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Autore: GReina    27/01/2022    2 recensioni
[medieval!AU] [matsuhana] [knight!Makki; knight!Mattsun]
Makki e Mattsun erano sempre stati un'unica entità. Sempre insieme, mai distanti. Quando Issei viene richiamato nel feudo di famiglia per qualche mese, i due iniziano una corrispondenza di lettere "tipiche loro".
Risulterà sempre più difficile tuttavia distinguere lo scherzo dalla realtà. Perché loro stavano solo fingendo di corteggiarsi per lettera, giusto?
Questa OS fa parte della serie "Il Peso dei Sentimenti" e si colloca cronologicamente prima della iwaoi "Il Peso della Corona". Può essere letta anche singolarmente.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Issei Matsukawa, Takehiro Hanamaki, Tooru Oikawa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Il Peso dei Sentimenti - Medieval!AU'
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note: il ritardo di un giorno non è un caso! Oggi infatti è il compleanno di Makki e ho pensato non fosse male cogliere l'occasione per pubblicare la OS di cui è protagonista insieme al suo caro Mattsun! Inoltre, martedì ho pubblicato una osasuna (per il compleanno di Suna, stavolta) e ho preferito far passare un giorno tra l'una e l'altra.
Buona lettura!

 

IL PESO DELLE PAROLE

Hanamaki e Matsukawa si conoscevano da tutta la vita o quasi. Quel che era certo, era che nessuno dei due riusciva a concepire se stesso senza considerare l’altro.
Lo stesso valeva per Oikawa, certo, ma per quanto loro stretto amico lui rimaneva un principe e questo – inevitabilmente – lo poneva su un piano del tutto differente rispetto al loro. A tutti e tre piaceva considerarsi al pari degli altri, ma nei fatti non lo erano. Hanamaki e Matsukawa erano nati per servire Tooru, così come erano nati per vivere insieme, uno accanto all’altro, amici per la vita, fratelli, compagni.
Quando Issei fu chiamato nel feudo di famiglia per organizzare in vece di suo padre il matrimonio della sorella, nessuno poté opporsi. Era necessario, d’altronde, che uno dei fratelli della sposa supervisionasse i suoi interessi durante l’organizzazione, e certo il primogenito aveva ben altro a cui pensare piuttosto che stare dietro ai capricci dei due promessi sposi. Dunque partì Issei, con la promessa che avrebbe fatto più in fretta possibile.
«Mi raccomando, prenditi cura di lui.» erano nel cortile anteriore del palazzo, il piccolo seguito di Matsukawa già pronto a partire ed anche lui già in pratica con un piede nella staffa.
Hanamaki rise alle sue parole, perché aveva fatto cenno verso il loro principe parlando con una serietà tale da essere comica per chi come lui conosceva bene il cavaliere.
«Tranquillo, papà. Il bambino sarà al sicuro insieme a me.» lo prese in giro, e come sempre il corvino stette al gioco.
«Non fargli mangiare troppi zuccheri, e a nanna per le otto!» Makki rise come faceva spesso con l’amico, infine passarono a saluti più seri.
«Scrivimi appena arrivi.»
«E tu sta’ attento mentre non ci sono.» il castano sorrise ancora. La serietà nei loro discorsi non poteva che durare una battuta a testa, così divertito rispose:
«Sei preoccupato per me? Non mi starai mica corteggiando!» Mattsun rise di gusto.
«Mi serve farlo? Credevo fossimo già sposati.» al ché Takahiro inspirò forte portandosi una mano al petto esagerando una reazione indignata.
«Solo perché abbiamo un figlio insieme non vuol dire che tu possa saltare la fase del corteggiamento! Sono una donna di classe, io! Esigo rispetto.» le risa del corvino non si fermarono, però si inchinò leggermente.
«Chiedo venia, mi lady. Come ho potuto? Il mio sarà il corteggiamento più rispettoso e cavalleresco che queste lande abbiano mai visto.» Makki sollevò il mento, orgoglioso e fiero.
«Molto meglio.»
Matsukawa montò a cavallo, si scambiarono un ultimo cenno, un sorriso complice, ed infine – davvero – andò via.
XII Februarius 875
                        Mia Amata,
Sono giunto a destinazione sano e salvo, eppure mi duole il cuore senza di Voi al mio fianco a prendervene cura. Prego affinché il Cielo mi dia la forza di sopravvivere. Farò tutto il possibile per tornare a casa quanto prima.
Con amore e affetto,
il fedele padre di Vostro figlio, ma non ancora Vostro marito
XX Februarius 875
                        Amore mio,
Il mio cuore freme e si consola nell’apprendere che state bene, eppure la mia anima piange in Vostra assenza.
Il bambino sta bene. Fa i capricci come al solito ma gode di ottima salute. È la mia che dovrebbe preoccuparvi. Come farò a resistere senza il suo caro papà ad aiutarmi?
Tornate presto dal fronte, la Vostra battaglia è dura lì fuori, ma la mia lo è di più.
Con affetto,
l’incredibilmente anche lei fedele madre di Vostro figlio
III Martius 875
            Mia cara lady,
I preparativi del matrimonio vanno a rilento. La nobile famiglia dello sposo è deliziosamente immodesta e la mia amatissima sorellina diversamente sopportabile.
Rimpiango la nostra città e con maggior forza la Vostra compagnia. Vorrei che foste qui per impedirmi di rinfoderare accidentalmente la mia lama nel deretano del mio futuro cognato.
            Con amore,
                        il Vostro devoto non ancora marito
XI Martius 875
                        Mio amato,
Non mi conoscete abbastanza. Potrei solo aiutarvi a rinfoderare la Vostra lama nella cavità anale del Vostro – e possibilmente presto anche Mio – futuro cognato. Soprattutto se la parola “lama” è stata da Voi usata in vece di un termine meno pudico. Con la Vostra volgarità mi conquistate.
            Con troppa repressa eccitazione in corpo,
                        la Vostra vogliosa lady
XXX Martius 875
            Amore,
Così mi fate accaldare. Sono lontano da Voi da meno di due mesi, tuttavia soffro ogni giorno tra le mura di questo castello. Sogno le vostre labbra per trovare pace nella notte, eppure ogni mattina mio cognato decide di deliziarmi della sua presenza rendendo vano tutto il resto.
Vado avanti con la fede che tutto questo terminerà presto.
Ancora sano solo grazie alle Vostre missive,
                        il Vostro Issei
IX Aprilis 875
            Caro Issei,
Farvi accaldare è lo scopo della mia vita. In questo momento invidio molto il Vostro delizioso futuro cognato. Sembra eccessivamente incline a starvi accanto. È il caso che io mi preoccupi? Conosco bene il fascino del Vostro deretano e non potrei dargli torto se infine anche lui soccombesse.
Povera Vostra sorella, ha molto contro cui competere.
            Sempre pronta a riavere a palazzo Voi e le vostre chiappe,
                        lady Makki
IX Aprilis 875
            Cara Makki,
Le mie chiappe si sentono onorate e sempre con più ardore mi implorano di tornare da Voi, ma – ahimè – i preparativi per le nozze sembrano non finire mai.
Sono lieto di informarVi, però, che oggi ho infine scorto un barlume di speranza! Sono riuscito ad accordarmi con il padre del mio diversamente capace futuro cognato e finalmente abbiamo una data! Il mio cuore ansima e sussulta, capace com’è adesso di iniziare il conto alla rovescia dei tramonti che mi separano ancora dalla fine di questa tortura e – cosa più importante – dalle Vostre focose attenzioni a Kishi.
            Impaziente di aspettare oltre il nostro ricongiungimento,
                                    il Vostro amato Issei
Hanamaki sorrise divertito a quella nuova lettera, la lesse ancora e ci rise sopra, ed era talmente preso dalle parole del suo amico lontano da non accorgersi della vicinanza di quello che invece gli viveva alle calcagna.
«Oh?» fece divertito Oikawa «Cos’abbiamo qui?» il principe afferrò la lettera, così Takahiro non poté far altro che limitarsi ad osservare il ghigno del reale crescere di riga in riga.
«Era ora che capiste di dover stare insieme.» fece fingendo noia ma mostrando eccitazione agli occhi esperti di Hanamaki.
«Da quanto tempo avete una relazione?» a quel punto il cavaliere rise. Lo fece tirato, in imbarazzo, e per ben più tempo di quanto non avesse programmato.
Quando infine le risa isteriche cessarono, alla domanda del principe si degnò di rispondere semplicemente:
«Non c’è niente tra me e Mattsun. Siamo amici.» Oikawa sbuffò fuori una risata.
«Siete ancora in quella fase? Vi credevo più svegli.» poi gli restituì la lettera per concludere indicandola:
«Non si scrivono così due amici che non si vedono da solo tre mesi.»
Il primo pensiero di Makki fu: “Solo??? Sembra passata un’eternità e Voi dite «solo»???”. Mentre il suo secondo pensiero fu: “Sì, forse ha ragione lui.”
Dunque rilesse ancora la lettera, tentò – fallendo – di trattenere un ennesimo sorriso, ed infine si disse che avrebbe risposto in maniera seria, responsabile ed inequivoca.
Scrisse la sua risposta. La rilesse. Fece una smorfia.
“Allora è così che si scrivono due persone serie? È così che due cavalieri dovrebbero comunicare?”
Quella lettera non rispecchiava Makki. Ma soprattutto non rispecchiava loro. Makki e Mattsun erano un’istituzione! Makki e Mattsun erano una certezza.
“Al diavolo!” si disse. Poi rilesse ancora la missiva dell’amico e decise di rispondere come sentiva fosse giusto:
XXV Aprilis 875
            Mio adorato Mattsun,
Il Vostro barlume di speranza è anche il mio! Nostro figlio scalcia e si dimena senza il suo papà, eppure e a me che mancate di più.
Conservate le forze! Stringete i denti! Non scatenate la vostra lama sul Vostro delizioso cognato. Tenetela rinfoderata, ed usatela piuttosto su di me al Vostro ritorno.
Si morse il labbro quasi a sangue per decidere se proseguire o no come si era ripromesso di fare. Infine, decise per la prima, dunque passando al Tu concluse:
                        Non vedo l’ora di rivederti per baciarti.
                        Davvero.
                                   Makki
«O la va’ o la spacca!» esclamò a voce alta. Poi sospirò forte, chiuse la lettera con il proprio sigillo e la consegnò al messaggero.
I giorni che seguirono furono i più lunghi e stressanti della sua vita. Poteva appena aver trovato un fidanzato o perso un amico per sempre. E non un amico qualunque!
A quei momenti seguivano alcuni attimi di calma: “Non sono Oikawa! Perché sto impazzendo così!?” ma immediatamente dopo l’ansia tornava a logorarlo.
Lui e Mattsun erano amici.
Lui e Mattsun erano amici! Si scambiavano lettere d’amore da tre mesi ma non era reale. Erano solo loro che facevano gli idioti perché idioti si erano sempre definiti!
“È bello, non trovi?” erano state molte delle loro discussioni. “Essere i terzogeniti maschi della famiglia ci permette di fare gli idioti!”
Era uno scherzo. Era sempre tutto uno scherzo quando si trattava di loro, e questo Makki lo adorava.
Adesso aveva rovinato tutto.
Aveva rovinato tutto? Continuava a chiederselo senza la possibilità di ottenere risposta. Doveva solo aspettare, ed era snervante.
Poi il messaggero arrivò. Per quanto sempre Takahiro avesse aspettato con eccitazione le lettere dell’amico, mai era stato così impaziente di sapere cosa gli avesse scritto di rimando.
Niente.
«Niente!!?» chiese al povero messaggero appena arrivato a palazzo.
«Mi dispiace, ser. Non ci sono missive per Voi.» lo guardò sconsolato, poi lo superò ed entrò nel castello per consegnare il proprio carico ai fortunati riceventi.
Dunque era fatta. Aveva terrorizzato Mattsun. Non gli avrebbe più scritto. Magari addirittura avrebbe deciso di non tornare affatto.
Tornò nelle proprie stanze e lì si rinchiuse in depressione e solitudine.
Passò alcuni giorni in quello stato: facendosi portare i pasti in camera e delegando i suoi doveri da capitano del Seijoh a qualcun altro. Passò talmente tanti giorni in quello stato, che persino Tooru arrivò a preoccuparsi.
Non appena Takahiro espose il suo problema al principe, questi rise e lui lo guardò male. Oikawa, in ogni caso, non era tipo da farsi intimidire da sguardi sbiechi, dunque continuò le sue risa ed infine, asciugandosi una lacrima, disse:
«Andiamo, è Mattsun!! Non puoi davvero credere di averlo fatto scappare. Siete sempre stati così.»
«No.» lo contraddisse il più basso. «Abbiamo sempre finto di essere così! E sapevamo entrambi di stare fingendo e che l’altro sapeva che stavamo fingendo, capite??» Tooru rise ancora.
«Per favore…» lo sbeffeggiò. «Semmai fingevate di fingere.» Takahiro arrossì.
«Quello forse era per me.» sospirò. «Non per Mattsun, a quanto pare.»
«Magari la sua lettera è andata perduta.»
«Il messaggero è arrivato sano e salvo partendo dal suo stesso palazzo! Perché la sua dovrebbe essere stata perduta?»
«Allora magari non ha avuto tempo per rispondere.»
«Lo stesso messaggero ha già fatto avanti e indietro tre volte!» Oikawa roteò gli occhi.
«Ti stai affossando da solo senza motivo. Tu e Mattsun siete sposati da anni. Smettila di fare il bambino e torna a vivere.» il principe andò via in quel modo, ma per quanto riconoscesse di essere patetico Takahiro non riuscì a seguire il suo consiglio.
Passarono quattro giorni ancora, ed il cavaliere sentì che da lì a poco avrebbe potuto morire. Di imbarazzo, rimpianto o stenti, non lo sapeva. Sapeva solo che lui non era niente senza il suo migliore amico e che non sapeva come avrebbe fatto se Issei avesse deciso di abbandonarlo.
Si stava affossando da solo senza motivo. Oikawa aveva ragione, ed era così chiaro agli occhi di chiunque altro da rendere ridicolo ogni suo pensiero, eppure non ne poteva fare a meno.
Poi, le campane della cittadella suonarono due volte, segno che un membro importante della corte era tornato a casa.
Mattsun.
Takahiro si fece tutto rosso mentre il suo cuore iniziava a battere forte. Era talmente felice che fosse di nuovo in città e insieme talmente spaventato all’idea di affrontarlo da essere pietrificato sul posto. Nascose il volto sotto il proprio cuscino, e solo dopo molti minuti si decise a farsi coraggio e raggiungere l’ingresso del castello.
Il Seijoh era già tutto lì pronto a ricevere il proprio capitano di ritorno dopo tanti mesi, e così anche Tooru. Anche Issei ed il suo seguito erano già arrivati. I cavalli stavano sfilando per il cortile e fu proprio quando Hanamaki si affacciò dal portone che quello di Matsukawa arrivò alla base delle scale d’ingresso.
Si guardarono negli occhi, poi Takahiro deglutì. Issei smontò da cavallo ed ignorò bellamente cavalieri e reale. Oikawa parve prendersela, ma il suo sorriso malcelato tradiva i suoi veri sentimenti. Matsukawa corse su per le scale facendo i gradini due per volta. Presto, si ritrovò di fronte al suo amico.
«Quindi… non vedevi l’ora di rivedermi per baciarmi.» gli disse senza un pelo di imbarazzo. Al contrario, il castano arrossì fino alla punta delle orecchie. Iniziò a ridacchiare spaventato gettando lo sguardo ovunque tranne che su Issei.
«Intendevo— cioè io…»
«Non potevo rispondere a quella lettera.» lo interruppe il più alto. Takahiro lo guardò con occhi sgranati.
«Insomma,» continuò il corvino «come si fa ad imprimere un bacio sulla pergamena?» Hanamaki strabuzzò gli occhi.
«Cioè tu—»
«Ecco la mia risposta.» gli poggiò una mano sulla guancia, poi fece un passo avanti ed unì le loro labbra.
«Sono tornato a casa.» il petto di Takahiro si liberò di tutta l’ansia che l’aveva oppresso negli ultimi giorni e si riempì di gioia.
«Bentornato.» gli disse con il sorriso più luminoso che gli avesse mai decorato il volto. Anche Issei sorrise di cuore.
«Non vorrei fare la persona poco romantica…» iniziò poi «ma a questo punto dovresti proprio occuparti della mia lama.» Hanamaki rise felice.
«Lo trovo molto romantico, invece.» si baciarono ancora.
Sì, quello era il loro romanticismo.
«Ma prima è meglio che tu dia un po’ di attenzioni al nostro bambino. Lo sento fin qui che fa i capricci per essere stato ignorato.» si voltarono entrambi verso Oikawa, lasciato qualche metro più giù, e lo trovarono con un sorriso tanto ampio in volto da risultare inquietante. Non appena si accorse dei loro sguardi eliminò quell’espressione, mise il broncio ed incrociò le braccia.
«I principi vanno salutati per primi!!» urlò indignato a Mattsun. Lui e Makki risero, poi tornarono fronte contro fronte.
«Va bene, no?» volle chiedere Takahiro. «Io e te, intendo.» Issei sorrise ancora.
«Va bene. Benissimo. È l’unico modo in cui riesco ad immaginarmi.»
Unirono ancora le labbra ignorando Oikawa, ignorando il Seijoh, ignorando l’intera Kishi e perfino il resto del mondo.
Loro erano Makki e Mattsun. Si conoscevano da tutta la vita o quasi. Quel che era certo, era che nessuno dei due riusciva a concepire se stesso senza considerare l’altro, e mai avrebbero dovuto farlo.
   
 
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