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Autore: Dorabella27    23/01/2022    15 recensioni
Come sa bene chi mi conosce, non ho mai digerito l'episodio 15 dell'anime: mi sembra insensato, soprattutto per quel che riguarda la storia della finta gravidanza di Maria Antonietta (a dir poco impossibile: i parti reali erano pubblici, proprio per evitare rischi di sostituzione del neonato o altri infingimenti); nel finale dell'episodio, poi, la colpa che viene fatta ricadere su Oscar è sommamente odiosa, e sarebbe talmente grave da rendere pressoché incredibile il fatto che nell'episodio successivo nessuno dia segno di ricordare alcunché. Ho immaginato allora uno switch - possibile? probabile? quanto meno, plausibile, si spera - a partire dal rientro di Oscar a Corte. Il racconto si trasformerà in corso d'opera, e da quasi - feuilleton prenderà le movenze di storia di taglio introspettivo e intimista. Questa volta procederò dando la parola, via via, ai singoli personaggi, che si alterneranno come voci narranti, con capitoli brevi e, spero, ravvicinati. Sperando che apprezzerete questo mio ennesimo esperimento .... buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Charlotte Di Polignac, Contessa di Polignac, Oscar François de Jarjayes, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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IV- Il posto più buio è sempre sotto la lampada....
 
André
« No, andrai soltanto tu da Madame Bertin, André».
 
Oscar è perentoria, ma io non riesco a capacitarmi di quell'ordine.
 
« Io ? Ma Madame Rose Bertin mi ha visto a corte, Oscar: mi riconoscerebbe immediatamente ! »

« Non credo proprio, André ! In fondo, nessuno si sofferma a guardare con troppa attenzione un servitore ».
Oscar parla con leggerezza, sorridendo e reggendo il bicchiere con il cognac, ma in corrispondenza dell’ultima parola la voce si incrina, si oscura impercettibilmente « Sono più che certa che passerai completamente inosservato ! », taglia corto. Poi, leva il bicchiere con una sottile risata e si avvia verso il violino.
Un servitore. Oscar : questo sono per te ? Un servitore e nulla di più ? Se solo sapessi, Oscar, che io darei tutto per te, anche la vita.
Adesso Oscar ha lasciato il bicchiere sul tavolo e ha recuperato il suo violino; l'archetto, percorre veloce le corde, fra salti di ottava feroci e trilli scatenati, mentre Oscar, gli occhi socchiusi, è appartentemente impassibile, né un solo muscolo si muove nel suo viso da sfinge bionda ; e io, come tante altre volte, come in innumerevoli occasioni, in questa tantalica teoria di giornate che è sempre stata la mia vita in questa bella e ricca casa, mi abbandono sulla poltrona, per un attimo, le braccia sotto la nuca, il viso alzato verso gli affreschi del soffitto di Palazzo Jarjays.
Avevo sei anni quando tu mi indicasti per la prima volta il soggetto di quegli affreschi. Eravamo stesi su questo tappeto su cui ora poggiano i miei piedi, le teste vicine quasi a sfiorarci, i miei capelli neri accanto ai tuoi, biondissimi e arruffati, e tu, bella come un cherubino, ancora accaldata e ansante per la corsa su per lo scalone d’onore, avevi alzato la tua piccola mano bianca e con l’indice mi mostravi il soggetto delle decorazioni : « Ecco lassù, Psiche alla ricerca del suo sposo. Psiche ha le fattezze di mia nonna, figlia del grande Georges de la Tour. E Venere ha il volto di Madame Palatina, la moglie di Monsieur, la cognata del Re, per intercessione della quale il mio bisnonno, primo della famiglia Jarjayes, ebbe la nomina a conte, dopo quella di comandante delle Guardie Reali dal grande Luigi XIV. E un giorno, dopo il mio bisnonno, mio nonno e mio padre, anche io rivestirò quell’uniforme rossa ». La tua sicurezza, la tua serietà mentre pronunciavi quelle parole, il tuo visetto intento .. .mi avevano conquistato. Tu, che a cinque anni conoscevi i nomi dei membri del tuo casato sino all’ottava generazione che ti aveva preceduta, e io, che a stento ricordavo il nome di mio padre e di mia madre, e che avevo soltanto mia nonna, al mondo.
Quando però avevi, improvvisamente, volto la testa e  mi avevi rivolto uno sguardo con i tuoi splendidi occhi azzurri velati già da quelle ciglia lunghissime che mi confondevano quando mi soffermavo a guardarle, mi avevi detto : «Però serviranno molti anni ancora, prima che diventi colonnello e poi generale. Fino ad allora potrai restare con me, e giocheremo sempre insieme, se tu lo vuoi».  Mi avevi preso la mano, e ti eri rialzata di scatto, trascinandomi nuovamente in giardino.
Da quel momento sono stato tuo, tutto tuo, solo tuo, per sempre tuo.
Perché nei tuoi occhi avevo letto anche la paura della solitudine ....e io non voglio che tu sia sola, Oscar, io voglio che tu sappia sempre di avermi accanto. Anche se a un servo nessuno bada e nessuno lo nota.
Che cosa darei per poter stare ancora una volta steso su questo tappeto con te, dimenticando tutti gli impegni, tutti i doveri, tutte le preoccupazioni, e restare per un intero pomeriggio così, accanto a te, le teste vicine, le ciocche dei nostri capelli mescolati, sentire il calore del tuo respiro, ridere con te mentre vedo il tuo petto, che indovino niveo e liscio, sotto la stoffa della camicia di seta, che si alza e si abbassa a un pollice dal mio viso, vedere le vene pulsare nella fontanella della gola e sognare, oh, solo sognare, di posare le mie labbra sulle tue.
 
Oscar
André dovrebbe essere ormai pronto per la missione nell’Atelier di Madame Bertin.
Missione!
Che parola sciocca, esagerata e fuori luogo in questo frangente!
 La sua "missione", se così possiamo dire, consiste nel farmi confezionare nel segreto più assoluto un abito da sera, adeguato perché io possa presentarmi al Casinò di Parigi venerdì notte in compagnia di Girodelle.
Naturalmente, non posso certo presentarmi di persona e farmi prendere le misure.
Già è un azzardo supporre che nessuno mi riconosca in abiti femminili, ma Girodelle, con quella sua aria sempre impassibile, anche quando si lascia andare a osservazioni acute,  - senza mai gloriarsaene, come se avesse imparato insieme la signorilità e la modestia - ,  mi ha fatto notare che molto poche sono le persone che si soffermano davvero a osservare i lineamenti dei loro interlocutori: un abbigliamento completamente diverso, una acconciatura differente, un ventaglio adeguatamente mosso per ombreggiare il viso, e nessuno, fra le decine, centinaia di persone che ogni giorno, da anni, mi incontrano in divisa per i corridoi e i giardini della Reggia, penserebbe mai di avere di fronte il Comandante delle Guadie Reali.
E per lo stesso motivo, anche André, che ha già incontrato Madame Bertin negli appartamenti della Regina, suggerendole anche il nome del "color pulce" (ma si può battezzare con quel nome una sfumatura di colore?) andrà all'atelier opportunamente vestito, non certo con il consueto, seppur decorosamente elegante,  giustacuore da attendente.
« Oscar, che ne pensi ? Potrei passare per un ricco cavaliere di passaggio a Parigi ? »
André mi aspetta alla soglia della mia camera da letto. Come sempre, decorosamente, con pieno rispetto delle forme e delle convenienze, da quando ho compiuto i dodici anni non ha più varcato quella porta senza una mia esplicita richiesta.
Mi alzo dal morbido materasso di piume su cui stavo distesa, le braccia conserte sotto la testa, mentre ripassavo il piano (piano !) per la serata che presto mi attende.
« Fammi dare un’occhiata »
In quell'attimo, André improvvisa un inchino, mi afferra la mano, con il suo tocco lieve, e mi fa un baciamano, ponendo le labbra leggere fra polso e dorso della mano: "Ai vostri ordini, mia soave Madamigella".
Poi rialza il capo e mi fissa con uno sguardo morbido e ironico.
« Che c’è, Oscar ? Qualcosa ti contraria ? »
« No, André. Sei perfetto. Assolutamente perfetto. Per un attimo, non ti avevo riconosciuto nemmeno io ».
Mio Dio, che cosa è stato ? Che cos’è stato quel calore improvviso alle tempie e quel leggero rimescolamento nello stomaco che ho avvertito al contatto con le sue labbra ?
 André, oggettivamente, è splendido nell’abito nero a ricami argentati. Certo, ho sempre saputo che ha un corpo ben allenato e un portamento nobile : non per nulla, abbiamo avuto lo stesso maestro di danza e abbiamo seguito le stesse lezioni, di scherma, di sciabola, di portamento, ma adesso è come ... come se lo vedessi per la prima volta.
La marsina nera attillata in vita sottolinea l’ampiezza delle spalle e sotto la parrucca e il tricorno che André solleva con un gesto aggraziato brilla un sorriso aperto e gentile (gentile ? Ma che dico ! È il suo consueto sorriso, quello che mi rivolge sempre, ogni mattina che Dio manda in terra), illuminato dal  verde degli occhi, il verde più straordinario che abbia mai visto, un verde che sa di prati roridi al mattino, di lunghe cavalcate nel vento, di sole e di libertà.
André ha gli occhi verdi ? Strano !
Non ci avevo mai fatto caso. Io stessa stento a riconoscere in lui il mio attendente, il bambino e poi il ragazzo che mio padre mi ha messo accanto da quando avevo cinque anni, come compagno di giochi prima e custode della mia persona poi.
Noto che in corridoio l'andirivieni del personale di servizio si è interrotto, e due cameriere sostano poco lontano dalla porta, fissando André. Odo distintamente un sospiro, e dei sussurri: "E pensare che la sua porta è sempre chiusa". "È sempre così, mia cara...chi ha il pane non ha i denti".
"Bene, direi che va benissimo", dico in tono asciutto, cercando di dominare la mia irrequietezza (la mia voce avrà tradito un tremito ?). Gli giro le spalle, perché non voglio che si renda conto del mio respiro stranamente affrettato,
Per fortuna, a togliermi dall’imbarazzo arriva, provvidenziale, Rosalie. 
« Madamigella Oscar, vi ho portato la biancheria pulita ... oh ! André ! Ma siete splendido ! Questo abito vi dona immensamente ! Maddamiggggella Oscar, non trovate che André sembri un cavaliere delle favole?".
Mi volgo bruscamente. Rosalie è certamente stupita dai miei modi sbrigativi e da come io faccia in fretta a liquidare l'argomento : « Bene, io vi lascio ai vostri convenevoli . Mi raccomando, André, accertati con Madame Bertin che le sue lavoranti riportino correttamente le mie misure », e gli lascio in mano il foglio con le cifre e numeri, frutto degli sforzi di nanny con il metro da sarta, bene attenta a non sfiorare le sue dita con le mie, dato che detesto essere toccata (perché poi?).
Restata sola, osservo dalla finestra la carrozza, molto opportunamente quella di servizio, senza il leone a due code in campo blu che regge una spada  -  da cinque secoli stemma nobiliare dei Jarjayes - , che porta André a Parigi, e, quando sparisce dalla mia vista, impugno il violino. Cerco di riprendere la melodia di Tartini con cui, dopo tanti anni da quando l’avevo imparata da bambina, mi cimento ormai ogni sera da quasi un mese, ma sono particolarmente distratta : oggi, non riesco a trovare la concentrazione necessaria per dominare i difficili trilli. Prenderei a ceffoni chiunque me lo facesse notare, ma la verità è che non riesco a non pensare alle spalle di André, al suo sorriso aperto, alle sue labbra carnose, ai suoi occhi verdi ...come ci si deve sentire osservandoli da sotto in su, magari tenendo la testa appoggiata a quel petto così ampio...così ... basta. Chi sa quante cuoche e cameriere hanno appoggiato la testa su quel petto, Oscar!, mi dico. E il suo baciamano? Era un baciamano....scherzoso, Oscar, mi ripeto, solo scherzoso...anche se ... le sue...mani.... Che pensieri sono questi? Ricacciarli indietro, subito (Chi sa quante cuoche e cameriere hanno appoggiato la testa su quel petto, Oscar, mi ripeto, come una litania, e l’immagine si inchioda in testa, al punto che non vedo più nemmeno le note sullo spartito, ma mi sembra che il mio pensiero abbia preso forma sulla carta).. Basta! Concentiamoci su Tartini (e mentre tu passi le tue serate al violino, che cosa fa André? Lo sai? A chi sorridono quegli occhi mentre tu ti eserciti sugli spartiti di Tartini e di Bach? Pensi davvero che un giovane uomo, sano, in forze e desiderabile come André, passi le sue nottate a letto, da solo, leggendo un libro di poesie o il vecchio Cicerone su cui vi eravate esercitati tanto quando avevate tredici anni?). No, no. BASTA. (Questa vocina petulante nella mia testa, da dove viene? Che cosa vuole farmi ammettere?).
 
Si ringrazia per la fan art, Galla88, che qui ci dà una versione con tricorno del « villano ripulito » (V. De Girodelle dixit)
 
....E sì, mi direte : ma perché mai c’è bisogno di tutta questa complicazione, con un André che va en déguisé all’atelier della più famosa sarta parigina ? Non ci potrebbe andare qualche altro servitore di casa Jarjayes ? Beh, insomma : un feuilleton è un feuilleton, e ci sta anche una piccola quota di inverosimiglianza. E poi, volete mettere l’occasione per Oscar di vedere un André « messo giù da gara », come si dice qui ?
 
 
   
 
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