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Autore: Flofly    01/02/2022    0 recensioni
*COMPLETA*SEGUITO DE IL CALICE DELLA VITA. Dopo gli eventi del quarto anno Draco, Hermione, Ron, Pansy ed Harry sono costretti a tornare al passato per recuperare uno degli Horcrux di Voldemort e poter finalmente dire addio ad un incubo. Catapultati nell'Hogwarts ai tempi delle sorelle Black e della famiglia Malfoy, si troveranno ad affrontare non solo la pazzia dei neonati Mangiamorte ma anche oscuri segreti di famiglia. Dramione, Lucissa, OOCC. . Attenzione: tematiche delicate, violenza, linguaggio volgare,accenni a maltrattamenti di minori.Cronologia alterata rispetto al CANON: I malandrini frequentano Hogwarts negli stessi anni di Lucius, Narcissa, Andromeda e Bellatrix
Genere: Dark, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Sorelle Black | Coppie: Draco/Hermione, Lucius/Narcissa, Ted/Andromeda
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Da V libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Potentia Par Vis'
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*Stessi trigger del capitolo precedente, essendone la logica continuazione*

Avevano fatto il viaggio di ritorno senza dire una parola. La passaporta, il vicolo dietro Diagon Alley, le luci natalizie che brillavano...niente aveva più senso.. Si era concentrata su ogni singolo passo.Prima il tacco e poi la punta, così le avevano sempre insegnato. Non troppo veloce né troppo lenta, altrimenti avrebbe perso l’equilibrio. Nonostante l’incantesimo riscaldante non sentiva più le gambe, le sottili calze di seta incapaci di trattenere il poco calore che ancora aveva nel corpo. Un passo dopo l’altro, appoggiata appena a Draco non tanto per non cadere sui ciottoli levigati e coperti di nevi quanto piuttosto per evitare di crollare.

E per evitare che lo facesse lui.

Si tenevano a vicenda, in silenzio, ben consapevoli ormai di essere andati oltre, ben al di là di quanto si erano creduti in grado di fare.

Quando aveva visto suo padre togliersi la maschera al cospetto di Lord Voldemort, il viso contratto dall’emozione di stare per ricevere il marchio nero, Pansy si era stupita nel non provare niente. Assolutamente nulla. Che fosse vivo in quel momento non le importava.

E si trovò ad ammettere a sé stessa di invidiare Draco, che invece aveva continuamente cercato lo sguardo del suo per tutto il tempo, quasi volesse impedirgli di prendere la via che poi lo avrebbe segnato per i successivi vent’anni. Ma ovviamente Lucius non se ne era accorto. E  mai avrebbe potuto.. troppo preso dall’esaltazione del momento.

Tutti i presenti sopravvissuti alla prima guerra magica erano stati spesso ospiti alla Residenza. Circa una volta al mese Parkinson senior e i suoi amici si rinchiudevano nel suo studio privato a bere e fumare e senza dubbio a progettare qualche attività ricreativa alternativa. A volte si trattava di escort, riconosceva quelle serate non solo perché lei non era invitata al contrario di Theodore, Vincent o Gregory ad esempio. Ma anche perché erano quelle in cui di Lucius Malfoy non si vedeva neanche l’ombra. 

La scusa ufficiale che serpeggiava nel gruppo era che Narcissa Black non era una da lasciare che suo marito prendesse parte a certi baccanali ed era sempre colpa di quella viziata, come amavano definirla, che Draco non fosse mai presente neanche alle altre  di riunioni. Non voleva che il suo prezioso figlio si sporcasse le mani. 

Più di una volta aveva sentito commenti a mezza voce sul fatto che Malfoy fosse uno sciocco a dar retta alle paranoie di una strega, per quanto bellissima e ricca fosse. E non erano solo quegli stronzi maschilisti dei compagni di suo padre a fare commenti malevoli sulla madre di Draco. La prima a sollevare ogni tipo di pettegolezzo era sempre lei, Cassandra. Ovviamente ben lontani dalle orecchie di Lucius, che però dai commenti taglienti che faceva quando presente era sicuramente al corrente del veleno che sputavano. 

Ma appunto quelle altre, quelle le conosceva bene, era una delle poche volte che suo padre tollerava la sua presenza.

Dopo la prima guerra magica  l'attenzione degli auror era scemate e potevano gli ex mangiamorte ormai liberi potevano organizzare qualche uscita tra vecchi amici, in ricordo dei i tempi andati. Di solito apparivo in paesini sperduti o nel mezzo di Londra, dove la folla si riversava ad ogni ora del giorno e della notte. Un paio di babbani a volta, non di più, che sparivano nel nulla.

Chissà quante volte succedeva nel mondo babbano per le più disparate ragioni. Gente che un momento prima era lì e un attimo dopo,puff.. sparita.

Molti erano stati ospiti dei Parkinson e Pansy aveva passato diverse ore da bambina, seduta a guardare questi strani esseri senza poteri che urlavano e imploravano.

Qualche volta aveva avuto il pensiero di aiutarli, ma il pensiero di quello che sarebbe successo a lei se lo avesse fatto l’aveva sempre fermata.

Così si era limitata ad osservarli, studiarli con distacco, lasciando fuori le urla e le loro lacrime.

Pensava di esserci riuscita e invece tutte insieme l’avevano nuovamente travolta quando la bacchetta di Lord Voldemort si era posata sulla sua pelle, bruciandola dall’interno, facendo riaffiorare alla mente tutte le volte che era stata li, i capelli perfetti e gli occhi neri sgranati a guardare giovani fatti a pezzi mentre suo padre e  suoi amici ridevano soddisfatti.Cosi come il ricordo di quella volta quando , alla fine di una di quelle serate interminabili, le urla di quei poveretti non ancora spente del tutto, suo padre le aveva presentato il suo futuro marito.Le era sembrato tutto così assurdo che per poco non si era messa a ridere istericamente. L’unica cosa su cui si era riuscita a concentrare in quel momento era il liquido denso e vischioso che scorreva lungo la lama metallica e lucente, cadendo in piccole gocce regolari in terra. Lento e inesorabile. Una goccia dopo l’altra. Le loro parole che rimbombavano contro i muri impregnati dalle lacrime.

Aveva annuito come un’automa ed era salita in camera. Non sapeva come, ma si era ripromessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa prima di cedere a quel ricatto. E quasi senza pensarci si era ritrovata sull’orlo di una crisi di nervi a Malfoy Manor.

Narcissa e Lucius erano arrivati poco dopo di corsa, temendo che fosse successo qualcosa a Draco.

Draco che ufficialmente doveva essere dai Nott a passare la notte. E che invece era nelle Ebridi a farsi torturare dal nonno.

Ma non glielo aveva detto. Non poteva, l’aveva promesso a Draco. E non voleva, ammise a sé stessa. Per una volta voleva lei una madre che la stringesse e le dicesse che sarebbe andato tutto bene.

E lo aveva fatto. Narcissa aveva mandato via il marito a dire a Parkinson che Pansy sarebbe stata con loro per qualche giorno, senza ulteriori spiegazioni, un dato di fatto incontestabile. Poi le aveva messo addosso una vestaglia di cachemire morbidissima che ancora portava addosso il suo profumo inconfondibile e si era seduta con lei sul divano, rassicurandola. Avevano tempo, aveva detto. Prima si sarebbero assicurati che non ci fosse alcun matrimonio prima dei suoi esami finali del settimo anno. E dopo… dopo avrebbero pensato a qualcosa. E lei si era fidata, addormentandosi di colpo in un luogo finalmente caldo e sicuro.

Quella memoria l’aveva colpita come uno schiaffo. Il ricordo della notte in cui avrebbe potuto salvare il suo migliore amico e invece lo aveva lasciato li dov’era, probabilmente a subire quello che il babbano aveva sofferto a casa sua poche ore prima.

Draco si fermò di colpo, costringendo lei a fare altrettanto, poco prima del portone di ingresso di ferro battuto.

Non c’era traccia di quello che era successo poche ore prima sui loro vestiti, ancora sembravano due splendidi adolescenti pronti per una delle feste più esclusive.

Ma nella loro mente niente sarebbe stato più come prima.

“Su ci sono loro”- mormorò guardandosi con insistenza la punta delle scarpe di vernice lucida, perfette come appena uscite dal negozio- “Ho bisogno di un minuto…io… non riesco a mandarle indietro…”

Pansy annui stringendosi nella mantella nera. Già. Sopra, probabilmente intenti a giocare a qualche stupido gioco di società babbano o a scolarsi burrobirra c’erano la Granger e lo sfregiato. E Ron. Di certo nella sua famiglia di babbanofili non aveva mai dovuto sopportare niente del genere. Il massimo dei suoi ricordi peggiori era quello stupido racconto sull’orsacchiotto trasformato in ragno sul quale aveva blaterato senza senso per tutto il secondo anno.

Perché lei, in realtà, aveva sempre seguito quello che faceva quel grifondoro sfigato. Contro ogni logica, come un piacere perverso che ti spinge a guardare qualcosa che ti repelle ma dalla quale non ti puoi staccare.

“Allora non sono stata l’unica.. A quanto pare una simpatica caratteristica del marchio nero di cui i nostri adorabili genitori si sono scordati di parlare è che quando lo fai rivivi tutte le tue peggiori esperienze, tutti i ricordi che avresti sempre preferito dimenticare. Ah, le gioie di seguire le tradizioni di famiglia”-sbuffò, cercando nella borsetta per un pacchetto di quelle sigarette speciali che le aveva dato Blaise e che teneva gelosamente di scorta.  Merlino, se quello non era il momento di usarle non vedeva davvero l’utilità di alcol e droghe magiche..

Guardando lo sguardo stranito dell’amico alzò un dito a bloccarlo prima che osasse solo inziare, mentre tirava via una grossa boccata di fumo nero e dolciastro-:”Non ti azzardare a dirmi che ho solo quindici anni. Stai diventando un rompicoglioni. Fino ad un anno fa non ti facevi problemi e ora stai sempre li a giudicare”

Draco scosse le spalle, le dita ben serrate sull’avambraccio dove sapeva esserci un nuovo marchio sulla pelle, qualcosa che lo avrebbe segnato per sempre, molto più del solito figlio di mangiamorte.

E Pansy aveva ragione, anche lui aveva ricordato. Non solo il compleanno degli otto anni di Theo, quando pensava fosse iniziato il tutto. O le trovate di Cassandra quando gli ripeteva in continuazione quanto fosse simile a suo padre alla sua età.

La sua mente si era chiusa su un ricordo, cancellandolo. Non si era mai neanche chiesto perché suo nonno fosse stato confinato nelle Ebridi e fosse stata imbastita la manfrina del finto funerale. Che idiota era stato. 

Quella era stata un’altra delle bugie di suo padre, l’ennesima.E anche quell’estate, quando si era confidato con lui , Lucius era stato ben attento a non dirgli che si sbagliava. Che aveva avuto modo di mettere fine a quell’incubo anni prima che iniziasse sul serio.

Con il marchio nero la mente si era aperta, aveva finalmente capito perché quando aveva cinque anni suo padre era cambiato nei suoi confronti. Non era per qualcosa che aveva fatto in quella gita al mare. Non era perché suo nonno era venuto maniero urlante che non era così che ci si cresceva un Malfoy. In quell’occasione suo nonno era andato via e lui era andato a dormire tranquillo, sentendosi al sicuro.

La magia che gli scorreva ora nelle vene aveva riportato a galla quella notte quando un elfo era venuto a svegliarlo dicendogli che il padrone lo aspettava nello studio principale. E lui, illuso era sceso nello studio di suo padre,ancora il drago di morbido peluche magicamente tiepido stretto in braccio. Ricordava ancora il suono dei suoi passi ovattati dagli spessi tappeti, rapidi quanto glielo permettevano le gambette da bimbo, così contento di poter stare un po’ con il suo papà.

Si sente dire che si ha qualche premonizione quando sta per succedere qualcosa di brutto,ma lui non era granché portato per la divinazione, a quanto sembrava.

Quando aveva aperto la pesante porta del salone, però, li si che era stato invaso dalla paura. Suo nonno era al centro della stanza, la bacchetta in mano ed una serie di oggetti dalla forma inquietante accanto a lui. E del suo papà non c’era traccia.

Mentre sentiva la porta magicamente chiudersi dietro di lui,aveva iniziato a chiamare a gran voce aiuto.

Ma sapeva bene che non sarebbe venuto nessuno.

E per la prima volta anche se a solo cinque anni, comprese il significato profondo della parola solitudine. E della paura.

“Un giorno ancora e poi ci lasceremo tutto alle spalle”- gli disse Pansy pratica come sempre ma con una strana gentilezza nella voce, mentre gli prendeva la mano e la stringeva forte.

Un giorno, un giorno solo.

Quella sera ci sarebbe stata la festa di fidanzamento di Bellatrix e avrebbero preso la collana.

La missione sarebbe finita e loro sarebbero tornati nel loro mondo.

A sentire nuove scuse, nuove bugie.

Ma era stanco di tutto quello.

Stanco di Serpeverde, della purezza del sangue, di essere un Malfoy.

Voleva solo dormire accanto ad Hermione rubare quel suo calore puro e far finta che potesse scaldare il gelo che sentiva crescergli dentro.

Solo quello.

Lei era il suo posto sicuro.

Dove niente avrebbe potuto colpirlo.




 

Mentre lui era via aveva cercato di distrarsi Cockey aveva preparato un’ottima cena che lei, Harry e Ron avevano gustato pretendendo che non stesse succedendo nulla, che Draco  e Pansy fossero usciti per un ritrovo con vecchi compagni di scuola.Bere una burrobirra, anche se erano solo ragazzini. Giocare a poker stregato tutta la notte. Qualsiasi cosa andava bene.

Ma tutti e tre sapevano che non era così, che qualcosa di terribile stava accadendo. E per una volta, loro non potevano farci niente. Andromeda era passata a vedere se volevano un po’ di compagnia, ma loro avevano rifiutato. Avevano bisogno di stare insieme, da soli. Uniti come la famiglia che erano sempre stati.

Harry aveva raccontato anche a lei dell’incontro con Lily, riuscendo a portare un po’ di dolcezza in quella sera che sembrava gonfia solo di tensione e disperazione.

Era straziante e al contempo riscaldava il cuore sentire Harry descrivere il viso di sua madre undicenne coperto di lentiggini, i grandi occhi color verde smeraldo così curiosi ed intelligenti, il carattere deciso e risoluto. Certo non si erano aspettati la notizia di quell’amicizia così stretta con Piton.

Harry e Ron ci avevano riso, chiedendosi stupiti il motivo allora dell’astio del professore nei confronti di Harry.

Hermione però aveva capito, continuando a spiluccare il pasticcio di zucca e manzo speziato, spingendo le carote e i piselli immersi nella salsa ricca e cremosa da una parte all’altra. In fondo Piton, nonostante i suoi modi a dir poco privi di fronzoli, aveva sempre cercato di proteggere Harry. Da Raptor, alla partita di Quidditch il primo anno, inventando incantesimi da superare per mettere al riparo la pietra filosofale, seppur sbagliando cercando di proteggerli da Remus e dai dissennatori. Era chiaro che la più grande colpa di Piton, quella di aver ceduto al fascino dell’Oscuro Signore l'avrebbe accompagnato sino alla tomba. Ma c’era qualcosa di più sottile che lo affliggeva. Un amore non corrisposto e perito in maniera tragica. Era certa che fosse per lei che Piton aveva tradito Voldemort. 

Non per correttezza verso Silente, non per rimorso per i babbani morti, non per un’improvvisa presa di coscienza

L’amore. Era quello che sembrava muovere realmente le loro mosse, ironicamente. Lucius aveva tradito Voldemort per Narcissa, Narcissa per Draco, Draco per lei, Piton per Lily. Era l’esatto opposto di quello che li aveva portati a servirlo: la paura, l’angoscia di sentirsi soli ed abbandonati, di non avere nessuno che li proteggesse. Ed era proprio questo che Voldemort non avrebbe capito.

Eppure prima di essere catapultata nel passato era tutto bianco e nero, non si era mai chiesta perché fossero arrivati a quel punto. I Lestrange, Dolohov, Yaxley, persino Bellatrix, erano facili da inquadrare, inebriati dalla sete di potere che correva nelle loro vene e che nessun altro sembrava in grado di estinguere.

Ma gli altri, molti altri, erano in una zona grigia, le loro motivazioni oscure e ripiegate nella profondità della loro mente. Eppure le loro azioni avrebbero avuto delle conseguenze così devastanti che era impossibile cercare sul serio di comprenderli.

Sentiva l’acqua delle doccia che continuava a scorrere, sembrava che Draco volesse sciacquarsi via ogni singolo ricordo di quella sera. E quello la spaventava. Rimase a guardare nervosamente la porta del bagno, contando i secondi di quella che sembrava un’eternità.

Finalmente uscì, la pelle ancora arrossata dall'acqua bollente,il cappuccio dell’accappatoio ben calato sulla testa, a coprirgli il volto.

Hermione non disse niente, poggiando il libro che stava leggendo sul comodino e  sollevando le lenzuola di cotone egiziano e il pesante copriletto di seta grezza mentre lui si infilava sotto le lenzuola, dopo aver lanciato un breve incantesimo per asciugarsi.

“Vuoi parlarne?”- chiese accarezzandogli il profilo del naso con la punta delle dita.

Lui rimase in silenzio, stringendosi a lei. Evidentemente no.

Ci sarebbe stato tempo. 

Nox sussurrò appena mentre le luci piano piano si smorzavano, lasciando solo il caldo e rassicurante  rumore del camino a cullarli.

Chiuse gli occhi, avvicinando il viso al suo cuscino, le fronti che si sfioravano appena, sperando che il suo respiro divenisse finalmente regolare.

“Un giorno solo, Draco. Un giorno solo”- gli disse piano accarezzandogli i capelli chiari come fili di luna,

Quel giorno si sarebbero giocati il futuro.

E lei, come sempre era pronta.


 

“Il padroncino Nicholas e la padroncina Arael chiedono di entrare”- squitti Cockey versando del succo d’arancia e chiodi di garofano dal profumo fresco e speziato nei bicchieri di cristallo. 

“Almeno qualcuno in quella famiglia ha un briciolo di educazione, da non credere”- bofonchiò Ron soppesando l’infinità dei piatti che l’elfa aveva messo in tavola. Dalle grandi vetrate entrata la luce piena della tarda mattinata, seppur pallida come solo quella di metà dicembre può essere. Si preannunciava una bellissima giornata, rigida ma senza pioggia e da lontano si poteva notare come solo le cime degli alberi fossero accarezzate da un vento leggero.

“Se cercate Draco e Pansy non si sono ancora svegliati”- mormorò Harry costringendosi a buttare giù un sorso di bevanda per schiacciare in fondo allo stomaco quella brutta sensazione che gli stringeva la gola. Poi il suo sguardo cadde sul pacchetto che Nicholas teneva sotto il braccio, facendolo quasi strozzare.

“Oh andiamo, non mi dirai che ora abbiamo il bambino sopravvissuto che mi muore nella casa di famiglia perché non riesce ad inghiottire. Cos’hai ottant’anni?”- scherzò il giovane con tono piatto, sedendosi a capotavola al posto che Cockey gli aveva appena preparato e accettando la tazza di té caldo che l’elfa gli offriva con un sorriso. 

“Suvvia Nicholas, daglielo, altrimenti rischiamo che si trasformi in cane e inizi a sbavare”- sbuffò Arael sedendosi accanto ad Hermione e facendo volare il pacchetto nelle mani di Harry che lo afferrò al volo. Mentre scioglieva i lacci sentì la consistenza di acqua liquida sotto le dita, il corpo quasi incapace di trattenere la gioia.

Il mantello dell’invisibilità era di nuovo nelle sue mani. Aveva di nuovo qualcosa di suo padre da portare indietro con sé, insieme ai ricordi di quei mesi. E non aveva neanche dovuto minacciare quei due psicotici dai capelli platino per riaverlo. La cosa era abbastanza sospetta a dire il vero.

Si girò a guardare Ron ma trovò lo sguardo dell’amico fisso verso la porta della sua camera da letto.

“E’ andata così male stanotte? Pansy mi si è infilata nel letto ma si è rifiutata di dire una parola. Credo che abbia preso una pozione per dormire, stamattina non sono riuscita a svegliarla neanche a cannonate”- mormorò il rosso girandosi a guardare Arael Malfoy davanti a lui.

La strega sospirò, gli occhi grigi diventati improvvisamente scuri come le acque del lago nero.

“Abbiamo fatto quello che andava fatto, se è questo che vuoi sapere. E oggi alla festa di fidanzamento ci sarà la vostra preziosa collana da rubare. Ed è per quello che vi abbiamo portato il mantello.”- ribatté con un sospiro, lasciando che le posate d’argento sbattessero stizzite contro la porcellana decorata del piatto.

“Arael… ne abbiamo già parlato..”- tentò di blandirla il fratello lanciandole uno sguardo di avvertimento. Non era il momento. Non potevano fare anche quello al nipote, togliergli quell’ultimo briciolo di possibilità di decidere se e come dire cosa fosse accaduto.

Niente era andata come se l’aspettavano. Avevano messo in conto che qualche babbano sarebbe morto. E il loro piano per salvaguardare Draco e Pansy avrebbe funzionato. Avrebbero ucciso loro al loro posto e nessuno se ne sarebbe accorto.

Ma il rituale per caricare di energia la pietra. E quel marchio che ora spiccava sul loro braccio, al momento invisibile ma che sapevano essere pronto a rivelarsi in tutto la sua grottesca forma.

“E’ arrivato questo stamattina. Da Bellatrix”- la voce di Pansy, ancora impastata dal sonno era roca come se ogni parola le procurasse un’incredibile fatica. Si lasciò cadere sulla prima sedia libera, rannicchiandosi, le lunghe gambe bianche che sbucavano dallo spacco della vestaglia di seta che si era a malapena appoggiata addosso. Ron la guardò preoccupato, versandole una grossa tazza di caffè nero bollente, fermandosi appena a farle una carezza sul viso ancora gelato, guardandola fissare il liquido scuro come in cerca di una risposta di cui non sapeva neanche la domanda.

Harry prese titubante il giornale,sotto lo sguardo vigile di Hermione che si alzò per avvicinarsi. Era indubbiamente un giornale babbano. La grifondoro guardò oltre la spalla di Harry la prima pagina del giornale, dove irriverente nella sua staticità, campeggiava la foto di un albergo in fiamme e la notizia di una tragica fatalità che aveva portato almeno trenta persone a morire carbonizzate. L’identificazione era stata possibile solo perché l’incendio era divampato in un’area privata non aperta al normale pubblico dell’albergo, sede di quelli che molti ritenevano una setta e cui solo gli iniziati potevano accedere. Seguiva la lista di coloro che avevano confermato la presenza al ballo in maschera previsto per la sera precedente: banchieri, politici, consiglieri d’affari, membri della nobiltà britannica. Il più giovane aveva poco meno di venticinque anni.

Ma la cosa più spaventosa di tutte era che li, tra i curiosi e i disperati che guardavano lo spettacolo di devastazione e morte con le mani dei capelli. distaccato dagli altri e di tre quarti, era sicura di aver intravisto l’alta figura di Voldemort.

“Non è stato ardimonio, però… altrimenti  sarebbe stato spazzato via l’intero quartiere”- mormorò la ragazza ricacciando indietro un ricciolo ribelle.

Nicholas scosse la testa, poggiandole piano la mano su un braccio : “No , quello è stato per confondere i babbani. E il Ministero della Magia. Nessuno potrà risalire a noi”.

Gli occhi dorati della grifondoro si spalancarono nell’orrore della comprensione.

“Sei davvero  la strega più intelligente della tua generazione, Granger, non c’è che dire”- borbottò Pansy cercando di riacquistare il controllo in quella situazione dove tutto sembrava sfuggirle dalle mani.

“Ti dispiace se vado a svegliare Draco?”- chiese Arael alzandosi di scatto e senza aspettare si era già infilata nell’unica stanza dalla porta chiusa.

Quando entrò non si stupì di trovare il nipote perfettamente sveglio che la guardava da sotto le coperte, due laghi ghiacciati che fissavano il vuoto.

Si sedette accanto a lui, sul  piumone soffice, accarezzandogli appena il viso.

“Oggi è il nostro ultimo giorno insieme, dovremmo fare qualcosa di speciale. Che ne dici? Sono certa che i tuoi brillanti amici potranno approfittarne per buttare un piano, so che verrà anche Andromeda ad aiutarli. E ti prometto che torneremo in tempo per prepararci per questa sera. So bene quanto tua madre odierebbe se qualcuno di noi fosse in ritardo alla festa di fidanzamento di sua sorella”- gli disse piano giocherellando con una ciocca di capelli che gli ricadeva sul viso.

“Solo noi tre, vero?”- rispose il ragazzo senza staccare lo sguardo dal muro candido davanti a lui.

“Draco…”- tentò con voce dolce.

“Non voglio vederlo. Non voglio più ascoltare le sue bugie. Mi ha quasi fregato sai? Mi ero finalmente deciso ad accettare che fosse stato sincero, che intendesse sul serio quello che aveva detto… e invece è stata solo una delle sue interpretazioni per ottenere quello che voleva”- borbottò con astio alzandosi di scatto.

Arael sospirò. Non aveva tempo per quello. Tra poche ore suo nipote sarebbe tornato nel suo tempo, dove loro non ci sarebbero stati. O, peggio sarebbe morto nel tentativo e chissà quale sarebbe stato il futuro di tutti loro.

Non poteva buttare via quelle ore preziose per tentare di far ragionare quel testardo. Non se lo sarebbe mai perdonata. E soprattutto Nicholas non glielo avrebbe mai perdonato.

“Va bene, come vuoi. Io, te e Nick, Scegli tu cosa fare. Ma ti do non più di dieci minuti per prepararti. E per Merlino smetti di occludere o andrai in coma”- rispose infine sfiorandogli la fronte con un bacio.

“Ho voglia di vedere il mare. E conosco un posticino perfetto”- ghignò il ragazzo, lo sguardo che tornava lentamente limpido.

Tornando nella sala della colazione, chiuse la porta dietro di lei, cosi come l’aveva trovata. Poi si girò verso Hermione, che era rimasta appoggiata al muro per tutto il tempo della conversazione, ancora pallida e preoccupata. Ma con uno sguardo determinato negli occhi brillanti.

“Fa un buon uso del libro che ti ha regalato Narcissa, te ne prego. E nel caso non avessi il tempo di dirtelo stasera…è stato un piacere averti conosciuto di persona.. Hermione Granger, grifondoro natababbana”- le disse facendole l’occhiolino prima di tornare al tavolo dove l’elfa le servi una fragrante fetta di torta di mele, blaterando di quanti erano stati belli quei giorni al servizio del giovane padroncino.

 

“Nessuno ha notato che l’unica che dovrebbe essere presente per fare gli onori di casa, ovvero la promessa sposa è ancora a farsi i cavoli suoi in camera mentre noi, povere dementi, siamo qui a fare le belle statuine?”-sibilò con astio Andromeda alla sorella minore che l’aveva controllata come un falco per tutto il tempo che aveva impiegato a prepararsi e ora la costringeva a stare li in linea con i suoi genitori e i Lestrange per salutare gli ospiti. E di Bellatrix nessuna traccia.

“Beh, se mi avessi aiutato a svegliarla in tempo invece di passare il pomeriggio chissà dove, forse e dico forse ora non ci troveremo in questa ridicola situazione”- sibilò la sorella di rimando, senza smettere di sorridere a beneficio dei primi ospiti che attendevano per entrare.

Mancano pochi minuti alle diciotto e poi il portone di Villa Black si sarebbe aperto per dar vita ad uno dei più grandi eventi sociali dell’anno. Con una caduta di stile impeccabile se quella dannata testarda non si fosse presentata in tempo.

Un secco e deciso plop accanto a leil a fece sospirare di sollievo. Bellatrix, inguainata in un vestito nero che la modellava come un guanto, i ricci corvini scarmigliati, era apparsa ancora trafelata tirandosi su i lunghi guanti  che accentuavano il contrasto con la generosa scollatura a cuore del corpetto. 

“Dov'è? E' arrivato da tanto”- chiese senza troppi preamboli a Narcissa. La sorella sbatté gli occhi azzurri con fare innocente, agitando appena la bacchetta per far si che la massa indomita dei capelli della maggiore si acconciasse in una raffinata acconciatura semiraccolta che lasciava scoperto il collo. Rodolphus le aveva detto che Lord Voldemort aveva insistito che non portasse collane quel giorno ed era certa che Bellatrix sarebbe stata più che contenta di seguire l’indicazione, se solo gliene fosse mai fregato nulla di gioielli.

“Oh, scusa devo essermi espressa male. Lord Voldemort arriverà a minuti, ma lui è l’ospite più importante , no… Non può arrivare per primo. Ma già che sei qui… ecco.. puoi metterti vicino a Rodolphus a salutare i vostri ospiti, che dici?”- le disse con voce dolce spostandola con colpetti piccoli ma decisi tra i genitori e il futuro sposo che la salutò con un bacio sulla spalla nuda.

Merlino quei due rischiavano di mandarla al manicomio. Ma ora era troppo tardi per preoccuparsi delle buone maniere. La festa stava per iniziare.

Uno dopo l’altro le principali famiglie del mondo magico sfilarono sotto i loro occhi, facendo i soliti complimenti su quanto fosse bella la casa, gli arredi impeccabili, le giovani Black più belle ogni giorno che passava.

E poi li vide. Inconfondibili tra la folla, spiccavano ai suoi occhi come se tutto il resto delle persone in smoking e abiti da sera fossero spariti.

“Drusilla, mia cara, vorrai scusarmi se Lucius non è venuto con nessuna, ma saprai di certo della rottura del fidanzamento. Non ci è sembrato appropriato che si presentasse con qualcun’altra”- mentre stava ancora salutando i coniugi Caramell, la voce di Lady Malfoy le trapassò il cervello, facendola sorridere.

E così quel primo punto lo aveva portato a casa. Non gliel’avrebbe mai perdonato se fosse venuto a casa sua al braccio di un’altra donna.

“Non direi proprio che sia stata una gran perdita. Un filo troppo interessata a certi libri, vero Abraxas?”- sentì la voce gelida di sua sorella Bellatrix rimbeccare pronta. Aveva volutamente evitato il titolo di Lord, chiamandolo per nome senza alcuna formalità. E pur non guardandola sapeva bene che non aveva mai abbassato lo sguardo. 

L’uomo non rispose limitandosi ad un baciamano freddo come quello di un serpente.

E poi venne Nicholas, con la Selwyin sotto braccio, evidentemente eccitata per essere portata come l’accompagnatrice ufficiale del maggior dei Malfoy, senza rendersi conto da stupida oca che era che si trattava solo di un ripiego. E Arael, splendida nel suo vestito di seta grigia che cercava di stare più lontano possibile da Theodore Nott, limitandosi a toccarlo il limite indispensabile per le convenzioni sociali.

Quando Lucius fu davanti a lei, sentì il cuore fermarsi per un attimo, lasciando che il suo sguardo la accarezzasse. Fissandola con quegli assurdi occhi grigi brillanti, le prese la mano e se la porto alle labbra calde, sfiorandola appena.

“Mi sei mancata”. le mormorò contro la pelle del palmo riabbassandogliela, un gesto così intimo eppure nascosto che la fece rabbrividire.

Poi rialzò lo sguardo, fissandola con un angolo della bocca alzato in quel modo che la faceva impazzire.

“Questa sera mi devi il primo ballo. Ti ricordo che sei ancora in debito con me”

“Non sia mai che si dica che una Black viene meno alla parola data”- rispose sorridendogli con aria di sfida - “Spero solo che tu sia all’altezza”

“Per te sempre”- le bisbigliò prima di andarsene, un sorriso soddisfatto sulla faccia- “ E ora scusami ma vado alla ricerca di Draco, è da stamattina che non risponde ai miei gufi. L’hai visto per caso?”

Narcissa rise, per quella richiesta così fuori dal protocollo, indicando il gruppo di ragazzi che già si erano spostati verso l’anticamera. Era stato impeccabile quando si era presentato, proprio come si aspettava. E guardando Lucius andare verso di loro  non sapeva se sentirsi felice o se avesse appena compiuto il peggior errore della sua vita.

Forse aveva ragione sua sorella, quel tira e molla a cui lo stava sottoponendo rischiava di stancarlo. E soprattutto lei aveva sbagliato a giudicarlo. E odiava sbagliare.

“Io rivaluterei il consiglio di Bellatrix, a questo punto. Quello sul regalo , intendo. E ora, che Merlino ci aiuti, questa farsa sta per finire… il grande Lord è arrivato”- le borbottò Andromeda all’orecchio, facendola sorridere.



 

Il salone delle feste di Villa Black era sontuoso esattamente come ci si sarebbe potuto legittimamente aspettare,quadri antichi alle pareti di un finissimo color polvere, finiture d’oro che rilucevano alla luce delle centinaia di candele dorate che pendevano dal soffitto, lunghi rami di pino magicamente ghiacciato che ornavano le porte finemente cesellate. E un grande albero, brillante di cristalli e luci sfavillanti   nell’angolo della stanza. Non imponente come quello dell’ingresso ma in grado di rendere ancora pià particolare l’atmosfera di festa. Nell’altro su un panchetto rialzato, i musicisti, pronti per il primo ballo della serata.

Finalmente, all’ultimo secondo prima che le porte venissero chiuse, con gran sollievo di Harry era arrivato anche Sirius insieme ad una ragazza biondissima dai grandi occhi curiosi che non ricordava aver mai visto a grifondoro. Eppure aveva qualcosa di familiare.

“Non mi sembri il tipo da essersi candidata per venire qui”- indagò Ron, dando voce ai suoi pensieri, mentre Pansy si era rintanata in un angolo insieme ai fratelli Malfoy.

“Non è stata una mia idea… le mie compagne di corvonero hanno pensato fosse una cosa simpatica. Ma devo dire che non mi dispiace… ho sentito tante storie su villa Black. Piacere comunque io sono Pandora”- rispose con voce svagata sollevando lo sguardo sul soffitto  riccamente decorato.

“Vedi, è assolutamente perfetta. Mia madre ha quasi avuto un collasso quando l’ha vista… e non ha potuto dire nulla… a rigor di logica  ha tutte le caratteristiche che lei ha richiesto”- rispose il giovane Black con un gran sorriso.- “Ehi guardate li, sta per succedere qualcosa di strano persino per i Black”

La tradizione avrebbe voluto che ad aprire le danze fossero Bellatrix e suo padre, seguiti poi da tutti gli altri. Ma la maggiore delle Black non era mai stata molto portata per il rispetto delle tradizioni.

“Mio Lord, puoi farmi questo regalo?Solo un ballo ti prego”- chiese sgranando i begli occhi neri vellutati, porgendo un bicchiere di champagne a Lord Voldemort, che lo accettò ridendo, prendendone appena un sorso,prima di passare Cygnus accanto a lui.

“Certo mia cara, anzi direi proprio che la tua è un’ottima idea”- disse con un sorriso mellifluo prendendo la ragazza sotto il braccio e posizionandosi al centro del salone.

“Prima vorrei dire due parole”- le bisbigliò in un orecchio, tenendole ancora mollemente la mano. Poi senza neanche sollevare la bacchetta la sua voce melodiosa come un dolce veleno risuonò nella stanza.

Hermione si rifiutò di registrare qualsiasi parte di quel discorso infido e falso, stringendosi di più a Draco, grata di quel pomeriggio da sola in cui aveva potuto preparare il medaglione che ora lui portava al collo.

Che fossero li, tutti trionfi a festeggiare e bere champagne dopo quello che era successo la sera precedente le faceva venire la nausea. E non le era sfuggito quel sorriso soddisfatto di Lord Voldemort mentre accarezzava con lo sguardo ciascuno dei suoi giovani seguaci, beandosi dei loro sguardi adoranti.

 

“Una nuova era sta per iniziare”

 

Le parole si intrufolarono nel suo cervello nonostante tentasse in ogni modo di chiuderlo fuori, prima che si tramutassero nelle urla di quei poveri babbani torturati per il suo capriccio

 

Due dei miei seguaci più fedeli che decidono di passare la loro vita insieme, non c’è niente che potrebbe rendermi più felice.

 

Si certo come no. Quello e un genocidio su larga scala.

 

La mia giovane e talentuosa Bellatrix, la stella più splendente del mio firmamento. 

 

Mia, mio , mio. Tutto ruotava attorno a lui.

 

Uno smeraldo verde come la crescita, l’istinto. Tutto quello che rappresenti, mia  pupilla, la gemma più preziosa di tutte.

 

Hermione, Harry e Ron immediatamente si fecero attenti, guardando Bellatrix che ebbra di gioia si girava per permettere a Lord Voldemort di allacciarle la collana, toccando con gioia febbrile la pietra.

 

Ci fu un flash. Il fotografo ufficiale della famiglia Black non si era lasciato sfuggire l’occasione, mai aveva vista una tale gioia e adorazione negli occhi solitamente taglienti della futura sposa.

Poi Lord Voldemort fece un gesto ai musicisti, facendo voltare nuovamente Bellatrix verso di sé, la mano sulla vita e l’altra all’altezza del cuore, pronto a guidarla. In quel primo ballo e nella via di dolore e devastazione dalla quale ormai nessuno poteva distoglierla

   
 
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