Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Mariusgon    24/01/2022    0 recensioni
Una tranquilla giornata scolastica subito prima del weekend per il nostro Eren Jeager e per i suoi amici.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Conny Springer, Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Mikasa Ackerman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Questi personaggi non mi appartengono ma sono proprietà di Hajime Isayama, così come tutto l'Universo de L’Attacco dei Giganti in cui è ambientata questa storia.

 

UN FELICE GIORNO DI SCUOLA



Aveva la gola secca e gli stavano cominciando a dolere le gambe, ma aveva talmente tanta adrenalina in corpo da non farci caso.
Lui e Connie quella mattina si erano offerti volontari per l’interrogazione di Storia e il professor Smith li stava tenendo sotto torchio da una buona mezz’ora, oramai.
I suoi occhi indugiarono sull’orologio appeso vicino la lavagna e sorrise.
“L’ora è quasi finita.” pensò Eren tra sé e sé. “Ancora cinque minuti e saremo liberi, Connie!”
Nel mentre, il professor Smith stava cercando di farsi dire qualcosina sulla Guerra Civile di Eldia proprio da Connie.
«...dopo che il Re Fritz se ne andò con buona parte dei suoi sudditi sull’isola Paradis, la guerra civile si fece ancora più sanguinosa...» stava dicendo il ragazzo.
Aveva studiato per bene quella parte, si vedeva, e se la stava cavando abbastanza bene anche se qualche imprecisione non era mancata.
Connie fu sul punto di elencare tutta una serie di battaglie svoltesi durante la Guerra che aveva approfondito, ma il professore lo interruppe alzando la mano destra per poi rivolgersi ad Eren.
«Dimmi un po’, Eren... ti ricordi come e quando si è conclusa la Guerra Civile di Eldia?» gli domandò l’insegnate, ed Eren annuì.
«La guerra si concluse nell’anno 743.» rispose prontamente. «E si concluse quando Re Fritz, dall’isola di Paradis, fece recapitare un messaggio alla parte dell’Impero che si trovava sul Continente.»
«E cosa diceva questo messaggio? Te lo ricordi?» chiese il professore.
«Il messaggio diceva che il Re era un possesso di un’arma abbastanza potente da ‘Appiattire l’intera Terra’ e che l’avrebbe utilizzata contro i rivoltosi se la Guerra non fosse immediatamente cessata» rispose Eren. «Anche se nessuno ha mai confermato che il Re fosse effettivamente in possesso di tale arma, il messaggio ebbe l’effetto sperato e la Guerra Civile terminò.»
«Cosa accadde all’Impero di Eldia una volta terminata la Guerra?» chiese ancora il professore, ma stavolta si rivolse a Connie.
«Si sfaldò completamente, eccetto per l’isola di Paradis.» rispose il ragazzo. «La parte dell’Impero che si trovava sul Continente venne annessa dall’Impero di Marley e dai suoi alleati.»
Il professor Smith annuì prima di guardare l’orario sul suo orologio da polso per poi rialzare lo sguardo verso i due ragazzi.
«A lezione abbiamo parlato di tre cinte di mura che Re Fritz aveva fatto edificare per difendere il suo regno da eventuali attacchi esterni all’isola di Paradis...» disse il professore. «Vi ricordate come si chiamavano queste tre cinte di mura?»
«Oh, sì!» esclamò Connie. «Wall Maria, Wall Rose e...»
Il ragazzo si bloccò a metà, colto da un vuoto di memoria. Cominciò a battersi una mano sulla nuca, cercando di ricordarsi l’ultimo nome delle tre cinte di mura ma alla fine il professore si voltò verso Eren.
«Eren, tu te lo ricordi?» chiese.
«Wall Sina.» disse Eren ed il professore annuì soddisfatto. Si voltò verso il resto della classe ed il suo sguardo incrociò quello di Armin e quest’ultimo gli sorrise facendo doppio pollice in sua direzione.
Ricambiò il sorriso prima di voltarsi verso il professor Smith che nel frattempo aveva aperto il registro dei voti elettronico.
Il professore arrivò ai cognomi Jaeger e Springer e, digitando sulla tastiera del portatile, inserì il loro voto: 7,5.
«Yes!» sussurrò Connie al suo fianco ed Eren gli batté una leggera pacca sulla schiena, sorridendo. Proprio in quel momento, la campanella suonò, decretando la fine della lezione.
«Non siete andati male ragazzi, ma avete commesso qualche inesattezza di troppo e non me la sono sentita di darvi un voto più alto.» disse il professor Smith, raccogliendo tutte le sue cose dalla cattedra e mettendole nella sua borsa.
«Non credo proprio che prenderò mai un voto più alto di sette e mezzo in vita mia.» commentò sottovoce Connie, ma sia Eren che il professore lo sentirono. Quest’ultimo si alzò dalla sua sedia gli si avvicinò per poi mettergli una mano sulla spalla a mo’ di incoraggiamento.
«E invece io credo che tu possa farcela, Springer.» disse il professore. «Credi più in te stesso.»
Dopodiché, l’insegnate si avviò verso l’uscita dell’aula e, dopo aver aperto la porta, si voltò verso i propri alunni e li salutò: «Buona giornata, ragazzi. E buon week-end.»
Dopo che gli studenti ebbero ricambiato il saluto, il professor Smith uscì dall’aula, lasciando la porta aperta.
«Woho!» esclamò Connie, saltando in aria per la gioia. «Sette e mezzo! Alla faccia tua, muso di cavallo!»
«Ma per favore, ve l’ha proprio regalato!» ribatté Jean con tono contrariato. «La Guerra di Eldia è un argomento stupidissimo, anche un bambino di cinque anni sarebbe riuscito ad impararlo!»
«Mi stai forse dicendo che un bambino di cinque anni sa Storia meglio di te?» disse Connie, avvicinandosi al suo banco che si trovava proprio davanti a quello di Jean.
«Vedi di fare poco il simpatico, testa rasata!» esclamò Jean.
«Su, su. Non farti provocare.» cercò di tranquillizzarlo Marco, il suo compagno di banco, mentre lo stesso Connie e una sopraggiunta Sasha si sganasciavano dalle risate vedendo la reazione di Jean.
Nel frattempo, Eren era tornato al proprio posto soddisfatto per l’esito dell’interrogazione.
«Complimentoni!» gli disse Armin non appena il ragazzo si fu seduto.
«Grazie, Armin.» ringraziò il ragazzo. «Se non mi avessi aiutato a studiare, questo sette e mezzo me lo sarei sognato. Grazie mille, veramente.»
«Ma figurati!» rispose il biondo, sorridendogli.
Seduta al banco davanti al loro, Mikasa si voltò e sorrise ad Eren.
«Hai visto? Te l’avevo che sarebbe andata bene.» gli disse la corvina. «Bravo.»
«Oh, sì. Ovviamente devo ringraziare anche te, Mikasa.» disse Eren. Mikasa alzò un sopracciglio confusa. La ragazza fu sul punto di chiedergli perché la stesse ringraziando, ma l’altro la precedette.
«Solo i tuoi sortilegi da gothica ed affascinante strega potevano far sì che l’interrogazione andasse bene.» spiegò Eren, trattenendo a stento le risate.
Mikasa lo guardò dapprima disorientata, poi seria. Passò qualche secondo prima che la ragazza allungasse la mano per prendere una penna e lanciargliela in faccia.
«Hahahahaha!» cominciò a ridere a crepapelle Eren, coprendosi il volto per non farsi colpire dalla penna.
«Cretino.» sibilò la ragazza, prendendo altre penne e lanciandogliele contro.
«Hahahaha... ahia. Mi fai male!» continuò a ridere il ragazzo, anche dopo che la ragazza gli ebbe lanciato un intero portapenne in faccia.
«Dai, Mikasa. Se devi lanciargli qualcosa appresso, lanciagli una sedia o un banco ma non le mie penne!» esclamò Armin, esasperato.
 
Subito dopo l’ora di Storia, quel giorno i ragazzi avrebbero passato due ore con la professoressa Zoe, l’insegnate di Scienze e Biologia.
Erano passati dieci minuti buoni dal suono della campanella, ma della professoressa non c’era traccia.
«Che strano...» commentò Sasha, guardano prima la cattedra e poi l’orologio appeso alla parete. «Non dovrebbe essere già arrivata?»
«È la Zoe, Sasha.» disse Jean. «Fa sempre ritardo.»
«Sì, ma di solito è già qui a quest’ora...» disse Sasha. Alla ragazza piaceva molto la professoressa Zoe, la divertiva molto. Non era mai contenta quando la prof veniva a mancare.
«Non ti devi preoccupare, Pata-Girl!» esclamò all’improvviso Connie. «Se non c’è la prof, vi faccio io lezione!»
«E piantala con quel soprannome!» esclamò la ragazza. «È successa una sola volta che ho mangiato una patata a scuola e mi stai tormentando d’allora!»
«Ma è il tuo nome da supereroe!» ribatté Connie.
«Ah, sì? Allora direi che ne dobbiamo trovare uno anche per te!» disse la ragazza. «Che ne dici di Testa-Bomba, eh? Uno supereroe che ha un unico potere: quello di avere una testa Gigante! Così Gigante da poter stendere tutti i suoi nemici con una capocciata!»
A quel punto, Jean cominciò a ridere suscitando l’ira di Connie che, per tutta risposta, fece un commento poco carino nei confronti della madre di Jean. Quest’ultimo si infuriò e i due presero ad insultarsi a vicenda finché qualcuno non varcò la soglia dell’aula, ma non si trattava della professoressa Zoe bensì di un uomo sulla trentina non molto alto e dai corti capelli neri come l’inchiostro.
«Mocciosi.» disse l’uomo, appena fu entrato nell’aula.
«Ehilà, Levi!» esclamò Sasha, sventolando una mano verso l’uomo. Quest’ultimo guardò la ragazza con uno sguardo indecifrabile. Si avvicinò al suo banco e poggiò delicatamente sul banco della ragazza ed avvicinò il suo volto a quella della ragazza, minaccioso.
«Quante volte ti ho detto di non chiamarmi per nome ma di chiamarmi Signor Ackerman?»
Sasha deglutì a vuoto, presa alla sprovvista da quella domanda, ma trovò comunque il coraggio di rispondere: «C-Cinque...?»
L’uomo prese delicatamente la testa della ragazza ai lati con entrambe le mani ed avvicinò ancor di più il suo viso a quello della ragazza.
«Sette volte. Questa è l’ottava.» sussurrò all’orecchio di Sasha, facendole venire un brivido lungo la schiena. «Vediamo di non arrivare alla nona.»
«Ehm... Lev- cioè, signor Levi... deve dirci qualcosa?» chiese coraggiosamente Eren, cercando di sviare l’attenzione dell’uomo da Sasha.
Il signor Rivaille Ackerman, detto Levi, era uno degli inservienti del liceo Founding Titan High School, il più inquietante e minaccioso. Tra i giovani liceali c’era chi diceva che prima di fare l’inserviente facesse il mafioso, ma nessuno aveva prove al riguardo.
Quando l’uomo alzò lo sguardo verso Eren e si avvicinò al suo banco, il ragazzo quasi rimpianse di aver parlato.
«Quella rimbambita di Hanjie non c’è oggi, ha avuto un contrattempo, e non c’è nessuno che può sostituirla.» disse. Poi i suoi occhi saettarono su tutti gli altri ragazzi presenti nell’aula.
«Siete solo in sette oggi?» chiese.
«Sì, gli altri hanno deciso di saltare la scuola oggi.» disse Mikasa. Ad Eren faceva sempre impressione il tono tranquillo della ragazza quando parlava col signor Ackerman, probabilmente lei era l’unica in tutto il liceo da non farsi spaventare da lui.
«Dopo chi avete?» chiese ancora l’inserviente.
«Pixis sempre in quest’aula e poi andiamo in palestra con Shadis.» rispose Mikasa.
«Hmm.» annuì il signor Ackerman, prima di dirigersi verso l’uscita dell’aula.
«Non uscite da qui e vedete di non fare chiasso che nell’aula a fianco stanno facendo lezione.» disse l’uomo, prima di uscire e chiudersi la porta dell’aula alle spalle.
«Quindi... abbiamo due ore libere?» disse Sasha, voltandosi verso gli altri.
«Parrebbe di sì.» disse Armin, guardando la porta dalla quale era uscito l’inserviente.
«Ottimo!» esclamò Connie. «Sasha, ce le hai le carte?»
«Sicuro!» rispose la ragazza, per poi tirar fuori dalla sua borsa un pacchetto di carte Uno. Dopodiché i due si sedettero ad un banco vuoto, l’uno difronte all’altra.
«Fate spazio, voi due.» disse Jean, avvicinandosi. «Voglio giocare anch’io.»
«Ho, ho! Hai sentito, Sasha? Jean non ne ha avute abbastanza di batoste ad Uno, ne vuole ancora.» lo provocò Connie.
«L’altra volta hai vinto perché avete mischiato le carte malissimo!» esclamò Jean, frustrato.
«Sì, sì, certo. Le solite scuse usate dai principianti.» ribatté Connie, facendo ridere la ragazza e facendo infuriare ancor di più Jean.
«Te lo faccio vedere io il principiante!» disse proprio Jean, prendendo il pacchetto di carte per poi cominciare a mischiarle con dedizione.
«Voi ragazzi, volete giocare?» chiese Sasha agli altri quattro ragazzi.
«Io passo.» rispose subito Armin. «Preferisco anticiparmi gli esercizi che ci ha assegnato Zacklay.»
«Ma domani è sabato e poi c’è domenica! Puoi farli direttamente nel week-end! Perché farlo già adesso?» chiese Connie, con un tono po’ esasperato.
«Me li faccio ora, così durante il week-end posso fare altro. Preferisco aver libero il week-end, in modo da godermelo appieno.» spiegò il biondino.
«Vabbé, fa come ti pare.» disse Connie, per poi rivolgersi agli altri tre. «E voi, invece? Marco, Mikasa, Eren? Volete giocare?»
«Io credo farò come Armin e mi anticipo i compiti.» rispose Mikasa.
«Mi unisco anch’io a loro.» disse Marco.
Eren si limitò a scuotere la testa a mo’ di diniego in direzione di Connie. Quest’ultimo scrollò le spalle e poi si sedette con Sasha e Jean ad un banco vuoto per poi prendere a giocare.
Nel frattempo, Mikasa si era voltata con la sedia ed aveva poggiato penna e quaderno sul banco di Armin ed Eren.
Marco stava prendendo una sedia e si stava avvicinando al loro banco, ma Eren lo fermò.
«Siediti pure al posto mio, Marco.» disse.
«E tu dove ti siedi?» gli chiese Marco.
«Me ne vado lì dietro.» rispose Eren, indicando l’angolo opposto dell’aula. «Lì prende meglio la connessione dati.»
«Non ti porti avanti con i compiti con noi?» gli chiese Armin.
«Non ho voglia.» rispose Eren. «E poi devo vedermi una cosa che non può più aspettare.»
«Cosa?» chiese Marco.
«Attack on Mob.» rispose Eren.
 
Attack on Mob era una famosa serie tv che raccontava, romanzando il tutto a dovere, varie dinamiche interne al mondo criminale della città di Shiganshina.
Eren si era innamorato subito quella serie e da ormai cinque anni la seguiva assiduamente. I suoi due personaggi preferiti erano il protagonista Helos e il suo migliore amico Tybur.
La serie era definitivamente terminata proprio la sera prima, ma Eren non aveva potuto guardare il finale perché aveva preferito ripetere gli argomenti di Storia per l’interrogazione del giorno dopo.
Ora aveva poco meno di due ore libere a disposizione e, siccome proprio quella mattina aveva rischiato di ricevere uno spoiler da Connie e da Jean, aveva deciso di impiegare quelle due ore per recuperare l’ultimo episodio della serie.
Dopo aver lasciato il suo posto a Marco, prese il suo zaino ed il suo giubbino e si recò nell’angolo più nascosto dell’aula, dove tutti sapevano che la linea Wi-Fi e la connessione dati prendevano meglio.
Si sedette all’ultimo banco della fila, estrasse il telefonino dalla tasca, collegò ad esso le auricolari ed aprì l’applicazione mobile dell’emittente televisiva che trasmetteva Attack on Mob.
Trovò subito la sezione dedicata alla serie e, con sua somma sorpresa, scoprì che il finale era stato suddiviso in due episodi da quaranta minuti circa ciascuno.
“Cavoli, sono ottanta minuti in totale!” realizzò Eren. “Devo sbrigarmi a guardare gli episodi prima che le due ore passino!”
Fece partire il primo dei due episodi ed alzò il volume al massimo. In pochi secondi, si lasciò prendere completamente dall’episodio.
Poco meno di quaranta minuti dopo, Eren rialzò lo sguardo dal suo telefonino. Era abbastanza sconvolto.
Lasciò che l’ultimo episodio partisse in automatico per poi stopparlo subito. Si levò gli auricolari dalle orecchie e si strofinò gli occhi.
Eren non poteva credere a ciò che aveva visto. Fino a quel momento, la quinta stagione di Attack on Mob era stata abbastanza sottotono e il ragazzo oramai era convinto che la serie si sarebbe conclusa in un lieto fine, ma si era totalmente sbagliato.
Infatti, nell’ultimo episodio gli autori avevano deciso di stravolgere tutto: Helos e Tybur, i due protagonisti, dopo aver superato insieme numerose difficoltà durante la serie, a due puntate dalla fine si erano traditi l’un l’altro. Entrambi puntavano a diventare il boss della malavita a Shiganshina sin dall’inizio della serie, ed ora che erano ad un passo dal raggiungere tale obiettivo, i due avrebbero sacrificato qualsiasi cosa pur di riuscirci.
L’ultimo episodio avrebbe rappresentato la resa dei conti, Eren lo sapeva bene e quello che non sapeva, invece, era per chi avrebbe fatto il tifo.
Mentre ripensava all’episodio, il suo sguardo cadde sul lato opposto della classe.
Connie, Jean e Sasha erano ancora intenti a giocare a Uno, poco più in là Armin, Marco e Mikasa stavano conversando tra loro; probabilmente avevano già finito di fare i compiti.
All’improvviso udì il suono della campanella. Guardò l’orario sul display del telefonino e si rese conto che la prima ora della professoressa Zoe era finita.
Si rimise gli auricolari e fece ripartire l’episodio, ma dopo appena dieci minuti lo stoppò di nuovo.
Si era accorto che Jean aveva smesso di giocare a carte con Connie e Sasha e si era seduto vicino Mikasa. Osservandoli conversare, ad Eren salì il nervoso: sapeva che Jean smaniava dietro la corvina fin da quando si erano conosciuti e questa cosa non gli era mai particolarmente piaciuta.
Eren spesso giustificava questa sua gelosia con il rapporto quasi fraterno tra lui e Mikasa, ma in cuor suo sapeva di provare sentimenti ben più profondi per la corvina.
Cercò di leggere il labiale di Jean, ma riuscì a capire solo le parole “cinema” e “sera”. Quando Jean smise di parlare, Eren vide Mikasa, Armin e Marco dirgli qualcosa ed annuire. Dopodiché, Jean vide Jean alzarsi e ritornare da Connie e Sasha.
Continuò a guardare la corvina, anche quando quest’ultima si accorse che Eren la stava guardando. Ci fu un attimo di imbarazzo prima che lo stesso Eren le sorridesse e la salutasse con un cenno della mano.
Mikasa ricambiò il saluto sorridendogli per poi sussurrare qualcosa a bassa voce a Marco ed Armin. I due si voltarono e, quando videro Eren guardare in loro direzione, entrambi lo salutarono in maniera buffa e ad Eren scappò una risata.
Riabbassò lo sguardo sul suo telefonino e fece ripartire l’episodio.
 
“Andiamo, Helos! Non morirmi così...” pensò Eren, osservando il suo personaggio preferito beccarsi quattro proiettili addosso.
Mancavano poco più di dieci minuti alla fine dell’episodio ed oramai si era giunti alla resa dei conti. Helos, dopo aver perso tutti i suoi cari, si era addentrato nella tana di Tybur in cerca di vendetta ed aveva cominciato una strage. Purtroppo per il protagonista, Tybur ed i suoi sgherri erano duri a morire ed erano riusciti a rispondere al fuoco, ferendo gravemente Helos. Ma anche quest’ultimo era duro a morire.
Eren sobbalzò quando il protagonista fece esplodere una granata, eliminando gli ultimi tirapiedi di Tybur. Oramai rimanevano solo quest’ultimo ed Helos, quest’ultimo ancora in piedi nonostante le ferite, in vita.
L’episodio finalmente giunse alla sua scena clou: Helos e Tybur, l’uno difronte all’altro, le pistole alzate e il dito sul grilletto.
Eren era talmente preso dalla scena che stava guardando che sobbalzò quando, qualche banco più in là, Connie tirò un urlo di rabbia.
«Ma come cavolo è possibile, Sasha?! Non puoi avere per la quinta volta nella stessa partita un +4!» esclamò Connie, così forte che Eren lo udì anche col volume al massimo.
Stoppò l’episodio e rialzò lo sguardo verso la classe. Mikasa, Armin e Marco si erano messi a giocare anche loro ad Uno insieme a Sasha, Jean e Connie. Pareva si stessero divertendo molto.
Eren fece ripartire l’episodio ma lo ristoppò subito: quei sei stavano facendo fin troppo chiasso e non stava capendo nulla di quello che stava guardando.
Si alzò di scatto e si diresse verso l’uscita dell’aula.
«Ehi dove te ne vai, Eren?» gli chiese Armin, mentre apriva la porta ed usciva dall’aula.
«Al bagno.» rispose rapido, per poi chiudersi la porta alle spalle.
 
Effettivamente, Eren si diresse al bagno ma, una volta entratoci, non si diresse all’interno di nessuna delle cabine e non utilizzò nessuno degli orinatoi. Si appoggiò ad una parete vicino l’ingresso del bagno e fece ripartire l’episodio.
Una volta Reiner, un altro suo compagno di classe, gli aveva confidato che la connessione dati prendeva molto meglio che in classe ed Eren si rese conto fin da subito che Reiner gli aveva detto il vero.
Infatti, la linea prendeva così bene che il ragazzo riuscì pure a mettere la qualità del video al massimo per godersi gli ultimi minuti dell’episodio.
Dopo poco meno di dieci minuti l’episodio terminò.
«Wow.» fu il primo commento di Eren, una volta che i titoli di coda furono terminati. Levò il jack delle auricolari dal telefono e se le rimise in tasca mentre ripensava al finale dell’episodio.
Helos era riuscito infine ad uccidere Tybur ed a vendicarsi, ma le ferite che aveva riportato gli avevano fatto perdere molto sangue e l’ultima scena della serie era proprio una ripresa dall’alto Helos che chiudeva gli occhi per poi morire.
Eren rimase un bel po’ a rifletterci su, a cercare di capire se quel finale l’avesse soddisfatto o meno ma all’improvviso il telefonino vibrò richiamando la sua attenzione. Guardò il display e vide che Mikasa gli aveva mandato un messaggio.
“Hey, dove sei? Tra poco finisce l’ora! Vedi di tornare prima che Pixis arrivi in classe.” lesse Eren.
Guardò l’orario e si accorse che mancavano meno di cinque minuti alla fine dell’ora.
“Cavoli, Mikasa ha ragione. Devo sbrigarmi a tornare in classe.” pensò, uscendo dal bagno.
Non appena fu uscito, non ebbe il tempo nemmeno di fare tre passi che una mano gli afferrò saldamente la spalla sinistra.
«Oi, moccioso.»
Eren rabbrividì udendo la voce dell’inserviente Ackerman. Quest’ultimo aveva detto loro di non uscire di classe ed il ragazzo pregò il cielo che l’inserviente non lo scuoiasse vivo per essere uscito dall’aula.
Si voltò ed incrociò lo sguardo del signor Ackerman, quest’ultimo lo guardava dal basso verso l’alto con la sua solita espressione seria e guardinga.
«Signor Ackerman...» cominciò a dire Eren, cercando una possibile scusa per giustificare la sua presenza lì. «Io... ero al bag-»
«Dovete andarvene al suonare della campanella.» disse l’inserviente, interrompendolo senza troppi complimenti.
Il ragazzo rimase un attimo intontito da quella frase, poi chiese: «Andarcene...? In che senso?»
«Appena finisce l’ora, tu e i tuoi compagni potete tornarvene a casa.» spiegò l’uomo.
«Ah, ho capito.» annuì Eren, ma poi si rese conto che erano appena le undici e qualcosa non quadrava in quello che l’inserviente gli stava dicendo.
«Ma abbiamo ancora tre ore prima di tornare a casa.» osservò il ragazzo. «Abbiamo ancora Pixis e Shadis...»
«Pixis non c’è. Il vecchio ha avuto un leggero malore ed ha preferito prendersi la giornata libera.» spiegò l’uomo.
«Ed il professor Shadis?» chiese Eren.
«Lui ed altri professori hanno avuto la buona idea di organizzare uno sciopero. A quanto pare hanno avuto qualche problemino con il preside Reiss.» rispose l’altro.
«Quindi neanche lui c’è?» chiese ancora il ragazzo, sperando che la risposta fosse un ‘no’.
«No.» confermò l’inserviente. «E probabilmente la prossima settimana salteranno parecchie lezioni.»
«Oh...» disse Eren, nascondendo la sua felicità sentendo quella notizia.
L’inserviente lo guardò ed alzò un sopracciglio.
«Che stai aspettando? L’ora è quasi finita. Va dai tuoi amichetti e dì loro che dovete essere fuori di qui appena suona la campanella.» disse al ragazzo. «E se quando pulisco la vostra aula trovo delle carte per terra o sotto ai banchi... vi utilizzerò come cestini dell’umido.»
«O-Ok... referirò.» disse Eren, deglutendo a vuoto.
«B-Buona giornata, signor Ackerman.» salutò, prima di voltarsi e tornare in classe con passo svelto.
 
«Ehi, Jeager!» gli urlò contro Jean, non appena fu rientrato in classe. «Dove cavolo sei stato? Che ti credi, che tu puoi andarti a fare gli affari tuoi in giro mentre a noi tocca rimanere rintanati qui in classe?»
Eren e Jean erano soliti battibeccare anche per le più piccole sciocchezze, ma stavolta il primo non aveva né la voglia né l’intenzione di farlo.
«Pixis e Shadis non ci sono. Appena suona la campanella, possiamo tornare a casa.» annunciò alla classe. Gli altri sei lo guardarono confusi.
«Come lo sai?» gli chiese proprio Jean, con tono pacato. Sembrava si fosse già dimenticato di quello che aveva detto ad Eren pochi secondi prima.
«Me l’ha detto il signor Ackerman.» rispose Eren.
Proprio in quel momento, vide una carta nel sottobanco che utilizzavano lui ed Armin e corse a prenderla per poi buttarla nel cestino.
Non avrebbe dato all’inserviente nessuna occasione di utilizzarlo come cestino dell’umido.
Nel frattempo, Connie e Sasha avevano preso a festeggiare la magnifica notizia che Eren aveva portato.
Dopo pochi minuti, la campanella suonò e i sette uscirono dall’aula. Nel corridoio incrociarono proprio il signor Ackerman che li squadrava da lontano.
«Vedete di non fare casino mentre uscite.» disse loro mentre gli passavano di fianco.
In pochi secondi, furono all’esterno dell’edificio.
«Wow, ragazzi! Sono appena le undici e già siamo fuori da quel carcere di scuola! Oggi è veramente una bellissima giornata!» esclamò Connie, dopo aver visto l’orario sul suo orologio da polso.
«Armin, avete detto ad Eren del cinema?» chiese Sasha, avvicinandosi al biondo.
«Oh, già. Hai ragione Sasha.» disse Armin, per poi voltarsi verso Eren. «Reiner e gli altri domani sera hanno organizzato di andarsi a vedere un film. Io, Marco e Mikasa andiamo, tu vieni?»
Eren ci pensò su qualche secondo. Non amava molto uscire il sabato sera, preferiva starsene a casa, ma dopotutto andavano al cinema ed anche Mikasa ed Armin sarebbero andati.
«Va bene.» annuì.
Una volta arrivati al cancello principale della scuola, Armin, Jean, Connie e Sasha salutarono gli altri tre ed andarono in una direzione, mentre Eren, Mikasa e Marco andarono in quella opposta.
Dopo alcuni minuti, Marco si separò dagli altri due, lasciando Eren e Mikasa da soli.
Eren di solito tornava a casa a piedi tutto solo, ma siccome quel giorno erano usciti prima, Mikasa era stata costretta a farsi anch’ella a piedi il tragitto verso casa.
I due si limitarono a camminare l’uno di fianco all’altra senta parlare. Alla fine, però fu la corvina a rompere il silenzio.
«L’hai poi finita di vedere quella serie tv?» chiese al ragazzo. Questi annuì.
«E ti è piaciuto il finale?» chiese ancora Mikasa. Eren ci pensò qualche secondo prima di rispondere.
«Sì, l’ho trovato... giusto.» disse.
 
I due conversarono per tutta la durata del tragitto e parlarono di parecchie cose.
Mikasa aveva riferito ad Eren che la sera dopo si sarebbero andati a vedere un film sui supereroi da poco uscito ed Eren era riuscito a convincere la corvina a farsi aiutare a fare gli esercizi che aveva assegnato il professor Zacklay.
Dopo venti minuti, giunsero in un vicolo dove c’erano tutte piccole villette. Mikasa salutò il ragazzo e si diresse verso una delle ultime villette ed Eren entrò in quella adiacente.
Una volta dentro casa, il ragazzo salì le scale e si diresse verso camera sua. Lungo il tragitto incontrò suo padre Grisha.
«Già di ritorno?» gli chiese l’uomo.
«Sì, alcuni professori non c’erano e abbiamo fatto solo tre ore oggi.» rispose.
«Pfff.» sbuffò Grisha. «Che pago a fare le tasse se questi manco lavorano?»
Eren rise per poi entrare in camera sua.
Scaraventò sul letto il suo zaino e si sedette sulla sua poltrona. Tirò fuori il telefono ed attivò la connessione Wi-Fi.
Gli arrivò subito una notifica dal gruppo Whatsapp di classe. Aprì l’app e vide che a mandare il messaggio era stata Historia, un’altra sua compagna di classe.
“Ragazzi, ma a quest’ora siete già usciti?” recitava il messaggio della ragazza, in risposta ad una foto mandata da Connie e Sasha qualche minuto prima.
All’improvviso sentì bussare alla porta di camera sua. Quest’ultima si aprì e Grisha entrò.
«Io e tua madre andiamo a fare la spesa, tu non aprire a nessuno che non conosci.» disse l’uomo a suo figlio.
«Va bene, a dopo.» rispose Eren, mentre suo padre usciva e richiudeva la porta.
Il suo sguardo ritornò sul display del telefono e vide che Connie aveva risposto ad Historia.
“Esatto, cara la mia biondina!” aveva rispose il ragazzo. “E per di più, io ed Eren abbiamo preso un bel sette e mezzo in Storia! Oggi è stata una gran giornata!”
“Davvero? Bravissimi!” rispose Historia, taggando anche Eren. Questi sorrise e rispose con un cuoricino al messaggio della ragazza.
“Ha proprio ragione Connie.” pensò Eren. “Oggi è stata proprio una bella giornata.”



IL COSIDDETTO ANGOLO DELL'AUTORE:

Hello, guys.
Fino ad oggi avevo pubblicato solo tre storie, tutte dello stesso genere e tutte su Dragon Ball.
Dopo più di due anni di assenza, ho deciso di riapprocciarmi al mondo delle fanfic con un genere ed un’opera completamente diversi: una one-shot AU e slice of life su AoT.
Viste queste premesse, mi aspetto solo insulti.
Comunque sia, fatemi sapere se vi è piaciuto quel che avete letto oppure no e, se vi va, ditemi anche il perché.
 
Un abbraccio,
Mariusgon.
   
 
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