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Autore: Valerie    19/01/2022    1 recensioni
Gibbs, che uomo enigmatico, si ritrovò a pensare, mentre cercava di scacciare quel senso di disagio che aveva sempre quando contrariava o feriva qualcuno e mentre ignorava di proposito il sospiro spazientito del compagno che riprendeva il cammino con l’auto. Il capo della squadra dell’NCIS era un tipo di poche parole, ma dagli occhi sempre vigili e scrutatori, aveva concluso. Non avrebbe mai dimenticato il loro primo incontro, erano atterrati a Washington solo da qualche ora, la pista che stavano seguendo sul caso Ventura li aveva portati in un capanno dismesso poco fuori città, si erano separati per perlustrare la zona e, dopo un po’ di tempo, nel silenzio più totale, aveva avvertito un fruscio alle proprie spalle, ma non prima di aver annusato nell’aria un leggero odore che era sicura di aver già sentito, un profumo, che solo dopo avrebbe ricondotto al pino silvestre. Non fece in tempo a voltarsi che si ritrovò con una pistola puntata alla tempia e un paio di occhi di ghiaccio che la fissavano. L’espressione dell’uomo era imperscrutabile, aveva un’aria austera, fredda, ferma
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Leroy Jethro Gibbs
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con
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Aprì a fatica gli occhi. Aveva dolore in ogni parte del corpo. Cercò di mettere a fuoco l’ambiente circostante, ma si rese conto di vedere tutto leggermente sfocato.

Le spalle erano indolenzite, i polsi immobili, legati fra di loro.

Olivia aveva sempre saputo che quel caso sarebbe stato molto rischioso, ma aveva altrettanto sperato di riuscire a cavarsela, in un modo o nell’altro.

Alla fine aveva perso.

Le avevano riassegnato l’indagine tre giorni dopo la morte di Riccardo, dopo che se ne era andata da casa di Gibbs, e da lì tutto era capitolato.

Gibbs.

Il solo pensarlo le faceva contrarre ogni singolo muscolo del corpo.

Era letteralmente scappata da lui, in preda ad una paura che di illogico non aveva nulla, se solo ci si fermava a ragionarci su. Ma Gibbs non era tipo da lasciarsi liquidare in quel modo.

Quando Vance l’aveva convocata all’ufficio dell’NCIS per riconsegnarle pistola e distintivo, si comportarono come se nulla fosse successo, benché a lui riuscisse decisamente meglio che a lei.

-Hai un minuto?- le aveva chiesto l’agente speciale infilandosi velocemente fra le porte dell’ascensore che si andavano chiudendo.

-Ho un narcotrafficante da arrestare- gli aveva risposto lei con sufficiente imbarazzo.

-Il narcotrafficante può aspettare- disse l’uomo premendo il pulsante di arresto dell’ascensore.

Olivia si morse un labbro.

-Come stai?- le aveva chiesto ancora.

-Bene-

-Ed è perché stai bene che sei andata via da casa mia come una fuggitiva?- fece incalzante, parandosi davanti a lei e non dandole opportunità di voltarsi altrove.

-Cosa avrei dovuto fare?- gli aveva quasi urlato puntando gli occhi nei suoi -Mi sentivo a disagio!- disse giustificandosi.

-Siamo due persone adulte, Olivia. Potevamo parlarne!- esclamò lui risentito.

-Perché? Per sentirmi dire che è stato un errore?- sta volta era stata lei ad essere risentita.

Gibbs la guardò contrariato.

-Non è stato…- cercò di controbattere, ma lei lo interruppe prima che potesse concludere la frase.

-Ti prego, Jethro…- sospirò -…credo di sapere cosa stai pensando. La notizia della morte di Riccardo, però, è  stata solamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Io…- aveva fatto una pausa per prendere fiato -Io volevo, in modo cosciente, lucido, pensato, che quello che c’è stato l’altra notte fra noi accadesse. E vorrei che succedesse ancora…- concluse quasi in un sussurro, abbassando lo sguardo.

-Ed è per questo che mi eviti?- le aveva chiesto lui avvicinandosi di un passo.

Sì, mille volte sì.

Lei non era un tipo fisico e passionale, e sentirsi così coinvolta, per la prima volta nella vita, la spaventava.

Si conosceva bene, e sapeva che ciò che iniziava a desiderare davvero, forse in modo immaturo e ingenuo, non era possibile si realizzasse.

-Io non voglio solo qualche avventura sparsa qua e là- gli aveva risposto fuggendo il suo sguardo e premendo il pulsante di riattivazione dell’ascensore -Ma non voglio neanche innamorarmi di te- 

“Non voglio innamorarmi di te”

Sorrise in modo doloroso al rievocare quelle parole, anche se non sapeva se a fargli male fosse più  il ricordo o i muscoli del viso.

Erano state le ultime parole che si erano scambiati. Lui non aveva risposto nulla e lei era uscita dell’ascensore senza neanche voltarsi.

Leroy Jethro Gibbs era l’uomo più complesso e tormentato che avesse mai conosciuto.

Nel tempo trascorso all’NCIS era stata capace di racimolare informazioni che lo riguardavano ed era quindi venuta a conoscenza della tragica storia che aveva alle spalle, della morte di sua moglie e sua figlia.

I fantasmi del passato lo avrebbero perseguitato per sempre, e forse poteva dirsi anche normale che fosse così, ma lei non voleva essere un semplice ripiego.

Lui aveva tutto il diritto di vivere nel ricordo doloroso di ciò che era stato, ma lei aveva il diritto di essere, se non la primizia, la scelta senza condizioni di qualcuno. E questo, lo sapeva bene, Gibbs non poteva darglielo. Ma forse nulla di tutto quello avrebbe avuto più molta importanza.

Scosse piano la testa. Era curioso come avvicinarsi tanto alla morte potesse relativizzare ogni cosa.

Era tenuta prigioniera da già quattro giorni, o almeno le sembrava che fosse così. Chiusa in quella stanza buia lo scorrere del tempo era indefinito, ma ogni ora che passava la allontanava dalla possibilità di rimanere viva.

Era sicura la stessero cercando, ma temeva che non sarebbero arrivati in tempo.

Leone Ventura le aveva fatto visita personalmente, accertandosi che fosse trattata con tutti i riguardi del caso.

L’aveva minacciata prima di farla pestare a sangue. Ma lei non riusciva a comprendere.

Continuava a chiederle dove fosse Riccardo Tosti e lei non aveva fatto altro che rispondere sempre e solo con la verità: era morto per mano sua.

A quanto pareva, però, la risposta non era quella tanto attesa.

Un rumore metallico attirò la sua attenzione e uno spicchio di luce invase la stanza.

-Ciao bambolina- la voce bassa e viscida di un uomo le giunse alle orecchie. Tirò su la testa, cercando di inquadrare la figura che si avvicinava, di cui vedeva a malapena la sagoma.

-Oh, ancora non riesci a vedere…- biascicò lui arrivando a sfiorarle il viso. Aveva gli occhi così  gonfi che non era difficile rendersi conto della difficoltà che riscontrava nel mettere a fuoco.

Olivia si ritrasse immediatamente, nauseata dal solo udirlo parlare.

-La gattina fa la preziosa- la sbeffeggiò -Hai poco da agitarti, bambolina. Chiusa qui sotto nessuno potrà venirti a salvare- continuò a dirle mentre le sfiorava la mascella con l’indice e poi arrivava a serrarle la mano intorno al collo.

Aveva ragione, forse non c’era più nulla da sperare. Non c’era più via d’uscita. Chiuse gli occhi trattenendo le lacrime. Non aveva paura di morire, se l’alternativa era soffrire per mano di un criminale senza scrupoli.

Sperava solo che la fine sopraggiungesse presto.

-Come ci si sente ad essere stati traditi da coloro che avevano giurato di proteggerti?- le chiese l’uomo liberandola dalla stretta.

Olivia non rispose, non voleva cedere alla provocazione. Riaprì piano gli occhi e guardò in direzione della sagoma scura poco lontana.

-Te l’ha fatta proprio sotto il naso, il tuo caro compagno- le disse sornione -Non hai idea delle volte in cui si è preso gioco di te. “Ma chi, quella?” diceva “Non si accorgerebbe della droga neanche se le passasse sotto gli occhi”-

Ebbe un tuffo al cuore. Il senso di colpa per aver ucciso Riccardo aveva surclassato la sua irreprensibile condotta. Se possibile, pensare al suo tradimento, in quel momento, le risultava ancora più doloroso.

Aveva bisogno di aggrapparsi al ricordo di lui che le portava il caffè la mattina presto in una camera d’albergo, o all’idea che ci fosse ancora del buono e giusto in lui, oltre la corruzione che lo aveva plagiato, ma l’immagine di quel giorno al porto, la pistola puntata contro di lei, premeva prepotente per emergere.

Per chi diavolo stava facendo tutto quello? Se non per vendicare un uomo che, in fin dei conti, non avrebbe esitato a spararle per salvarsi la pelle?

La verità era che lo aveva fatto per sentirsi a posto con la coscienza, e per trovare finalmente un capro espiatorio cui addossare la colpa.

-Il tuo amichetto si è fatto comprare con due spicci- continuò quello, incurante dei suoi silenzi – Lo Stato che tanto vi prodigate di difendere non vi paga abbastanza?- le chiese avvicinando pericolosamente il proprio viso al suo.

Olivia poteva sentire chiaramente l’odore di tabacco misto ad alcol che proveniva dalla sua bocca.

Continuò a non rispondere, come se ignorandolo potesse per magia smetterla di essere al centro delle sue attenzioni.

-Sai che succede alle bamboline indisponenti che se ne vanno tutte sole in giro a curiosare?- le soffiò ad un palmo dal naso – Non ti hanno mai messo in guardia dall’uomo nero?- continuò quella tortura posandole una mano sulla clavicola e scendendo verso il basso, portandosi dietro la scollatura della maglia.

Serrò di nuovo gli occhi.

Avvertire il tocco di quell’essere stomachevole addosso le procurava un senso di nausea devastante e, per la prima volta, da quando era chiusa lì dentro, provò profondamente paura.

Deglutì quel poco di saliva che le era rimasta, mentre le labbra prendevano a tremarle dalla tensione.

Quando la mano dell’uomo le si strinse intorno al seno, ormai coperto solamente dal tessuto del suo intimo, non poté evitare di emettere un lamento e cercare di dimenarsi.

-Shh!- le intimò lui tenendola ferma e lasciandole una scia umida sul collo con la punta della lingua -Lo so che in realtà ti piace-

Si poteva desiderare così ardentemente di morire? Cercò di muoversi e allontanarsi il più possibile da lui, per quanto i suoi polsi e le sue caviglie strette in una corda le permettessero, ma l’uomo non si scoraggiò. Le liberò le gambe dai lacci che le costringevano alla sedia e strattonandola la buttò malamente sul pavimento.

Istintivamente Olivia cercò un angolino in cui ripararsi. Stava per fare la fine del topo dato in pasto al boa dentro ad una teca.

Il cuore le batteva all’impazzata e la ragione iniziava a cedere il passo alla dilagante disperazione.

Scalciò come una forsennata quando l’uomo le si scaraventò addosso.

-Vieni qui, bambolina, adesso ti faccio divertire un po’- le disse bloccandole le gambe col suo peso e avvicinandosi a sbottonarle i pantaloni.

I lamenti di lei si tramutarono in suppliche disperate, mentre sentiva il tessuto dei jeans seguito da quello degli slip abbassarsi lungo le cosce.

 

 

*

 

 

Si sentiva come un animale in gabbia. Non ricordava l’ultima volta che aveva provato una frustrazione, un’impotenza e una rabbia così bruciante.

Non riusciva a pensare ad altro. L’immagine del corpo seminudo di Olivia riverso a terra, quell’uomo che la sovrastava e la toccava.

Prese a calci uno dei bidoni della spazzatura che si trovava di fronte.

Avevano iniziato le ricerche di Olivia appena resisi conto che qualcosa non andava. Il suo cellulare squillava a vuoto e, nella stanza che aveva preso in albergo, di lei non v’era traccia.

Dopo aver localizzato e trovato il suo telefono in un vicolo poco battuto avevano capito che era stata rapita.

Durante il secondo sopralluogo in albergo avevano sorpreso uno degli uomini di Ventura a rovistare fra le cose di Olivia. Solo dopo lunghe ore di interrogatorio e un patteggiamento l’uomo si era deciso a collaborare.

La cosa che lo aveva fatto infuriare di più era stato, però, tutto il temporeggiare da parte di Vance.

Non avevano tempo, Olivia non ne aveva. Eppure, il direttore dell’NCIS si era dimostrato restio a scendere a patti con quel criminale. A quanto pareva, salvaguardare un’agente dell’SSI non era una sua priorità.

-Jethro…- la voce di Ducky gli giunse alle orecchie.

 Sospirò profondamente passandosi una mano sul viso.

Il dottor Mallard, che si era proposto di accompagnare la squadra durante l’operazione di liberazione, aveva soccorso Olivia non appena possibile e le era rimasto vicino durante tutto il viaggio in ambulanza.

Gibbs si girò a guardare il vecchio amico, senza avere il coraggio di pronunciare la domanda di cui temeva terribilmente la risposta.

Ducky sembrò capirlo al volo.

-Si riprenderà- gli disse semplicemente -Le ci vorrà del tempo, ma si riprenderà-

-Lo avrei ucciso, Ducky- fece l’agente speciale, come se l’altro non avesse parlato affatto, esalando quella verità come se ammetterla a qualcuno gli potesse dare finalmente l’opportunità di stare meglio  -Avrei sparato in fronte a quell’animale schifoso-

-Lo so, Jethro. Lo so…Ma hai consegnato quell’uomo alla giustizia. Hai fatto la cosa migliore- rispose il vecchio dottore avvicinandosi a lui.

Il coroner non aveva bisogno di fare un grande sforzo per immaginare lo stato emotivo dell’uomo che si trovava di fronte. Conosceva Jethro da moltissimi anni e lo aveva visto perdere il controllo delle sue reazione pochissime volte.

Lo vedeva diverso. In quei giorni aveva potuto notare come l’atteggiamento distaccato che lo contraddistingueva nell’approccio al lavoro avesse ceduto il passo ad uno stato di inquietudine e preoccupazione.

Era cambiato, e che lui lo ammettesse o meno a sé stesso, la relazione con quella donna c’entrava qualcosa.

-E’ sveglia, se vuoi vederla- aggiunse guardandolo benevolmente.

Gibbs lo guardò sofferente. Tutto d’un tratto non aveva il coraggio.

Lui che aveva dimostrato sangue freddo nelle situazioni peggiori, ora aveva paura di sostenere lo sguardo di Olivia. Il pensiero di scorgere dolore profondo in quei suoi occhi scuri, gli opprimeva il petto.

-Va da lei- lo incoraggiò Ducky posandogli una mano sulla spalla.

Gibbs annuì.

Percorse i corridoi che lo separavano dalla stanza di Olivia pensando a cosa dirle.

Una volta scagliato a terra lo scagnozzo di Ventura e dopo che Di Nozzo lo aveva ammanettato, lui si era precipitato accanto a lei, l’aveva coperta con la sua giacca e l’aveva tenuta stretta fino all’arrivo dei medici.

Le aveva chiesto di parlargli, mentre cercava di rassicurarla con la sua presenza, ma ad Olivia non era riuscito altro che singhiozzare.

Gli si era rannicchiata contro il petto e aveva nascosto il viso fra le pieghe della sua camicia.

Dio! Se avesse potuto scendere all’inferno in cambio di quella sua sofferenza, l’avrebbe fatto.

Toc.Toc.

Bussò leggermente alla porta della sua stanza.

-Avanti- la sentì dire debolmente.

Aprì piano la porta ed entrò.

La trovò immersa fra dei cuscini che avevano tutta l’aria di essere morbidi e vaporosi, con tubicini sparsi qua e là che andavano da lei a dei macchinari ai lati del letto. Un regolare suono elettronico scandiva il ritmo del suo cuore.

Le sorrise nel vedere che puntava gli occhi su di sé.

-Ehi…- le disse avvicinandosi, fino ad arrivare alla sedia accanto al letto.

Olivia cercò di sorridergli di rimando, per quanto i lividi e le ferite sul viso le permettessero di farlo.

-Ciao…- gli rispose lei allungando una mano, che lui prese prontamente fra le sue.

-Sei qui per farmi delle domande?- chiese lei a fatica.

-No, niente domande. Il caso è stato chiuso- le rispose carezzandole dolcemente la mano -Ventura finirà al fresco per un bel po’ di tempo. Sono qui solo per te- concluse.

Era la verità. Mentre guidava sfrecciando fra le macchine, solo qualche ora prima, l’arresto di Ventura era l’ultimo dei suoi pensieri. Il suo unico obiettivo era portarla in salvo, il più lontano possibile da qualsiasi pericolo.

Si protrasse leggermente in avanti per sfiorarle il viso in una carezza, ma lei si scostò istintivamente.

-Scusami…- sussurrò -Non volevo…-

Olivia scosse piano la testa -No, non preoccuparti- gli disse tenendo gli occhi chiusi per impedire a delle lacrime di scendere -Il dottor Mallard ha detto che guarirò- continuò annuendo e tornando a guardarlo.

Un velo di pianto le appannava la vista, ma non voleva cedere di nuovo al dolore. Era grata al cielo per essere ancora lì e a lui per averla trovata.

Non avrebbe mai dimenticato il dirompente sollievo nel sentirsi al sicuro fra le se braccia, dopo essere passata per le mani di quel viscido mostro.

-Olivia, io…-

-Jethro…-

Dissero contemporaneamente dopo qualche secondo di silenzio.

-Ti prego, prima tu- le disse lui.

Olivia prese un profondo respiro.

-Ho deciso di tornare in Italia, non appena mi sarà possibile- disse.

Gibbs trattenne il fiato, ma non lo diede a vedere.

-Capisco- disse semplicemente, mettendosi dritto sulla sedia.

-Il caso è stato chiuso, Ventura arrestato, e io ho bisogno di raccogliere i pezzi di me che sono andati in frantumi- fece lei fra una pausa e l’altra -Ho bisogno di ritrovarmi, Jethro- spiegò concludendo.

Annuì, lo capiva benissimo. Trovarsi faccia a faccia con la morte era un’esperienza che cambiava i connotati della vita stessa. Le priorità prendevano tutto un altro assetto. In alcuni casi era necessario ricominciare da capo.

Non era da tutti riconoscerlo. Lui per primo aveva più volte ignorato quell’esigenza, sopravvivendo al tormento dei fantasmi del passato, senza mai essere in grado di dirgli veramente addio.

Più il tempo passa, in certi casi, più il meccanismo si cronicizza, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno. Come capitato a lui. Isolare così tanto il cuore da arrivare a non sentirlo più, vuol dire rischiare che questo si necrotizzi.

Le sorrise. Aveva dimostrato molto più coraggio di quanto lei stessa avesse mai immaginato di possedere.

-Tu volevi dirmi qualcosa?- lo incalzò lei, tornando a poco prima.

-Io…- fece assottigliando gli occhi -…temo di non ricordarlo- le disse alzandosi -Forse è meglio che tu riposi un po’, però-

Olivia si sentì leggermente spaesata nel vederlo allontanarsi. Nonostante la decisione presa, anzi, forse proprio per quella, averlo accanto per più tempo possibile le infondeva sollievo.

-Sì, credo di averne bisogno- si limitò comunque a dire. Non voleva trattenerlo se lui aveva desiderio di andarsene.

Gibbs fece un passo verso la porta, poi si girò di nuovo a guardarla.

-Mi sbagliavo- le disse fissandola con quei suoi occhi azzurri e magnetici -Sei perfetta per questo lavoro, agente Lombardo-

 

 

*

 

 

 

Quando il dottor Mallard spinse la porta di casa di Gibbs non si stupì nel trovarla aperta. Era un’abitudine che l’agente speciale dell’NCIS non perdeva mai, quella di non chiudere a chiave.

Scese direttamente nel seminterrato, certo di trovarlo lì alle prese con la sua barca.

-A cosa devo l’onore?- gli chiese l’uomo senza neppure guardarlo, non appena Ducky ebbe messo il piede sul primo gradino della scala.

-Ciao Jethro…- fece lui raggiungendolo -La domanda giusta, però, è un’altra: perché sei qui?- gli chiese di rimando, arrivando ad un passo da lui e poggiandosi su una vecchia sedia lì accanto.

Gibbs alzò gli occhi dalla tavola di legno che stava lavorando.

-Dove dovrei essere?- chiese alzando un sopracciglio.

-Jethro…sai, vero, che Olivia sta prendendo il volo di ritorno in Italia?- fece il dottore in modo sarcastico. Sapeva bene che Gibbs fosse a conoscenza della cosa, come gli era altrettanto chiaro che avesse candidamente ignorato la questione. Non si era presentato di proposito.

-Ducky, cosa c’è?- gli chiese con cipiglio scocciato, riprendendo a lavorare il legno.

-Non lo so, dimmelo tu. Sei così evasivo solo quando vuoi magistralmente evitare qualcosa a cui non vuoi pensare- rispose il coroner.

-Perché, se sai questa cosa, vieni qui con il chiaro intento di farmi parlare?- ancora un’altra domanda.

-Perché non sarei un vero amico, se lo ignorassi-

Gibbs sospirò chiudendo gli occhi e abbandonando la tavola di legno sul pavimento.

“Io non voglio solo qualche avventura sparsa qua e là, ma non voglio neanche innamorarmi di te”

Le parole di Olivia gli riecheggiarono nella mente.

In quegli ultimi giorni aveva ripercorso i quasi due mesi che avevano passato insieme. Fra tutto, le immagini di quella fatidica notte gli affollavano la mente.

Non era la prima donna che passava fra le sue lenzuola. Aveva avuto quattro mogli e numerose amanti.

Si era sposato e separato non molto tempo dopo il matrimonio per ben tre volte, dopo la morte di Shannon. Era il ricordo di lei, l’amore che li legava anche dopo la morte, che lo portava a chiudere qualsiasi altra storia.

Col tempo lui aveva imparato ad usare l’arte della seduzione e le donne sembravano non disprezzarlo affatto.

Si concedeva, ma a nessuna di loro aveva mai dato la reale opportunità di entrargli dentro, nel profondo. Quello era un posto riservato solo ai morti, ormai.

Era stato così anche con Jenny, nonostante avessero condiviso letto e lavoro per molti anni.

Lei, però, lo aveva sempre saputo. Per quanto i loro corpi potessero intrecciarsi e i loro respiri mischiarsi, non si sarebbero mai appartenuti davvero. Alla fine di tutto, rimanevano due individualità libere e distinte.

Avevano raggiunto un equilibrio perfetto, i poli delle loro esistenze non avrebbero mai coinciso. Questo li aveva fatti durare nel tempo.

-Olivia merita una vita piena- disse finalmente rompendo il silenzio e tornando a guardare il vecchio amico.

-Oh, questo è chiaro, ma ciò non risponde alla mia domanda- continuò imperterrito il dottor Mallard.

-Maledizione, Ducky!- esclamò esasperato Gibbs portandosi le mani alle tempie -Io non posso…io semplicemente non ci riesco-

Olivia voleva di più, cercava una vita con cui fondere la propria per dar luce ad un’esistenza tutta nuova, una comunione di corpi e di anime, un intrecciarsi di quotidianità fatte di piccoli e semplici gesti, di tenerezze che lui non si sentiva più in grado di prodigare.

Ci aveva provato, e non si poteva dire che non ci avesse messo tutto il suo impegno, ma aveva fallito tre matrimoni, uno dopo l’altro. Erano venuti giù come pezzi di un domino.

-Olivia lo sa, ed è per questo che se n’è andata- disse di nuovo rivolto verso il dottore, emettendo un profondo sospiro -Lei non può e non vuole stare alle condizioni di un uomo ammaccato come me. Io non ho niente da darle, Ducky. Niente -

-Io non sono venuto qui per farti cambiare idea, caro amico- fece il coroner alzandosi dalla sedia su ci era poggiato -Voglio solo farti notare quanto tu sia cambiato in questi ultimi mesi. Sei diverso, Jethro. Sembra ci sia qualcosa che ti punga nel vivo. Non dico che tu debba seguire Olivia, ma ti consiglio solo di riflettere sul perché, per causa sua, tu stia, consapevolmente o no, soppesando alcuni aspetti della tua vita-

-Quali aspetti?- chiese spazientito Gibbs.

-Gli spazi- rispose semplicemente Ducky.

L’uomo lo guardò stralunato, non riusciva a capire, ma, nonostante tutto, non fece ulteriori domande.

-Buonanotte Jehtro- gli disse il dottore d’un tratto, dandogli una pacca sulla spalla -Ci vediamo domani-

 

   
 
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