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Autore: ONLYKORINE    22/01/2022    2 recensioni
Lisa torna a Springfield dopo la laurea in veterinaria, non è contentissima, perché non le piace tanto la sua città. Avrebbe preferito passare l'estate, come tutte le altre, a Cambridge, dove ha frequentato il college.
Tornando a casa incontra vecchie conoscenti, nuovi amici, ex fidanzati e si rende conto di non aver un gran rapporto con i suoi fratelli. Per fortuna sarà solo un'estate.
(LisaxNelson)
Prometto di cambiare la trama con una migliore. Prometto prometto.
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bart Simpson, Lisa Simpson, Nelson Muntz, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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pungoli e pungiglioni


Pungoli e pungiglioni

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Nelson era appoggiato al cofano di una Ford parcheggiata proprio davanti all’entrata del diner e osservava la porta da dieci minuti, pensando se fosse il caso di entrare o meno. Sbuffò e scalciò un sasso che rotolò verso il centro della strada.
“Non devi venire qui!” Nelson si alzò dalla macchina e si voltò al richiamo di quella voce fastidiosa e petulante, guardò quello che sembrava ancora un ragazzino smunto e alzò un sopracciglio.
“Che cosa?”
“Ho detto che non devi più venire qui” disse ancora lui. La sua voce, però, aveva perso un po’ di sicurezza da quando gli si era parato davanti e aveva dovuto alzare gli occhi per guardarlo.
“Altrimenti che succede, Van Houten?” rispose Nelson con tono stanco. Il ragazzino doveva aver inteso male, perché vide sul suo volto passare un lampo di paura.
“Io… Io…” iniziò a balbettare Milhouse, ma non andò avanti.
Nelson sospirò, scocciato dalla sua presenza come un adolescente che deve uscire con gli amici trascinandosi dietro il fratello piccolo.
“Non devi venire a prendere Lisa!” gridò il ragazzo dai capelli blu.
Nelson alzò un sopracciglio e la sua bocca si spalancò sorpresa. Lisa? Al ragazzo venne in mente l’ultimo incontro avuto con Lisa, il giorno prima, e fece una smorfia.
“Devi lasciarla stare!” esclamò ancora.
Nelson iniziò a stufarsi. “Ascolta, Van Houten, non scocciarmi…” disse, dondolando la mano cercando di liquidarlo, e voltandosi verso il diner.
“Lo so che vuoi provarci con lei! Ma Lisa è la mia ragazza e devi starle lontano…”
Nelson si spazientì e si rigirò verso di lui. Il suo viso cambiò espressione e si avvicinò, prendendo il ragazzo per la maglietta. “Non ho intenzione di provarci con lei!” sussurrò sul suo viso, quasi ringhiando, sperando di non mentire. Aveva imparato a stare al suo posto.
“Ti conviene!” esclamò Milhouse. Nelson spalancò gli occhi dal nervoso e digrignò i denti. Strinse la mano sulla maglietta del ragazzo e la spinse contro il torace del nanerottolo, prima di sollevarlo da terra. “Altrimenti?” chiese, più per dispetto nei suoi confronti che per aver campo libero con Lisa.
Il piccolo Van Houten strabuzzò gli occhi mentre faceva oscillare i piedi cercando un appiglio. Quando cambiò colore e sussurrò qualcosa, Nelson si sentì chiamare.

 

Ellie era uscita dal diner quando aveva visto dalla vetrina Nelson strattonare Miller o come si chiamava il tipo dai capelli blu, e, pensando che si sarebbe messo nei guai, era corsa fuori per fermarlo.
“Nelson!” gridò, praticamente senza accorgersene. Il fratello si girò verso di lei e il suo braccio si abbassò, facendo toccare i piedi del ragazzo al suolo.
Appena ne ebbe l’occasione, Miller scattò indietro e si liberò dalla stretta di Nelson che, distratto dalla sorella, aveva allentato la presa.
“Se mi tocchi ancora ti denuncio. E allora ti arresteranno!” gongolò, dondolando sui talloni.
“Non ho intenzione di picchiarti se mi stai lontano. Tu stammi lontano e non ti sfregerò il tuo brutto muso.”
“E tu stai lontano dalla mia ragazza!”
Ellie, che non aveva ancora detto niente, lo guardò stranita: quel tipo aveva una ragazza? E perché continuava a chiedere a Lisa di uscire?
“Hai una ragazza, Miller?”
Il ragazzo si voltò verso di lei e, squadrandola da capo a piedi, disse: “Come mi hai chiamato?”
“Scusa, pensavo che ti chiamassi…” Si voltò verso Nelson, in cerca d’aiuto.
“Milhouse” le venne incontro lui.
“Milhouse, se hai una ragazza, perché sei sempre qui a dare fastidio a Lisa?”

 

Nelson dovette soffocare una risata e sbuffò. L’esile Van Houten gemette come se gli avesse dato quel pugno che sognava di propinargli nel bel mezzo dello stomaco e precisò: “È Lisa la mia ragazza”, ma il suo tono fu così tremolante che ne venne fuori un mormorio confuso.
“Ma Lisa si nasconde negli spogliatoi quando ti vede arrivare. Sicuro che lei sappia di essere la tua ragazza?”
Quando il ragazzo dai capelli blu balbettò ancora qualcosa, Ellie lanciò un’occhiata divertita a Nelson e lui non riuscì a trattenere una risatina.

 

Ellie fece fatica a non ridergli in faccia quando quello stupido disse che Lisa era la sua ragazza. Ma non lo fece. Un po’ perché capiva di avercela con lui per averle detto del passato di Nelson e Ellie capiva perfettamente che non era colpa sua, e un po’ perché quando insisteva tanto con Lisa, un po’ le faceva pena.
Ma quando il ragazzo, arrabbiato per la loro reazione, diede un calcio alla macchina a cui era appoggiato poco prima Nelson, Ellie spalancò gli occhi: cosa stava facendo?
“Ehi, aspetta, cosa…” Anche suo fratello era venuto in aiuto.
“Così impari, brutto… bullo!” esclamò lui, colpendo con il piede il fanale posteriore e fracassando il vetro.

 

Nelson si avvicinò al ragazzo e tentò di fermarlo, ma lui si divincolò e passò alla parte anteriore della macchina, e lui riuscì a bloccarlo solo dopo che aveva lasciato un altro segno sulla carrozzeria della fiancata.
Nelson non vide uscire il proprietario del diner, né notò il poliziotto che si stava avvicinando alle sue spalle, finché lui non disse: “Ci sono problemi?”
“Sì, agente, mi sta picchiando! Lo arresti!” gridò Milhouse mentre lui lo teneva fermo.
Nelson si voltò e riconobbe Winchester, il tipo strano che faceva le elementari nella loro scuola.
“No, Ralph, questo idiota sta prendendo a calci la mia macchina e Nelson lo ha solo fermato, per fortuna!” intervenne Bob, il proprietario della tavola calda.
“Come? Non è tua questa macchina?” Miloser si agitò e Nelson lo lasciò andare.
“No” rispose lui, secco.
Milhouse si afflosciò e capì di aver perso quell’incontro. Guardò prima Bob e poi l’agente e scoppiò a piangere, parlando di ingiustizie e di imbrogli. Alla fine, dopo qualche tentativo di riappacificamento, il ragazzo dai capelli blu decise di non mettere in mezzo la burocrazia e diede il suo consenso per pagare i danni all’auto del proprietario del diner, che tirò giù gli estremi dei suoi documenti sotto la supervisione di Winchester.

 

Ellie osservò un attimo la situazione e chiese a Bob se ci fosse bisogno che lei rimanesse, ma lui le disse di andare tranquillamente a casa. Così si voltò verso Nelson e gli disse: “Vado a cambiarmi, torno subito”.
Lui annuì. “Che idiota… A momenti si prende due cazzotti… per niente!” disse, mentre controllava ancora la situazione vicino all’auto, dove Bob si era messo a scrivere appoggiato al cofano. “Di’ a Lisa che porto a casa anche lei, se vuole” aggiunse subito dopo. Non si era ancora girato verso di lei.
“Lisa è andata via un’ora fa. È venuto un ragazzo a prenderla.”
Finalmente  Nelson si voltò a guardarla ed Ellie rise della sua espressione, quando aprì la bocca per chiedere qualcosa e la richiuse capendo che voleva solo metterlo alla prova. “Ancora sicuro che Miller sia venuto per niente?”

 

Nelson guardò la sorella dirigersi verso il locale ed entrare. Non aveva capito se fosse vero o no quello che aveva detto. Voleva prenderlo in giro o cosa? Lisa era davvero andata via con qualcuno? E se sì, con chi?
In quel momento avrebbe voluto poter colpire Miloser al viso. Due volte. O anche di più. No, no. Doveva andare in palestra.
‘Allenamento extra?’ scrisse in un sms mentre aspettava che sua sorella si cambiasse.
Bart rispose immediatamente.

 

***

 

“Bowling o biliardo?”
Steve si girò verso il bancone, alla domanda di Lisa. “Come?”
Lisa alzò lo sguardo su di lui e mise via il telefono. “Scusami. Stavo parlando da sola… E non dovrei neanche usare il cellulare…”
Steve prese la sua tazza e indicò la ragazza mentre lei caricava di nuovo la caffettiera. “Non c’è nessuno, tanto…” disse, guardandosi intorno.
“Sì, ma non è bello da vedere” ammise lei, con un sorriso.
“Allora, devi scegliere fra bowling o biliardo per cosa?” le chiese.
“Devo uscire con un’amica. Mi ha detto di scegliere. E non so cosa risponderle.”
“Non so. Cosa ti piace di più?”
“Eh, e chi lo sa” rispose lei, ridendo. “Non ho mai giocato a nessuno dei due”. Lisa uscì dal bancone al cenno di un cliente e lo lasciò da solo.
Quella ragazza non aveva mai giocato a biliardo o a bowling? Era una cosa strana.
Lisa tornò e diede l’ordinazione del tavolo 18 alla cucina, prima di tornare al bancone per caricare i contenitori delle salse.
“Allora? Suggerimenti?” chiese al ragazzo.
“Direi biliardo. E andate al Pool’s, che la birra è buona.”
Lisa aggrottò le sopracciglia. “Birra?”
“Non dirmi che non hai neanche mai bevuto la birra!” Lisa sentì le guance diventare rosse, ma per fortuna non dovette mentire.
“No, no, ho assaggiato la birra” ammise ridendo un po’ nervosamente. “E mi piace, anche. Non sono così…” si interruppe prima di dire ‘noiosa’, ma effettivamente, anche ai suoi occhi, sembrava proprio noiosa. Pensò di dire che il suo pensiero era andato a Ellie, che non aveva l’età per bere alcolici, ma poi stette zitta.
Prese il telefono e digitò un messaggio per l’amica, proponendo il biliardo. La sua risposta fu un emoji che suonava la trombetta. Pensò che anche a lei piacesse di più del bowling.
Per un attimo si sentì carica e sorrise: fra due giorni avrebbe giocato a biliardo!

 

***

 

Nelson guardava Calvin andarsene alla fine del quarto giorno di lavoro e si sentì soddisfatto: avevano praticamente finito. Il giorno dopo avrebbero soltanto ripulito dagli ultimi scarti e il lavoro sarebbe stato a posto.
Batman gli si avvicinò con una pallina e la fece cadere ai suoi piedi. Nelson abbassò lo sguardo.
“Andiamo dietro a giocare, Batman.”
Raccolse la pallina ed entrò in casa per uscire nel giardino sul retro. Lanciò la pallina e Batman corse per andarla a prendere.
Non si accorse del cespuglio di fiori selvatici blu che c’era in fondo al prato, ma notò che il cane, invece di raccogliere il gioco, gli si era avvicinato e aveva iniziato ad abbaiare.
Lentamente si avvicinò, richiamando Batman, ma il cane non ubbidì, continuando ad abbaiare contro il piccolo cespuglio.
Quando vide una vespa volare fra le foglie, accelerò il passo, chiamando il cane più forte. Batman si voltò verso di lui, ma poi fu di nuovo distratto dall’insetto e gli abbaiò ancora, avvicinandosi di più al cespuglio.
Nelson vide altre tre vespe uscire dal cespuglio e il cane tentare di mangiarne una. Capì che erano troppe e corse verso la canna dell’acqua attaccata alla fontana.
Batman uggiolò e iniziò a strofinarsi il muso con le zampe anteriori, mentre il ragazzo ormai correva verso il cespuglio. Quando ci fu davanti aprì il getto dell’acqua verso la pianta e vide due vespe volare via, oltre la rete di recinzione.
Si chinò sul cane e gli spostò le zampe dal muso: le guance erano gonfie e tendenti al rosso e Batman piangeva cercando di grattarsi.
Nelson tirò fuori il telefono e chiamò sua sorella.
“C’è Lisa lì con te?” esordì, senza neanche salutarla, quando Ellie rispose.

 

***

Lisa sbuffò e appoggiò il sax al suo sostegno. Aveva fatto la doccia dopo il lavoro, aveva meditato e ora voleva soltanto suonare un po’ di jazz e invece…
Non riusciva a suonare. Il sax funzionava perfettamente, ma lei non riusciva a trovare il giusto spirito per riuscire a mettere insieme le note e creare la solita magia.
Tranne tre giorni prima quando aveva suonato in camera di Nelson. Sbuffò più forte e si sedette pesantemente sul letto, buttandosi poi indietro con le braccia spalancate. Non poteva sicuramente andare da Nelson a suonare! Oh, santo cielo, come avrebbe dovuto fare? Quasi pregò di avere un segno quando il suo telefono squillò.
Si allungò a prenderlo sul comodino e guardò il display: il numero non era salvato. Lo prese e sospirando, rispose.
“Ehm… Lisa, sono Nelson.”
Nelson? Lisa scattò in piedi, come se lui fosse stato lì nella sua stanza. “Nelson?”
“Sì… Mi ha dato il tuo numero Ellie, io… Ho un’emergenza. Penso… penso che Batman sia stato punto da una vespa. Ce ne erano un po’ in giardino e lui ha tentato di mangiarle… Ora ha tutto il muso gonfio e sta iniziando a respirare male…”
Lisa non lo fece neanche finire. “Ci vediamo davanti allo Springfield Center, ho visto una farmacia sul lato ovest. Devo vederlo”.
Quando Nelson aveva chiuso velocemente la chiamata, Lisa si era messa a cercare le scarpe sotto al letto e aveva aperto la porta per gridare alla madre che avrebbe preso la macchina.
“Esco io con la macchina di mamma” disse Bart, davanti alla sua porta spalancata, un minuto dopo, mostrandole le chiavi.

 

“Portami allo Springfield Center” ordinò Lisa e Bart capì, dal suo tono, che non si poteva contrattare. Per fortuna non era un grosso problema. Doveva andare al negozio di fumetti e il centro commerciale era sulla strada.
Bart annuì e scese le scale, aspettando la sorella, che scese dopo poco.
“Che è successo?” chiese lui, quando salirono in macchina.
“Il cane di Nelson è stato punto da delle vespe. Lo sta portando al centro commerciale, ci vediamo lì.”
Bart annuì, mentre lei smacchinava con il cellulare. “Secondo te è grave?” le chiese.
“Se Nelson si è scomodato a chiamarmi, penso di sì.”
Bart alzò un sopracciglio alle parole di Lisa, ma lei non lo stava guardando. “Dici?”
“Mi sa che non gli piaccio molto” ammise lei, alzando le spalle.
Oh. Bart aggrottò la fronte: e sì che lui aveva avuto un’altra impressione.
“Dici che il Pool’s sia un buon posto per giocare a biliardo?” gli chiese Lisa, cambiando totalmente argomento.
“Oh, direi che è il migliore. E hanno anche la birra a doppio malto.”
Lisa annuì guardando avanti, come se non lo stesse ascoltando e Bart si chiese quanto avesse ascoltato veramente.

 

Allora doveva essere vero, pensò Lisa: quel posto era famoso sia per il biliardo che per la birra. Doveva essere un segno. Annuì e tornò a guardare la strada, sperando di fare presto: se Batman fosse stato allergico alle vespe non si poteva aspettare troppo.
Bart arrivò al parcheggio ovest del centro commerciale e Lisa scese al volo, vedendo Nelson sul retro di un Pick-up scuro, mentre osservava la strada.
Si diresse direttamente verso di lui, che osservava Batman sul cassone, mentre il povero cane si strofinava il muso con le zampe. Non sembrava un’allergia, però, constatò, prendendogli il muso fra le mani, facendogli aprire la bocca e osservandolo bene. Forse era stato punto da più di una vespa e basta.
“Aspetta qui, vado in farmacia” disse, verso il ragazzo, senza neanche salutarlo; lo vide annuire distrattamente ed entrò nel locale, per comprare una siringa, antibiotico e cortisone.

 

Nelson guardò una Lisa serissima visitare il suo cane e, una volta che lei ebbe varcato l’entrata della farmacia, dicendogli di non preoccuparsi, lasciò andare il respiro che non si era accorto di trattenere.
“Ohi, ti va se domani ci facciamo un biliardo?” Bart si era materializzato al suo fianco e Nelson lo guardò, girando la testa.
“Pool’s?” chiese solamente e Bart annuì.

 

Bart sapeva perfettamente che aveva promesso a Milhouse di uscire con lui, quel venerdì, ma stava scoprendo che era sempre più difficile sopportarlo.
Non disse all’amico che aveva appena parlato con Lisa proprio dello stesso locale.

 

Quando Lisa uscì, fece un’iniezione al cane e diede gli ultimi suggerimenti a Nelson su cosa fare. Gli disse che secondo lei non ci sarebbero stati altri problemi e che il cane avrebbe dovuto fare un’altra puntura di antibiotico dopo qualche giorno.
Mentre parlava il suo telefono squillò e quando vide il nome di Kristen sullo schermo, Lisa rispose, ma poi tranquillizzò Nelson dicendo che aveva il suo numero e poteva chiamarla tranquillamente se avesse avuto bisogno.
Lo sguardo che si scambiò con Bart mentre lo diceva la fece arrossire, ma poi si concentrò e rispose all’amica, allontanandosi da loro.
“Sì, scusami Kristen, ma il cane di Nelson è stato punto da una vespa e sono venuta a visitarlo, non ti ho chiamato…”

 

Bart osservò la sorella camminare lungo il parcheggio mentre parlava al telefono gesticolando e poi si girò verso l’amico. “La porti a casa tu? Io ho un impegno” disse a Nelson e lui annuì, alzando le spalle e guardando il cane.
Nessuno dei due gli aveva chiesto dove stesse andando, così Bart non ne parlò con nessuno, ma mise in moto e guidò fin davanti al negozio di fumetti.
Jeffrey Albertson lo salutò appena Bart entrò nel negozio, senza neanche alzare gli occhi dall’ultimo numero della Marvel, e il ragazzo gli rispose con una battuta su un supereroe.

 

“E ora?” chiese Nelson.
Lisa buttò via la siringa vuota e guardò il cagnolone accucciarsi sul cassone del pick-up. Allungò una mano e gli fece una carezza, controllandogli gli occhi. "Aspettiamo un po' e se non succede niente, mi porti a casa". Lui annuì senza dire altro.
Lisa notò, dall’altra parte della strada, un bar, e si voltò verso il ragazzo.  “E potresti prendere due caffè, nell'attesa”. E gli indicò il locale.
Lui annuì di nuovo e la lasciò sola con Batman.

 

Nelson guardava Lisa accarezzare il suo cane dalla vetrina del bar, mentre una cameriera di mezz’età di nome Mandy gli preparava due caffè con latte.
Non sapeva perché avesse chiamato proprio lei. Aveva il numero di un altro veterinario, anche se era di Shelbyville, ma appena si era reso conto di aver bisogno di aiuto, aveva chiamato Lisa. E lei non si era tirata indietro.
E ora cosa avrebbero fatto? Dopo che lei era scappata da casa sua e dopo la sua infelice proposta? Sospirò e si voltò verso il bancone quando Mandy lo chiamò.
Pagò e uscì per raggiungere il marciapiede reggendo due bicchieroni di carta.
“Grazie” disse Lisa, prendendo quello che lui le porgeva. “Guarda” continuò, mostrandogli una vespa morta fra le zampe del cane. “È molto probabile ce ne fosse più di una e che sia stato punto più volte…”

 

Lisa controllò che l’insetto fosse effettivamente morto e lo lasciò cadere sull’asfalto. “Può essere che siano state troppe anche per un soggetto non allergico…”
Alzò gli occhi su Nelson, che la stava osservando, tolse il coperchio al caffè e ne prese un sorso. Il ragazzo abbassò il portello del cassone e le fece un cenno del capo, indicandolo. Quando lei si sedette, lui si accomodò di fianco a lei.
“Perché non stai facendo pratica con gli animali?” le chiese.
Come? “Eh?”
“Perché lavori al diner? Non dovresti assistere un veterinario o una cosa così…” Lisa prese un altro sorso e poi disse, guardando lungo la strada: “Al liceo facevo volontariato presso i rifugi degli animali. Mi sono anche occupata più volte della salvaguardia di animali colpiti da disastri climatici. Non sai quante piume ho pulito dal petrolio… Così ho scelto veterinaria.
"Ho lavorato tutte le estati che sono rimasta al campus universitario. I primi due anni ho aiutato a lavare cani e gatti in un negozio per animali, mentre l’anno scorso sono stata assistente di un ‘vero’ veterinario…” Si girò verso di lui e poi continuò. “Sai, io adoro gli animali, davvero. Mi piace curarli quando sono malati, salvarli, vederli stare bene…”
Notò Nelson stringere gli occhi e vide due linee sulla sua fronte mentre cercava di capire dove volesse arrivare.
“Io vado d’accordo con tutti gli animali. Ma non sopporto molti dei loro padroni” ammise, alla fine.
Lui rise. Lisa si bloccò e continuò a osservarlo. “Per questo hai intenzione di fare il corso per gli animali esotici?” le chiese, quando finì di ridere. “Perché non hanno padroni?”
Lisa alzò una spalla, sorridendo. “Mi sembrava una buona idea”.
“Ti ci vedo.”
“Nella giungla a rincorrere le scimmie?” gli chiese lei, cercando di non ammettere quando la sua frase le avesse fatto piacere.
“A fare qualcosa di straordinario”. Nelson avvicinò il bicchiere del caffè al suo in una sorta di brindisi e Lisa sentì le guance prendere colore.

 

Nelson si voltò a guardare Batman, ma lui continuava a stare accucciato sul fondo del cassone. Allungò una mano e gliela posò sulla testa, posata fra le due zampe anteriori, accarezzandolo delicatamente.
“Non è peggiorato. Sta andando bene” disse Lisa e lui annuì.
“Come vanno i lavori di sgombero?”
Nelson alzò gli occhi dal cane e si sentì un po’ imbarazzato, al ricordo di come fosse finita qualche giorno prima.
“Calvin ha quasi finito. Manca veramente poco. Domani sarà tutto pulito. Pronti per il barbecue di domenica. Ellie non… Oh!” Il ragazzo si interruppe.
Lisa sorrise. “Possiamo parlare di barbecue, Nelson. Non è un tabù”. Il ragazzo annuì.
“Ellie dice che vuole che venga anche tu.”
“Sai che faccio una fatica bestiale a frenare tua sorella? È cocciuta quasi quanto Bart!” Lisa fece ciondolare le gambe nello spazio vuoto sotto l’auto.
“Dovresti venire, allora” disse Nelson. Non aggiunse che gli avrebbe fatto piacere, perché sembrava strano anche a lui. “Potrei grigliare verdure o comunque cucinare anche altre cose…”

 

“E lo faresti per me?” La voce di Lisa si era fatta un po’ stridula, ma lei era veramente sorpresa. Guardò Nelson come se le avesse appena detto che aveva adottato un elefante. Lui alzò le spalle.
“Mi piace cucinare” ammise, come se si trattasse di un segreto.
“Lo so”. Le parole di Lisa lo stupirono e lei se ne rese conto dalla sua espressione. “Me lo ha detto Ellie” svelò l’arcano lei.
“Mia sorella parla troppo, mi sa” disse Nelson, dopo un po’ di silenzio.
“Oh, la mia non parla per niente. Ecco perché vanno così d’accordo!” Lisa tentò di sdrammatizzare, ma poi divenne seria. “Ma almeno Ellie ti stima…”
“Maggie è in un’età difficile. E tu sei stata via tanto…”
Lisa si girò verso di lui e lo guardò negli occhi: lei non aveva capito subito che il problema di sua sorella fosse proprio il fatto di essere stata lontano da casa. Nelson invece aveva afferrato subito il problema. Più passava tempo con lui più iniziava a condividere il pensiero di Ellie nei suoi confronti.
Lisa sospirò, guardò verso la strada, ormai il sole stava calando e presto avrebbe fatto buio.  Saltò giù dal cassone, si chinò a controllare Batman e poi si rivolse direttamente al ragazzo. “Torniamo a casa”.

 

Nelson annuì, sistemò il cassone e la fece salire sul pick-up. “Comunque dicevo davvero, prima: potresti venire. A Ellie farebbe piacere”.
Mise in moto e partì, immettendosi in strada. “E a te, farebbe piacere?” chiese Lisa dopo un po’, mentre lungo la strada sorpassavano madri in bicicletta con i figli e minivan parcheggiati davanti alle gelaterie.
Nelson si voltò verso di lei, osservandola: il suo braccio penzolava fuori dal finestrino e lei apriva e chiudeva la mano al contatto con l’aria, muovendo le dita in una carezza al vento. Poi si voltò verso di lui, guardandolo direttamente e chiedendo una risposta alla sua domanda. Cosa voleva sapere?
Il ragazzo non rispose niente e lei continuò: “È casa tua in fin dei conti, no?”
Ma mentre lo diceva i suoi occhi vacillarono e tornarono a guardare fuori dall’abitacolo. Ah. Intendeva quello. “Ma certo”.
Fu con sollievo, comunque, che vide casa Simpson in fondo alla via.

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