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Autore: giuliacaesar    08/02/2022    0 recensioni
⚠️POTREBBE CONTENERE SPOILER DEL MANGA DAL CAPITOLO 290 IN POI⚠️
La vita a volte ci pone davanti a delle scelte, facili o difficili che siano. Se ne scegliamo una non sapremo mai il finale dell'altra, il che ci porta a porci una serie infinita di domande che iniziano con un "e se...".
«Ha presente cosa sono gli otome game?» [...] «Insomma, quello che voglio dire è che in base alle scelte che fai ti ritrovi finali diversi, no? Quello bello, quello brutto e, a volte, quello neutrale. Basta una sola azione per compromettere il risultato finale, come nelle equazioni di matematica. Ecco, in quella stanza di ospedale potevo scegliere due strade che mi avrebbero portato a due finali differenti.».
E se... Enji fosse andato alla collina Sekoto quella fredda serata d'inverno?
ATTENZIONE! Il rating potrebbe cambiare!
Pubblicata anche su wattpad su @/giulia_caesar
Ispirazione: @/keiidakamya su Twitter e @/juniperjadelove su Twitter e Instagram.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dabi, Endeavor, Hawks, League of Villains, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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CAPITOLO 9 - DI FRUTTI DI BOSCO, COCCO, ARANCIA E RUM
 

«Chi inizia?». 

«Hai proposto tu il gioco, quindi inizi tu.». 

Mitsuha gli fece una linguaccia, a cui lui rispose con la stessa moneta. La perlina che usava come piercing alla lingua rifletté debolmente la luce attirando lo sguardo della ragazza, che sollevò le sopracciglia sorpresa, ma non fece commenti. 

«Bene, allora: ho paura degli aghi, sono stata nel Sahara prima di essere ingaggiata dalla League e odio la cucina messicana.». 

Touya ci rifletté qualche secondo, mordicchiando distrattamente la cannuccia di carta, ma dovette sforzarsi anche solo di ricordarsi cosa dovesse fare esattamente. Già si ubriacava con la stessa facilità di un tredicenne, se poi aveva mangiato solo un misero yakitori, a fine serata non ci sarebbe mai arrivato sobrio. Disse la prima cosa che gli venne in mente. 

«Hai paura degli aghi?». 

Mitsuha lo guardò come se fosse un idiota. Anzi, no, idiota lo era per davvero. 

«Ma sei serio? Ma hai visto i tatuaggi?» disse alzando il braccio col dragone e indicandosi anche il petto, sul cui lato destro svettava una scritta. Le lettere si ingarbugliarono tra di loro quando cercò di leggerle, ma tentò comunque di recuperare per non far brutta figura. 

«Ma che ne so io! C'è gente che si fa i tatuaggi anche se ha paura degli aghi!». 

Mitsuha alzò gli occhi al cielo divertita. 

«Forza, avanti ora bevi! Hai perso.». 

Touya, a malincuore, bevve un sorso, scombinandosi ancora di più i pensieri. Un’improvvisa vertigine fece girare la stanza in tondo per pochissimi secondi, poi si ricompose guardando la ragazza di fronte a sé. 

«Qual era quella vera, quindi?». 

«Sono stata nel Sahara prima di tornare qui in Giappone, più precisamente in Marocco.». 

Touya fece un verso sorpreso e gli scappò dalla lingua una domanda.  

«Viaggi molto?». 

«Sì, almeno un paio di volte all’anno vengo chiamata all’estero per qualche mese. Sono stata in Marocco da gennaio a maggio di quest’anno, con una deviazione in Egitto per due settimane.». 

I suoi freni inibitori erano già brilli quanto lui, quindi gli scappò un altro commento. Era piacevole parlare con Mitsuha quando non ti guardava come un leone pronto a sbranarti. 

«Deve essere bello viaggiare così tanto. Io fin ora sono solo andato in America con mio padre per un convegno internazionale. È stato una palla assurda, ma Los Angeles è molto bella.». 

Sembrava che anche su Mitsuha l’effetto dell’alcool stesse facendo effetto dopo ben tre drink, perché commentò: «Oh, sì, Los Angeles è magica. Però ora tocca a te, su.». Lo guardò in trepidante attesa, dondolando i piedi come una bambina. 

Touya si rigirò il bicchiere tra le mani, soppesando quanto volesse esporsi. Quando ebbe trovato cosa dire, si schiarì la gola. 

«Ho 15 piercing in totale, odio il mare e ho un gatto che mio fratello ha chiamato come la sua cotta da piccolino.». 

Mitsuha inclinò la testa e arricciò le labbra mentre rifletteva. I suoi occhi stavano scansionando il numero di piercing che riusciva a contare. 

«Io di piercing ne conto 14, assumendo che almeno uno sia nascosto, – fece scorrere gli occhi su tutto il corpo imbarazzandolo – io direi la prima.». 

«No! Ho 16 piercing in totale, esclusi almeno una decina che ho tolto nel corso degli anni.». 

Mitsuha prese un sorso del suo drink squadrandolo da capo a piedi un’altra volta, senza vergogna di fermare gli occhi su un punto nascosto dal tavolo. Touya si agitò sulla sedia accavallando le gambe imbarazzato. 

«Dove sarebbero gli altri due che non vedo?» disse inclinando la testa come un gatto curioso. Touya dovette sforzarsi di mantenere la voce calma e non stridula. 

«Ne ho due all’ombelico.» mentì. Nessuno, a parte Keigo, sapeva di quel piercing inguinale, che si era fatto in preda ai fiumi dell’alcool, e di certo non lo avrebbe detto a Mitsuha. Era anche una mezza verità tra l’altro, per qualche anno aveva avuto due piercing all’ombelico, solo che si era tolto l’anti-navel. Cercò di cambiare discorso, perché altrimenti sarebbe collassato. 

«Co-comunque, la risposta corretta era quella sul gatto: mio fratello l’ha chiamato Heidi, come protagonista del cartone per cui da piccolo aveva una cotta.». 

Mitsuha si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito. 

«Fammi indovinare, è per caso il piccoletto metà rosso e metà bianco?». 

Gelido panico gli avvolse la spina dorsale come un serpente velenoso. Cazzo, doveva per forza tirare fuori suo fratello? 

«Ah, s-sì, è lui.». 

Mitsuha, forse accorgendosi dalla posa rigida e difensiva che aveva assunto il ragazzo, decise di lasciar cadere l’argomento. 

«Alziamo il livello di difficoltà: non ricordo assolutamente nulla della prima volta che ho fumato hashish, c’è solo un video di io che corro per strada con in testa delle corna da renna e addosso un vestito da clown. Da ubriaca ho tentato di limonare un palo e la mia lingua si è attaccata al metallo. Sono rimasta bloccata con le mani legate per 12 ore, perché un mio ex aveva perso le chiavi delle manette.». 

Intrecciò le dita, appoggiandoci sopra il mento in attesa che Touya rispondesse. Il problema era che Touya non aveva assolutamente idea di quale tra le tre follie fosse quella giusta, erano tutte fuori di testa! Non si poteva assolutamente concedere di bere ancora però, altrimenti avrebbe di certo perso la poca dignità che aveva al prossimo sorso. Per non contare il fatto che stava letteralmente bevendo sul posto di lavoro. 

«Direi la pri- NO, la se- Aaaaah, la terza?» disse già pronto a portarsi il bicchiere alle labbra, insomma chi era il deficiente che si scorda le chiavi delle manette? 

«Bravo! Corretto.». 

Touya la guardò stranito. 

«Sei seria? Ma che razza di idiota era il tuo ex?». 

Mitsuha scosse la testa sconsolata. 

«Prima di tutto non era proprio un ex, insomma dopo quella volta non l’ho più rivisto. È stata una serata stranissima, perché eravamo entrambi ubriachi e lui parlava solo tailandese. Non ci ho capito un cazzo di quello che diceva.». 

Touya sgranò gli occhi incredulo. 

«E le altre quindi? Tutte bugie?». 

«Be’, più o meno. Ho scambiato lo stato in cui ero: ho il video della prima volta in cui ho bevuto per la prima volta e ho leccato un palo in pieno inverno fatta di hashish.» condì il tutto con un’alzata di spalle, come per dire “Che ci vuoi fare? Cose normali che capitano”. Touya rimase ancora sbalordito, ma non volle approfondire quel discorso. 

«Tocca a me: non ho mai fumato nu-». 

«Non queste cose noiose! Voglio qualcosa di più divertente, di scabroso! Avrai i tuoi scheletri nell’armadio, no?». 

Touya deglutì, indeciso. In realtà, non aveva scheletri nell’armadio, aveva un vero e proprio cimitero di figure di merda. La maggior parte fatte da ubriaco fradicio alle feste dei suoi amici, unica occasione in cui si ubriacava. Tranne una volta, la prima e unica occasione in cui aveva bevuto al di fuori delle feste. 

«Una volta mi sono ubriacato a un Galà di beneficienza e sono salito su un tavolo urlando quanto fosse profondo e potente l’ultimo album di Beyoncè. Da ubriaco ho fermato per strada delle persone, che fortunatamente non mi hanno riconosciuto, decantando come The Hateful Eight  fosse il miglior film di Tarantino in assoluto. Quando sono ubriaco mi spoglio perché ho caldo.». 

Strinse le labbra in una linea sottile mentre Mitsuha lo guardava sorpresa, poi scoppiò a ridere. 

«Ma allora sai divertiti, eh? Vediamo, per quanto sarebbe molto bello verificare se l’ultima sia vera, io opto per la prima.». 

Touya annuì avvilito e Mitsuha rise ancora più forte. 

«A parte la terza, che non è assolutamente vera, la seconda lo è in parte: ho fermato gente per strada dicendo che The Hateful Eight era orrendo e il più brutto film di Tarantino.» spiegò alzando le spalle e sorridendo. 

Mitsuha si lasciò scappare un commentino mordicchiando il bordo del bicchiere: «Che gran peccato per l’ultima.». L’occhiolino che gli fece gli mandò scariche elettriche di compiacimento in tutto il corpo. Si schiarì la gola invitandola a parlare. 

«Ho fatto sesso senza accorgermene su un formicaio. Da ubriaca ho scambiato l’ufficio del mio capo con la mia camera da letto e il giorno dopo mi ha trovata mezza nuda sdraiata sulla sua scrivania. Una volta un tipo mi ha chiesto di picchiarlo, mentre lo facevamo. Vediamo come te la cavi qui.» disse con sguardo di sfida la ragazza. 

Touya fece finta di rifletterci sul serio posando l’indice sul mento e guardando in alto, simulando uno sguardo pensieroso, poi scoppiò a ridere. Era davvero bello chiacchierare con lei in fin dei conti. 

«Non ne ho la più pallida idea, anche se spero per te che non sia la prima!». 

Mitsuha annuì sorridendo e... stava arrossendo? 

«Ebbene, sì. Ho fatto sesso su un formicaio e mi sono ritrovata i pantaloni e le mutande piene di formiche. Ho quasi sboccato.». 

Touya incredulo ride ancora, senza accorgersi dello sguardo stupito di Mitsuha. Aveva una risata cristallina, sincera. La ragazza non riusciva a staccare gli occhi da quel sorriso smagliante. Si schiarì la gola bevendo un altro sorso, ma si rese conto di aver finito il proprio e che Touya ne aveva ancora molto poco, quindi si sporse per ordinarne altri. Touya la intercettò posandole una mano calda sul braccio. 

«No! Basta così, altrimenti mi ubriaco definitivamente.». 

Il sorriso furbetto di Mitsuha non promise nulla di buono. 

«Be’, dobbiamo esserne certi del fatto che ti spogli da ubriaco sia davvero una bugia. Diciamo che è per scopi scientifici.». 

Touya sentì le sue orecchie prendere fuoco mentre balbettava una risposta, ma fu completamente ignorato dalla ragazza che fece di nuovo cenno al cameriere. Touya sospirò sconfitto, sperando solo di riuscire ad essere abbastanza lucido da non sparare qualche altra cagata. Tanto la sua dignità era andata a farsi benedire nel momento stesso in cui aveva sollevato il bicchiere. Giochicciò col central labret pensando a cosa dire. 

«Ho fatto per la prima volta sesso nello sgabuzzino della palestra e sono stato beccato dal mio istruttore. Ho vomitato quando mi sono dichiarato alla mia prima fidanzata, perché per caricarmi Kei... Hawks mi ha fatto sgolare metà bottiglia di sambuca. Mi si è impigliato il central labret nei capelli nella mia partner mentre lei mi stava facendo un succhiotto.». 

Poi si nascose dietro al drink per la vergogna. E questa era solo la punta dell’iceberg delle sue infinte figure di merda. Nel frattempo era arrivato il terzo giro di drink e Mitsuha si era già infilata la cannuccia nelle labbra, su cui Touya aveva per caso posato lo sguardo e per un secondo si chiese se avesse sentito di più il sapore forte del rum o quello aranciato del blu curaçao. 

«Io direi... la seconda!». 

Touya scosse la testa e dovette reprimere un brivido quando la ragazza avvolse le labbra attorno alla cannuccia e succhiò, con gli occhi che lo osservavano socchiusi. Era come se avesse la bocca piena di sabbia, quando gli sorrise sorniona beccandolo in pieno a guardarla. Si ricompose molto a fatica. 

«La-la risposta corretta è la prima!». 

«Cosa? No, dai, non ci credo!». 

Touya annuì sospirando. Era stato traumatico ritrovarsi il colonello Ozashi di fronte, con la sua compagna di corso completamente sdraiata e mezza nuda su un materassino e lui con le chiappe al vento, rosso in volto dall’imbarazzo. Il suo cuore aveva corso così veloce da essere sicuro di star per avere un infarto. 

«Racconta!» chiese Mitsuha quasi urlando e sporgendosi verso di lui con le mani posate sul tavolino. Il seno della ragazza finì pericolosamente vicino al suo naso. Senza distogliere gli occhi rispose completamente succube alla sua richiesta. Era pur sempre un uomo lui. 

«Partiamo dal presupposto che non era programmato! Stavamo sistemando i materiali usati durante gli allenamenti e una cosa tira l’altra... ci stavamo impiegando tanto, quindi il nostro istruttore è venuto a controllare trovandoci... sì, insomma hai capito! E niente, punizione per un mese a sistemare le aule io e lei la mensa.». 

Mitsuha rise, ma non con cattiveria e malizia, rise proprio di gusto, di quelle risate che nascono dalla pancia e ti scuotono in tutto il corpo. 

«Oh, Kami- Non ci-». 

Le parole uscivano a singhiozzi dalle labbra, coperte dalla mano, intervallate da qualche buffo verso nasale. Inaspettatamente nel cuore di Touya sbocciò un caldo fiore di tenerezza alla scena, cosa che si affrettò a calpestare alla svelta. Non poteva familiarizzare col nemico! 

Ma io sto effettivamente familiarizzando col nemico... e be’, il nemico non è così male. 

Scosse la testa, i suoi pensieri erano così leggeri e sottili da ingarbugliarsi da soli in una grossa e disordinata matassa. Giusto per peggiorare ulteriormente la situazione, bevve l’ultimo sorso del cocktail e afferrò l’altro. Ora che aveva fatto 30, tanto valeva fare 31! 

Quando la ragazza si fu calmata, si guardò distrattamente il cellulare per controllare l’ora, impallidendo. 

«Ultimo giro, dai! Chi non indovina deve bere tutto il bicchiere!». 

Touya impallidì, tutta quella roba in una sola volta? Sarebbe andato in coma etilico, ma Mitsuha era già partita alla carica. 

«Mentre stavo facendo un pompino a uno in macchina, un vecchiaccio ci spiava segandosi. A metà servizietto, si alza, mi guarda, rutta e riprende a fare ciò che stava facendo. Un altro tizio invece ha cercato in infilarmelo nell’ombelico.». 

Sgranò gli occhi sconvolto da quelle confessioni, va bene che due erano di certo false, ma che fantasia! La prima era la più plausibile, insomma quante storia sapeva di gente che veniva spiata mentre faceva sesso. Per la terza invece, dai, bisognava davvero essere degli incapaci, ma la seconda era decisamente la più strana tra tutte e anche la più comica, forse. 

«Per solidarietà maschile non dirò la terza, ma la prima!». 

«Bevi, scemo, è quella sbagliata, odio farlo in macchina. Quella vera era la seconda.» disse aggiungendo un movimento con le sopracciglia a enfatizzare il tutto. Touya fu preso dallo sconforto, tutto quel bicchierozzo doveva bere? Guardò preoccupato il drink, alto quanto una sua spanna, mentre Mitsuha se la rideva. Forse però per eliminare quella scena dalla tua testa gli avrebbe fatto bene bere un altro po’. 

«Forza, su! - tolse la cannuccia e gli mise in mano il bicchiere spingendolo verso la bocca- Bevi!». 

«Ma perché devo berlo tutto d’un botto?» tentò preoccupato. 

«Perché siamo in ritardo sulla tabella di marcia.». 

Touya aggrottò le sopracciglia confuso. Già era più ubriaca di lui? Mitsuha rispose con uno sbuffo afferrandogli il viso con una mano e voltandogli la testa verso il basso, tra la gente che era radunata attorno a un divanetto. Saranno state una decina di persone, tutte rivolte verso un uomo, che, disteso sulla poltrona, parlava a voce alta atteggiandosi a signorotto del locale. 

«Vedi quello? - Touya rispose annuendo con la testa, visto che la stretta delle dita di Mitsuha intorno alle sue guance gli impediva di muovere le labbra, protese verso l’esterno come il becco di una papera - È un bersaglio. Non ti ho trascinato così a caso qui dentro, mi servivi da diversivo. Passa quasi tutte le serate qui dentro, esce intorno a mezzanotte e mezza. -». 

Gli rilanciò la faccia indietro, continuando a parlare. 

«È quasi ora di andare, quindi, se hai smesso di fare la fighetta, bevi.». 

Touya non aveva voglia di discutere ulteriormente, quindi afferrò il bicchiere ghiacciato e lo portò alle labbra bevendo a grandi sorsate. Non sentì neanche il sapore dell’arancia o del cocco, troppo impegnato a semplicemente buttare giù quella roba, sentì solo fuoco ardente scendergli lungo tutta la gola. Quando rimise sul tavolo il bicchiere, gli girava la testa, era come stare su una barca che dondola in mezzo al mare. Anche i contorni non erano definiti, le cose intorno a sé erano macchie indistinte di colore. Prese qualche respiro per far smettere al mondo di girare in tondo, poi aprì la bocca per il suo turno. 

«Ho avuto un calo di pressione durante il sesso e sono svenuto. La prima volta, non quella nello sgabuzzino, che l’ho fatto con la mia ragazza ho usato una torcia perché non vedevo nulla. Dopo aver finito entra mio fratello e ci passa la carta igienica.». 

Fece un’espressione sconfortata, mentre la ragazza lo guardava stupita con un sorrisetto in volto. 

«Sinceramente, spero che tu sia abbastanza ubriaco di essertele inventate tutte di sana pianta, ma punterò sulla seconda.». 

Touya scosse la testa. Idea orrenda, il mondo aveva ripreso a ballare il valzer. Dopo essersi stabilizzato sulla sedia, perché rischiava di cadere, parlò strascicando le parole. 

«NO! Ora beviiiiiii.». 

Mitsuha scoppiò a ridere e si sgolò tutto il drink in una profonda e lunga sorsata. 

Ma siamo sicuri che il suo non sia succo di frutta? 

«Quindi? Quella vera?». 

Touya cercò di nascondersi dietro le mani per l’imbarazzo, l’alcool stava completamente sciolto i suoi freni inibitori portandolo a comportarsi come un ragazzino. 

«La prima...». 

Mitsuha rise ancora di gusto a quella confessione, ma non gli dava fastidio, anzi. Era liberatorio parlare di quelle situazioni imbarazzanti, soprattutto se c’era anche lei a raccontare le sue. Era uno scambio equo, ecco. 

«Devi... assolutamente... raccontarmelo!» disse tra un respiro e un altro, scossa dalle risate e piegata in due sul tavolo. Touya, con la mente a briglie sciolte, fece quanto richiesto. 

«Mi ero sfondato di allenamenti, ero stanco e non avevo mangiato quasi nulla quel giorno. Ci siamo visti una sera per studiare e tra una cosa e l’altra, abbiamo incominciato solo che... sono svenuto all’improvviso, lei è stata presa dal panico e mi ha lanciato un bicchiere di acqua in faccia, con tanto di bicchiere di vetro, e io sono quasi soffocato. Fine.». 

Mitsuha continuava a ridere in maniera incontrollabile. Si era nascosta il viso nelle braccia incrociate sul tavolo e non sembrava voler smettere. E neanche lui voleva che smettesse. 

«La terza però è una mezza bugia: è stata mia SORELLA a portarmi la carta igienica e a commentare “Spero tu sia stato abbastanza sveglio da usare il preservativo, saresti un padre di merda”. La seconda invece è capitata ad un amico, ma mi faceva troppo ridere, non potevo non dirtela!». 

Che poi quel suo amico fosse proprio Keigo, non c’era bisogno di dirlo. Poteva sputtanare sé stesso, mica gli altri! 

Mitsuha stava tentando di calmarsi prendendo grandi respiri, con le lacrime agli occhi. Si sventolava una mano di fronte al viso per alleviare il caldo, aveva le guance rosse. 

«Sei un cretino!». 

Touya rise insieme a Mitsuha, perché, sì, effettivamente era un cretino. 

La ragazza finalmente respirava in maniera normale, ridacchiando di tanto in tanto, e lanciò uno sguardo verso il bersaglio. Poi si girò verso di lui afferrandogli la mano per trascinarlo giù dalla sedia. Fu colto dalla vertigine al movimento improvviso e veloce rischiando di cadere, ma fu preso al volo per i fianchi da Mitsuha e se la ritrovò a pochi centimetri dal naso. 

Era diverso rispetto a prima, quando poteva sentire tutti i peli del corpo rizzarsi alla tensione elettrica che aveva sentito. Ora invece sentiva uno strano calore al petto e gli pizzicava la pelle a contatto con le mani fredde della ragazza, anche se in mezzo c’era il tessuto leggero della maglietta e della felpa. Per una frazione di secondo incrociarono gli occhi e quel calore divenne un martellamento costante del cuore, sentì anche le guance riscaldarsi ulteriormente. Mitsuha profumava di frutti di bosco, di cocco e arancia e anche di rum, un mix che gli andò dritto al cervello ubriacandolo ancora di più. Sentì la gola seccarsi, come se avessero stappato un lavandino, quando la ragazza parlò, le parole gli sfiorarono le labbra facendogli formicolare tutto il corpo. 

«Tutto bene?». 

Il cuore gli martellava in gola, impedendogli di parlare. Era completamente rapito da quegli occhi scuri, profondi, sinceramente preoccupati per lui. Deglutì invano cercando di darsi un contegno, ma il nodo in gola sembrò stringersi quindi annuì senza staccare lo sguardo. Mitsuha sollevò un lato della bocca, divertita, prima di sussurrargli, se possibile, ancora più vicino alle sue labbra. 

«Ok, però ora dobbiamo andare, ti reggi in piedi?». 

Doveva essere sincero? Dubitava fortemente di riuscire a camminare senza ruzzolare giù dalle scale, ma aveva scelta? Ancora una volta no, quindi annuì. L'altra fece prima un passo indietro senza mai staccare gli occhi da quelli azzurri di Touya, poi pian mano lasciò a malincuore i suoi fianchi. Sentiva la pelle formicolare ancora. Il ragazzo rimase piantato a terra, come un albero, sorretto solo dagli occhi castani di Mitsuha. Quando poi lei si girò di scatto andando verso le scale, fu come se lo avessero appena schiaffeggiato. Ci mise qualche secondo a far tornare il mondo dritto e non capovolto, poi seguì la ragazza che nel frattempo era già arrivata alle scale. 

Una volta in fondo, gli afferrò la mano e si tuffò in mezzo alla folla, ma la troppa gente rischiò di separarli, quindi Mitsuha lo tirò verso di sé finendole praticamente addosso. Touya sentì ancora quel piacevole e doloroso formicolio invadergli il corpo, inebriandogli la testa come il più forte dei liquori, ma senza lasciargli alcun sapore metallico e amaro in bocca, anzi era il più dolce che avesse mai assaggiato. Dovette anche aggrapparsi al corpo di lei per non rovinare per terra, sorprendendosi di trovare pelle morbida e non solo tese fasce di muscoli. Mitsuha si irrigidì come una corda di violino dalla sorpresa, girandosi verso di lui con un’occhiataccia. 

«Si vede come ti reggi in piedi!». 

«Mi-mi hanno spintonato!». 

«E tu spintona di rimando!». 

Le scappò uno sbuffo, ma non lo spinse via, gli prese una mano continuando a camminare. La musica cambiò: dal ritmo martellante di una canzone tecno si passò gradualmente a una melodia elettronica incalzante, tipica delle canzoni anni 80. Mitsuha si girò verso di lui con le stelle negli occhi, nonostante le luci soffuse, unendosi alle urla estasiate del resto del pubblico. Fu scioccato di vedere quell’espressione sul suo volto, la faceva più tipa da black metal, non da- 

«DON’T GO WASTING YOUR EMOTIONS, LAY ALL YOUR LOVE ON ME!». 

Inaspettatamente, la ragazza se lo tirò di nuovo addosso, ma ballando e muovendosi a tempo di musica con gli occhi chiusi. Cantava con tutto il fiato che aveva in gola, in preda ai fiumi dell’alcool senza mai sbagliare una parola o una nota. Ballava agitando i fianchi scoordinatamente da una parte e dall’altra e strascinando con sé il ragazzo, che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, rapito dal suo totale menefreghismo nel muoversi come se ci fossero solo lei e la musica nella stanza. La voce, per quanto riusciva a sentire, era meravigliosa, calda e precisa nell’azzeccare tutte le note, anche le più alte prima del ritornello. 

Gli teneva le mani, sballottandolo da una parte all’altra, se lo tirava addosso, poi lo allontanava, gli faceva fare un giro su sé stesso continuando a cantare, persa nel suo mondo. Dopo un po’ si sciolse anche lui, imitandola sia nel ballare sia nel fregarsene del resto della sala. Le prese una mano e la fece girare per poi riportarsela addosso ridendo, nelle orecchie solo la sua voce e le sue risa, limpide e sincere. Quando se la riportò vicino, rincominciò il piacevole fastidio allo stomaco, che gli faceva formicolare i palmi delle mani a contatto con la striscia di pelle sottile che lasciava scoperta la canotta. Inconsciamente si ritrovò a disegnare piccoli cerchi col pollice, senza un reale motivo. La ragazza aprì gli occhi e li puntò su di lui con uno sguardo che gli fece tremare le gambe. 

Posò anche l’altra mano sul fianco a contatto con la pelle fredda, inconsciamente muovendo il palmo per riscaldarla. Lì dentro si moriva, com’era possibile che fosse così gelida quella ragazza? Lei si mosse senza distogliere gli occhi dai suoi, le iridi erano ormai un lontano ricordo, nascoste dalla pupilla. Gli posò le mani fredde sulle spalle, facendolo rabbrividire ancora di più. Sentiva i muscoli tesi, quasi doloranti in quella piacevole tensione che lo tirava come un elastico verso Mitsuha. Era una sensazione che sentiva da tutta la serata: si sentiva trascinato verso quella ragazza e lui di rimando, per contrastare quella sensazione irrazionale, tirava a sua volta per non farsi trainare. 

Il problema degli elastici è che se tiri troppo, prima o poi si spaccano. 


- SCLERI DELL'AUTRICE -
Due capitoli nel giro di tre giorni? Ebbene, sì! Finalmente l'ispirazione mi è venuta in soccorso e sto scrivendo come una matta!
Per cui, ho deciso di togliere il lunedì come giorno di pubblicazione, anche perché finisco sempre di venerdì i capitoli e mi rode il fegato a non pubblicare, quindi avremo un aggiornamento a settimana, ma completamente randomico!
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo <3,
Giuli.

  
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