrai voglia di ascoltarmi…”

Rainbow era sempre più catturata da quella situazione, non aveva mai visto Lightning Dust così sottotono, lei che aveva sempre avuto la più grossa faccia tosta della terra, superiore addirittura a quella di Discord per quanto la riguardava.

Così, per stemperare un po’ il racconto, le due ragazze si versarono della spuma rossa nei bicchieri e la Scartata cominciò a raccontare quanto aveva scoperto il giorno stesso della morte di Cadance.

“La notizia della morte di Princess Cadance è arrivata rapidamente in tutta Equestria. Io l’ho scoperto la sera stessa, pare abbia avuto un crampo alle ali e non abbia fatto in tempo a teletrasportarsi prima di schiantarsi. Un incidente subdolo, assurdo. Una morte stupida.

Il giorno dopo mi ha suonato il campanello l’ultimo pony che avrei voluto vedere: mio padre.

Non si fa mai vedere, non scrive mai, non gliene importa nulla neppure di sua nipote, però ieri è salito fino a questo pianerottolo, ha messo il sedere su questi cuscini e con tutta tranquillità mi ha detto:

-Ieri è morta tua sorella.-

Gli occhi dorati di Lightning Dust si posarono seri su quelli attoniti di Rainbow Dash, dopodiché la pony prese un altro sorso di bibita.

“Devi sapere che mio padre è sempre stato un tipo inaffidabile, ha seminato in giro delle figlie di cui non si è mai curato. Ne ha due più piccole, una che non ho più visto e un’altra peggio del demonio. Quattro giorni fa ho scoperto di avere una sorella più grande di me, di non averla mai conosciuta e che questa non era nient’altro che la sovrana dell’Impero di Cristallo!”

Per poco la spuma non andò di traverso a Rainbow.

“Ma come?! Da quello che ho capito Cadance era un’orfana adottata dalle principesse!”

“E invece no, è figlia di mio padre e di una poveretta che ha ingannato e lasciato. Questa tizia deve averla abbandonata o dev’essere morta anche lei, visto come sono andate le cose!”

“Ma io non riesco a capire… Perché tuo padre non si è più fatto vivo con Cadance? Voglio dire, per quel poco che ho potuto vedere lei non ha mai menzionato i suoi genitori. Era una principessa, avrebbe potuto sfruttare la sua posizione di potere!”

Lightning la guardò trucemente.

“Oh, credi che non ci abbia pensato? Mi ha raccontato di aver voluto provare a riallacciare i rapporti con lei quando era ragazzina, ma non aveva voluto turbare il suo equilibrio. Balle, dico io. Lui la voleva manipolare a suo favore, essendo lei la protetta di Princess Celestia, ma quest'ultima era molto attenta a mia sorella e non la lasciava spesso da sola, così lui non ha nemmeno provato ad incontrarla, perché ha capito che non avrebbe cavato un paraspirito dal buco, anzi, si sarebbe pure messo in cattiva luce con la sovrana.”

“Whoa…” riuscì solo a dire Rainbow, finendo la sua bevanda.

“Poco male, Wind Rider non ha avuto bisogno di incontrare sua figlia primogenita per cadere in disgrazia…”

Il bicchiere scappò di ala a Rainbow, che lo riacchiappò per un soffio, pochi centesimi di secondo prima che ci fossero frammenti di vetro per il pavimento della sala.

“Co-come? Wind Rider?!”

“Sì… Se ho deciso di iscrivermi all’Accademia Wonderbolt non è stato solamente per il mio spirito competitivo, ma anche per attirare l’attenzione di mio padre, che era stato per l’appunto una gloria di quell’istituzione. Lui e mia madre sono stati sposati per diciassette anni, e si sono lasciati perché lui aspettava una figlia da un’altra. Anche quando viveva ancora in famiglia era distratto, troppo preso da se stesso per regalare qualcosa a qualcuno. A quanto pare, io sono veramente figlia sua… Egoista, incapace di provare empatia, innamorata della mia spavalderia… Mia madre ci ha provato a far andare avanti la baracca, ma anche lei doveva lavorare e il suo lavoro di organizzatrice dei Giochi di Equestria le portava via molto tempo. Io mio padre lo adoravo. Volevo essere come lui da grande, una gloria dei Wonderbolt. L’ho fatto per lui, per dimostrargli il mio valore. Quando mi hanno buttata fuori dall’Accademia ha scrollato le spalle e mi ha detto semplicemente che avrei trovato la mia strada. Capisci? Avrei preferito che mi gridasse dietro, che avesse una reazione di orgoglio ferito, che gli importasse qualcosa, insomma. Invece niente. E’ rimasto sereno non perché avesse fiducia in me e nel mio futuro, ma perché non gliene fregava niente. Aveva i suoi viaggi, i suoi autografi, le sue adorabili figliolette che avevano appena iniziato la scuola, non c’era più posto nei suoi pensieri per una scarpa vecchia come me. Con il passare degli anni e il disfacimento pure di quella nuova famiglia, mi sono arresa. Avrei potuto diventare l’imperatrice di tutto il mondo, ma per Wind Rider non sarebbe cambiato niente. Lui è l'unico idolo della sua vita, non persegue altro.”

Aveva parlato a fiume, Lightning Dust e la bocca di Rainbow Dash si era un poco spalancata dall’incredulità: aveva toccato con tutti e quattro gli zoccoli il carattere complicato della sua ex compagna di corso, ma non immaginava che fosse figlia di Wind Rider, nonostante le palesi somiglianze.

Tante, troppe domande le si affastellavano nella mente, così chiese un bicchiere d’acqua e le pose quella che riteneva più urgente:

“Chi sono le tue sorelle più piccole?”

“La più grande si chiama Spur, adesso ha quattordici anni. Vive con gli zii materni e suo cugino Biscuit.

Sua sorella minore ha tredici anni ed è una statua di pietra. Si chiama Cozy Glow.”

Questa volta il bicchiere andò veramente in frantumi sul pavimento. Ma che razza di famiglia aveva Lightning Dust? Se era solo per quello, anche la stessa Princess Cadance!

“Scusami per il bicchiere, ma quello che mi stai dicendo ha dell’incredibile!”

“Lo so, è un vero schifo…”

“Ma perché Cozy si è staccata dalla famiglia ed è andata in giro a fare disastri? Non poteva starsene con sua sorella?”

L’ultima domanda Rainbow se l’era posta più a se stessa che a Lightning Dust. Non poteva dimenticare ciò che aveva combinato quel demone di puledra.

“Che vuoi che ti dica, Rainbow, la seconda moglie di mio padre è una svitata ricoverata nell’Ospedale di Ponyville. Molto probabilmente la figlia ha preso da lei.”

“Cosa?”

“Mio padre l’ha incontrata alla sua cerimonia di ritiro dai Wonderbolt. Screwy, questo era il suo nome. Una sua fan sfegatata. Una maestra nel fingersi ciò che non era, nel ricacciare indietro la sua follia con pasticche e chissà quale altra diavoleria. Quando l’ho vista per la prima volta sembrava una pony come tante altre, non immaginavo che nascondesse delle turbe mentali. Mio padre mi ha detto che aveva delle crisi spaventose, dove si comportava come un animale selvatico, prendeva a morsi le tende e i cuscini e sbavava, era diventata progressivamente incapace di prendersi cura di se stessa e delle bambine. Credo che sia nata da questo la sua volontà di separarsi e portare le mie sorelle dal fratello di Screwy e da sua moglie.”

“E poi?”

“Ancora non lo hai compreso il ritornello? Le ha parcheggiate lì e chi si è visto si è visto, in questo caso poi si stava parlando delle figlie di una malata di mente, e mio padre temeva che potessero aver ereditato qualche tara, quindi figurati se aveva voglia di tirarsi addosso quell’impiccio.”

Rainbow Dash abbassò la testa. Era tutto così diverso dalla sua infanzia dorata, circondata dall’affetto dei suoi genitori, a volte fin troppo presenti ma sempre solleciti e protettivi. La vita di Lightning Dust era invece sempre stata caratterizzata dal contrasto con un padre assente e disinteressato, un’ombra ingombrante. Ciò non la giustificava, avrebbe potuto comportarsi diversamente, ma sicuramente gettava una luce diversa sui suoi errori.

“Mamma…”

La porta che conduceva alle camere da letto si spalancò e da essa comparve la stessa figuretta che le ragazze avevano notato al funerale. La figlia di Lightning Dust.

Era una piccola pony di terra dal piacevole manto color fiordaliso. I corti capelli lisci sfumavano dal biondo oro scuro all’arancio al biondo paglierino.

Gli occhi, dolci e miti, erano color sabbia.

“Thunderquake, tesoro, ti sei svegliata?”

Rainbow Dash rimase colpita dalla dolcezza con la quale si rivolgeva alla bambina.

“Quakey, ti voglio presentare Rainbow Dash, una mia vecchia amica.”

La Wonderbolt non ribatté all’affermazione errata di Lightning, anche perché le sembrava di essersi avvicinata parecchio all’altra pegaso dopo tutte quelle confessioni.

Mentre la piccola faceva colazione, la Scartata si decise di raccontarle la sua storia:

“Siamo solo io e lei. Il padre di Thunderquake è un mio fan, ma non gli ho detto niente di lei, né ho intenzione di coinvolgerlo nella nostra vita.”

Lightning si fermò ad osservare il volto di Dash.

“So a cosa stai pensando, ti si legge in faccia. Penserai che sono uguale a mio padre e in questo ti posso pure dare ragione, ma io non mi sognerei mai di staccarmi da mia figlia, la amo troppo, è la parte buona di me.”

La pegaso azzurra guardò la piccola mangiare con appetito. Sua madre continuò a parlare:

“Sai, Rainbow… Mi piacerebbe portare Thunderquake dai suoi parenti… Vorrei che conoscesse suo zio e sua cugina. Potresti avvisare Princess Twilight per me? La mia piccola ha quattro anni e non vorrei che ripetesse la mia infanzia senza punti fissi e senza radici. D’altronde, anche con mia madre i rapporti non sono buoni, tanto che sul campanello tu hai letto Dust e non Harshwhinny. E’ un cognome che mi sono inventata io quando sono andata a cambiarlo, per simboleggiare la mia volontà di ridurre in polvere il passato.”

Ora Lightning appariva raggiante, con un sorriso di sfida sulle labbra.

Rainbow Dash si strofinò il mento, indecisa sul da farsi, ma poi promise.

Durante il tragitto a casa si sentì come immersa in una bolla di sapone, i rumori del traffico le giungevano ovattati e l’albero genealogico di Lightning Dust, più intricato delle radici di una palma, le procurò un mal di testa martellante per tutto il viaggio in treno.

 

 

 

 

 

 

   
 
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