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Autore: unrapido_sospiro    14/01/2022    1 recensioni
[Un Professore]
Storia basata sulla serie “Un professore”: contiene SPOILER sulla prima stagione.
[Long-Fic in cui Simone dopo l’incidente causato da Sbarra finisce in coma e perde la memoria: un disperato Manuel tenta di tutto pur di farlo innamorare di lui per la seconda volta.]
A/N:
In corsivo vengono riportati i pensieri di Manuel.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Soulmate!AU | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Il giorno seguente Manuel accompagnò Simone dal fisioterapista, e così per tutte le sedute successive. Continuava a recarsi in ospedale ogni giorno dopo la scuola, per stare con Simone: dapprima lo canzonava per il fatto che, con il braccio rotto e tutte le botte che aveva preso, non riusciva a fare praticamente nulla, ma subito dopo lo aiutava - pranzava insieme a lui, gli tagliava il cibo, gli dava una mano a vestirsi, lo accompagnava nel giardino dell'ospedale per farlo passeggiare, lo sorreggeva quando era stanco e le fitte al petto gli rendevano difficile respirare e camminare diritto. Tutti gli infermieri e i medici del reparto si erano affezionati a loro: li chiamavano "i fidanzatini" - e anche se Manuel fingeva di arrabbiarsi quando sentiva quel soprannome, in cuor suo era felice. Simone era vivo, presto si sarebbe ripreso del tutto e sarebbe tornato a casa: che altro desiderare?

Certo, Simone non aveva ancora recuperato la memoria, ma quella che all'inizio gli era sembrata una tragedia ora gli appariva come un'arma a suo favore: dal momento che Simone non ricordava nulla, Manuel aveva l'opportunità di ricominciare da capo con lui - stavolta cercando di non farlo soffrire inutilmente. Con calma, gli avrebbe dimostrato ciò che sentiva, svelandosi a piccoli sorsi.

 

Dentro di lui era in corso una battaglia tra due forze opposte, ognuna delle quali cercava di portarlo dalla propria parte.

Da un lato aveva finalmente accettato, dentro di sé, il suo sentimento nei confronti di Simone: ormai era inutile fingere che non tenesse a lui - non era più irraggiungibile come forse credeva Simone: era lì, a sua totale disposizione, al suo fianco. Non l'avrebbe più lasciato andare.

Dall'altro lato, tuttavia, la paura lo attanagliava. Sebbene non avesse più timore di ammettere nel segreto della sua anima le emozioni che provava quando era con Simone, al pensiero di dover parlare di tutto questo con il diretto interessato era invaso dal terrore. Dirlo ad alta voce - a Simone, a sua madre, a Dante, ai compagni di classe, al mondo: ecco che cosa lo terrorizzava.

 

Le parole danno luce alle cose, danno alla luce le cose: le fanno vivere, le plasmano, le rendono reali - dando loro forma, consistenza, colore. Ma sanno anche essere una trappola, una prigione: incasellano, inquadrano, dividono - mettono etichette, distribuiscono giudizi, stabiliscono confini. Hanno la pretesa di essere chiare, evidenti, cristalline, ma spesso sono ambigue, mendaci, confuse, misteriose. L'emozione non ha voce.

Come si dice l'amore?

Come si spiega la fiamma che ti divora dentro al semplice tocco della persona di cui sei innamorato? Come si racconta la leggerezza che ti pervade quando sei in sua compagnia? Come si risponde al perché di un sentimento?

L'amore accade, ma è anche una scelta: è una benedizione data da Dio, un voto infrangibile e sacro, un "sì" che va urlato al mondo intero, ma può essere anche una condanna ad ardere in eterno, un fuoco che consuma e corrode, una passione proibita e profondamente sbagliata. Ti riduce in cenere e tu non sai se quelle braci raccontino di una morte o di una rinascita.

L'amore ti salva dal morire quotidiano, o ti toglie giorno dopo giorno un frammento di vita per donarlo all'altro?

 

Manuel non sapeva rispondere. E d'altronde non osava nemmeno pensarci. Aveva un rapporto ambivalente nei confronti delle parole: le venerava, ma al contempo lo facevano sentire in gabbia, stretto in una morsa - oppresso dal loro peso, schiacciato su di esso. Aveva paura che, se avesse dato un nome al sentimento che provava, lo avrebbe incatenato, corrotto, contaminato, rovinato per sempre.

Per questo prediligeva i gesti, le azioni impulsive: avrebbe preferito di gran lunga poter baciare Simone, accarezzarlo, fare l'amore con lui, confondere il suo respiro con il suo e poi disegnargli sulla pelle il senso del suo sentimento, tracciare sulle sue labbra i contorni della parola "amore". Ma poi Simone lo avrebbe (giustamente) riempito di domande, avrebbe preteso un chiarimento: Manuel avrebbe saputo dargli le risposte che bramava?

Simone amava la matematica, la chiarezza inconfutabile delle espressioni, la purezza dei numeri, la loro non contraddittorietà: non avrebbe potuto accettare la confusione di Manuel, il caos interiore che lo logorava.

 

Dal canto suo, Simone era molto colpito dalle attenzioni di Manuel: era diventato estremamente protettivo e persino dolce nei suoi confronti. Era completamente diverso dal Manuel che si ricordava: dov'era finito quel ragazzo sempre pronto ad attaccare, perennemente sulla difensiva, dispensatore di battute sferzanti e spintoni non richiesti? Fino a quel momento Simone non gli aveva fatto domande su di loro: si beava dei gesti di Manuel, attendeva con ansia il suo arrivo dopo la scuola, rifletteva su ogni attimo passato insieme. Era confuso: Manuel passava tutto quel tempo con lui solo per pietà e senso di colpa? Lo faceva in nome della loro amicizia? Lo faceva per amore?

Quest'ultima opzione gli sembrava una pura e semplice illusione: sapeva bene che a Manuel piacevano le donne - gli piaceva Chicca, gli piaceva la ragazza più grande di cui aveva parlato con Laura (e che già odiava, sebbene non si ricordasse nulla di lei).

Eppure... Aveva notato più volte una strana intensità negli sguardi e nei gesti di Manuel - gli fissava le labbra, lo squadrava mentre si vestiva, oppure lo stringeva a sé con una delicatezza fin troppo affettuosa quando, dopo una giornata difficile, Simone si appoggiava a lui per camminare. Sperava con tutto il cuore che quella premura non fosse dettata semplicemente dalla preoccupazione di un amico: aveva capito perfettamente che, per lui, Manuel non sarebbe mai potuto essere solo questo. Prima o poi sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbero dovuto affrontare l'argomento: tuttavia, non aveva ancora trovato il momento giusto e il coraggio di parlarne con lui.




 

Erano passati più di dieci giorni dal suo risveglio: Simone stava lentamente recuperando le forze, grazie anche alla presenza costante di Manuel. Presto sarebbe potuto tornare a casa.

- SIMOOO !! È ufficiale !!

Manuel era entrato nella sua stanza d'ospedale urlando.   

- Che c'è?

- Ho incontrato il tuo medico mentre venivo qui: m'ha detto che domani te dimettono !   

- DAVVERO? Se è uno dei tuoi soliti scherzi giuro che te meno...

- Conciato come sei?? Mah... Comunque so' serissimo, non se scherza su 'ste robe !

- Madonna, non ci credo, finalmente... Mi manca da morire dormire in un letto vero.

Simone non vedeva letteralmente l'ora di tornare a casa sua.

 

- E quindi questa sarà la tua ultima notte qui in ospedale...

Manuel si era messo a girare avanti e indietro per la camera.

- A quanto pare...

- Ma te sei proprio sicuro de volerla passà qui?

Simone gli rivolse uno sguardo interrogativo.

- Ma che domanda è? Dove dovrei passarla, scusa?

- No, dicevo così, per dire...

Simone ovviamente non gli credette.

- Non ti credo. C'è qualcosa sotto. Che hai in mente?

- M'è venuta un'idea bellissima. L'ultima notte prima de tornà a casa dev'esse speciale, o no?

- Okay... E quindi...?

- E quindi c'ho 'n piano.

- Che piano?

- Te fidi?

- No.

- E daje Simò ! Te piacerà, vedrai ! Te devi solo tenè pronto quando te chiamo, poi usciamo da qui senza facce beccà e te porto in un bel posto. Va bene?

- Ma se ci scoprono? Se mio padre lo viene a sapere mi ammazza !

- Ma va che non s'accorge de nulla. E poi oh, io te offro l'opportunità de passà la notte in un posto bellissimo, e questo è il tuo modo de ringraziare? Anvedi che ingrato !

- E dove sarebbe 'sta meraviglia di posto? Non mi dai nemmeno un indizio?

- È una sorpresa. Fidate, no?

Manuel fece un sorriso beffardo. Simone lo guardò: non sapeva bene perché, ma decide di fidarsi di lui. E poi era troppo curioso di sapere dove sarebbero andati insieme. Che intenzioni aveva Manuel?

 

Alle 20.30 l'orario di visite era ormai finito da parecchio tempo: la cena era già stata servita e gli infermieri stavano ultimando il giro dei pazienti. Il corridoio antistante la camera di Simone era semivuoto - di lì a poco non ci sarebbe stato più nessuno a controllare. Il piano di Manuel stava per entrare in azione.

Il telefono di Simone squillò: era Manuel, ovviamente.

- Simò, ci sei? Io sto al parcheggio sul retro. Te aspetto.

- Arrivo.

Facendo attenzione a non essere visto, Simone sgattaiolò fuori dalla sua stanza, attraversò il corridoio e uscì dalla porta d'emergenza che portava al parcheggio delle moto. Fuori era già buio. Cercò Manuel con lo sguardo e lo vide, seduto sulla sua moto, ad aspettarlo: aveva un grosso zaino sulle spalle e un sorriso stampato sul volto.

- Stiamo a fà una cazzata, lo sai vero?

Simone lo disse ridendo: non era affatto preoccupato, a dir la verità. Era semplicemente elettrizzato all'idea di passare la notte con Manuel.

- Ma quale cazzata... Dopo me ringrazierai. Tieni, metti questo.

Manuel gli porse il casco, poi aiutò Simone a salire sulla moto.

 

- Stringiti forte a me, che se fai 'n altro incidente stavolta ce resti sotto.

Dal tono in cui lo disse trapelava la sua apprensione: era seriamente preoccupato che Simone potesse farsi male di nuovo.

- Posso toccarmi le palle??

- Non sto scherzando Simò. Stai attento.

- Tu pensa a guidare, va bene?

- Va bene, te lo prometto.

Simone gli cinse la vita con il braccio sinistro, mentre con il destro (ancora ingessato) cercò di aggrapparsi alla felpa di Manuel. Dopodiché, appoggiò il petto alla sua schiena, stringendosi forte a lui, come Manuel gli aveva ordinato. Manuel sussultò al contatto con il corpo di Simone: la sua stretta era salda, poteva sentire il suo respiro sul collo. Un brivido gli percorse la schiena.

- Quanto ci vorrà?

- Un po'. Mettiti comodo, rilassati. Stasera ce penso io a te.

Ci sarebbe voluta circa un'ora, traffico permettendo - l'idea di Manuel era di tornare verso l'alba, prima del giro di visite del mattino: nessuno in ospedale si sarebbe accorto dell'assenza di Simone. Dal canto suo, aveva dovuto trovare una scusa convincente con Dante e Anita per giustificare la sua assenza: aveva detto loro che sarebbe rimasto a dormire da Matteo. Aveva organizzato tutto nei minimi dettagli: quella notte sarebbe stata semplicemente perfetta.

 

Manuel mise in moto e partì. Direzione: Nettuno.


 

Non parlarono molto durante il viaggio: Simone cercò di godersi quei momenti senza pensare a niente, attento solo ai movimenti del corpo di Manuel stretto al suo. Avrebbe voluto che quel viaggio durasse in eterno. Ogni tanto Manuel si metteva a canticchiare qualche canzone, sovrappensiero. Sembrava allegro.

Verso le 21.45 Manuel lasciò la via principale che conduceva al centro abitato di Nettuno, per imboccare una strada provinciale che costeggiava i campi - dopo aver passato un grande bosco, proseguì per circa cinque chilometri: al primo incrocio girò a destra e, dopo qualche minuto, i due giunsero a un grande parcheggio.

Simone non riusciva a riconoscere la zona: non c'era mai stato prima di allora - Manuel invece sembrava sapere esattamente dove si trovassero: parcheggiò senza indugio e fece scendere Simone dalla moto. Non c'era anima viva intorno a loro.

 

- Ma dove m'hai portato? Mi vuoi uccidere e nascondere il mio cadavere nei campi?

Manuel si mise a ridere: non gliel'avrebbe mai rivelato, ma adorava quando Simone se ne usciva con queste battute. Lo trovava semplicemente irresistibile.

- Certo che sei proprio scemo te. Siamo a Nettuno. Ce sei mai stato?

- No, mai... Ma a Nettuno mica c'è il mare? Io qui non lo vedo... Era questo il famoso posto che volevi farmi vedere? Un parcheggio deserto??

- Uomo de poca fede. Non siamo ancora arrivati. Ce la fai a camminare per una decina di minuti?

- Ce la faccio, tranquillo. Dove si va?

- Di qui !

Manuel gli indicò un sentiero e iniziò ad incamminarsi: Simone lo seguì. Camminarono per una ventina di minuti: poi, finalmente, davanti a loro si aprì uno spettacolo inaspettato.

 

Tra il rumore delle onde e il cielo stellato, circondato dalla sabbia, il castello di Torre Astura si stagliava in tutta la sua straordinaria bellezza senza tempo: completamente circondata dal mare, la torre costiera fortificata risalente all'età medievale era legata alla terra da un ponte lungo e stretto su arcate.

Simone rimase senza fiato. La spiaggia era deserta: quello scenario unico era tutto per loro. Sembrava di essere in un film.

 

Manuel notò con estremo piacere lo stupore sul volto di Simone.

- Ci venivo tutte le estati da bambino con mamma. Lei si metteva qui a prendere il sole o a leggere, mentre io giocavo a calcio con gli amichetti miei. Poi me chiamava per la merenda e io tornavo da lei - allora ci mettevamo sotto l'ombrellone e mi raccontava le favole o il mito di Nettuno.

Manuel fece una pausa, seguita da un sospiro.

- Questo posto me ricorda cose belle. Ce so' affezionato.

Simone si girò verso di lui: sembrava così piccolo e fragile in quel momento - avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma temeva di metterlo a disagio, dunque si limitò a fissarlo.

- Bellissimo...

Simone si accorse di averlo detto proprio mentre lo guardava.

- Bellissimo che? Io??

Beccato. Simone arrossì: fortunatamente c'era buio e Manuel non poteva vederlo.

 

- Scemo... Intendevo questo posto. È bellissimo. Non ci ero mai stato prima. Chissà quante ragazze ti sei portato qui, sotto le stelle, eh...

Gli diede una gomitata nel fianco.

- Ma finiscila... Non c'ho mai portato nessuna. Non vengo qui da anni. Sei il primo che porto, e unico che sa de questa cosa.

- Neanche Chicca?

- No, neanche lei.

Simone si fece coraggio.

- Nemmeno quella tipa più grande che ti facevi...?

- Ma chi, Alice??

- Eh, quella...

"Fa' che non sia innamorato di lei" - pregò Simone.

 

- E te come fai a sapè de Alice? Hai recuperato la memoria??

- No no, macché. È stata Laura a dirmi di lei.

- E Laura che ne sa, scusa?

Simone si maledisse per averglielo detto: a quanto pare solo lui sapeva della sua storia con quella donna, mentre ora Manuel avrebbe scoperto che era andato a raccontare le sue cose a Laura.

"Che figura di merda" - pensò Simone. Tentò di dissimulare.

- Mah, devo averglielo detto io un po' di tempo fa...

- E perché te ne vai a raccontà i cazzi miei in giro? Era una cosa che sapevi solo te.

- Perché scusa, a te non è mai capitato di raccontare un segreto a qualcuno?

- Vabbè, che c'entra, sì...

- Ecco, appunto.

Manuel non aggiunse altro: Simone era proprio l'ultima persona con cui avrebbe voluto litigare in quel momento.

 

- Dai, lasciamo perde Alice, d'accordo?

- Va bene, va bene. Non hai risposto però... Ce l'hai portata sì o no??

- No che non ce l'ho portata. Contento adesso? È un posto speciale questo...

Un posto speciale. In cui non aveva portato nessun altro, tranne lui. Simone avrebbe voluto urlare per la felicità.

 

- Allora che famo, stiamo qui impalati come du' somari? Tiè, prendi questo.

Manuel gli porse lo zaino che aveva portato con sè: lo aprì e tirò fuori una grossa coperta di lana, poi la mise sulla sabbia e ci si sedette sopra.

- Ho portato da magnà e delle birre. Guarda un po' che robba. Dove lo trovi 'n altro che te prepara 'ste sorprese, eh Simò?

"E chi lo vuole un altro" - pensò Simone tra sè e sè.

 

- Posso?

Simone indicò la coperta.

- Vieni, vieni. Ce stiamo tutti e due.

Simone prese una birra e ne porse un'altra a Manuel. Dopodiché si sedette accanto a lui.

- A che brindiamo?

Manuel esitò prima di rispondere.

- A te. Che te sei ripreso alla grande e domani torni a casa. Sei er numero uno, Simò !

Simone sorrise.

 

- Sai, ti ricordavo diverso...

- Ah sì?

- Sì.

Manuel era curioso.

- E come me ricordavi?

- Più stronzo. E invece... Anche Manuel Ferro ha dei sentimenti. Ed è pure un mammone, stando a quello che mi hai detto prima su tua madre e le vostre estati qui. Se lo dico in giro non mi crede nessuno.

- Ma vaffanculo, va !

I due si misero a ridere.

 

- Comunque... Mi piace molto.

- Lo so, è stupendo qui... E poi guarda quante stelle Simò !

- Anche, sì, il posto è bellissimo. Io però intendevo... Questa nuova versione di te. Mi piace... E pure parecchio.

Manuel sorrise imbarazzato: non era abituato ai complimenti, soprattutto se era Simone a farglieli.

"Anche tu mi piaci da morire, Simo" - pensò tra sé e sé.

 

Manuel prese un sacchetto di caramelle e lo porse a Simone. Sembrava un bambino felice.

- Hai pensato proprio a tutto, vedo.

- Te l'avevo detto io di fidarti. E non dirmi che avresti preferito restà in ospedale perché non ce credo.

- È vero, ho fatto bene a fidarmi, devo ammetterlo.

- Ecco, bravo. Ora statte un po' zitto: ascolta il mare.

Il rumore del mare, il ritmo dolce e rigenerante delle onde. Da quanto tempo non lo sentiva.

Manuel si sdraiò sulla coperta, subito seguito da Simone: le loro ginocchia si toccavano. Quel lieve contatto era più che sufficiente a farli sentire complici. Restarono in silenzio per diversi minuti: Manuel si accese una sigaretta.

- Manu...

- Eh? Che c'è Simò?

Manuel rispose con un po' troppa apprensione al mormorio di Simone.

- Non è che per caso hai portato un'altra coperta?

- Perché? C'hai freddo?

- Un po'...

- To', tiè questa.

Manuel si tolse la felpa e la porse a Simone, rimanendo in maglietta.

- Sei sicuro? Così poi hai freddo te !

- Non fa niente... E poi mica fa freddo, sei te che sei 'na mezza cartuccia.

Invece già tremava: nonostante fosse primavera, quella notte a Nettuno c'era un leggero venticello. Cercò di non farlo notare a Simone: l'importante era che lui stesse bene.

- Grazie...

Simone si tolse la giacca, indossò la felpa di Manuel e si rimise la giacca. Subito si rese conto che Manuel aveva i brividi: allora si fece coraggio e si girò verso di lui.

- Ascolta, non voglio che ti ammali per colpa mia... Vuoi venire qui?

- Dove?

- Qui... Più vicino a me. Così stiamo caldi entrambi.

Manuel rimase un attimo in silenzio.

- Va bene.

Si avvicinò a lui. Ora i loro corpi erano molto vicini: spalla contro spalla, il braccio dell'uno era disteso accanto quello dell'altro. Le loro mani si toccavano a loro volta. Simone si girò a guardare Manuel: si accorse che il ragazzo lo stava già guardando.

- Che guardi?

Simone era sicuro che Manuel gli avrebbe risposto con una battuta. E invece...

- Guardo te.

- E che pensi?

Manuel alzò gli occhi al cielo e fece un lungo sospiro.

- Che fai troppe domande. Ma anche che sono contento che sei vivo.

- Anche io sono contento di essere vivo.

Scoppiarono entrambi a ridere.

 

Simone si fece coraggio.

- Senti... Te la posso fare ancora qualche domanda?

- Se proprio devi...

Simone prese fiato.

- Laura mi ha detto che sono cambiato negli ultimi mesi. Che sono diverso da quando io e te siamo... Amici. Tu sapresti dirmi in che senso...?

- In effetti la tua amichetta non c'ha tutti i torti. Non sei più il perfettino tutto casa e scuola de prima.

- Ma sentilo. E come sarei ora?

- Molto più interessante. E tutto grazie a me.

- Definisci "interessante"...

- Nel senso che hai iniziato a vivere. A fa' un po' de cazzate.

- Del tipo?

- Tipo che hai fumato una canna. E te sei fatto fa' un tatuaggio da me.

- Ma allora è opera tua il capolavoro che c'ho sul braccio !

- Che fai, sfotti? Me l'hai chiesto te di scriverti quella robba.

- "Quella roba"?? Stai parlando della formula più importante della...

Manuel lo interruppe subito.

- Sì sì va bene Einstein, abbiamo capito. Non me ne frega niente della tua matematica.

- Stronzo... Di sicuro mi avrai fatto malissimo.

- Sei te che c'hai la soglia del dolore pari a zero. Piagnevi come un bambino.

- Sappi che il tuo essere maligno e perfido non mi tocca, i tuoi cattivi pensieri non possono intaccare una mente brillante come la mia...

Manuel si mise a ridere. Quanto era buffo.

- Ma te stai male sul serio, altro che trauma cranico...

Scoppiarono di nuovo a ridere entrambi.

 

- Vabbè dai, non è uscito poi così male alla fine... Poi? Che altre cazzate avrei fatto?

- Hai iniziato a prendere brutti voti a scuola e a rispondere male ai prof. Una volta hai risposto anche a Lombardi per difendermi: a momenti je veniva un coccolone... Poi hai rubato il suo compito di latino e me l'hai passato - anche se poi tuo padre l'ha scoperto, l'ha inviato alla classe e ha fatto un macello...

- Il solito stronzo pure lui eh, i cazzi suoi MAI...

- Non te permette de parlà male del mio prof preferito, aò !

- Aiuto. Pure te in fissa con la filosofia? È un incubo...

 

Manuel proseguì.

- Ma mica è finita qui...

- C'è altro? Che ho fatto poi? Ho rubato un motorino?

- A dir la verità una macchina...

- COSA???

- Hai capito bene. M'hai fatto da palo. A Simone Balestra ormai je fa 'n baffo la galera.

- Sfotti, sfotti pure... Non ci posso credere che l'ho fatto davvero.

- Hai pure rubato le chiavi della scuola a tuo padre per farci la festa tua de compleanno...

Manuel si rese immediatamente conto di aver fatto una cazzata a nominare la festa di Simone. Pregò che Simone non gli facesse domande su quella notte.

 

- Oddio... Certo che tu hai proprio una cattiva influenza su di me.

Simone si mise a ridere. Manuel invece era tesissimo.

- Ma almeno la festa è stata bella? Ne è valsa la pena o...?

A Manuel mancò il fiato. Avrebbe dovuto dirgli tutta la verità?

 

- Ecco, a proposito della festa... È successa una cosa quella sera.

- Che cosa? Ho fatto altre cazzate?

Manuel si immobilizzò. Gli mancava il fiato. Simone se ne accorse, perciò si girò sul fianco in direzione del ragazzo.

- Allora?? Che è successo alla festa??

- ... Giulio.

- Giulio? Che ha combinato?

- Ha bevuto troppo ed è finito all'ospedale.

- Pure lui?? Mamma mia, che classe di sfigati che siamo !

 

Simone non poteva immaginare il caos che regnava in quel momento nella testa di Manuel. Aveva appena avuto l'occasione perfetta per parlare di quella notte: ce l'aveva quasi fatta, era ad un passo dal dirgli tutto, ma alla fine... Gli era mancato il coraggio. Come sempre. Si odiò per la sua vigliaccheria.

 

Si voltò a guardare Simone.

- Senti, io vado a fare quattro passi qui vicino, va bene? Così me sgranchisco un po' le gambe.

- Va bene, vai pure. Io rimango qui che sono un po' stanco...

- Arrivo tra qualche minuto, non te move.

Manuel si alzò e diede le spalle a Simone, che era rimasto alquanto confuso dall'improvviso sbalzo d'umore del ragazzo. Iniziò a camminare, allontanandosi da lui. Aveva bisogno di respirare, di stare un po' da solo.




 

Tornò una ventina di minuti dopo. Quando si avvicinò a Simone, notò che era girato su un fianco. Dormiva, o almeno così sembrava, a giudicare dal suo respiro regolare. Manuel si sedette accanto a lui, attento a non svegliarlo.

Mentre dormiva Simone sembrava così piccolo e indifeso... I suoi muscoli erano rilassati, i capelli ricci gli cadevano con delicatezza sulla fronte. Era una visione dolcissima. Manuel pensò che avrebbe voluto svegliarlo e fare l'amore con lui per tutta la notte: in silenzio, prima con foga, poi con calma e tenerezza.

- Mannaggia a te, Simo, che cosa me fai pensà...

Lo disse sottovoce, convinto che Simone non lo stesse ascoltando. Poi, mosso da tenerezza, si avvicinò lentamente a lui e gli diede un brevissimo bacio sulle labbra, appena percettibile.

 

- Buonanotte Simò...

Poi si girò sul fianco, dandogli le spalle. Prese il cellulare: erano le 3 di notte. Mise la sveglia alle 4.30: avrebbero dovuto svegliarsi prestissimo per poter essere di ritorno all'ospedale in tempo. Dopodiché, si addormentò.




 

Simone aprì gli occhi. Non stava affatto dormendo. Ed ora non sarebbe di sicuro riuscito a prendere sonno, dopo quello che Manuel aveva appena fatto. Manuel lo aveva baciato.

Manuel.

Lo.

Aveva.

Baciato.

Doveva essere impazzito.

Che cosa era successo?? Stava sognando??? Forse la birra gli aveva dato alla testa: non era più abituato a bere.

Eppure era sicuro di essere sveglio. Era successo davvero.

Non capiva più nulla. Decise di rimandare le riflessioni al giorno seguente: in quel momento era troppo felice per pensare. Si addormentò circa un'ora dopo, con il sorriso sulle labbra.




 

Manuel aprì gli occhi: la luce del sole lo abbagliò immediatamente. Si guardò intorno per capire dove si trovasse: la vista di Torre Astura lo fece subito tornare in sè. Ancora frastornato, prese il cellulare: erano le 7.43. Trovò 30 chiamate perse di Anita e 26 di Dante.

Cazzo. Non aveva sentito la sveglia.

Lui e Simone erano in guai seri.

   
 
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