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Autore: Ellygattina    20/01/2022    1 recensioni
Armin si è sforzato troppo durante la lunga marcia di allenamento in mezzo alla neve e la febbre l'ha messo di nuovo K.O facendo riaffiorare timori e insicurezze. Per fortuna c'è Eren a prendersi cura di lui.
*Questa storia partecipa all'iniziativa “Advent Calendar 2021” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart & Fanfiction.*
(Storia presente anche su AO3 con lo stesso nickname.)
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Quando Armin aprì gli occhi dopo un tempo indefinito si rese subito conto di trovarsi in infermeria e non poté trattenere un sospiro sconsolato. Non aveva ricordi molto nitidi degli ultimi avvenimenti ma non gli era difficile immaginare cosa fosse successo: la lunga marcia di addestramento sotto una bufera di neve con un pesante zaino sulle spalle era stata durissima per lui, e sebbene fosse riuscito per miracolo a completarla entro il tempo limite, il suo corpo non aveva retto, regalandogli la solita febbrata che l'aveva fatto crollare tra le braccia di uno dei compagni poco dopo l'arrivo. Era sempre così quando si sforzava troppo e ormai anche gli altri cadetti avevano imparato quando era il caso di tenerlo d'occhio, impedendogli così rovinose cadute se per disgrazia Eren e Mikasa non erano nei paraggi.

Avrebbe dovuto essere grato di queste attenzioni nei suoi confronti ma in realtà si vergognava di essere così piccolo e fragile e aveva il terrore che un giorno l'istruttore Shadis gli avrebbe detto che non aveva i requisiti per essere un soldato.

A quel punto non avrebbe avuto altra scelta che tornarsene a casa, ma non voleva nemmeno pensare a una simile eventualità. Senza Eren e Mikasa, che di sicuro sarebbero andati avanti con il corso, diventando così degli ottimi soldati, sarebbe stato completamente solo ed era assai probabile che non avrebbe resistito a lungo.

Non che volesse a tutti i costi trattenerli al suo fianco, anzi, ma non poteva fare a meno di pensare che la sua salute cagionevole l'avrebbe già ucciso da tempo se non avesse avuto accanto qualcuno sempre pronto ad accudirlo ogni volta che ne aveva bisogno. Avrebbe tanto voluto poter dimostrare a se stesso e a tutti gli altri che era in grado di cavarsela senza problemi ma il suo corpo continuava a tradirlo e non gli piaceva affatto l'idea di dover morire da solo in un campo o chissà dove per l'ennesima febbrata senza aver mai visto il mondo oltre le mura insieme ad Eren.

A distrarlo da quei cupi pensieri furono una voce maschile concitata e un rumore di passi in avvicinamento e nella sua mente si materializzò subito la terribile immagine del loro istruttore. Non poteva farsi trovare ancora a letto o l'avrebbe sicuramente cacciato come era già successo a tanti altri ragazzi nell'ultimo anno e mezzo. Era strano che proprio lui avesse resistito tanto a lungo, ma da come Shadis lo guardava a volte, era ovvio che non fosse soddisfatto dei suoi scarsi risultati e non voleva dargli un ulteriore pretesto per farlo salire sul carro che l'avrebbe separato per sempre da tutti i suoi amici.

Sapeva di avere ancora un po' di febbre, e il malessere generale non era certo passato, ma con uno sforzo immane riuscì a mettere i piedi giù dal letto e a infilare gli stivali che qualcuno gli aveva tolto. L'avrebbe pagata cara, probabilmente, ma ne sarebbe valsa la pena se in quel modo l'istruttore gli avesse permesso di restare ancora un po' con la sola famiglia che gli era rimasta. Poteva resistere qualche minuto in piedi a fingere di essersi ripreso, e per essere più credibile, provò a muovere qualche passo barcollante verso la porta. Il giramento di testa che l'aveva subito assalito al minimo accenno di alzarsi avrebbe dovuto dissuaderlo molto prima ma il rumore delle suole sul pavimento di pietra era sempre più vicino e non poteva permettere che Shadis lo vedesse debole come in effetti era.

Sbatté velocemente le palpebre per schiarirsi la vista e cercò di stamparsi in faccia un'espressione normale mentre avanzava di un altro passo verso la sagoma sfocata che era apparsa in quel momento nel vano.

«Che cosa fai in piedi?» esclamò un attimo dopo una voce ben nota, intrisa di preoccupazione, e Armin spalancò gli occhi per la sorpresa. Perché Eren era venuto a trovarlo insieme a Shadis?

Non ebbe il tempo di rifletterci sopra, però: un istante più tardi le sue ginocchia cedettero e solo le braccia dell'amico gli impedirono di schiantarsi a terra, accompagnandolo poi dolcemente verso il suolo per farlo sedere.

«Come ti è venuto in mente di alzarti? Sei ancora bollente, Armin!» lo sgridò il ragazzo con più foga del necessario, facendolo rannicchiare ancora di più su se stesso. Ora che il pericolo sembrava incredibilmente scongiurato, visto che l'istruttore non aveva ancora dato segno della sua presenza, la debolezza che aveva cercato di ignorare era tornata a galla tutta insieme, accompagnata da un freddo intenso che non prometteva nulla di buono.

Era stato stupido a pensare che l'amico fosse venuto a trovarlo in infermeria con una persona così poco gradita e l'aver confuso i passi e le voci dei due era un'ulteriore prova che la febbre era ancora molto alta.

«Credevo stesse arrivando Shadis...» cominciò piano, sentendosi decisamente patetico. Ora che Eren gli aveva fatto notare la realtà, si rendeva conto che una mossa del genere avrebbe solo peggiorato la situazione di fronte all'istruttore.

«E allora?» ribatté questi confuso ma con un orribile presentimento.

«Non voglio essere cacciato dal corso» rispose Armin a voce bassa, accoccolandosi meglio contro il suo petto con gli occhi chiusi. Stava bene in quella posizione, soprattutto ora che l'amico lo stringeva più forte come a volerlo proteggere.

Erano bastate quelle poche parole, infatti, perché Eren capisse fin troppo bene cosa gli passava per la testa, facendogli desiderare, una volta di più, di poter smontare definitivamente questa sua paura.

Lui sapeva che Armin, pur non essendo al livello della maggior parte dei cadetti come forza fisica, aveva altre qualità altrettanto degne di nota ma non era purtroppo la prima volta che un duro allenamento finiva così. Per fortuna Jean si trovava lì vicino quando era svenuto ed era riuscito a prenderlo al volo, portandolo subito in infermeria. Di solito lo accompagnavano nel loro dormitorio, augurandosi che bastassero spugnature fresche e un po' di riposo per farlo tornare in forma, ma quella sera, dopo una giornata passata al gelo in mezzo alla neve a faticare come bestie, la febbre era troppo alta per nascondere la cosa.

A malincuore Jean l'aveva quindi affidato al medico della base, che dopo aver visitato il suo paziente, gli aveva subito iniettato una buona dose di antipiretico, raccomandando riposo assoluto per qualche giorno.

Il suo soccorritore era rimasto per un po' ad accudirlo nella speranza che si svegliasse ma alla fine l'uomo, accortosi che Armin stava meglio, l'aveva invitato a uscire perché non ne disturbasse il sonno e il ragazzo era corso ad avvertire lui e Mikasa, che nel frattempo stavano cercando ovunque il loro amico. Purtroppo il medico aveva impedito anche a loro di stargli accanto e solo da poco Eren aveva avuto il permesso di entrare, a patto di non farlo affaticare troppo.

«Ti riporto a letto. Il dottore non vuole sforzi per qualche giorno» disse Eren poco dopo, allontanandolo leggermente da sé per poterlo guardare.

«Non ce n'è bisogno... Posso tornare in dormitorio...» protestò Armin con voce flebile, visibilmente preoccupato.

«Sì invece» lo corresse serio l'amico, facendosi passare un suo braccio intorno alle spalle per aiutarlo a camminare, ma le gambe del ragazzo biondo tremavano troppo per reggerne il peso.

«Visto?» borbottò Eren prima di riuscire a trattenersi, esortandolo poi ad aggrapparsi al suo collo per poterlo portare sulla schiena.

Armin, imbarazzato per la proposta, tentò invano di fargli cambiare idea ma alla fine non ebbe altra scelta che obbedire. C'erano solo pochi metri, in realtà, tra loro e quel comodo giaciglio ma in quelle condizioni erano una distanza insormontabile e una parte di lui, purtroppo, non vedeva l'ora di potersi sdraiare di nuovo al calduccio.

Cercò quindi di godersi quell'insolito contatto tra i loro corpi mentre l'amico lo accompagnava a letto, permettendogli poi di aiutarlo a togliere gli stivali e sdraiarsi di nuovo.

Sospirò di sollievo quando la schiena dolorante si appoggiò al materasso e chiuse gli occhi nel sentire una mano di Eren passargli sulla fronte in una dolce carezza.

«Come ti senti?» domandò poi il ragazzo con una nota di intensa preoccupazione nella voce.

«Meglio adesso» sorrise Armin con gratitudine.

«Bene. Cerca di mandar giù qualcosa allora. Ti ho portato un po' di brodo» disse con tenerezza Eren, allontanandosi a malincuore per andare a recuperare il vassoio che aveva abbandonato in fretta su un mobile accanto alla porta al suo ingresso nella stanza. Era un miracolo che non si fosse rovesciato ma non aveva avuto il tempo di usare una maggiore delicatezza. Gli era bastata un'occhiata per capire che Armin stava per perdere il poco equilibrio che aveva guadagnato chissà come e non poteva permettere che si facesse male.

Tornando al suo fianco, si stupì non poco che l'amico non avesse cercato come al solito di mettersi seduto da solo ma sospirò impercettibilmente di sollievo. L'allenamento di quel giorno era stato massacrante per tutti e non osava quindi immaginare cosa avesse significato per Armin. Non c'era stato verso però di convincerlo a lasciarsi aiutare con quello zaino almeno per un po' ed era evidente che alla fine ne avesse pagato le conseguenze.

Anche per questo però, sebbene capisse la sua preoccupazione per il giudizio di Shadis, dubitava in realtà che ce ne fosse motivo. L'amico non aveva, in effetti, grandi doti fisiche ma aveva comunque superato la prova, e soprattutto, in generale, compensava questo suo piccolo difetto con l'intelligenza e altre qualità altrettanto preziose per un buon soldato, al punto che il ragazzo non faticava a immaginarlo, di lì a qualche anno, in veste di ufficiale. Cercava in tutti i modi di farglielo capire ogni volta che veniva assalito dai dubbi sulle sue capacità ma per il momento non aveva ottenuto grandi risultati.

Nel frattempo l'aveva aiutato a sedersi, sistemandogli poi i cuscini dietro la schiena per farlo stare comodo. Il dottore aveva raccomandato di farlo mangiare almeno un po' ed Eren si augurava con tutto il cuore di riuscirci. Non era facile convincere Armin a mandar giù qualcosa quando stava male, ma questa volta si limitò a un lieve sospiro prima di prendere il cucchiaio e riempirlo di brodo. Peccato che la mano gli tremasse così tanto che l'altro dovette affrettarsi a recuperare la posata e soffiare qualche volta sul contenuto prima di avvicinargliela alla bocca.

Incredibilmente l'amico non protestò per quel gesto che di solito lo metteva in imbarazzo ed Eren cercò di convincersi che fosse semplice buonsenso e non eccessiva debolezza.

Non fece commenti però, limitandosi a dire qualcosa di tanto in tanto per tenerlo sveglio finché Armin non gli chiese in un soffio di smettere. Per fortuna la scodella era quasi vuota e il ragazzo decise di accontentarlo.

Gli avvicinò quindi alle labbra un bicchiere d'acqua prima di riadagiarlo tra le coperte, che rimboccò con cura, e appoggiargli di nuovo una mano sulla fronte. La febbre si era alzata ancora ed Eren bagnò un fazzoletto nella bacinella lasciata sul comodino facendolo sospirare di sollievo appena il tessuto aderì alle tempie.

«Promettimi una cosa, Armin...» cominciò serio il ragazzo dopo qualche secondo, attendendo che l'amico si girasse nella sua direzione prima di continuare. «Promettimi che resterai a letto finché non te lo dirà il dottore» riprese, guardandolo negli occhi.

«Sai che non posso farlo. Se Shadis lo scoprisse...»

«Non ci sarebbe nulla di male» lo interruppe Eren, preoccupato per quel tono troppo flebile. «Te l'ho detto mille volte e continuerò a farlo: hai altre qualità e sono sicuro che entrerai anche tu nell'esercito. Non devi metterti in pericolo in questo modo per dimostrare quanto vali» continuò accorato con una mano appoggiata sulla sua guancia in una lieve carezza.

Armin chiuse gli occhi e sorrise, pensando che sarebbe stato bello se l'amico avesse avuto ragione. Si era sempre fidato di quello che diceva ma su questo argomento non osava credergli. Per entrare nel Corpo di Ricerca come avrebbero voluto serviva una grande resistenza fisica che lui di certo non aveva, ma non era disposto ad arrendersi senza lottare con tutte le sue forze. Aveva ancora un anno e mezzo di tempo e non poteva negare che i continui allenamenti fossero serviti a migliorare un po' la situazione. Doveva solo sperare che i superiori gli permettessero di continuare, anche se al momento gli sembrava impossibile. Nonostante l'enorme sforzo che aveva compiuto, era sicuro infatti che il suo risultato fosse stato uno dei peggiori e rimanere bloccato a letto per giorni non l'avrebbe certo aiutato a conservare il suo posto nel 104° Corso di Addestramento.

Gli scoppiava la testa e si sentiva debole come non mai, ma se ne avesse avuto la forza, non avrebbe chiesto di meglio che alzarsi e correre fuori per sfogare tutta la paura e la frustrazione che aveva dentro. Purtroppo sapeva che da solo non sarebbe riuscito nemmeno a sedersi sul letto e ringraziò il fatto che almeno Eren fosse al suo fianco. Non avrebbe potuto fare molto se Shadis avesse deciso di rimandarlo a casa ma la sua presenza era sempre un grande aiuto, e di colpo, accortosi della sua espressione, gli dispiacque immensamente di averlo fatto preoccupare per l'ennesima volta.

«Non so se posso prometterlo ma ci proverò» sussurrò dopo qualche secondo nel tentativo di rimediare e l'altro ragazzo, sia pure non molto contento della risposta, decise di farsela bastare, per il momento. Era chiaro che Armin non fosse in grado di sostenere la solita discussione al riguardo e non sarebbe certo stato lui ad affaticarlo più del dovuto. Pur non avendo grandi conoscenze in medicina, vedeva fin troppo bene lo sforzo che stava facendo anche solo per rimanere sveglio e seguire le sue parole.

Trattenne quindi un sospiro e immerse invece un secondo panno nell'acqua fresca per potergli sciacquare il viso e il collo. Era davvero bollente e per un po' il silenzio fu rotto solo dal respiro affannoso del giovane febbricitante e dal rumore del liquido che ricadeva nella bacinella quando Eren strizzava uno o l'altro dei fazzoletti.

Armin apriva gli occhi di tanto in tanto con un'espressione spaventata o sofferente che nemmeno le sue attenzioni sembravano in grado di distendere come al solito, ma sebbene il suo sguardo sempre più vitreo lo spaventasse parecchio, non aveva il coraggio di lasciarlo solo il tempo necessario ad avvisare il medico. Per fortuna però, quando ormai era sul punto di cedere, lo vide affacciarsi nella stanza per controllare il suo paziente.

Il rumore di passi, per quanto leggeri, mise subito in allarme il ragazzo biondo, che riaprì gli occhi con un lieve gemito e tentò debolmente di alzarsi mormorando qualcosa di incomprensibile, ma Eren, sia pure a malincuore, si affrettò a bloccarlo sul materasso.

«Va tutto bene, tranquillo. Il dottore ti farà stare meglio» sussurrò con voce dolce, stringendogli appena le spalle finché non lo sentì cedere e rilassarsi di nuovo tra le lenzuola. Dalle labbra screpolate gli sfuggì ancora qualche parola sconnessa ma parve calmarsi quando l'amico iniziò ad accarezzargli una guancia, tenendogli intanto la mano.

A quel punto il medico si fece avanti e lo visitò scrupolosamente, l'espressione accigliata nel valutarne le condizioni, prima di iniettargli un'altra dose di antipiretico e dare le istruzioni ad Eren per prendersi cura di lui come aveva fatto con Jean.

Normalmente non avrebbe permesso a reclute così giovani e inesperte di occuparsi di un compagno così malmesso ma il cadetto Arlert non era l'unico rimasto vittima del duro allenamento sotto un'abbondante nevicata, trasformatasi verso sera in una pericolosa tormenta, e lui non poteva certo essere al capezzale di tutti nello stesso momento. Doveva quindi farsi aiutare dai loro amici, che nelle ultime ore avevano continuato a cercarlo in massa per lo stesso motivo, ma per fortuna il ragazzo che aveva davanti, figlio di un famoso medico, sembrava capire meglio degli altri le informazioni che gli forniva, facendolo sentire decisamente meno in colpa a lasciare la stanza.

«Ma come si fa ad alzarsi in queste condizioni?» mormorò Eren, incredulo e leggermente esasperato, mentre cercava di abbassare la temperatura dell'amico con delle spugnature fresche su tutto il corpo appena rimase solo con lui. Armin non era nuovo a episodi del genere ma questa volta aveva davvero esagerato e non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe successo se fosse crollato da solo nella foresta o se Jean non avesse avuto il buon senso di portarlo subito in infermeria.

Purtroppo la bufera di quel pomeriggio era riuscita a separarli da chissà quanto prima che la mancata risposta a una domanda gli facesse capire, con un tuffo al cuore, che l'amico aveva smesso di seguirlo. Se fosse dipeso da lui, sarebbe tornato subito indietro finché non l'avesse ritrovato, ma come gli avevano fatto notare Mikasa e Reiner, non era in grado in quel momento di aiutare qualcuno in difficoltà.

Per fortuna, mentre stavano discutendo, avevano visto tra gli alberi, a non molta distanza, le torce di alcuni loro compagni ancora più indietro ed era ovvio, ammesso che Armin non fosse già con loro, che proseguendo lungo il sentiero l'avrebbero sicuramente incontrato.

Sebbene l'idea non gli piacesse affatto, la cosa più saggia era proseguire la marcia, augurandosi di non doversene pentire. In fondo era consapevole di rischiare lui stesso di cedere da un momento all'altro al freddo e alla fatica, e di sicuro non sarebbe riuscito a portare in salvo entrambi. I compagni in arrivo avrebbero potuto aiutarli, certo, ma non era detto che sarebbero riusciti a portare con loro due persone, e in caso di scelta, chi si trovava in condizioni peggiori sarebbe stato abbandonato, costringendo l'altro a vivere nel rimorso.

Estremamente combattuto tra la fiducia e l'istinto di protezione che il ragazzo biondo gli aveva sempre ispirato, era stato quindi costretto a rassegnarsi, maledicendosi ad ogni passo per la sua debolezza mentre tentava invano di scacciare i suoi peggiori timori, che appena arrivato alla base l'avevano spinto, nonostante la stanchezza, a cercarlo ovunque finché Jean non gli aveva spiegato la situazione.

«Eren... acqua...» implorò in quel momento Armin con un filo di voce interrompendo i suoi pensieri e il ragazzo gli sollevò piano la testa per aiutarlo a bere qualche sorso prima di riadagiarlo tra le lenzuola e ricominciare ad accudirlo.

Con il cuore stretto in una morsa, continuò a detergergli il sudore dal viso cercando intanto di tenerlo tranquillo. La febbre altissima, infatti, sembrava portare con sé incubi e allucinazioni che mettevano entrambi a dura prova. Non si sarebbe allontanato da quel letto per niente al mondo, però, e a poco a poco la medicina dovette fare effetto.

«Eren... non voglio lasciare il corso...» disse a un certo punto il ragazzo con uno strano tono, lo sguardo stravolto ma decisamente più lucido rispetto a prima.

«Tranquillo, hai superato una prova difficilissima come tutti noi. Nessuno ti manderà via» lo rassicurò dolcemente l'amico, facendo intanto scorrere le dita tra i suoi capelli bagnati. «Dormi adesso» aggiunse poi a voce ancora più bassa, scendendo ad accarezzargli la guancia e il collo in un gesto che sapeva piacergli molto.

«Resti con me?» domandò Armin speranzoso.

«Mi troverai qui domani mattina» promise Eren felice, facendogli chiudere gli occhi con un sorriso e l'espressione finalmente rilassata.

Cedette al sonno poco dopo e solo allora l'altro ragazzo si ricordò che il medico non sembrava molto incline a lasciare compagnia ai pazienti per lunghi periodi, ma una coperta ripiegata in un angolo ai piedi del letto gli diede un'idea.

Dopo aver lanciato un'occhiata furtiva intorno, abbandonò a malincuore la mano dell'amico -che subito si mosse nel sonno e mugolò qualcosa- il tempo necessario ad afferrarla e sistemarsela sulle spalle prima di cercarsi una posizione non troppo scomoda per dormire. Ora che Armin stava meglio sentiva di nuovo tutta la stanchezza accumulata durante il giorno, e sebbene un po' gli dispiacesse imbrogliare, era abbastanza sicuro che quella notte avessero entrambi bisogno della vicinanza dell'altro. Era sempre così quando il ragazzo biondo stava male, soprattutto se la situazione era più grave del solito, e non voleva che si svegliasse senza avere accanto almeno lui, visto che Mikasa non era riuscita ad avere il permesso di andare a trovarlo.

Sorrise quando Armin, nel sonno, ricambiò inconsciamente la stretta della sua mano, e a quel punto si concesse di chiudere gli occhi a sua volta, sperando di riuscire a ingannare il dottore e mantenere così la sua promessa.

Poco dopo il medico tornò di nuovo nella stanza per controllare che la febbre fosse scesa almeno un po' e sul suo volto si dipinse presto un'espressione compiaciuta. La pelle del ragazzo era più fresca e il viso sicuramente più disteso grazie alle ottime cure dell'amico.

L'uomo si girò quindi verso Eren per congratularsi con lui e farlo andare a letto, trovandolo però piegato in avanti sul materasso con una coperta sulle spalle, vinto evidentemente dalla stanchezza. Per precauzione sentì il polso e la fronte anche a lui, visto che a sua volta aveva affrontato un'esercitazione difficilissima senza concedersi il meritato riposo, scoprendo così che era tutto a posto, per fortuna, e che i due dovevano essersi addormentati tenendosi per mano.

Sorrise per un attimo di fronte a una scena così dolce e inusuale e non ebbe cuore di svegliarlo ora che finalmente era riuscito a rilassarsi, allontanandosi quindi in silenzio per concludere il giro dei pazienti.

Dopo qualche minuto, certo che il medico fosse uscito, Eren si azzardò ad aprire un occhio. Si era addormentato, alla fine, ma nel sonno aveva comunque percepito un tocco estraneo e dei lievi rumori accanto a lui che gli avevano pian piano ricordato la situazione. Per fortuna la stanchezza gli aveva impedito di reagire subito tradendosi e non poté fare a meno di sorridere quando capì che aveva ottenuto il suo scopo.

Soddisfatto, lanciò una rapida occhiata ad Armin, profondamente addormentato, e cercò questa volta una posizione più comoda, stringendo appena la mano dell'amico nella sua mentre cedeva anche lui a un sonno profondo.


Prompt: “Che cosa fai in piedi?”


Angolo autrice:
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fin qui! Spero che la storia vi sia piaciuta e che mi farete sapere che ne pensate, se vi va. Grazie comunque per il tempo che mi avete dedicato anche solo leggendo! <3
Come ho accennato nell'introduzione, la fic partecipa all'iniziativa “Advent Calendar 2021” indetta dal gruppo fb Hurt/Comfort Italia - Fanart & Fanfiction. Venite a trovarci se anche voi amate questo genere! ;)
Se a qualcuno interessa, ho fondato tempo fa un gruppo facebook principalmente su Fairy Tail, Edens Zero e il nuovo Gate of Nightmares (manga basato su un videogioco che Mashima ha contribuito a creare disegnando ambientazioni e personaggi), ma anche sugli anime e manga in generale. Se volete conoscere altri fan di queste bellissime opere, saremo ben felici di accogliervi qui (attenzione ai possibili spoiler se non seguite le scan online però, anche se cerco di stare attenta). Vi aspettiamo numerosi! :)
Penso di non avere altro da aggiungere, quindi per ora vi saluto, augurandovi una buona serata e buonanotte per dopo.
Bacioni e alla prossima!
Ellygattina

  
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