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Autore: Manto    22/01/2022    0 recensioni
(Sigma x Gogol')
Sigma lo sa da sempre: avere a che fare con Nikolai Gogol' vuol dire vedere qualsiasi piano andare in frantumi e dire addio alla pazienza, guadagnandoci pure un mal di testa clamoroso.
E mettendo in discussione anche il cuore.
Lievi toni di angst, qui è la commedia a regnare.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fyodor Dostoevsky, Nikolai Gogol, Sygma
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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{ Futuro Ombre a Due }


And your eyes are the size of the moon
You could cause you can so you do
We’re feeling so good
Just the way that we do

“Nine in the Afternoon”, Panic! At The Disco



 

Da dove nasce il dolore? Quale fonte dà vigore alla sofferenza, che tipo di arma può impedire al corpo di curarsi e rigenerarsi fino a tramutare il sapore del sangue in rabbia, fastidio, insofferenza?
Cosa lo spinge a continuare a cullare le sensazioni che feriscono maggiormente, a maledirle e tenerle con sé al medesimo tempo?
Sigma riemerge dalla visione dei suoi ricordi con un sospiro profondo e triste, il sentore amaro di una sconfitta conficcato nella carne, lo sguardo vinto. Non lo ha mai ammesso a sé stesso e tuttora si rifiuta di farlo, ma quella parte della sua anima che sa continua a ripeterlo: non è solamente per differenza di carattere e vedute che lui non riesce a rimanere al fianco di Gogol’ per molto tempo, non è unicamente, principalmente, la stravaganza ad allontanarlo sempre di più da questi. Tutto ciò ha luogo perché deve proteggersi; ogni cosa è dovuta alla necessità di preservarsi da una continua, inesorabile caduta dal quale nessuno, oltre a lui stesso, può salvarlo.
E non è facile, non lo è mai; in questo momento ancora meno.
Nikolai sa gestire bene il suo pubblico e lo infiamma a dovere, anche se per i gusti di Sigma guarda troppe volte nella sua direzione e gli fa cenni e strizzate d’occhio che potrebbero compromettere la riuscita della missione ― di’ la verità, non è quella a essere in pericolo ―; si trova a suo agio in quelle vesti e agisce in modo eccellente, suscitando il plauso generale, anche il suo, senza sforzi… e pensieri, e domande.
Ciò che non si affronta non svanisce; ciò che rimane inascoltato ritorna di nuovo, sempre più grande e complesso, difficile da sgarbugliare, faticoso da sentire oppure, improvvisamente, estremamente facile da comprendere.
A patto che lo si voglia anche accettare, ovviamente. 
Credo che saprai gestirtela alla grande anche da solo, pensa Sigma all’indirizzo di Nikolai, mentre il desiderio di congedarsi diventa estremo e lui prova a pensare a come sarebbe dare retta prima di tutto a ciò che sé stesso vuole, non hai bisogno di nessuno per farcela.
Lo immagina, ma non si allontana: perché è consapevole che qualunque cosa lui progetti va in frantumi sotto il tocco di Gogol’, e le sorprese sono ben lungi dall’essere finite. Ne ha la conferma quando intercetta l’ennesima occhiata dell’Angelo e vede lo scintillio nel suo sorriso, e si prepara a tutto: come sempre, l’altro lo sorprende.
La folla erutta in un grido stupito e allarmato insieme, e stranamente anche il cuore di Sigma accelera i propri battiti, quando vede la cantante girare velocemente, troppo velocemente e senza controllo, su sé stessa e commettere un passo falso: letteralmente, perché i piedi incespicano sui tacchi e dopo qualche nota incerta e passi altrettanto instabili, Nikolai precipita giù dal palco, direttamente tra la gente. 
Ottima mossa, riconosce Sigma mentre si fa largo tra la folla per portare un soccorso che sa bene non essere necessario al diretto interessato, ma costituire un altro numero dello spettacolo: infatti, il giullare è piombato direttamente tra le braccia del loro obiettivo e ora si sta aggrappando al suo collo mentre l’uomo lo stringe come un tesoro, ignaro di consegnarsi alle fauci di una belva: qualunque cosa Gogol’ gli stia ora facendo, lo dannerà.
«La ragazza sta bene?», grida qualcuno tra il pubblico, e per la seconda volta nel giro di poco tempo, il manager quasi scoppia in una risata. Sta meglio di te e di me, credimi, pensa appena prima di apparire alle spalle del diplomatico e attirare la sua attenzione con un profondo inchino, pronto a mandare avanti la farsa. «Da parte di tutto lo Sky Casino, ambasciatore, grazie per aver salvato la nostra ospite. Ora mi occuperò personalmente di ogni cosa, lasci fare a me.»
Il diplomatico, più provato di tutti loro messi assieme, involontariamente serra leggermente la presa e si tiene la sua fanciulla al petto, mentre quella guarda l’uno e l’altro.
Quella che stringi non è un trofeo o una preda, mio caro amico: sei tu il pasto. «Questo incidente è successo nello Sky Casino, ed è compito mio porvi rimedio. Non dovete farvi carico di quanto è appena accaduto», prosegue Sigma con tono calmo, «e la nostra infermeria è fornita di tutto il necessario. Lasciate che mi prenda cura io di lei, desidero assicurarmi della sua salute.»
«S-sì», risponde infine l’ambasciatore con un filo di voce e il volto pallido, «allora la lascio alle sue mani. Ma faccia attenzione, temo si sia fatta male a una gamba! Ed è delicata, non…»
La voce si blocca quando l’uomo vede il manager avvicinarsi e liberarlo dolcemente del peso della sua dama, e il silenzio prosegue mentre questa scivola tra le braccia del giovane e affonda il viso contro la sua spalla, un lampo di dolore ad attraversare i lineamenti. «Starà bene, glielo prometto», risponde Sigma, cercando la posizione ottimale per riuscire a reggere Gogol’ senza rovinare al suolo, «ha la mia parola.»
Sottili mormorii accompagnano l’uscita di scena di entrambi, che non si girano né si guardano fino a quando non si ritrovano nel corridoio che collega le sale da gioco allo studio di Sigma, e allora Gogol’ lancia un breve miagolio. «È compito mio porvi rimedioooo», flauta mentre si sistema meglio tra le braccia del manager, le dita che gli serrano il collo e gli occhi che saettano a fissarlo, il tono canzonatorio ― ed è una nota di dolore quella che si nasconde sotto lo scherno?
«La prossima volta ti butto io stesso giù dal palco, così magari ti rompi la testa», ribatte seccamente l’altro, ignorando il ridacchiare di Nikolai e il contatto tra i rispettivi corpi.
Appena si rendono certi della presenza di nessuno, il clown estrae un lembo del Cappotto dal corpetto della veste e lo lancia sopra di sé e Sigma, il quale fa in tempo a scorgere un lampo bianco prima di ritrovarsi… nella sua camera da letto.
Sì, con tutti i posti che si potevano scegliere, quel maledetto ha deciso proprio la sua stanza. E poi dovrebbe chiedere a sé stesso pazienza.
«Bene, lasciatemelo dire, dame e messeri: è stato veramente…»
«Orrendo.»
Nikolai lancia uno sguardo offeso al manager, quindi incrocia le braccia. «Sigma-kun, non sei un po’ troppo severo? Non è stata la mia migliore improvvisazione, ma… ahia!»
Senza tanti complimenti, Sigma lancia letteralmente Gogol’ sulla poltrona vicino al letto. Subito dopo si massaggia le braccia doloranti, limitandosi a imprecare sottovoce, e si concede un profondo respiro, che diventa immediatamente uno sbuffo irritato non appena scorge il giullare lasciare il suo posto e zoppicare sul letto. «Credo che lo scherzo possa dirsi finito», esclama con asprezza, gli occhi che fiammeggiano mentre si para davanti al compagno e lo fissa, «vattene in fretta, mi hai già fatto perdere fin troppo tempo.»
Nikolai non ribatte né lo guarda, ma come se non lo avesse sentito allunga il piede destro verso di lui e, forse inavvertitamente o forse no, gli sfiora il petto con il tacco. «Mi togli questo strumento di tortura? La mia povera caviglia ha subito davvero la caduta… poi mi spiegherai come fai a indossare le tue scarpe tutto il giorno.»
Con disappunto e senza troppa grazia, chiedendosi per tutto il tempo perché lo stia facendo e per quale improbabile ragione la sua mente si soffermi a guardare la posizione che Nikolai ha assunto sul letto ― i gomiti appoggiati sul materasso e la gamba tesa verso di lui, i capelli che ricadono sulle coperte in larghi anelli d’argento ― e non voglia concentrarsi su altro, Sigma gli libera non uno, ma entrambi i piedi dalle calzature e fa cadere queste vicino alla poltrona, quindi guarda Nikolai mentre si prende la caviglia e la osserva con l’espressione corrucciata. In effetti, questa è rossa e si è già gonfiata: per una volta, Gogol’ mostra chiaramente quello che prova e si rivolge a Sigma con grandi occhi spalancati, quasi a chiedergli un aiuto.
Non riesco a credere che stia succedendo davvero, pensa l’altro mentre lo fissa a sua volta, perplesso, è riuscito a farsi del male e non sa venirne fuori da solo. Non è possibile, ci deve essere un inganno…
Ma se l’inganno c’è, alla fine Sigma ci si lascia cadere; e sacrifica i suoi cuscini in modo che Gogol’ li sfrutti per dare un poco di sollievo alla parte offesa, e guarda sé stesso dirigersi nelle cucine a recuperare del ghiaccio e ritornare immediatamente accanto al compagno, che come nota positiva ha perso un poco della sua capacità d’indurre crisi nervose in chiunque e sussulta appena quando il manager gli sfiora la caviglia bollente.
«Sei stato tu a voler prendere il posto di una ragazza», commenta il giovane mentre si siede sul bordo del letto e fa segno a Gogol’ di appoggiargli il piede sulle gambe, per poi applicare il ghiaccio.
«E a giudicare dalle reazioni, non è neanche andata tanto male», è la replica del clown, che non perde di vista alcuna sua azione.
«L’unico a rimetterci sei stato tu; direi che è andata ottimamente.»
Gogol’ atteggia il volto in una smorfia, quindi si mette a sedere e si sporge con il viso verso Sigma, lo sguardo inquisitore. «Però tu sei in mia compagnia, a prenderti cura di me…»
«Abbiamo o no una parte da rispettare?», replica Sigma con una nota di fastidio, allontanando il volto di scatto. Immediatamente, si rende conto di quanto le sue parole siano poco credibili: non c’è nessuno spettacolo da offrire ora, non possono essere usate come uno scudo, «e spero che il tuo sacrificio sia servito a qualcosa di utile.»
Gogol’ sorride; una smorfia dovuta a una fitta di dolore, quindi il sorriso ritorna, perfetta mezzaluna buia stampata sul volto chiaro. «Non crederesti mai a ciò che si nasconde sotto questo abito…»
«Gogol’-san, per favore…»
Nikolai esplode a ridere e ricade completamente sul letto, per poi indicare il volto seccato di Sigma. «Ti ho ripagato della cattiveria di prima!», esclama, per poi mettere una mano nel corpetto e abbassarlo un po’. Da questo estrae un piccolo dispositivo nero, il chip tanto bramato, e Sigma trattiene il fiato: missione compiuta, finalmente.
«Il compenso per il disturbo arrecatovi, vostra maestà», mormora il clown mentre lo porge al manager e fa un breve inchino con il capo, «grazie per tutto il divertimento, sinceramente me lo meritavo. Per la fortuna dei tuoi ospiti, questa volta l’ambasciatore ha scelto di nascondere il tesoro sotto la cravatta… non sanno di essersi risparmiati uno spettacolo imbarazzante!»
Senza mostrare alcuna espressione, Sigma lascia che l’altro gli posi il dispositivo sulla mano tesa, quindi la chiude piano e se la porta al petto. Andata; è tutto finito.
Ora, non ha più senso rimanere insieme e pretendere quel che non è vero; possono riprendere a scappare, sfuggirsi a vicenda, rifugiarsi negli angoli bui lasciati da entrambi.
Forse l’oscurità è stata creata proprio per loro, per le loro ragioni.
«Il tuo aiuto è stato fondamentale», mormora il giovane con sincerità, mettendo al sicuro il chip e riprendendo a occuparsi della caviglia dell’altro, «ma non c’era bisogno di arrivare a tanto.»
In risposta, Nikolai fa spallucce e sospira forte mentre si indica il piede. «E credi che sia stato volontario? Non doveva finire in questo modo. Ma capita anche ai migliori, così si dice», replica, e a quel punto Sigma lo guarda.
Gogol’ lo fissa di rimando, quindi fa una pausa teatrale e gira il viso. «Mai più tacchi, segnati le mie parole, Sigma-kun!», grida infine.
Il giovane sbatte le ciglia per qualche attimo, poi un sorriso gli illumina gli occhi. Dopo qualche istante, una risata spontanea erompe dalla sua gola e diventa sempre più forte: la somma di tutte quelle che è stato costretto a trattenere fino a quel momento. E non c’è scherno in essa, lo sanno entrambi: solamente liberazione, tensione rilasciata, stupore… e qualcosa di ancora più salutare e cercato, voluto.
«Sei diventato tutto rosso», lo richiama Nikolai con tono incrinato dal divertimento, mentre lo osserva coprirsi il viso paonazzo con le mani. 
«Già, e non è da me», risponde subito il manager, appoggiando la gamba di Gogol’ sul letto e alzandosi, riprendendo quasi immediatamente il suo contegno, «meglio che nessuno mi veda in questo stato. E anche tu dovresti sistemarti: il tuo amato si starà chiedendo quanto grave sia la storta che hai preso… e quanto inventata.»
Ora è il turno di Nikolai di sorridere sinistramente fino a ridere, e mentre fa un occhiolino d’intesa a Sigma e questi, almeno per un momento, risponde con un ghigno, nel cuore del manager qualcosa ritrova la sua inusuale normalità. Sono davvero fatti per le ombre… ma, e forse è la folgorazione illusoria di un attimo o forse è schietta verità, per quelle pronte ad accogliere. «In verità, il tuo spettacolo è stato splendido», prosegue mentre dà le spalle a Gogol’ e si appresta a lasciare la stanza, «come la tua voce. Ora riposa e non farti vedere per un po’, mando avanti io la scena. Non creare guai.»
«Tanti complimenti rendono tutti più bravi di quanto realmente siano, ma io li accetto volentieri! Però, nessuno ti sta cacciando via dalla tua stessa stanza, sai.»
Se è un invito a restare, Sigma decide di non dargli retta e si allontana dal letto e dalle gemme dorate che esitano a lasciarlo andare.
Un passo alla volta, non è facile riavvicinare quanto si è a lungo tenuto a distanza.
«Sigma-kun», lo chiama nuovamente Gogol’, il tono leggermente più calmo, «ora lo ammetti che siamo una squadra fantastica, io e te?»
L’interpellato non si volta, ma ogni parte di sé rivela la risposta e questo fa sorgere un piccolo fischio di apprezzamento nel giullare.
La porta che si chiude alle spalle del manager non riesce a spegnere la voce dell’altro, come questa cambia divenendo un’altra e indossando le parole di una nuova canzone; e il lontano Natale impallidisce dentro di essa, con il proposito di ritornare in un altro momento ― magari un po’ cambiato, forse con meno amarezza.

Into a place, where thoughts can bloom

Into a room where it’s nine in the afternoon

And we know that it could be

And we know that it should

And you know that you feel it too.

Fermo sulla soglia, Sigma fa un lieve sorriso alla melodia che gli è ormai penetrata nella mente e intanto si volge verso la luna, la cui figura piena sta comparendo a ogni finestra dello Sky Casino e domandando cortesemente di entrare. Calamitato dalla bellezza di quella, il manager decide di ritardare i propri piani e si avvicina alla vetrata più vicina per osservarla; e mentre ascolta la canzone di Nikolai, spalanca gli occhi in una rivelazione improvvisa.
Gli orecchini… per tutto il tempo che siamo rimasti nella stanza, Gogol’ non li ha indossati.
Un dettaglio così piccolo, ma ora estremamente e stranamente particolare: sono stati progettati per registrare qualunque parola e movimento del loro obiettivo, per rimanere sempre collegati con il resto del Decadimento, e mentre Nikolai li ha tenuti durante i suoi numeri, da quando sono arrivati in camera si è mostrato privo di essi. Assolutamente plausibile che una volta portato a termine il compito assegnato se li sia tolti ― e che quindi in quella stanza siano stati soli, unicamente loro due e con il mondo a distanza ―, ma quando ne avrebbe avuto il tempo, contando l’incidente?
… Sempre che questo non sia stato programmato insieme al resto, e Nikolai non lo abbia ingannato per tutto il tempo. Non può esserne sicuro, ma neanche escluderlo con certezza: solo il clown, e forse neppure lui, conosce il mistero che costituisce la sua persona e come reagire a esso.
Eppure, in qualche modo, di quel mistero ormai fa parte anche lui: e a domanda replica con domanda, al silenzio con una mancanza di spiegazione, porgendo tenebra all’oscurità.
Si è sempre attirati verso chi ci assomiglia, è il pensiero che lo attraversa, in coda a tutti gli altri, e gli fa serrare i denti in una smorfia involontaria, guarda sotto il velo e chiediti quale sia il tuo riflesso.
Lascia andare le menzogne, abbi il coraggio di accettare la verità.
I quesiti che seguono, la luna li ascolta tutti; e mentre sale nel cielo porta con sé la traccia di sensazioni troppo vivide per essere lecite e ogni preghiera che le sia stata donata, discreta e onnisciente.
Nei corridoi, una sola voce finisce d’intessere la sua malia e muore negli echi sussurrati che inseguono chiunque voglia ascoltarli, coloro che sanno già dove trovare ciò che cercano e chi sta scoprendo di non aver mai smesso di desiderare.

“And we know that it could be

And we know that it should

And you know that you feel it too.




 

ANGOLO DI MANTO

 

Non ci credo, non ci credo davvero: eppure l’ho finita.
Da settembre che l’idea c’era, solamente ora sono riuscita a metterla in atto. Ma ce l’ho fatta.
Un immenso, infinito grazie a Yas, Gloria e Lisa per avermi ispirato la storia.
Grazie a Sonia e Ale perché si sono sorbite tutti, TUTTI i miei scleri e le idee in merito. Questa fanfiction è per voi, solamente per voi.
Il titolo della storia riprende una frase tratta da “Northern Downpour” dei Panic! At The Disco.

 
   
 
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