Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Flami151    28/01/2022    1 recensioni
Non sempre le cose sono come sembrano.
Ad esempio, può capitare che dietro l'aspetto docile di un Molliccio tramutato in gufo si nasconda un oscuro segreto. E solo i maghi abbastanza ostinati da guardare oltre la superficie potranno immergersi nelle profondità dell'inconscio e svelare i misteri che vi sono celati.
Ed è con queste premesse che Draco Malfoy, accompagnato dal suono di una campana tibetana, userà il potere della Divinazione per vedere col suo occhio interiore ciò che si annida nel suo passato.
Storia partecipante al contest "Riddikulus!" indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Pansy Parkinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

You Charmed the Heart Right Out of Me ~



«Riddikulus
 
Si udì un sonoro schiocco e la mummia, che avanzava braccia in avanti verso Calì Patil, cadde a terra inciampando nelle sue stesse bende. L’intera classe scoppiò in una fragorosa risata guardando la testa della mummia che rotolava sul pavimento, raggiungendo i piedi di Seamus Finnigan.
Il Molliccio assunse quindi una nuova forma: le bende che avvolgevano il corpo della mummia si trasformarono in lunghi capelli neri, dietro i quali si celava il volto scheletrico e verdastro di una banshee, la strega delle brughiere. L’essere spalancò la bocca ed emise un lungo gemito che fece tremare il Grifondoro irlandese.
 
Mentre gli altri studenti affrontavano uno ad uno il Molliccio, Draco Malfoy aspettava il suo turno con la schiena pigramente appoggiata ad una parete e l’aria annoiata. Il professor Lupin aveva chiesto ai ragazzi di soffermarsi a pensare alla cosa che più li avrebbe spaventati e di immaginare come fare per renderla comica. Draco però non era riuscito a farsi venire in mente nulla di davvero spaventoso: aveva trascorso l’infanzia giocando di nascosto con i manufatti oscuri collezionati dal padre ed era convinto che niente fosse più in grado di spaventarlo.
Osservando il Molliccio trasformarsi prima in un clown, poi in un serpente e poi in un grosso ragno, si compiacque al pensiero che qualunque forma avrebbe assunto di fronte a lui, di sicuro non sarebbe stato niente di così patetico. Poi si crogiolò immaginando l’intera classe guardare sbalordita il Molliccio incapace di scegliere quale aspetto adottare e rivelare così la sua vera immagine.
 
Sorrise smorfioso quando la creatura, trasformata in una mano monca ricoperta di gioielli pacchiani, si avvicinò a lui. La mano si fermò per un istante, poi iniziò a tremare, mente la sua pelle si riempiva di piume marroni. Ed ecco che, con non poca sorpresa da parte di Draco, il Molliccio si trasformò in Allocco e spiccò il volo, posandosi sopra il lampadario che pendeva dal soffitto.
L’aula cadde nel silenzio mentre gli studenti aguzzavano la vista nel tentativo di capire cosa avesse di tanto spaventoso l’innocuo volatile. Ma resisi conto di avere a che fare solo con un comunissimo gufo, tanto i Grifondoro quanto i Serpeverde iniziarono a sghignazzare. Draco però non li sentì neppure: le sue orecchie erano piene del verso, simile ad un ululato, di quel maledetto Allocco.
 
«Malfoy, l’incantesimo!» Lo incoraggiò il professore.
 
Ma il corpo di Draco sembrava non rispondere alla sua volontà, pietrificato dalla paura. Sentiva il legno di Biancospino della sua bacchetta tra le mani, ma non riusciva ad alzarla. Ricordava la formula che avrebbe scacciato il Molliccio, ma non riusciva a pronunciarla. Quel senso di terrore gli era nuovo ma, per certi versi, gli sembrava familiare.
 
«Avanti Nott, prova tu!» Disse il professor Lupin spingendo Theodore tra lui e il Molliccio trasformato in gufo.
 
La lezione riprese ed il tempo, che fino a quel momento a Draco sembrò essersi congelato, tornò a scorrere. E mentre Theodore respingeva senza troppa fatica un Infero in decomposizione, Draco era certo che gli altri studenti lo stavano osservando di sottecchi, ridendo alle sue spalle.
Una furia cieca si sostituì al terrore di poco prima e, senza pensarci troppo, uscì dall’aula sbattendo la porta.
 
 
Quando il mattino dopo Draco si svegliò, sentì un forte peso all’altezza del petto. Ci vollero un paio di minuti prima che riuscisse a togliersi di dosso quella brutta sensazione e a respirare di nuovo correttamente. Sapeva di aver avuto un incubo, ma non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse.
 
Si vestì ed uscì dal dormitorio. Pansy e le sue amiche erano in Sala Comune a spettegolare aspettando che le altre compagne fossero pronte per la colazione. «Buongiorno Draco!» Lo salutarono con disinvoltura.
Lui ricambiò con un cenno di mano. Era felice che nessun Serpeverde avesse fatto accenno alla sua disastrosa performance: lo temevano tutti abbastanza da non osare farsi beffe di lui.
Con ritrovata forza d’animo imboccò l’uscita, pronto a dirigersi in Sala Grande. Quando però la parete in pietra che dava sui sotterranei si aprì, fece il suo ingresso uno stormo intero di gufi, che iniziò a volteggiare nella Sala Comune, salvo poi puntare dritto alla testa di Draco che, colto alla sprovvista, non poté fare altro se non coprirsi il volto con le braccia.
 
«Reparifrage!» Urlò Pansy puntando la bacchetta contro lo stormo un attimo prima che colpisse in pieno il Serpeverde. I gufi si trasformarono in piccoli uccellini di carta e caddero lentamente a terra. Draco li guardò senza capire. «Davvero un bello scherzo Blaise! Ma cos’hai, cinque anni?» Chiese la strega ad alta voce.
 
Una fragorosa risata riecheggiò nella Sala Comune e da dietro uno dei divani in pelle uscirono Blaise e Theodore, entrambi con le lacrime agli occhi. «Ma dai Pansy! Così hai rovinato tutto il divertimento!» Disse Zabini reggendosi la pancia.
 
«Sei davvero un cretino. Tutto okay Draco?» Chiese la Serpeverde.
 
Ma Draco era già uscito dalla stanza, sopraffatto dall’umiliazione. Chi si credevano di essere quei due deficienti? Blaise nemmeno l’aveva affrontato il suo Molliccio ieri: per quanto ne sapeva, poteva trattarsi di un banalissimo topo o di uno stupido Puffskein. Ma di sicuro gliel’avrebbe fatta pagare: l’avrebbe detto a suo padre e come minimo si sarebbero beccati un richiamo disciplinare. Forse addirittura una sospensione!
 
I suoi pensieri vendicativi furono però interrotti dalla voce di Pansy. «Hey Draco, aspettami!»
 
«Lasciami stare, non mi serve la tua pietà». Disse lui con tono più aggressivo di quanto avrebbe voluto.
 
«Ma quale pietà! Hanno davvero esagerato. Persino io mi sarei presa uno spavento anche senza aver paura dei gufi!»
 
«IO NON HO PAURA DEI GUFI!» Urlò a quel punto Draco fermandosi in mezzo al corridoio.
 
Pansy rimase un secondo interdetta, ma si avvicinò comunque all’amico. «No, certo… è solo che… il Molliccio…»
 
«Al diavolo il Molliccio!» Rispose lui seccato. «Tutte le mattine centinaia di gufi ci portano la posta in Sala Grande, ti risulta che ne abbia mai avuto paura?»
 
Pansy ci pensò un attimo. «No. Hai ragione. Ma allora perché…?»
 
«Non lo so perché il Molliccio si è trasformato in un maledetto gufo. Forse si è sbagliato».
 
«Beh, però ieri sembravi davvero…»
 
«Per Merlino! Si può sapere che vuoi?» Chiese a quel punto Draco ricominciando a camminare a passo marziale.
 
«Voglio darti una mano…Domani avremo di nuovo Difesa Contro le Arti Oscure. Di sicuro Lupin ti farà affrontare di nuovo il Molliccio!»
 
Un’ombra di terrore attraversò gli occhi di Draco, rendendo palese a Pansy che il Serpeverde non aveva affatto considerato quell’eventualità. Ma durò solo per un istante, poi riassunse il solito freddo sguardo da Malfoy. «Non mi serve il tuo aiuto». Le disse con freddezza.
 
Ma Pansy ormai conosceva Draco da parecchio tempo, sapeva quali corde pizzicare per farsi dare retta. «In realtà Draco te lo sto dicendo perché avrei bisogno del tuo aiuto». Disse lei con voce melliflua. «Anche io dovrò affrontare il Molliccio domani, visto che quello di ieri non si è mai avvicinato a me. Non so in cosa potrebbe trasformarsi e sono spaventata… Potremmo aiutarci a vicenda».
 
Finalmente Draco rallentò e guardò finalmente l’amica negli occhi. «Potevi dirlo subito». Disse il Serpeverde non più sulla difensiva.
 
Pansy aveva fatto centro.
 
 
Si erano dati appuntamento nell’Aula di Divinazione al termine delle lezioni. Quando Draco raggiunse la cima della Torre Nord, scoprì che Pansy era già arrivata e aveva portato con sé un gufo.
 
«C’è un caldo soffocante qua dentro». Disse Draco sedendosi su una delle numerose poltroncine foderate di chintz. «E poi che ci fa qui quello?». Chiese indicando l’Allocco posato su di un trespolo accanto a Pansy. «Ti ho già detto che non ho problemi con i gufi».
 
«Innanzitutto hai poco di cui lamentarti». Rispose la Serpeverde. «È una fortuna che la Cooman ci faccia usare la sua aula. O forse preferivi parlare della questione in Sala Comune?» Draco non rispose, quindi Pansy continuò. «E Porridge è qui per aiutarci a capire cosa ti abbia spaventato così tanto in quel Molliccio».
 
«Non ero così tanto spaventato». Si difese Draco. «E Porridge è un nome stupido per un uccello».
 
«Porridge è il mio Allocco, Draco. Gliel’ho dato io questo stupido nome». Replicò piccata Pansy. «E poi basta con le idiozie: eri letteralmente pietrificato dalla paura».
 
«Si, si va bene!» Si arrese finalmente Draco. «Dimmi solo cosa devo fare e lo farò».
 
La Serpeverde sorrise soddisfatta e allungò un braccio verso il suo gufo, che vi si posò sopra diligentemente. «Prendilo». Disse poi passandoglielo. Porridge saltò senza indugio dal braccio di Pansy a quello di Draco.
Draco scrutò l’animale con attenzione e si ritrovò a pensare che, tutto sommato, il nome Porridge non era poi così malvagio.
 
«Allora?» Chiese Pansy con curiosità.
 
«Allora cosa?»
 
«Senti qualcosa? Un pochino d’ansia magari?» Lo incoraggiò lei.
 
«No…» Rispose Draco accarezzando con due dita la testa di Porridge che in risposta bubolò allegramente. «E poi questo Allocco non assomiglia nemmeno troppo a quello del Molliccio, fa perfino un verso differente».
 
«Beh, Porridge è femmina, mentre l’Allocco del Molliccio era un maschio, per questo hanno versi diversi». Rispose Pansy guardando il suo gufo. «Ma a parte questo mi sembrano molto simili…» Poi sembrò venirle un’idea. «Dici che è stato il verso a spaventarti?»
 
«Non dire idiozie». Rispose Draco di impulso. Poi però ripensò al giorno precedente: rivide il Molliccio appollaiato sul lampadario dell’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, poi vide le facce dei suoi compagni, che a stento trattenevano le risate di scherno e infine si ricordò di quel verso… e un brivido si propagò lungo la sua schiena, facendogli venire la pelle d’oca. «Forse…» Ammise con un filo di voce.
 
«Quindi quello di cui hai paura è del verso dell’Allocco maschio…» Rifletté Pansy a voce alta.
 
«Si, ho capito, la mia paura è ridicola! Puoi smetterla di continuare a sottolinearlo?»
 
«Oh Merlino Draco smettila di essere così permaloso!» Sbuffò la ragazza. «Stavo solo pensando che è una paura davvero molto specifica… è un po’ strano… non trovi?» Draco alzò le spalle, non sapendo che altro rispondere. «Forse stai associando il verso del gufo a qualcos’altro, qualcosa che ti spaventa veramente e che si nasconde più in profondità… Ti sembra possibile?»
 
Draco ci pensò un secondo. «A dire il vero non saprei… Quando ieri Lupin ci ha chiesto di pensare alle nostre paure non mi è venuto in mente niente».
 
«Forse si nasconde nel tuo inconscio, potrebbe essere qualcosa che hai dimenticato».
 
«Come si fa a dimenticare qualcosa di così spaventoso?» Ma non finì di formulare la domanda che gli tornò in mente il senso di angoscia con cui si era svegliato quella mattina, causato da un sogno di cui non conservava nemmeno memoria. Forse Pansy non si stava sbagliando, dopotutto.
 
«Forse eri troppo piccolo per ricordartene. O magari… qualcuno può aver cancellato i tuoi ricordi». Suggerì lei.
 
Il pensiero che qualcuno potesse aver manipolato i suoi ricordi fece rabbrividire Draco, che iniziò a chiedersi se non fosse meglio farla subito finita con quella farsa, tornare al dormitorio e darsi malato finché il professor Lupin non fosse passato all’argomento successivo. Ma trovò ancora più spaventosa l’idea che quei deficienti di Nott e Zabini potessero ancora sfotterlo per la sua codardia. No. Non si sarebbe lasciato prendere per il culo.
 
«Quindi cosa facciamo?» Chiese Draco passando Porridge a Pansy, che lo adagiò di nuovo sul suo trespolo.
 
«Beh, siamo in un’aula di Divinazione… approfittiamone!»
 
 
Draco si chiese se Pansy sapesse cosa stava facendo, mentre si sdraiava sul futon fatto apparire dalla ragazza al centro della stanza e la osservava sfogliare un grosso manuale di Divinazione.
 
«Esistono incantesimi ben precisi per far venire a galla i ricordi celati». Disse la Serpeverde mentre disponeva attorno al corpo di Draco dei bastoncini di incenso. «Ma sono davvero troppo complessi per noi. Un errore e ti ritroveresti incatenato ad un lettino del San Mungo». Con un colpo di bacchetta accese l’incenso, mentre Draco deglutiva mal celando la sua apprensione. «Quindi quello che faremo sarà cercare di farli riemerge naturalmente, con un po’ di aiuto da parte della Divinazione».
 
Poi prese dalla scrivania della Cooman una pergamena, che piegò con cura fino a ottenere un piccolo origami di un uccellino, che Draco osservò con sospetto. «Che vuoi fare con quello?»
 
«Userò lo stesso incantesimo che hanno usato Blaise e Theodore per trasfigurarlo in un Allocco maschio. Useremo il suo verso per guidarti lungo il sentiero dei tuoi ricordi. Adesso chiudi gli occhi e rilassati».
 
Draco chiuse gli occhi, ma non riuscì proprio a rilassarsi. L’idea di sentire di nuovo quel terribile verso ed il ricordo dello stupido scherzo di Zabini lo tenevano teso come una corda di violino. Sentì Pansy armeggiare con quello che sembrava essere un cassetto e si chiese cosa stesse combinando. «Pansy, che stai…?»
 
«Shhh». Disse lei con dolcezza. «Adesso inspira profondamente dal naso ed espira lentamente dalla bocca». Draco eseguì. L’odore dell’incenso gli riempì le narici: era intenso, ma piacevole. Gli sembrò quasi di sentirne il sapore. Seguì il suono armonioso di una campana tibetana, che lo portò a distendere tutti i suoi nervi. Inspirò di nuovo.
 
«Bravo Draco». Disse Pansy con un tono di voce che sembrava quasi non appartenerle, molto più caldo e rassicurante del solito. «Continua a respirare. Senti l’odore dell’incenso e il suono delle campane. Lascia che i tuoi sensi si facciano cullare fino ad addormentarsi, solo così potrai aprire il tuo occhio interiore e fare luce su ciò che si nasconde nel tuo Io più profondo».
 
Draco si accorse che il calore della stanza, che fino a quel momento gli era sembrato insopportabile, adesso era quasi come un abbraccio. Si sentiva rilassato, protetto.
Al suono delle campane tibetane si unì una dolce litania, probabilmente recitata da Pansy, ma non ne era poi così sicuro. Non gli era più chiaro cosa fosse reale e cosa no e nemmeno gli importava. Continuava a respirare perdendo lentamente la concezione del tempo e dello spazio. Non sentiva più alcun odore, alcun sapore, alcun suono e il suo corpo sembrava sospeso nell’etere.
 
Poi quel verso.
 
Lo stesso verso che lo aveva tanto spaventato. Riusciva quasi a vederlo, quel dannato Allocco, che bubolava fuori dalla finestra come a volerlo prenderlo in giro. Il cuore cominciò a battergli di nuovo all’impazzata. Si portò le mani alle orecchie e spinse con forza, fino quasi a farsi male, ma quel suono riusciva a penetrare le sue difese, obbligandolo ad ascoltarlo contro la sua volontà.
 
Poi qualcuno lo prese in braccio. «Piccolo mio, non starlo a sentire». Gli disse sua madre carezzandogli la testa. «Ascolta solo il suono della mia voce». Lo strinse forte al petto
 e iniziò a cantare.
 
Oh my poor heart, where has it gone?
It's left me for a spell...
 
La sua voce era dolce, talmente dolce da sostituirsi ad ogni suo pensiero. Continuava a guardare l’Allocco fuori dalla finestra, ma non sentiva più il suo verso. Tutto ciò che riusciva a percepire era il familiare odore di casa e il canto di sua madre.
 
...and now you've torn it quite apart
I'll thank you to give back my heart.
 
Guardò per un’ultima volta fuori dalla finestra. L’Allocco era volato via. I suoi battiti erano di nuovo regolari. Sua madre gli sorrideva, mentre lo sollevava per metterlo a letto. Le lenzuola erano morbide e avvolgenti. Lei si sdraiò accanto a lui, e aspettò pazientemente che chiudesse gli occhi, senza mai smettere di cantare.
 
 
Draco si alzò di scatto, spalancando gli occhi.
 
«Draco stai bene? Che cosa hai visto?» Chiese Pansy allarmata poggiando a terra la campana tibetana e detrasfigurando il finto gufo.
 
Il Serpeverde si guardò attorno. Era di nuovo nell’Aula di Divinazione. «Quanto… quanto ho dormito?» Quando parlò si accorse di avere il fiatone.
 
«Un minuto, forse due. Avevi appena chiuso gli occhi». Rispose la ragazza.
 
Un minuto? A Draco era sembrata un’eternità. Quasi come se il tempo si fosse fermato. Non aveva mai fatto un sogno come quello: gli sembrava tutto così… reale.
Pansy gli passò un bicchiere d’acqua, che lui bevve avidamente prima di raccontarle accuratamente quanto aveva visto.
 
«Fammi ricapitolare. Il verso del gufo ti spaventava, quindi tua madre per rassicurarti ti ha abbracciato, ti ha cantato una canzone per coprirne il rumore e poi ti ha messo a letto». Disse quasi tra sé e sé mentre si passava una mano tra i capelli corvini.
 
«A quanto pare ho davvero paura dei gufi». Disse Draco ancora scosso dalla visione appena avuta.
 
«Non saprei, qualcosa non torna». Ragionò Pansy. «Non avrebbe potuto semplicemente scacciare via il gufo? Che motivo c’era di mettersi a cantarti nelle orecchie?»
 
Draco la guardò storto: a volte Pansy non era molto delicata con le parole. Ma riflettendoci, qualcosa non tornava davvero. «Non eravamo in camera mia…»
 
«Cosa?»
 
«Non era camera mia, quella. Era la camera dei miei genitori. Io avevo un letto singolo quando ero piccolo».
 
«E quindi?» Chiese Pansy spronandolo ad andare più a fondo.
 
«E quindi hai ragione tu: che motivo aveva di cantare? Poteva portarmi in camera mia e basta. Ora che ci penso non ricordo di aver mai dormito in camera dei miei genitori: papà non voleva».
 
Pansy chiuse gli occhi, come se stesse cercando di visualizzare la scena. Poi chiese «Non è che forse voleva impedirti di sentire qualcos’altro? Forse non era il gufo a costringerti a tapparti le orecchie così forte da farti male».
 
«Cos’altro allora?» Chiese Draco, sentendo la verità sempre più vicina.
 
«Non lo so… prova a focalizzare meglio la tua visione. Forse ci è sfuggito qualcosa».
 
Draco si concentrò, provando a rievocare alla mente tutte le sensazioni provate. Riascoltò il canto di sua madre, inspirò di nuovo l’odore di casa e si focalizzò sull’immagine della camera dei suoi genitori. Sembrava tutto uguale, come era sempre stato: il comodo letto a due piazze che occupava il centro della stanza, la grande finestra che dava sul giardino del Malfoy Manor, la toeletta alla quale sua madre ogni mattina sedeva per truccarsi…
 
«Lo specchio… lo specchio è rotto!» Esclamò Draco guardando Pansy con entusiasmo: non avrebbe saputo dire il perché, ma sapeva con certezza che si trattava di un indizio importante.
 
«Okay… riesci a ricordare come si è rotto lo specchio?» Gli chiese lei.
 
«Purtroppo no».
 
«Allora dobbiamo di nuovo fare appello al tuo terzo occhio». Disse con convinzione Pansy alzandosi e mettendosi a rovistare nella sua borsa.
 
«Cosa stai cercando?» Chiese Draco curioso.
 
«Prima siamo riusciti a veicolare il tuo viaggio nell’Io usando il suono del gufo. Stavolta ci serve qualcosa di diverso». E così dicendo estrasse dalla sua borsa uno specchio. «Ne porto sempre uno con me, non si sa mai». Disse come a volersi giustificare.
 
«E cosa dovrei farci con quello?»
 
«Esiste un’arte divinatoria, nota come catottromanzia, che consente di percepire visioni del passato o del futuro attraverso gli specchi. Non è una cosa da tutti… Ma nel nostro caso si tratterebbe solo di far riemergere dei ricordi sepolti, non di prevedere il futuro… quindi dovresti riuscirci». E così dicendo sbatté lo specchio a terra, crepandone il vetro. «Ho la sensazione che in qualche modo possa aiutare». Gli spiegò passandoglielo.
 
Draco prese lo specchio in mano e osservò il suo riflesso, spezzato lungo la crepa. Era nervoso: sapeva di essersi avvicinato a qualcosa di grosso. E se non fosse riuscito a scoprire la verità? Avrebbe potuto convivere con quel dubbio?
 
Respirò di nuovo con calma, come gli aveva insegnato Pansy. Intanto, la Serpeverde prendeva di nuovo in mano la sua campana, per accompagnarlo nella transizione. «Ricordati: hai già aperto il tuo occhio interiore una volta, puoi farlo di nuovo».
 
Draco continuò a respirare, osservando con attenzione il suo riflesso: i suoi capelli biondi, lunghi fin sotto le spalle, la sua barba rasata da poco, le rughe intorno ai suoi occhi, contratti per la rabbia. Non stava osservando sé stesso, bensì suo padre.
 
Lucius Malfoy stava agitando furiosamente le braccia mentre urlava a pieni polmoni, poteva vederlo chiaramente attraverso il buco della serratura. «Hai la minima idea di quello che ho passato? Del dolore che ho dovuto sopportare?»
 
«Certo che lo so!» Urlò di rimando Narcissa. «E anche Draco lo sa! Come hai potuto esporlo in quel modo?»
 
«Non avevo altra scelta! Non potevo certo chiudergli la porta in faccia!» Rispose Lucius, rosso dalla rabbia.
 
Draco si stropicciò un attimo gli occhi, prima di tornare a scrutare la scena attraverso la serratura.
 
«Avevi eccome una scelta! Potevi scegliere di tenerli fuori dalle nostre vite invece di invitarli a bere un bicchiere di Ogden Stravecchio! Avevi promesso che avremmo voltato pagina, che avremmo iniziato una nuova vita! E se avessero fatto del male a Draco?» Chiese Narcissa, con la voce distorta dal pianto.
 
«Ora basta Narcissa!» Urlò Lucius colpendo lo specchio della toeletta con un pugno. Il vetro andò in frantumi e la sua mano iniziò a sanguinare, ma lui non sembrò neanche accorgersene. «Ho fatto come mi avevi chiesto! Ho mentito davanti al Wizengamot per proteggerci ed è per questo che sono venuti qui! Se non li avessi fatti entrare avrebbero aspettato la prima occasione per ammazzarmi e adesso Draco non avrebbe un padre! Ora invece il problema è risolto: hanno ottenuto ciò che volevano, mi hanno punito per ciò che ho fatto e non torneranno mai più».
 
«Non possiamo esserne certi…» Rispose Narcissa, questa volta abbassando la voce, così come anche il capo.
 
«Ancora con questa storia Cissy?» Chiese Lucius riportando anche lui la voce a tonalità ben più mansuete. «Se ne è andato, non tornerà».
 
Draco, ancora nascosto dietro la porta, si stropicciò di nuovo gli occhi. Quando li riaprì, stava di nuovo osservando il suo riflesso.
 
 
Dopo aver ascoltato attentamente il racconto della sua ultima visione, Pansy parlò. «Okay, è evidente che questi due ricordi si sono verificati in due momenti distinti… quindi ancora non sappiamo cosa tua madre volesse impedirti di sentire».
 
«Si…» Disse Draco meditabondo. «Questo sicuramente è accaduto prima, visto che nella mia prima visione lo specchio era già rotto».
 
«Non è detto». Replicò pensierosa Pansy. «Prima hai detto che lo specchio era rotto, stavolta invece che era proprio caduto in frantumi…»
 
«Credi che lo abbiano rotto due volte? Prima solo un pochino e poi del tutto?» Chiese Draco cercando di capire dove Pansy volesse andare a parare.
 
«No, non sto dicendo questo». Disse la strega prendendo lo specchietto delle mani di Draco e osservandolo, come se al suo interno potesse trovarvi le risposte che cercava. «Le visioni non vanno mai prese in senso letterale. È possibile che la prima volta che hai visto lo specchio rotto era solo un modo del tuo Io interiore di indirizzarti verso il secondo ricordo. Il tuo inconscio sa che i due eventi sono collegati tra loro». Passò un dito sopra la crepa dello specchio, continuando a parlare. «Proviamo a ricapitolare quanto sappiamo: degli uomini, presumibilmente dei Mangiamorte, sono entrati in casa tua. Tuo padre li ha fatti entrare, anche se tua madre non era d’accordo. Gli ha offerto qualcosa da bere e poi la situazione è degenerata. Forse hanno duellato. Qualunque cosa sia accaduta, ha spaventato a morte tua madre, che credeva che quegli uomini avrebbero potuto fare del male anche a te. Per questo poi i tuoi genitori hanno litigato… Qualcosa di quello che ho detto ti suona familiare?»
 
Quando Pansy tornò a posare lo sguardo su Draco, lo trovò impallidito. «Draco… stai bene?» No, chiaramente non stava bene. Le sue mani tremavano visibilmente e il suo sguardo sembrava perso nel vuoto. «Draco, rispondimi per favore».
 
«Io… credo di ricordare qualcosa…» Rispose Draco con un tremito nella voce. «Cioè, non è proprio un ricordo, quanto più una sensazione: sono certo che la risposta sia in ciò che è successo la notte che quegli uomini sono entrati in casa nostra».
 
«Allora abbiamo bisogno di qualcosa che faccia da tramite per questo ricordo. Un equivalente dell’Allocco e dello specchio». Disse Pansy con risolutezza.
 
«L’Ogden Stravecchio!» Disse Draco riscuotendosi dal suo stato di trans. «Mamma ha detto che papà ha offerto a quegli uomini dello Stravecchio!»
 
«É perfetto!» Trillò con gioia Pansy scattando in piedi come una molla.
 
«Dubito che ci sia del Whiskey Incendiario qui». Disse Draco osservando l’amica aprire tutti i cassetti dell’aula. «Troverai al massimo qualche foglia di the appassita».
 
«Non essere così pessimista!» Rispose lei frugando in un baule aperto abilmente con un Alohomora ed estraendone una bottiglia dal contenuto ambrato. «Chiunque segua il corso di Divinazione sa che la Cooman ha una particolare predilezione per l’alcol!» Esultò con un sorriso trionfante.
 
«Fantastico!» Draco sembrava tornato in forze. «E ora che si fa? Ci ubriachiamo? Mi farebbe bene». Disse strappando con poca grazia la bottiglia dalle mani della Serpeverde.
 
«No». Rispose categoricamente lei riprendendosi la bottiglia. «Questa volta ci appelleremo all’Oinomanzia: un’antica tecnica usata per evocare visioni e presagi tramite il vino. In questo caso abbiamo dell’Ogden, ma dovrebbe andar bene lo stesso».
 
Mentre osservava Pansy scorrere con attenzione lo sguardo sul grosso tomo aperto sulla scrivania, Draco si sentì fortunato ad avere un’amica tanto portata per la Divinazione. E non una semplice amica, una che si è fatta in quattro per aiutarlo, nonostante tutte le sue proteste. Non era certo di meritare tutto il suo impegno.
 
Pansy spense i bastoncini di incenso, rimasti accesi fino a quel momento. «Adesso dovrai concentrarti soltanto sull’odore dello Stravecchio». Disse passandogli la bottiglia. «Chiudi gli occhi ed inspira col naso, facendo attenzione ad ogni dettaglio dell’aroma e soprattutto alle sensazioni che questi suscitano in te… Ma ormai dovresti sapere come fare».
 
Sì, lo sapeva. Chiuse gli occhi. Inspirò a lungo l’odore pungente del Whiskey Incendiario e si lasciò trasportare da quella sensazione invitante. Talmente invitante da fargli venir voglia di prenderne giusto un piccolo sorso…
 
«No Draco non berlo!»
 
Narcissa gli strappò il bicchiere dalle mani, posandolo di nuovo sul tavolo della sala da pranzo, dove non avrebbe potuto raggiungerlo. «Come vi salta in mente di dare dello Stravecchio ad un bambino!» Ma le proteste di sua madre furono ignorate dai bruti seduti intorno alla tavola, che ridevano di gusto.
 
«Suvvia Narcissa, non scaldarti tanto!» Disse uno degli uomini che Draco non aveva mai visto prima. «Stavamo solo giocando».
 
«Ora basta con l’alcol». Disse Narcissa con autorevolezza. «È tardi: devo mettere Draco a letto e noi dobbiamo alzarci presto domattina». Era chiaro che, chiunque fossero gli ospiti, non erano ben graditi.
 
«Lucius! Non permetterai a tua moglie di parlarci in questo modo, vero?» Chiese un altro degli uomini, con il viso rosso dall’alcol.
 
L’attenzione si spostò sul padrone di casa, che lanciò uno sguardo di scuse a sua moglie, prima di alzarsi dal tavolo. «Cissy è solo stanca, avere a che fare tutto il giorno con un bambino di tre anni può essere faticoso… Sono certo che non voleva mancarvi di rispetto. Propongo di farci il bicchiere della staffa e di tornare tutti alle nostre abitazioni». Fece per alzarsi, ma i tre bruti lo precedettero, puntando la bacchetta contro lui e Narcissa.
 
L’uomo dal viso paonazzo, che dei tre doveva probabilmente essere il capo, fu il primo a parlare. «Credi forse che la nostra fosse una visita di piacere, Lucius? Credevi di poterci rabbonire con il tuo merdosissimo Stravecchio?»
 
«Questo pidocchioso non ci avrà neanche offerto la sua bottiglia migliore». Disse l’uomo che finora era rimasto in silenzio, un omone grande e grosso con il doppio mento.
 
«No, io…» Mormorò Lucius gettando nuovamente un’occhiata verso Narcissa. «Credo che noi tutti signori abbiamo bevuto un po’ troppo. Sono sicuro che potremmo risolvere qualunque incomprensione a mente lucida discutendone da persone civili».
 
«Silenzio Malfoy!» Urlò l’uomo paonazzo. «Non c’è proprio niente di cui discutere, non c’è alcuna incomprensione da chiarire. Tu ci hai traditi, Lucius».
 
Lucius deglutì. «No… io non avrei mai… è stato Karkaroff a tradirci, è stato lui a fare il nome di Rookwood… Io ho solo…»
 
«Tu hai solo rinnegato il nome del Signore Oscuro fingendoti sotto l’Incantesimo Imperio come con codardo!» Urlò il bruto sbattendo un pugno sul tavolo.
 
Draco tremò ma non si mosse, non emise nemmeno un fiato, si sentiva completamente pietrificato.
 
«Per favore…» Si intromise Narcissa. «Per favore, lasciate che Draco se ne vada…»
 
«Zitta puttana!» Urlò l’uomo col doppio mento. «Tu non hai nemmeno il Suo Marchio, non hai alcun diritto di parlare!» Poi gettò un’occhiata a Draco, paralizzato dallo spavento. «Al ragazzino farà bene vedere con i suoi occhi cosa succede a chi osa tradire la fiducia del Signore Oscuro».
 
«Per favore!» Implorò Lucius. «Dovete capirmi… Ho un figlio, ho dovuto farlo! Mi avrebbero rinchiuso ad Azkaban a vita!»
 
L’uomo paonazzo rise. «Avete sentito, ragazzi? Ha un figlio!». I tre uomini risero in coro. «Mi sembra di sentir parlare quel traditore di Nott! Ti do un consiglio Malfoy: ti conviene non opporre resistenza se non vuoi che Narcissa faccia la stessa fine di sua moglie!»
 
«No! Vi prego! Non fatele del male! Non fate del male a Draco! Vi darò tutto ciò che volete. Tutti i miei soldi, qualsiasi cosa!» Draco guardò suo padre piegarsi in avanti congiungendo le mani davanti al viso, in segno di supplica. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo ma una cosa era certa: suo padre, che aveva sempre tenuto la schiena dritta ed un cipiglio fiero, adesso era spaventato, disperato.
 
«I tuoi soldi? Noi non vogliamo i tuoi schifosi soldi. Noi siamo qui perché tu ti penta di ciò che hai fatto. Perché tu riceva la punizione che meriti per aver voltato le spalle al Signore Oscuro!»
 
«Vi prego, per favore, no, per favore, vi prego, vi prego…»
 
L’uomo lo guardò con disgusto. «Ora basta con questa lagna! Crucio!»
 
Ne seguì uno straziante urlo di dolore. Poi Lucius crollò sul pavimento. Il suo corpo si contorceva al suolo mentre il Mangiamorte continuava a colpirlo con la Maledizione Cruciatus senza dargli tregua. Draco vide il sudore mischiarsi alle lacrime sul volto di suo padre, che implorava pietà con lo sguardo.
 
«Basta! Lasciatelo stare!» Urlò Narcissa scattando in avanti, tentando di estrarre la bacchetta. Ma il suo tentativo fu vano: uno Schiantesimo la colpì in pieno petto, sbalzandola contro una parete e facendole perdere i sensi.
 
«Stupida cagna, nessuno ti avrebbe fatto niente se fossi stata zitta e buona al tuo posto». Disse il bruto col doppio mento sputando nella sua direzione.
 
Ancora incapace di muoversi, Draco osservava la scena da un angolo della stanza, con la vista annebbiata dalle lacrime e la bocca aperta: avrebbe voluto urlare, pregarli di fermarsi, dire qualcosa che potesse cessare quell’orrore, ma non riusciva ad emettere nemmeno un fiato. Era impotente, inutile.
 
Anche Lucius sembrava provare a dire qualcosa, ma dalla sua bocca non uscivano altro che grida, mentre il Mangiamorte, accecato dall’ira, si accaniva su di lui. «The… The… Thelius! Nascondi Draco!»
 
Queste furono le ultime parole che Draco sentì, prima che un elfo domestico si materializzasse dietro di lui, lo afferrasse per un braccio e si smaterializzasse. Con un Crac, Draco si ritrovò nella camera dei suoi genitori, sopraffatto da un incontenibile senso di nausea.
 
«Il signorino Malfoy qui è al sicuro. La stanza è protetta». Gli disse l’elfo di nome Thelius prima di smaterializzarsi.
 
Era vero, la stanza era protetta, ma Draco non si sentiva affatto al sicuro. Non poteva vederlo, ma poteva ancora sentire suo padre implorare la pietà di quegli esseri spregevoli che continuavano a farsi beffe di lui. Draco non avrebbe saputo dire cose fosse più doloroso, se le urla di suo padre o le risate di quei mostri. Si sentiva sopraffatto, annientato. Tutto ciò che desiderava era che quei suoni raccapriccianti finissero. Così si nascose lontano dalla porta della stanza, vicino alla finestra, e si tappò le orecchie con entrambe le mani, premendo talmente forte da farsi del male. Ma il rumore non cessava. Poteva perfino sentire il verso del gufo che, da fuori la finestra, lo guardava incuriosito.
 
Crac! Anche sua madre apparve nella stanza, scortata da Thelius.
Appena lo vide si gettò su di lui, abbracciandolo e stringendolo a sé. «Piccolo mio, non avere paura, c’è la mamma con te». Lo baciò e Draco sentì sulla sua pelle il calore delle lacrime che le rigavano il viso. «Ascolta solo il suono della mia voce».
 
Oh my poor heart, where has it gone?
It's left me for a spell...
...and now you've torn it quite apart
I'll thank you to give back my heart.
 
E mentre stava per addormentarsi, cullato dal suono della voce di sua madre e stretto tra le sue braccia, la sentì pronunciare in un sussurro «Oblivion».
 
 
Pansy lo stava abbracciando. Lo stringeva con forza come se potesse in qualche modo comprimere il suo dolore, rendendolo più piccolo e tollerabile. E Draco, tra i singhiozzi, le raccontò quanto aveva visto.
 
Non avrebbe saputo quantificare il tempo che gli servì per riprendere il controllo. Forse dieci minuti, forse di più. Quando si sentì pronto, sciolse l’abbraccio con la sua amica e si asciugò le lacrime.
 
«Forse certi ricordi dovrebbero rimanere sepolti». Disse Pansy con un filo di voce.
 
Draco scosse la testa. «No… È stato meglio così».
 
E lo pensava davvero. Contrariamente a quanto si credesse in giro, a casa sua si parlava davvero poco degli anni in cui suo padre era stato un Mangiamorte e ancora di meno del Signore Oscuro. Ora finalmente sapeva perché. E si sentì uno stupido per essere stato così insistente con loro, per aver anche solo trovato ammaliante l’idea che suo padre potesse essere stato un fedele di quel mago oscuro. Povero papà, povera mamma…
 
«Almeno adesso sai come poter sconfiggere il Molliccio…» Tentò di confortarlo Pansy.
 
«In realtà no…» Rispose Draco sconsolato. «Non riesco a pensare a niente che possa rendere questa storia anche solo leggermente più lieta… figuriamoci divertente».
 
Pansy sembrò rifletterci su mente riponeva la campana tibetana e riparava il suo specchietto con un colpo di bacchetta. Draco si alzò per rimettere la bottiglia di Ogden Stravecchio al suo posto, ma la Serpeverde lo fermò. «Lascia, faccio io».
E dopo aver riposto il liquore nel baule e buttato i bastoncini di incenso ormai bruciati, il suo viso si illuminò. «La canzone che ti cantava Narcissa!» Disse avvicinandosi all’amico. «Ti ha aiutato quella volta, potrebbe aiutarti anche adesso! Qual era la canzone?» Ma Draco non lo sapeva, quindi si limitò a fare spallucce. «Dai prova a cantarla! Magari la conosco!»
 
«Stai scherzando?» Chiese il Serpeverde guardando l’amica come se fosse impazzita. «Io non canto».
 
«Per le mutande di Salazar! Draco si può sapere perché devi sempre fare il difficile? Sei più testardo di un Abraxan». Rispose lei sbuffando sonoramente. «Possibile che ti vergogni di me? Proprio di me che canto costantemente in pubblico pur essendo stonata come una campana?»
 
«È vero, uno Schiopodo saprebbe cantare meglio di te». La prese in giro Draco guadagnandosi un pugno sul braccio. «E va bene! Va bene! Canterò… ma tu non guardarmi».
 
«Okay…» Disse Pansy con un sorrisetto astuto, mentre si copriva gli occhi con la mano, lasciando però chiaramente uno spiraglio tra le dita.
 
«E non sbirciare». Disse Draco sorridendo. Poi fece un respiro, cercò di ricordare le parole che aveva sentito nelle sue visioni e cantò. «Oh my poor heart, where has it gone? It's left me for a spell ...and now you've torn it quite apart I'll thank you to give back my heart».
 
«Oh! Oh! È You Charmed the Heart Right Out of Me! Di Celestina Warbeck!» Esclamò Pansy saltellando entusiasta. «É Bellissima! Continua tipo Your every wish is my command, My fragile heart is in your hand, And now, at last, I understand, The magic about you!» Cantò facendo una piroetta.
 
Draco rise di gusto. «Confermo quanto detto poco fa! Perfino un Dissennatore canterebbe meglio di così». Ma Draco sapeva che quello era il modo che l’amica aveva per toglierlo dall’imbarazzo, e gliene fu davvero grato.
 
«Bene! Ora non ci resta che tornare in Sala Comune! In camera dovrei avere il disco di questa canzone, te la faccio sentire!»
 
«No, aspetta». Disse Draco alzandosi in piedi. «Adesso è il tuo turno! Hai detto che anche tu non sai ciò di cui hai paura!»
 
Pansy gli sorrise con dolcezza. «Certo che lo so, Draco. Mia madre dice sempre che conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi delle paure degli altri! Non avrei mai potuto aiutarti col tuo problema se non avessi neanche avuto la minima idea di ciò che spaventa me!»
 
Draco sembrò contrariato. «Quindi mi hai mentito?»
 
«Non esattamente». Rispose Pansy col suo solito sorriso scaltro. «Ho detto che non so in cosa potrebbe trasformarsi il Molliccio. Che a dirla tutta è vero».
 
Draco la guardò senza capire. «Come puoi sapere di cosa hai paura ma non che sembianze assumerà il Molliccio?»
 
«Beh perché… la mia paura non ha una forma fisica, ecco». Rispose lei evitando lo sguardo indagatore del Serpeverde.
 
«E di cosa si tratta?»
 
«Non mi va di dirtelo…» Arrossì la giovane strega.
 
«Per le mutande di Salazar! Si può sapere perché devi sempre fare la difficile?» Le fece il verso Draco. «Guarda che se non me lo dici ricomincio a cantare! Ohhh Your every wish is my command, My fragile heart is in your hand
 
«Okay va bene, mi arrendo!» Rispose Pansy ridendo e alzando le mani in segno di resa. «La mia più grande paura… è di restare sola. Di non avere nessuno che tenga a me».
 
Draco guardò Pansy farsi improvvisamente seria e abbassare la testa per l’imbarazzo e si maledisse per tutte le volte che aveva fatto lo stronzo con lei. Pansy a volte poteva essere un po’ petulante o sembrare un po’ superficiale… ma aveva sempre dimostrato di tenere a lui e d’ora in avanti lui avrebbe fatto lo stesso.
 
Di impulso, Draco si slanciò in avanti e la abbracciò. «Tu non sarai mai sola».
 
 
Gli studenti si sbellicavano dalle risate guardando il Molliccio trasformato in Manticora usare la sua coda di scorpione come stuzzicadenti per pulirsi i denti da leone. Blaise sorrideva soddisfatto ammirando il suo capolavoro, facendo crescere ancora di più in Draco la voglia di dargli una lezione.
Ancora più ridicolo fu vedere il Molliccio trasformarsi nella McGranitt e dire alla Granger che era stata bocciata a tutti gli esami. Lei come al solito aveva eseguito l’incantesimo alla perfezione, lasciando il povero Molliccio McGranitt in mutande davanti a tutti gli studenti, piegati in due dal ridere.
 
Poi fu il turno di Draco, che vide la McGranitt nei suoi mutandoni rosa a fiori venirgli incontro e trasformarsi nello stesso, maledetto, Allocco dell’ultima volta. Il gufo ululò sbattendo le ali ed il suono del suo verso riempì la stanza. Ma Draco questa volta era preparato.
 
«Riddikulus
 
Agitò la bacchetta con convinzione e d’un tratto il povero gufo si ritrovò vestito di appariscenti abiti charleston stile “ruggenti anni venti”, con tanto di collana di perle al collo e una fascia con una grande piuma sulla testa. L’Allocco poi iniziò a battere la zampetta a ritmo, si chiarì la gola, aprì il becco e cantò:
 
And one, and two, and one, two, three, four!
 
You charmed the heart right out of me
Don't need no broom, I'm flying free
I think by now it's plain to see
I'm nothing without you
 
Your every wish is my command
My fragile heart is in your hand
And now, at last, I understand
The magic about you!
 
I'm losing all control
My chest is one big hole
Inside you'll see my soul
Happy as can be
'Cause, babe, you charmed the heart right out of me!
 
E mentre tutti ridevano di cuore, cantando insieme al gufo, Draco e Pansy si guardarono. E sorrisero.
 
 
 
Ciao a tutti Potterheads!
 
È la prima volta che partecipo ad un contest e visto che mi ritrovo chiusa in casa col Covid mi sono detta “ma sì, proviamo!”.
Spero che il racconto vi sia piaciuto, soprattutto il legame tra Draco e Pansy (che nella mia long avevo un po’ maltrattato e mi sentivo in colpa) e i vari rituali di Divinazione.
Chi mi conosce sa già che prima di mettermi a scrivere un capitolo amo studiare tutto lo scibile sul mondo di Harry Potter e sulla magia in generale per provare ad inserire nei miei racconti tanti dettagli nuovi o poco trattati nei libri! Mi auguro che vi abbia divertito!
 
Vi linko anche un video mooolto carino che ho scovato di Celestina Warbeck che si esibisce a Diagon Alley (AKA Universal Orlando):
https://www.youtube.com/watch?v=MWdOo5YHUR0&t=3s
 
Ringrazio Fiore di Cenere per aver indetto questo contest e tutti voi che siete arrivati fin qui con la lettura! Spero che vogliate farmi sapere la vostra con una recensione (bella o brutta che sia, l’importante è imparare)!
 
Un abbraccio magico,
Flami151
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Flami151