Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    03/02/2022    4 recensioni
Antefatto: Ci troviamo negli ultimi mesi del 1788. Tra il 20/9 ed il 9/11 accadono alcuni fatti importanti: Girodelle si propone ad Oscar, Andrè prepara il vino avvelenato ed infine, si, arriva anche Saint Antoine. Questa piccolissimo spin- off parte proprio da qui. Qualche giorno dopo la loro avventura a Parigi, Andrè ancora in convalescenza riceve un magnifico pezzo di legno con il quale decide di realizzare qualcosa per Oscar, da farle avere per il giorno di San Valentino; mentre sta pensando alla realizzazione del suo progetto riceve una visita della donna che lascerà molti interrogativi e che porterà, tra il ritorno in caserma e momenti di solitudine, a nuove evoluzioni. Una sorta di What If, volendo, una parentesi alternativa ai fatti così come sono stati inizialmente descritti.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un paio di settimane dopo quello strano incontro e la fine della licenza, Oscar Oscar Andrè tornarono a Parigi, in caserma.
A ben vedere avrebbero potuto approfittare di più  di quei giorni, magari usandoli per riposare e riprendersi in fretta e parlare, ma gli eventi che da mesi avevano cominciato a crearsi si stavano ampliando sempre di più richiedendo, spesso e volentieri, il pattugliamento sia giornaliero che notturno.La loro coscienza non potè non mettersi in gioco; così, una mattina all’ alba e nelle rispettive stanze, si alzarono e seppur di malavoglia, con movimenti automatici, si lavarono e vestirono: quando anche Oscar si presentò - Andrè era uscito dalla sua stanza venti minuti prima, dopo aver guardato ed accarezzato la creatura che stava nascendo dalle sue mani - si salutarono con un cenno del capo e via, in sella. 

 

L’ argomento di qualche giorno prima, quelle domande buttate lì che avevano lasciato in sospeso molte cose non fu toccato: nè l’ uno nè l’ altra si lasciarono scappare nulla. Solo Oscar, una volta intraviste le prime mura di Parigi, parlò, ma non di quello: avremo un pò di cose da fare, oggi … disse guardando Andrè e spronando il  fido purosangue al galoppo, senza aspettare l’ amico.

 

Andrè rimase li, fermo , ad osservarla.


La guardò allontanarsi e cercò di fissare  quella immagine così…malinconica dentro di sè; infine, la raggiunse ed al passo, guardandosi in giro tra le vie di una città che non si fermava mai, arrivarono alla caserma che non erano neppure le nove.Oscar scese da cavallo per prima.

“...Io devo andare subito nei miei alloggi, il Colonnello mi aspetta” disse affidando le redini al valletto che era loro venuto incontro “ …stasera, Andrè, passa da me se riesci; potremo mangiare insieme…”

Lui, stupito ma al contempo felice, rispose con un cenno.
Non era freddezza la sua: in realtà il cuore scoppiava di gioia…ma non avrebbe mai fatto nulla per metterla in imbarazzo quindi, da sempre, cercava di limitare la confidenza, almeno in quel luogo.
Si divisero, dunque, ed ognuno tornò alle proprie occupazioni: Oscar nell’ ala degli ufficiali ed Andrè verso la propria camerata dove venne accolto - fatto alquanto strano -  da un clima mesto e preoccupante.

“Ehi, che succede?” domandò non appena oltrepassata la porta.

I compagni, tra i quali Gerard, Jerome e Merlchior  , intenti chi a lucidare gli stivali chi a riattaccare un bottone, alzarono all’ unisono la testa.
“Ah, Salve Andrè, sei tornato…” disse Jerome “ …aspettavamo proprio te. Sai forse dove si possa essere cacciato Alain?” domandò posando ago e filo ed incrociando le braccia sul petto.
Andrè raggiunse la sua cuccetta e appoggiò la sacca con gli indumenti preparati dalla nonna la sera prima sul materasso; effettivamente di Alain, che dormiva proprio sopra la sua testa, non vi era traccia. 

“Mi dispiace ma…non so nulla. Sono rimasto nella mia stanza a Palazzo fino a stamattina…Non l’ ho mai visto” rispose.
Melchior, dal fondo della stanza, prese una piccola pipa ricordo del padre recentemente defunto e l'accese.
“E’ strano. Lui, in quanto capitano della prima compagnia, è sempre il primo ad arrivare e controllare nuove disposizioni  ed ordini nonchè che tutto sia a posto. Noi siamo arrivati da due giorni e di lui…nessuna traccia” disse.

Andrè si spostò e prese posto al tavolo in mezzo alla sala dove , sparse, vi erano alcune carte da gioco che lui prese e raccolse in un mazzo.

“...Forse non sta bene” disse; era, quella, l’ unica cosa plausibile che potesse essere accaduta all’ amico.
Ma dentro di sè iniziò ad insinuarsi un piccolo sospetto.

 

 Che possa aver lasciato l’ uniforme per unirsi al popolo che , di questi tempi, è in subbuglio? No, impossibile pensò Andrè i soldi della paga da soldato gli servono per mantenere la famiglia…. ehi, un momento… giorni fa Diane si è sposata! Mistero risolto!....

 

“Ragazzi, credo di avere scoperto cosa sia successo: secondo me, dopo il matrimonio di Diane ha preso una sbronza colossale che,  a mio parere lo ha lasciato stravolo…:” disse con il sorriso stampato sul volto.

“...Impossibile, Andrè. Gli piacerà anche bere ma…non ha mai mancato ad un appuntamento o un appello” rispose Gerard, gelandolo, pochi secondi dopo.
 

Andrè fissò il ragazzo.

 

Che sia davvero successo qualcosa…di grave? Alain…che hai combinato, stavolta?  pensò. 

 

“Sentite…se entro le dodici non si sarà presentato, avviserò Osc- il Comandante. Se serve, andrò personalmente a cercarlo” disse.

I tre amici annuirono, sentendosi per un attimo sollevati; infine tornarono alle loro occupazioni mentre la stanza , piano piano, iniziò a riempirsi.

 

Andrè , stanco, si stese sul letto.


Incrociò le mani dietro la testa, cosa che per un attimo gli procurò una dolorosa fitta a schiena e spalla , e fissò il legno sopra di sè.


“Dove ti sei cacciato, Alain?” borbottò stavolta ad alta voce ; dopo un attimo si girò sul fianco, inquieto, provando a ragionare razionalmente ma, non riuscendo più di tanto nella sua impresa,   decise di prendere il quadernetto dove, con un pezzo di carboncino, abbozzò qualche forma del lavoro che lo aspettava a casa…non vedeva l’ ora di poter rimettere le mani sui vari coltelli, sgorbie lime che giacevano nella custodia di iuta sul tavolo da pranzo della sua camera. Ma prima doveva trovare Alain. 

 

Le ore , così, passarono.

Aperto e chiuso il piccolo quadernetto non sapeva nemmeno lui quante volte, controllò l’ orario.
Era quasi mezzogiorno…e di Alain nessuna traccia.
La camerata, stranamente silenziosa, sembrava aspettare un suo cenno quindi, senza attendere i rintocchi, Andrè si alzò dal letto, infilò gli stivali e, una volta  in piedi, fissò Jerome.

“Vado dal comandante” disse  senza aggiungere altro, afferrando la giacca ed il cappello, mettendosi in ordine “ …vi aggiornerò, non appena saprò qualcosa”.I compagni annuirono ma nessuno si offrì di accompagnarlo. Andrè aprì la porta ed uscì.

 

Quando arrivò da Oscar, bussò alla porta ma nessuno rispose.

 

Forse è andata a pranzo nella mensa ufficiali pensò; non potendo comunque accedere a quel reparto della caserma, rimase in piedi poco distante dalla porta, appoggiato al muro.La donna arrivò pochi minuti dopo.
“Andrè!? Che ci fai qui?” domandò entrando nell’ ufficio.
Lui non rispose ma attese che si fosse accomodata e poi la raggiunse.

“Alain non si è presentato. Non è ancora arrivato!” disse, diretto al punto.
Oscar si levò i guanti di pelle chiara e tolse il mantello leggero, appoggiandolo ad un supporto.
“...Di che ti preoccupi? Arriverà. Non mancherebbe mai” rispose; ma Andrè la incalzò.
“I ragazzi dicono che non è da lui. Generalmente è in sede sempre un paio di giorni prima…e non è mai arrivato in ritardo, neppure di cinque minuti” disse.
Oscar andò a sedersi.

“Ascolta, Andrè. Ora non possiamo muoverci perchè ho un incontro con alcuni esponenti di un comitato…di cui non ricordo nemmeno il nome “ disse frugando tra le carte “  ma dopo, se vuoi, andremo a cercarlo. Hai l’ indirizzo di casa sua? Io non lo trovo.”
Andrè negò.

“...cercherò comunque di ottenerlo da uno dei ragazzi. A dopo, Oscar” disse, tornando sui suoi passi. 

 

Oscar si alzò a sua volta e, cercando di non farsi vedere, lo osservò andare via. Infine, rientrò e chiuse la porta dietro di se, appoggiandosi con tutto il suo peso; poi chinò il capo.
Le dispiaceva aver mentito ad Andrè: in realtà non aveva nessuno appuntamento ma voleva, semplicemente, stare sola: da un pò di tempo era inquieta  in presenza di colui che aveva sempre considerato un amico senza contare,poi, le parole di Girodelle che da giorni - incessantemente - continuavano a girarle nella testa. 

 

….Si tratta di Andrè Grandier? …è per lui che non prenderete mai marito? Voi…lo amate?

 

….il suo dolore diverrebbe anche il Vostro…mi basta sapere questo….sono persuaso…anche io, se dovessi sapervi addolorata, diverrei la persona più infelice del mondo…

Vi prego di accettare il mio unico pegno d’ amore: mi farò da parte…


Oscar si sentì che stava perdendo il controllo e percepì il fiato venire meno;quindi si lasciò cadere lentamente a terra. 

 

….Andrè…chi sei? chi sei, tu, per me? 

No, non un fratello, di questo ne sono certa…abbiamo condiviso gioia, la nostra gioventù…e senza che ce ne avvedessimo…le nostre anime si sono avvicinate sempre di più… disse, fra sè  ….oh, Andrè…Andrè! Chi sei, tu, per me?

 

Se lo domandò per molto, molto tempo  pensando al loro comune passato ed alla gioventù, ma anche agli ultimi avvenimenti che erano occorsi; ci pensò  talmente tanto che non si accorse, se non dal rintocco di una pendola, che erano nel frattempo sopraggiunte le tre ore pomeridiane e ,solo allora, cercò di riprendersi e darsi una regolata, un contegno.

Dopo essersi alzata da terra, dunque, si recò oltre il separè dove un pensiero  gentile aveva fatto collocare una brandina ed il necessario per le abluzioni; prese l’ acqua, ne versò un pò nel catino e con una pezza si tamponò delicatamente viso ed occhi. Ho promesso ad Andrè che lo avrei accompagnato da Alain pensò; dunque, tornata nell’ ufficio vero e proprio, finì di vestirsi.Una volta resa presentabile, camminò lungo il corridoio oltrepassando le porte  di colleghi e superiori - talvolta semiaperte- che , ad una breve occhiata le mostrarono quegli uomini intenti chi a leggere un trattato chi in meditabonde sessioni; infine, raggiunse la camerata dei suoi sottoposti.


“Andrè” chiamò, dal corridoio. Una volta. Due. Tre.

 

Che ci sia andato per i fatti suoi? si domandò;  poi notò il foglio delle consegne appeso proprio a fianco della porta e vide che a quell’ ora, gli uomini, avrebbero dovuto essere di corvée, un gruppo in armeria ed uno nelle stalle e locali limitrofi quindi, sospirando, riprese a camminare finchè non li trovò e, con loro, Andrè.
“Se sei pronto possiamo andare” disse non appena lo vide. Gli altri uomini scattarono subito sull’ attenti.

Andrè sollevò il capo e posò gli attrezzi che stava maneggiando per aggiustare un tavolino traballante. 

“Arrivo subito” rispose recuperando la giacca e tutte le dotazioni che aveva posato poco più in là.
I suoi compagni, preoccupati, li fissarono.

“Andate da Alain, comandante?” domandò uno di loro, il giovane Philippe. Oscar annuì.

“Si, io e Andrè ci recheremo presso casa sua…a proposito, hai recuperato l’ indirizzo?” domandò, Lui le rispose con un cenno del capo.

 

“Bene. Selliamo i cavalli e partiamo” rispose allora lei.

 

Poco meno di due ore dopo, in mezzo ad una strada dalla quale si notavano strette scalinate che formavano saliscendi ripidi, Andrè fermò il cavallo e scese.
“ Credo sia qui vicino” disse estraendo dalla tasca un foglietto, guardando il viso sempre più stanco di Oscar.“Oscar…mi hai sentita?”
La donna rispose con un cenno del capo e subito scese da cavallo; si guardò  in giro, cercò  un anello da muro dove legare  l’ animale e attese che Andrè facesse lo stesso. Quando la raggiunse quindi iniziarono a salire gli scalini sconnessi e rovinati, schivando ammassi di stracci e carne dormienti.
“E’ questa” disse Andrè, ad un certo punto, indicando l’ entrata malmessa di un alto palazzo;non gli servì controllare l’ indirizzo: all’ improvviso gli tornò alla memoria una notte di disperazione in cui Alain lo aveva accolto a casa sua. Si, ne era certo. Era la casa dell’ amico. 

“Andiamo, allora” disse Oscar precedendolo sulle scale, senza pensare minimamente a ciò che si sarebbero trovati davanti: i loro occhi non lo avrebbero mai scordato. 


(Qualche ora più tardi…)

 

“Andrè…” disse Oscar mesta, sulla via del ritorno “ non ho voglia di tornare in caserma: fermiamoci qui, alla taverna, a mangiare” . Con un cenno del capo gli indicò una insegna logora, ciondolante, con il disegno stilizzato di un asino ed una carota.

“...Non credo sia un posto…tranquillo, per te ” rispose Andrè che quella taverna la conosceva bene ma lei era già scesa da cavallo quindi, non gli restò che seguirla.

“Non mi interessa che posto è….ad essere onesti, non mi interessa nemmeno mangiare” rispose lei davanti alla porta. Andrè chinò il capo di lato e sorrise.

“...allora perchè ci fermiamo, Oscar?” domandò sorridente. 

“Non ho più voglia di tornare in caserma e  poi…ti devo parlare”.

 

Tantò bastò, all’ uomo, che tornò serio.

 

Silenziosamente allora la seguì nella stanza grigia e maleodorante dove uomini appartenenti ai ceti più bassi affogavano i loro dispiaceri in boccali di birra di infima qualità.  A testa bassa, proseguì finchè non trovò un tavolo libero ed appartato.

“...che cosa succede, Oscar? “ domandò Andrè togliendosi la giacca e posandola al suo fianco sulla panca di legno dove trovò posto. Lei fece lo stesso, restando in maniche di camicia. I capelli le cadevano ai lati del viso e per un attimo lui ebbe la tentazione di allungare la mano e sfiorarli. 

 

Oscar sollevò gli occhi alla ricerca di quelli dell’ amico.
 

“Andrè, io…io non so più cosa voglio. Più guardo le miserie di questa città, più penso a ciò che è accaduto ad Alain…e più mi viene voglia di mollare tutto” disse. Poi, vedendo l’ espressione stupita del suo interlocutore , continuò.
“ …. sento che qualcosa sta cambiando. Andrè, ci pensi? Questa città potrebbe esplodere da un momento all’ altro davanti ad i nostri occhi e noi? …Noi chi siamo, che ruolo possiamo avere?” concluse.  Andrè era basito.

“Mia cara Oscar….che ti succede?” disse, senza mai distogliere gli occhi dal viso che tanto amava.
“Mi sento un burattino, Andrè. Ecco che succede….” rispose lei.

I due si fissarono a lungo. L’ uomo allungò la mano, prendendo coraggio, per afferrare quella di lei; ma  donna in là con gli anni arrivò al loro tavolo e, con espressione afflitta, chiese loro di poter avere qualcosa da mangiare.
 

“Ecco, vedi? vedi cosa succede? “ disse Oscar. Aveva gli occhi colmi di lacrime.

Andrè la capiva. La capiva benissimo.

 

“Sedetevi, signora. Noi stiamo andando via…vi faremo portare qualcosa da mangiare” disse poi Oscar rivolta alla donna, incredula quando Andrè davanti a quel gesto; detto ciò si allontanò, non prima di avere lasciato una moneta d’ oro tra le mani della questuante. Ad Andrè non restò che seguirla: prima dall’ oste che pagò per servire della zuppa e della carne alla donna, poi fuori dalla porta dove, finalmente, riuscì a trattenerla per un braccio.

 

“Oscar, aspettami” chiese; lei si voltò. 

Piangeva.

“....io…io non capisco cosa mi stia succedendo” la sentì mormorare Andrè.

 

Provati dalla morte di Diane ed il dolore di Alain e forse, dopo tanto tempo, anche dalle tensioni e dall’ immensa quantità di sensazioni e parole dette e non dette, i due si guardarono come se nei rispettivi occhi potessero trovare delle risposte; con un gesto automatico,  Andrè allargò le braccia ed, incurante di ciò che potessero pensare gli altri, prese tra le braccia l’ esile figura in uniforme, stringendola come fosse quanto di più prezioso ci fosse al mondo.

Oscar, sorpresa,  dapprima si irrigidì  timida e confusa; poi  si lasciò andare ed appoggiò il capo sul petto dell’ amico, ripensando  ancora alle parole udite e dette durante il colloquio con Girodelle. Questo ed il calore emanato dal corpo di Andrè bastò a calmarla; il suo respiro tornò regolare sotto le mani maschili e dolci  che le accarezzarono i capelli.

“Andrè” disse quando fu calma “ ti prego di scusarmi…ma sei l’ unico con cui possa parlare….”

Lui, continuando a stringerla a sè, non rispose;  allora Oscar si staccò leggermente dall’ uomo e cercò il suo viso.

“...Andiamo a casa, Andrè. Manderò a dire che non stiamo bene” disse. 

“Ma..Oscar!” ebbe da ridire lui “ …sei sicura di ciò che fai?”

La donna si allontanò per recuperare i cavalli.

“Si, Andrè….e …inoltre vorrei che tu potessi stare un pò più con tua nonna…e se vuoi, dedicarti alle tue riunioni. Verrai in caserma ma non ti fermerai a dormire…penserò io ad una dispensa. L’ ho deciso oggi” rispose. Dopo un ultimo sguardo, si allontanò da lui. 

 

L’ uomo, esterrefatto e quasi inebetito da ciò che stava accadendo, la  vide andare via, prendere il cavallo e risalire in sella e, con gesti quasi automatici, fece lo stesso.

Che ti prende, Oscar? Ti prego…vederti così mi fa stare male pensò mentre infilava il piede nella staffa; infine alzò lo sguardo ma non la trovò, lei era già lontana.

 

“Andiamo…” disse allora al cavallo facendo seguire alle parole un leggero tocco all’ altezza delle reni; triste, riprese il proprio cammino, chiedendosi dove -stavolta - lo avrebbe condotto.

 
   
 
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