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Autore: Enchalott    28/01/2022    3 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a tutti! :)
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Dopo una guerra ventennale, i Salki vengono sottomessi dalla stirpe demoniaca dei Khai. Negli accordi di pace figura una clausola non trattabile: la primogenita del re sconfitto dovrà sposare uno dei principi vincitori. La prescelta è tanto terrorizzata da implorare la morte, ma la sorella minore non ne accetta l'ingiusto destino. Pertanto propone un patto insolito a Rhenn, erede al trono del regno nemico, lanciandosi in un azzardo del quale si pentirà troppo tardi.
"Nessuno stava pensando alle persone. Yozora non sapeva nulla di diplomazia o di trattative militari, le immaginava alla stregua di righe colorate e numeri su una pergamena. Era invece sicura che nessuna firma avrebbe arginato i sentimenti e le speranze di chi veniva coinvolto. Ignorarli o frustrarli non avrebbe garantito alcun equilibrio. Yozora voleva bene a sua sorella e non avrebbe consentito a nessuno di farla soffrire."
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grani di sabbia
 
Le sue labbra erano calde, morbide. Un tocco delicato, che la sfiorava senza forzarla. Una sensazione mai provata quella del cuore che galoppava sfrenato, del respiro che mancava, del vuoto allo stomaco. Yozora si riebbe all’improvviso.
Che… che sta facendo?
Rhenn si ritrasse. Appoggiò la fronte alla sua e rimase in quella distanza ridotta, gli occhi socchiusi, scintillanti tra le ciglia per i riflessi della spanna d’acqua in cui erano immersi. Non il primogenito di Kaniša, il principe della corona, signore delle terre del tramonto, vincitore dei Salki e padrone del circostante. Beffardo, aspro, restio al compromesso, indocile. Soltanto un ragazzo.
Cosa mi prende!?
Lo respinse, indietreggiando nella sabbia bagnata a occhi sbarrati. Per un attimo le parve di intravedere insicurezza in quello sguardo dotato di un magnetismo inumano. Invece sorrise freddo, mandando in pezzi ogni abbaglio.
«Due prede con un esca. Non siete defunta e avete rimediato alla mancanza.»
Si sentì rifocillare dalla collera, certa di aver misinterpretato a causa del veleno.
È un arrogante! Come ha osato!?
«Mancanza!?» ripeté irata.
«Non aver mai baciato un uomo. Ho detto che avremmo rimediato.»
«Arrogandovi la prerogativa!»
«Vi siete tolta il problema.»
Yozora sperò in uno scherzo, ma il tono sarcastico non fornì adito a dubbi. Come poteva dimostrarsi tanto insensibile, esercitare il suo potere senza considerarla parte in causa? Fare di lei ciò che desiderava, privo del minimo scrupolo? La rabbia e la delusione esplosero, travalicando il timore, la vergogna e il senso di colpa.
«Voi non ricordate il vostro primo bacio! Non v’importa, è insignificante! Siete identico a uno scoglio, immerso nel mare ma arido all’interno! Avete approfittato di me come il peggiore dei furfanti! Non siete che un volgare ladro!»
«Strillate perché non vi è piaciuto? Strano, nessuna si è mai lamentata.»
«Quale donna sana di mente ardirebbe rinfacciarvi che siete un gradasso? Quale Khai sarebbe in grado di comprendere il senso di un gesto esclusivo?»
«Moderate i termini, non esiste alcun significato. Non vi ritengo così importante da dedicarvi un valore, non siete la prima né l’ultima. E nemmeno la più interessante.»
Yozora si sentì trafiggere. Avvertì le lacrime agli angoli degli occhi, la rabbia prevalse. Si scagliò verso di lui e gli rifilò un ceffone.
L’Ojikumaar si rese conto troppo tardi di avere la guardia abbassata e non schivò. La mano - la stessa che lo aveva ripulito con dolcezza - si abbatté sulla sua guancia con uno schianto. Gli parve che l’eco superasse il dolore. Montò su tutte le furie, inchiodandola supina sulla sabbia.
«C’è la pena capitale per questo!»
«Allora uccidetemi! Siete uso a conquistare la ragione con la violenza!»
«Come volete trapassare?»
«Lontana da voi! Ah! Mi fate male!»
«Dannazione! Per una stupida tunica!»
«Perché vi lagnate, non vi è piaciuto? Non siete il primo né l’ultimo che ho preso a schiaffi e neppure il più stimolante!»
Il demone sgranò gli occhi incredulo. In quelli di lei il terrore si era estinto, sostituito dal galleggiare di una volontà ferrea, da collera indomabile e profondo sconforto.
Digrignò le zanne agognando rivalsa. Una morte immediata non avrebbe comportato alcun appagamento, invece era imperativo riacquisire il controllo, annullare ciò che risultava disturbante.
Privarla della vita non è proporzionato.
La baciò una seconda volta. Era un atto di dominanza, una soddisfazione personale. Una replica provocatoria a una provocazione, l’unica di cui disponeva per umiliarla, per ristabilire le gerarchie andate in fumo. Tenne la bocca sulla sua, le schiuse le labbra con le proprie, la invase con la lingua finché non ne ebbe abbastanza, finché non gli mancarono il fiato e l’incentivo. Si accorse che non la stava immobilizzando, le loro mani erano intrecciate senza costrizioni.
Per l’Arco letale di Belker! Quando è successo?
Yozora boccheggiava, il cuore impazzito, tremando negli abiti fradici. Non piangeva e il suo viso non era in fiamme per la vergogna.
Hah, quando vuole però…
«Avete già finito?» lo istigò ansando.
«Di solito chi infligge un castigo non lo subisce insieme al reo. Se mi fosse piaciuto avrei continuato.»
«Tortura prima dell’esecuzione. È la vostra firma personale o un’usanza khai?»
«Alzatevi!»
«Siete sposato, vostra moglie è mia amica! Non vi vergognate!?»
La principessa si raddrizzò nonostante le gambe di gelatina, intenzionata a non mostrarsi sconfitta. Con il vento sulla pelle realizzò le condizioni in cui si trovava: le sue grazie femminili trasparivano nitide dalla stoffa bagnata. Alla pari, la seta leggera era un tocco di pennello avorio sulla muscolatura perfetta di Rhenn e ne sottolineava la virilità senza occultare nulla.
«Dèi!» eruppe stringendo le braccia al petto e girandogli le spalle.
«Ho visto di meglio» commentò lui «Tanto valeva centrare l’asheat. L’atto di svestirsi non è fisico, bensì morale.»
Yozora si voltò, ammantata nelle ciocche castane. La soluzione fu un imprevisto raggio di sole: perfezione nell’onestà, nella fiducia per il futuro sposo, non solo nel fisico sano. Poco importava che Rhenn avesse formulato l’ennesimo giudizio infelice, paragonandola in negativo a tutte le bellezze che si era portato a letto.
Ma certo, sono una sciocca!
«Smettetela di fissarmi, se mi trovate sgradevole!»
«Voi state fissando me.»
Avvampò. Non aveva mai visto tanto di un uomo, nemmeno quando Mahati si spogliava delle armi.
«Non mi uccidete?»
«Esistono vari modi di comminare una condanna. Alla luce dei fatti siete libera ma non state fuggendo, sicché affermo di aver inferto un colpo mortale ai vostri infantili pudori. Non vi ho risparmiata né scusata.»
«Nemmeno io vi scuso.»
«Una carezza vigorosa per una ragazzina salki» Rhenn si sfiorò la guancia «Tuttavia meno sentita dell’incisione sulla mano.»
Lei chiuse il pugno dolorante, colma di imbarazzo a posteriori.
«Quella è colpa mia.»
«Sudenha! Avete insultato il vostro signore e avete fallito, non so cosa sia peggio!»
Yozora si trascinò mogia sulla lingua di sabbia, rincorrendo le sue orme: sulla schiena del principe spiccavano i tre segni dell’enšak, nessun’altra cicatrice. L’epidermide era intatta, era lo stesso per la sua anima?
«Non nascondo la mia umanità con i vestiti» gli disse «Voi siete indecifrabile, però vi mostrate nudo senza incertezze.»
«Non è esatto. Occultate il vostro essere donna. Non capisco se sia dovuto ai millenni di disparità salki, considerando che vostra sorella si è concessa prima delle nozze.»
«S-sì ma lei e Hoshi…»
«Tagliate le attenuanti, Mahati vi vuole e viceversa, qualunque sia la vostra utopistica ragione. Non è diverso dal vostro generale con la sua donna.»
«Come siete riuscito a superare la seconda prova?» sviò lei.
«Prego?»
«Non mi riferisco agli abiti.»
«Mi state tacciando di imperfezione morale?»
«No, è che non vi spogliate mai della forma per esprimere ciò che siete.»
«Cosa sarei di grazia?»
«Oh, non so.»
«Meglio! Sono arcistufo di futili vaniloqui! Tornate alla tenda e aspettate.»
Il demone raggiunse la risacca. Sfilò la veste e camminò verso le onde livide come se lo avessero sfidato impunemente, meritando un memorabile castigo.
Yozora trattenne il fiato: la burrasca era impetuosa, immergersi tra i frangenti crestati era un suicidio. Lo guardò competere con le correnti nell’indaco infuriato di Shamdar.
Sommo Manawydan, vi supplico, non reclamatelo!
Si scoprì a mani giunte, lo sguardo fermo nel punto in cui era sparito e un’angoscia insormontabile a occuparle il petto.
 
Rhenn scese in rapide bracciate verso il fondale roccioso, sfiorando le lingue di sabbia con le dita. Il frastuono dei marosi divenne un ronzio, il caldo dell’Haiflamur una piacevole assenza. Si lasciò cullare dall’acqua, aggrappandosi a uno sperone.
Era in grado trattenere il fiato per svariati minuti, un gioco che aveva iniziato con suo fratello in cima alla torre. Vinceva sempre, forse perché il suo bisogno di isolarsi era maggiore. Avvertiva l’impellenza di rimanere a fluttuare nell’oceano pur senza Mahati a sfidarlo. Rischiare la vita non placò l’eccitazione.
Gli succedeva di precipitare nel desiderio carnale per placare un vuoto della psiche. Al presente era invece la seconda a comandare: traboccava d’energia, di serenità, e l’emozione positiva si traduceva nell’impulso frenetico dell’eros. Non soddisfarlo gli causava dolore, lo rendeva irrequieto.
Basterebbe prendere la ragazzina contro la sua volontà!
Ma non era ciò che cercava, ciò di cui ogni fibra gli stava parlando.
Com’è possibile possedere un’anima come fosse una donna in carne e ossa?
Era quasi in debito d’ossigeno, frastornato dall’assurdità cui il turbinio di pensieri l’aveva condotto. Seguì con lo sguardo il vortice dei granelli di sabbia opalescente che aveva smosso e si sentì rimescolato alla stessa maniera.
Si staccò dallo scoglio con un colpo di reni e nuotò verso l’alto, i polmoni in fiamme, emergendo nello stesso punto in cui si era tuffato. Strizzò la chioma argentea e si piegò per raccattare la veste. Sollevò il capo: Yozora gli stava correndo incontro. Fece appena in tempo a serrare la tunica ai fianchi che gli volò tra le braccia, bianca come un cencio. Si mise sul chi vive: il litorale era deserto, così il cielo zafferano e l’orizzonte violaceo dell’oceano.
Ma che diamine?
«Ottocentoquaranta» esalò lei stravolta.
«Come?»
«I secondi sott’acqua! Ottocentoquaranta!»
«Quattordici minuti? Non male, ho superato me stesso.»
«Smettetela di incensarvi! Io ero convinta che…!»
«Sul serio mi avete dato per affogato?»
Lei gli batté i pugni sul petto, guardandolo da sotto in su in piena agitazione.
«Volete farmi morire di paura? Avete assegnato a me la scelta della pena, così no!»
«Ottimo. Vi preoccupate per me?»
«Certo! Quale essere umano resisterebbe tanto? Se foste annegato, chi mi avrebbe riportata a Mardan?» corresse poi imbarazzata.
«Io sono un Khai. E figuratevi se Mahati vi lascerebbe qui a languire.»
«Vostra altezza, nonostante il sangue demoniaco, ha il fiato corto!»
«Sapete che non vi sopporto più?»
«Perché ho ragione!»
«No, perché il desiderio di torcervi il collo mi sorge con singolare frequenza e poi inspiegabilmente mi passa. È uno stillicidio, mettetevi nei miei panni!»
Prese a districarsi le chiome, imprecando contro il sale che gli mordeva la pelle. Non c’era acqua dolce, se non quella da bere, e non potersi lavare lo spazientiva.
«Così li rovinate!» lo rimproverò la principessa «Lasciate che vi aiuti.»
Abbassò le braccia. Era abituato a sbrigarsela, detestava che lo toccassero: persino quando indossava le vesti rituali non consentiva ai servitori del tempio di assisterlo.
«Se proprio ci tenete.»
«Vi invidio, soltanto il divino Irkalla possiede capelli tanto belli.»
«Lo avete incontrato per esserne tanto sicura?»
«L’ho letto sull’Ariun
«Tutte idiozie.»
«Chissà in quali letture mi dovrei impegnare, secondo voi.»
«Un paio di idee le avrei. Ordinerò al bibliotecario di provvedere.»
Yozora non rispose, incuriosita dai segni obliqui sulle sue scapole: erano cicatrici in rilievo, mascherate dal pigmento bruno.
«L’enšak è un taglio?» domandò turbata.
«Triplice. Viene eseguito con un tarken rituale, l’incisione è profonda e non sparisce una volta rimarginata. La copriamo con un tatuaggio. Perché?»
«Infliggerete a cuor leggero una simile tortura a vostro figlio?»
«I sudditi hanno diritto sapere se è l’atteso Signore dei Khai.»
La voce di Rhenn suonò incurante, ma nei suoi occhi l’interesse si accese repentino.
«Ma guardatevi» sogghignò pungente «Siete sbiancata! Siamo demoni guerrieri, non trogloditi. Al bambino viene dato un narcotico, non deve piangere.»
«Solo per questo?»
«Sì.»
«Cosa accade quando ha fame, si sveglia o va cambiato?»
«Suppongo sia tollerato.»
«Supponete?»
«Allevare un infante non è compito di un principe.»
«Anche a Seera esistono le balie, ma la madre se ne occupa, persino la regina.»
«Vi consolerà sapere che Hamari l’ha fatto in deroga alle consuetudini. Costituisco un’eccezione, mio padre non era d’accordo e ne aveva ben donde. I rampolli degli altri clan me l’hanno rinfacciato finché non mi sono fatto valere.»
«Che ne è stato di Mahati quando Naora è morta?»
«Come avete appreso, mia madre se n’è incaricata. Ma è durato poco, Kaniša è stato irremovibile e l’ha portato via.»
«Per evitare pettegolezzi?»
«No, piangeva dannatamente. Ha continuato fino a perdere la voce.»
«Come fate a saperlo?»
Il principe distolse lo sguardo, puntandolo sulla linea ondulata dell’orizzonte. Tra le sopracciglia sottili si incuneò una ruga, come se rivangare il passato gli costasse uno sforzo sovrumano.
«Eravate lì, vero?» lo spronò Yozora con gentilezza.
«Ho esaudito mia madre per evitare che la sua disdicevole prostrazione trapelasse. Nessuno impedisce all’erede al trono di girare a piacimento, il divieto di entrare nelle stanze di Mahati non valeva per me.»
 
Basta! Sei il figlio del re! Piangere è indegno! Tocca la mia mano, questi sono i calli della spada, non potrai impugnarla se continui a frignare… nessun guerriero si comporta così! Ehi! Lasciami il dito! Oh, hai gli stessi occhi di nostro padre… ne sarà orgoglioso, quindi sbrigati a crescere e…  finalmente! Hai esaurito le lacrime? Bene, non ne potevo più. E adesso? Perché mi fissi a braccia tese?
Non ti aspetterai che ti levi da lì! Non sono la tua bambinaia, anzi ho sprecato sin troppo tempo, perciò addio. Cercami quando avrai imparato a camminare… no, a correre, così faremo una gara e… oh dèi, non ricominciare!
 
Il ricordo di sé con Mahati tra le braccia lo fece avvampare. Era tornato alla culla la notte successiva e quella dopo ancora, così all’infinito finché il secondogenito non aveva più pianto. I singhiozzi erano stati sostituiti dalla melodia del chakde, poi dal ritmo della frusta di Kaniša.
«Oh Rhenn, avete impedito che restasse solo. È per lui che avete inciso in flauto!»
«Ho obbedito alla regina, nient’altro.»
Yozora gli sorrise, mandando in frantumi la bugia.
«Sarete un ottimo padre.»
«Non meritate risposta.»
Vederlo in un’impasse era un tramonto a est: ne assaporò l’unicità ma non infierì.
«Cosa accadrebbe se un bambino rivelasse ali e coda?»
«Il Signore dei Khai restituirebbe il primato alla stirpe. Risorgeremmo dalle ceneri dei daama, occupando il posto che ci spetta.»
«Non vi seguo. I Khai sono favoriti dal celeste Belker e risultano già imbattibili.»
Rhenn fu tentato di parlarle dell’eclissi e delle sensazioni funeste.
Perché lei? Non è del nostro sangue.
Sarebbe equivalso a mostrare il fianco e non avrebbe capito. Nemmeno lui capiva.
«Non esiste limite al meglio» restituì ironico.
«Come non detto, lo scoprirò da sola.»
«Lasciate che vi rivolga io una domanda. Non posso vivere senza sapere chi avete preso a schiaffi.»
«Un cavaliere che corteggiava mia sorella.»
«Motivo? Piaceva a voi e vi ha respinta?»
«No. Ha offeso Hyrma.»
«La primogenita è stata insultata, non ha preteso soddisfazione e si è nascosta sotto le vostre gonne? Inaudito!»
Yozora gli sfiorò la mano. Era soltanto un gesto gentile, ma il brivido provocato dal contatto gli saettò al cervello.
«Solo chi possiede un flauto può suonarlo, non siete d’accordo?»
Rhenn impietrì alla metafora.
Forse mi sbaglio, è la persona più adatta ad aiutarmi poiché distingue ciò che ignoro e non è mai d’accordo con me. Siamo complementari.
«Ho compreso le ragioni che vi hanno spinta qui» sospirò seccato «Contate che intendere la mentalità salki è come sminuirmi.»
«Il vostro concetto di cortesia è da rivedere.»
«Contateci. Mi piacerebbe ricevere un vostro parere.»
Yozora passò dalla stizza allo stupore: lo sguardo di Rhenn era serio, addirittura inquieto, e le dita affusolate giocherellavano nervose con i granelli di sabbia.
Non poté approfondire perché un acuto stridio sovrastò il rumore delle onde. L’ombra di un vradak si proiettò sulla spiaggia deserta, interrompendo l’intimità.
   
 
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