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Autore: g21    02/02/2022    3 recensioni
I demoni generalmente non sono fatti per amare, anzi sono tutto l'opposto. Eppure c'è un demone che ci prova, tiene come un tesoro quel sentimento antico che, contro la sua natura, prova a sopravvivere e a lottare contro tutti i suoi sbagli e contro la sua anima dannata.
“Continuerò a sbagliare perché non sono capace di dimostrare tutto quello che provo per te”
“Accetterò tutti i tuoi sbagli perché so che ci starai provando”
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E ti vorrei amare ma sbaglio sempre




 
 
 
Su Londra splendeva il sole, era primavera inoltrata e le giornate stavano diventando più belle a mano a mano che ci si avvicinava all’estate. Il calore di quella stella scaldava le gemme dei fiori che stavano nascendo, preparandoli a sbocciare più belli che mai. St James Park si preparava a diventare splendente, a discapito dell’unica figura nera seduta su una panchina che osservava le anatre del lago.

Crowley aveva raggiunto il parco poche ore prima, attorno a lui un’aura di negatività che aveva interrotto, solo per un istante, la bella atmosfera che aleggiava sul parco. Il demone si era piegato su sé stesso, la chioma rossa tra le mani e gli occhiali che scivolavano verso terra attratti dalla gravità.

Nella sua testa si susseguivano scene dei giorni precedenti, momenti passati con Aziraphale. L’angelo che aveva lasciato nella sua libreria, da cui era fuggito come aveva fatto altre volte. Crowley si dannava, si odiava perché amava, da anni, quell’essere così buono, ma non sapeva come farlo.


-


Il sole batteva contro la finestra della camera da letto, facendo infiltrare i suoi raggi attraverso una tenda troppo leggera. Un grugnito infastidito ruppe il silenzio, mentre Crowley si portò la coperta sopra gli occhi cercando di ripararsi dalla luce. Al suo fianco si alzò uno sbuffo leggermente infastidito.

Aziraphale veniva svegliato così tutte le mattine da quando erano andati a vivere insieme. Non avevano ancora preso una tenda che riuscisse a bloccare l’entrata del sole e il demone accanto a lui non sopportava quei raggi sugli occhi, men che meno la mattina presto.

“Buongiorno caro” sussurrò l’angelo rivolgendo un sorriso al suo compagno.

Per tutta risposta Crowley si ritirò ancora di più sotto le coperte. Secondo Aziraphale sembrava un bambino infastidito e questo non fece altro che aumentare il suo sorriso. L’angelo portò una mano, delicatamente, tra i capelli fiammanti dell’altro posando una carezza dolce su quella testa sempre piena di pensieri.

“Angelo, dobbiamo trovare una dannata tenda da mettere alla finestra. Non posso continuare ad essere svegliato così” sbuffò il demone, la voce attutita dalla coperta.

“Oh assolutamente, e di me che vengo svegliato ogni volta da te non parli?” lo provocò Aziraphale senza smettere di sorridere.

“Aziraphale sai che mi sveglio sempre male, non ti conviene provocarmi” lo mise al corrente Crowley.

Poi, con un altro grugnito, il demone si decise a uscire dal suo bozzolo protettivo. Si trascinò con la schiena contro il muro dietro il letto lasciandosi scappare l’ennesimo verso contrariato. Recuperò subito gli occhiali dal comodino accanto e fece per metterli.

Una mano decisa, ma delicata, lo fermò prima che potesse coprirsi gli occhi. Crowley portò subito lo sguardo sull’angelo, sorrideva leggermente, le guance appena rosate. Non lo guardava, l’azzurro dei suoi occhi era fisso sulle loro mani a contatto.

“Siamo solo noi due, non sono necessari gli occhiali da sole” spiegò Aziraphale, la voce sicura nonostante il momento.

“Aziraphale-” il demone provò a far valere le sue ragioni, ma venne fermato nuovamente.

La mano libera dell’angelo era salita ad accarezzare la guancia del demone, tenendola come se avesse paura di rovinare quei lineamenti che trovava perfetti. Aziraphale alzò finalmente lo sguardo, incrociando gli occhi serpentini dell’altro.

“I tuoi occhi sono bellissimi, non nasconderli, almeno quando siamo solo noi” ammise l’angelo, non riuscendo totalmente a controllare la voce.

Crowley annuì appena a quella richiesta e si rilassò impercettibilmente a quel tocco leggero che ancora persisteva. Aziraphale continuava a guardare gli occhi gialli del demone nonostante sentisse il bisogno di staccarsi da quel contatto. Gli facevano male, mordevano e graffiavano la sua pelle per raggiungere tutto quello che nascondeva, ma nonostante questo dolore li amava.

“Cosa vuoi per colazione?” chiese Aziraphale dopo qualche istante di silenzio.

“Il solito caffè nero va bene” rispose Crowley, gli occhi ancora fissi in quelli dell’altro.

“Ti aspetto giù” lo mise al corrente l’angelo con un sorriso leggero.

Poi interruppe i contatti con il demone e si alzò senza dire una parola. Il vuoto che colpì Crowley fu improvviso e lo lasciò per qualche istante senza fiato. Provò l’impulso di allungare la mano per richiamarlo accanto a lui, ma una parte di lui gli suggeriva che non avrebbe dovuto farlo.

Allora mantenne il silenzio, gli occhi da vipera fissi sull’angelo fino a quando non sparì dalla sua vista. Poi ricadde all’indietro sul materasso con uno sbuffo irritato. Sentiva di aver sbagliato qualcosa, eppure sapeva di aver fatto bene a non muoversi.

Si chiese per un momento perché doveva sempre sbagliare tutto.


-


L’anima di Crowley, già lacerata e dannata una volta, si stava spaccando maggiormente nel pensare a quei momenti. Era un demone, non doveva essere in grado di amare eppure stava succedendo. Non ne capiva il motivo, anche se ce n’erano infiniti, per cui provava tutto quell’amore.

Adesso era diventato ancora più difficile. Prima aveva la scusa dei suoi superiori che lo controllavano dai piani bassi, ma adesso, sventato l’Armageddon, erano spariti tutti lasciandoli da soli. Ora, finalmente, si sarebbero potuti amare senza nascondersi.

Eppure, nonostante poteva sembrare più facile, le cosse erano diventate più confuse. L’unica certezza era l’amore di Crowley per Aziraphale, un sentimento talmente forte da non poter essere cancellato. Il demone, però, non sapeva come esprimersi, come far capire tutto quello che abitava nel suo cuore.


-


Aziraphale quel pomeriggio aveva deciso di ritirarsi in camera, doveva terminare una lettura e, con la libreria chiusa, l’unico posto tranquillo era la stanza da letto. Crowley sapeva che quando si immergeva in un libro poche cose potevano distrarlo, ma sapeva anche che lui era una di quelle cose.

Così, quando tornò dal negozio, si presentò dall’angelo con una bottiglia di vino in mano e due bicchieri nell’altra. Sorrideva come suo solito e si buttò sul letto senza dire niente, solo per dare fastidio al suo angelo. Sorrise maggiormente quando sentì uno sbuffo leggero provenire dal suo fianco.

“Se non te ne fossi accorto sto leggendo” provò a far notare Aziraphale, il volto nascosto dal tomo, piuttosto voluminoso, che stava sfogliando.

“Non fare il guastafeste, ti ho portato qualcosa da bere” lo ignorò Crowley.

Poi allungò un calice all’angelo, il braccio teso davanti a lui e gli occhi, liberati dagli occhiali, che lo incitavano a fargli compagnia. Aziraphale lo lasciò penare per qualche secondo in più, poi recuperò un segnalibro e posò quelle pagine sul comodino. Infine, accettò il bicchiere con un sorriso.

 “Finalmente ragioniamo” ammise divertito il demone recuperando la bottiglia.

L’angelo non rispose alla provocazione, ma sorrise nel vedere l’altro così felice. Non succedeva spesso e quando accadeva Aziraphale trovava che Crowley fosse ancora più bello del solito. Il demone versò da bere prima all’angelo poi pensò a sé, sbagliando leggermente mira e facendo cadere del vino sul lenzuolo sotto.

“Crowley!” esclamò Aziraphale, a metà tra il contrariato e il divertito.

Crowley scrollò le spalle come se non fosse successo niente e soffiò contro il suo piccolo disastro. La macchia si volatilizzò immediatamente, raggiungendo il vino rimasto nella bottiglia. L’angelo riservò uno sguardo di rimprovero all’altro, ma sorrise subito dopo.

“A cosa devo tutto questo?” chiese Aziraphale, il calice ben saldo in mano.

“Avevo voglia di bere” rispose semplicemente Crowley.

Poi appoggiò la schiena al muro e prese un sorso di quel liquido rosso, gli occhi persi ad osservare il cielo che si stava scurendo. Provò a cercare le stelle, ma quella sera il cielo era coperto e sarebbe rimasto così per tutta la notte. Sarebbe stato bello guardare quegli astri, una sua creazione, in compagnia di Aziraphale e di una bottiglia di vino.

“Non si vedono le stelle stasera” ammise l’angelo candidamente, come se avesse letto nei pensieri dell’altro.

Crowley osservò Aziraphale a quelle parole. Stava guardando fuori, il bordo del bicchiere appoggiato alle labbra, sembrava stesse pensando a qualcosa. Il demone voleva fare qualcosa per veder illuminarsi quegli occhi azzurri che riflettevano il cielo più limpido.

Socchiuse gli occhi e schioccò le dita con un sorriso. Nella stanza calò un maggiore buio, sul soffitto della camera iniziarono a formarsi delle costellazioni. Le stelle più piccole sembravano diamanti incastonati, accanto a loro perle luminose a rappresentare le stelle più grandi.

Il demone tornò a guardare l’altro e lo scoprì ammaliato da quello spettacolo, il bicchiere di vino mezzo pieno appoggiato accanto al libro. Crowley sorrise a quella vista e decise di avvicinarsi leggermente all’angelo. La sua spalla sfiorò quella di Aziraphale in un movimento incerto e leggero.

Nessuno parlava, il silenzio si era insinuato tra loro e interromperlo sembrava un peccato troppo grande per chiunque. Sempre senza dire una parola un braccio timido di Aziraphale circondò le spalle sottili di Crowley. Il demone rimase spiazzato, ma accettò di buon grado quella novità.

“Alpha Centauri” l’angelo ruppe il silenzio indicando il sistema doppio di stelle.

“Le ho create io” ammise Crowley con una punta di orgoglio.

Poi appoggiò lentamente la testa sulla spalla di Aziraphale, con la paura di aver fatto un movimento troppo azzardato. L’angelo invece accettò la ricerca di maggior contatto e portò una mano ad accarezzare i capelli rossi dell’altro.

“Ti manca? Essere un angelo, intendo” chiese Aziraphale con una leggera incertezza nella voce.

“Nah, essere un angelo era noioso. È meglio essere l’opposto di un angelo, è più divertente” rispose Crowley come se fosse la cosa più logica del mondo.

“Crowley” lo richiamò l’angelo leggermente preoccupato.

“D’accordo, a volte mi manca, ma non mi ricordo più molto e va bene così” aggiustò il tiro il demone, gli occhi pieni degli astri che aveva fissato sul soffitto della loro stanza.

La verità era che quei piccoli ricordi che ancora custodiva gli facevano desiderare di non essere mai caduto, ma guardando a come si sentiva ora non poteva rimpiangere niente. Era un demone, dall’anima rotta e dal cuore lacerato, ma quell’angelo dai capelli biondi aveva imparato come fare a trattare con tutte le sue ferite più profonde.


-


Il sole stava calando silenziosamente, iniziando a colorare il cielo del rosso tipico che rendeva i tramonti così belli. Crowley non lo guardava, lanciò solo un’occhiata alle anatre davanti a lui, ignare del tumulto interiore del demone.

Nella sua mente tornò a presentarsi il motivo per il quale si ritrovava lì da solo. Il suo ennesimo disastro, uno dei motivi
per cui non sapeva più come muoversi. Aziraphale non l’aveva ancora raggiunto dopo la sua fuga, una parte di Crowley non mancò di suggerirgli il suo fallimento.


-


Aziraphale riordinava alcuni libri con una precisione quasi maniacale. Le note di Mozart si diffondevano nella libreria in attesa della riapertura pomeridiana. Aveva invitato Crowley a passare il pranzo con lui, era un paio di giorni che lo vedeva strano e particolarmente silenzioso.

Il demone passeggiava tra gli scaffali, dando ogni tanto un’occhiata a qualche titolo. Pranzare con l’angelo non aveva fatto altro se non peggiorare la situazione. Non sapeva cosa fare, ogni cosa a cui pensava avrebbe potuto, potenzialmente, peggiorare la situazione e la relazione che si era instaurata tra lui e il suo angelo.

“Crowley puoi darmi una mano per favore?” la voce leggera di Aziraphale interruppe i pensieri confusi del demone.

“Cosa devo fare?” chiese raggiungendo l’angelo, nascosto da una pericolante pila di libri.

“Aiutarmi a sistemare questi, sono da mettere su uno scaffale per me troppo in alto” rispose facendo un passo di lato per farsi vedere.

Crowley annuì senza dire niente e iniziò a recuperare alcuni tomi. Si spostò con Aziraphale e seguì le sue indicazioni per riempire i ripiani troppo alti. Sentiva lo sguardo dell’angelo su di sé, ma non ci diede peso, sapeva che non poteva permettersi di distrarsi o sarebbe finita male.

Era da un paio di giorni che nella sua testa cercava il più possibile di rilegare lontano la presenza dell’angelo. Non perché non gli interessasse più, ma perché, al contrario, sentiva che quel sentimento che c’era sempre stato era aumentato. Non aveva capito perché, era successo quasi all’improvviso.

Crowley spostò in automatico la mano per raccogliere un libro da sistemare, incontrando una mano calda al posto delle fredde pagine di uno dei tomi di Aziraphale. Spostò subito lo sguardo e incrociò due innocenti pezzi di cielo. Un gesto che lasciò lo spazio alla troppa impulsività del demone.

“Dimmi che non mi ami” cinque parole dirette, che colpirono senza preavviso.

“Caro?” chiese confuso l’angelo, lasciando cadere un libro.

“Dimmi che non mi ami” ripeté sicuro Crowley.

“Non capisco perché” ammise innocentemente Aziraphale, facendo un passo in avanti.

“Aziraphale dimmelo e basta!” esclamò il demone iniziando ad irritarsi.

“Non posso, non posso mentire su una cosa così grande” rifiutò deciso l’angelo.

“Maledizione dillo! Dimmi che non mi ami, diventerà tutto più semplice” urlò Crowley prima di abbassare lo sguardo e fare un passo indietro.

“Crowley che stai dicendo? Non sto capendo” provò a farsi sentire piano Aziraphale facendo un altro passo in avanti.

“Andiamo, non è difficile da capire, anche per uno come te” attaccò il demone senza pensare alle parole.

“Crowley” soffiò infatti l’angelo deluso, fermandosi a pochi metri dall’altro.

Crowley non lo guardava, gli occhi, schermati dalle lenti nere, puntati verso il pavimento. Sembrava bloccato da qualcosa, Aziraphale poteva sentire la sua paura anche se non la capiva. Allungò una mano per provare a tranquillizzarlo, ma il demone si scansò e si spostò di lato.

“Non ce la faccio, non ce la faccio più Aziraphale” confessò Crowley senza controllare la voce.

“Caro, se non mi spieghi cosa succede non posso aiutarti” tentò nuovamente l’angelo mantenendo un tono dolce e tranquillo.

“Lasciami stare, faccio solo casini. Scusa” buttò fuori il demone, arrendendosi e scappando il più lontano possibile.

Uscì dalla libreria con gli occhi che spingevano per lasciare andare tutte le lacrime che aveva trattenuto in quei
giorni. Sapeva che non poteva crollare subito, Aziraphale l’avrebbe visto e si sarebbe senza dubbio preoccupato.


Non si voltò indietro nemmeno per un singolo istante, non poteva. Si sarebbe accorto di un angelo fermo al centro della sua libreria, con gli occhi lucidi di lacrime e il cuore ferito. Un cuore lacerato da parole che sperava di non sentire più.


-


Gli occhiali di Crowley erano scivolati in terra, eppure lui non gli diede importanza. Ora l’unica cosa importante era la sua anima in pezzi, che avrebbe avuto bisogno di una cosa soltanto. Un angelo che riuscisse a curare tutte quelle ferite profonde che lo laceravano dall’interno.

E non si accorse che proprio quella creatura aveva appena raccolto gli occhiali del demone. Due occhi azzurri come il cielo osservavano quel corpo piegato su sé stesso, quasi a proteggersi da tutto. Una mano delicata andò a posarsi su una spalla di Crowley.

Il demone saltò in piedi come una molla a quel contatto. Gli occhi gialli scattavano da tutte le parti, impauriti e preoccupati. Appena incrociarono la figura di Aziraphale l’impulso fu quello di scappare, ma i riflessi dell’angelo furono più veloci e catturò il polso di Crowley in una stretta decisa, ma dolce.

“Cosa ci fai qui?” chiese il demone, tutti i sensi attenti ad ogni minimo cambiamento.

“Sono venuto a vedere come stavi. Mi hai fatto preoccupare” rispose Aziraphale cercando un tono tranquillo.

“Hai fatto un viaggio a vuoto, sto bene” mentì Crowley guardando le anatre.

“Crowley guardami, per favore” chiese l’angelo dolce, ma deciso.

Il demone spostò lo sguardo verso un punto indefinito dietro le spalle di Aziraphale. Aveva paura di incrociare quegli occhi blu così innocenti. Sentiva che sarebbe potuto crollare ancora una volta e non avrebbe dovuto permetterlo.

Per tutta risposta la mano libera dell’angelo raggiunse il volto di Crowley. La richiesta silenziosa aleggiava tra i due, mentre Aziraphale aspettava con pazienza gli occhi serpentini del demone. Quando, infine, lo sguardo impaurito di Crowley si perse nelle pozze azzurre dell’angelo il tempo sembrò bloccarsi.

“Perché sei tornato?” chiese il demone, la voce incredibilmente ferma.

“In realtà sono venuto a cercarti, quindi-” provò a rispondere Aziraphale.

“Aziraphale” lo interruppe Crowley con uno sbuffo.

“D’accordo, perché non sarei dovuto venire a cercarti?” domandò a sua volta l’angelo.

“Non mi hai ascoltato prima? Combino solo disastri, non so parlare perché la mia impulsività mi frega sempre, sono un casino” elencò serio il demone, l’impulso di abbassare lo sguardo.

“Sei il mio casino preferito” confessò Aziraphale con un sorriso.

“Io sono serio” lo mise al corrente Crowley scettico.

“Anch’io” ammise l’angelo candidamente.

Poi lasciò il polso dell’altro solo per prendergli la mano, facendo intrecciare le loro dita. Sorrise prima di abbracciare il demone senza dire una parola. A quel contatto le mani di Crowley si artigliarono con forza al cappotto di Aziraphale per tenerlo più vicino.

Entrambi avevano gli occhi chiusi, mentre i cuori lacerati si curavano a vicenda. L’anima dannata del demone si sentì improvvisamente nel posto giusto e meno a pezzi di quanto si ricordava. La sua coscienza finalmente in silenzio mentre tutto sembrava aggiustarsi.

“Non sono bravo a parlare, a esprimere tutto quello che ho dentro” confessò Crowley, le parole soffocate contro il collo di Aziraphale.

“Non fa niente, imparerò a capire i gesti più che le parole” lo tranquillizzò l’angelo con calma.

“Continuerò a sbagliare perché non sono capace di dimostrare tutto quello che provo per te” aggiunse il demone con un leggero tremore nella voce.

“Accetterò tutti i tuoi sbagli perché so che ci starai provando” affermò Aziraphale senza cedere nemmeno per un solo istante.

Poi l’angelo allentò di poco la presa per allontanarsi leggermente, voleva vedere gli occhi bellissimi del suo demone. Sorrise e portò il pollice a fermare quell’unica lacrima che Crowley aveva lasciato scappare. Infine, Aziraphale si avvicinò, timoroso, per catturare le labbra del demone in un bacio leggero e dolce, una promessa da ricordare ogni giorno.

“Ti amo” soffiò l’angelo dopo quel contatto fin troppo breve, contro le richieste di Crowley di qualche ora prima.

Il demone lasciò andare un respiro incerto prima di sorridere ad occhi chiusi. Era un disastro e lo sarebbe sempre stato, ma con Aziraphale al proprio fianco, adesso lo aveva capito, sarebbe stato tutto più semplice, nonostante tutto quello che aveva creduto.

Intrecciarono nuovamente le dita prima di avviarsi in silenzio verso casa. Sopra di loro le prime stelle iniziavano a illuminare il cielo. Quella sera non sarebbe stato necessario alcun miracolo, gli astri sarebbero stati perfettamente visibili, pronti solo ad essere ammirati.

 

 
Provo a restarti vicino
Ma scusa se poi mando tutto a puttane
Non so dirti ciò che provo, è un mio limite

 
 
 
 
 
 





Angolo autrice

Sì, buon pomeriggio.

Piccola premessa. Ieri sera è iniziato il festival di Sanremo per chi non lo sapesse (è un po’ ovunque, ma magari non tutti lo sanno) e ho seguito la prima serata perché da qualche anno è così. E niente, la canzone di Mahmood e Blanco, Brividi, mi ha stregata a tal punto che sono andata a leggermi subito il testo.

E quindi veniamo a questa storia. Perché quelle parole mi hanno rimandato subito ad Aziraphale e Crowley, è stato come un flash e non riuscivo a smettere di pensarci. A mano a mano che leggevo il testo mi venivano in mente le scene di questa storia e ho dovuto scriverle.

E niente, questo è tutto. Ovviamente consiglio di ascoltare la canzone (alla quale non avrei dato un euro prima di ascoltarla, faccio mea culpa) perché è bellissima.

Vi saluto

Giulia
  
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