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Autore: AlexSupertramp    08/02/2022    0 recensioni
[All of us are dead https://en.wikipedia.org/wiki/All_of_Us_Are_Dead]
Fandom All of us are dead
"Sono passati sette mesi dall'attacco al liceo di Hyosan e On-jo deve fare i conti con la sua vita senza Cheong-san e con la perdita della speranza.
Eppure..."
Come avrei voluto che finisse.
[SPOILER FINALE]
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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[...] And there's no one else
Yes there's no one else
To take care of my soul [...]
Runaway - The Blaze
 

Speranza.
Era sempre l’ultima a morire, dicevano. Se ti sembra che tutto sia perduto, che non ci sia più nulla per il quale vale la pena continuare a vivere, spremi le meningi e trova un barlume di speranza in fondo al tunnel.
Ma se poi morisse anche lei? È l’ultima a morire, ma comunque muore prima o poi.
On-jo se lo ripeteva costantemente. Ogni giorno, mentre girovagava senza una vera meta nel campo dei sopravvissuti, lei si ripeteva quelle esatte parole: la speranza è l’ultima a morire.
E se fosse morta anche lei? Si domandava subito dopo, abbassando il capo e guardando per terra.
Erano trascorsi sei mesi dall’attacco. Due da quando lei e gli altri avevano rivisto Nam-ra sul tetto della scuola, ma continuava a faticare per trovare anche solo un misero barlume di speranza.
Eppure On-jo sentiva che c’era qualcos’altro dentro di lei. Un sentimento che non riusciva ancora a definire, ma che le opprimeva il petto come se fosse un’incudine pesante centinaia di tonnellate.
A volte quell’incudine pesava così tanto che quasi faticava a respirare.
E succedeva che quella sensazione la provasse sempre di notte, quando sdraiata sulla brandina della tenda in cui alloggiava da mesi, ripensava alla sua vita e a quelli che non c’erano più.
Quella notte provò ad immagazzinare più aria del solito, ma le sembrò che i suoi polmoni fossero diventati improvvisamente piccoli e malfunzionanti perché quell’aria di cui aveva così disperatamente bisogno, era stata trattenuta in un punto indistinto tra la gola e il petto. Allora corrugò la fronte, passandovi una mano sopra finché non sentì fredde gocce di sudore rigarle tutto il viso.
Non aveva senso nemmeno stare lì, in quella tenda al buio perché lei in quel momento aveva solo bisogno di una grossa boccata d’aria.
Con un gesto rapido, scostò via la coperta che la avvolgeva e sgattaiolò all’esterno, non curante del coprifuoco o di qualsiasi altro impedimento le avessero imposto quegli stessi soldati che avevano contribuito a tutte le sue morti.
Dopo l’attacco zombie, aveva sempre pensato di essere cambiata e di essere diventata più menefreghista. Almeno quella era la percezione che aveva avuto di se stessa fino a quella notte.
Fece qualche passo fuori alla sua tenda finché non raggiunse il punto in cui tutti i sopravvissuti si riunivano per pranzare o cenare ed entrò nel grande padiglione adibito per l’occasione. Il buio, che fino a qualche mese prima le era sembrato così inquietante, le divenne di conforto.
Quindi si sedette su una delle sedie in plastica e si guardò le dita, senza pensare veramente a venire a capo del suo problema della speranza.
«Anche tu non riesci a dormire?»
On-jo si voltò di scatto verso il punto alle sue spalle da dove proveniva quella voce, ma faticò a riconoscerla. Poi, man mano che quella sagoma si avvicinava, lo riconobbe e il suo cuore rallentò di qualche battito.
«Mh.» mugugnò, ma quella risposta non soddisfece Su-hyeok, che si avvicinò tirando a sé una sedia accanto ad On-jo.
«La notte è il momento peggiore, non credi?»
«Non lo so. A volte mi sembra che non esista un momento peggiore.» replicò, nonostante spesso di notte aveva temuto di non farcela.
«Già. Come te la passi On-jo? Abitiamo nello stesso posto, eppure ci si vede così raramente.» domandò lui, con un sorriso nervoso.
«Be’, la speranza è l’ultima a morire no?» gli rispose, con lo stesso identico sorriso.
«Ho sentito dire che presto ci faranno tornare a scuola… be’ non la vecchia scuola, certo.»
«Immagino.»
«Dovremmo fare come Mi-jin e pretendere l’ammissione all’università. Sembra che nemmeno un’apocalisse zombie ci eviti il diploma.» continuò Su-hyeok, senza riflettere veramente sulle sue parole.
«Ci sei più tornato? Sul tetto intendo.»
Su-hyeok sospirò e le sue spalle seguirono il ritmo dell’aria che fuoriuscì lentamente dai polmoni, soccombendo alla forza di gravità.
«Sì, certo. Ma lei non è più tornata.»
«Be’, sarà molto impegnata ad aiutare gli altri del suo gruppo… Nam-ra è cambiata sul serio e sono convinta che le manchi molto.»
«Già… manca molto anche a me.»
On-jo guardò Su-hyeok attentamente, senza preoccuparsi di essere scoperta. Nel suo sguardo c’era qualcosa che la faceva sentire meno sola e allora la sua mano si mosse, per raggiungere la spalla dell’amico.
«Nam-ra non è morta. Sono sicura che presto tornerà.»
«Hai ragione, Nam-ra è ancora viva.» replicò l’altro con non troppa convinzione, «ma ho come l’impressione che più passi il tempo, più il suo mondo si delinea e più noi ci allontaniamo. Voglio dire, come pensi che possa tornare? Non era così che me la immaginavo la relazione con lei.»
«E chi poteva immaginare una cosa del genere.» disse On-jo, abbandonano la spalla dell’amico. In quel momento l’altro scatto il suo sguardo verso di lei, e le riservò un’espressione di stupore.
«Oh scusami On-jo… non volevo parlare di questo con te.» disse prontamente, ricoprendosi la bocca con una mano. «Io, insomma tu lo sai…»
Ma On-jo sorrise.
«Non preoccuparti, certo che lo so. E poi, non posso fare a meno di pensare a quanto io sia stata stupida. Ma, a quel tempo, certe cose non riuscivo proprio a vederle.»
«Ti riferisci a Cheong-san?»
«Mh.» annuì On-jo con un lento gesto del capo. Ormai, nell’udire quel nome, le sembrò di aver perso di nuovo la forza di alzare gli occhi e guardare Su- hyeok.
«Lui è…»
«Lui è morto, Su-hyeok. E io sono stata una sciocca.» gli fece eco, mentre la sua mente volava via verso un passato che non sarebbe mai più tornato.
A quel punto On-jo non si accorse nemmeno del silenzio che era calato tra lei e il suo compagno di sopravvivenza. Le sembrò improvvisamente che tutto era svanito, che la speranza ormai era morta e che era rimasta sola, finché non sussultò quando l’altro le sfiorò la spalla con una mano.
«Perché non provi a sfogarti un po’?»
«Sfogarmi? E come?» gli chiese, spostando lo sguardo verso di lui. Allora Su-hyeok si grattò la nuca e cercò un punto fisso dove guardare e cercare un qualche tipo di ispirazione.
«Non lo so…» disse lui, scrollando le spalle, «credo che ognuno lo faccia a modo suo.»
Poi tirò su col naso e guardò in basso «Io… noi, ci siamo sempre On-jo.»
On-jo non diede veramente un peso a quelle parole, ma quando il suo amico si sentì abbastanza sicuro nel lasciarla nuovamente, e tornare alla sua brandina, le venne sulle dita una strana frenesia. A quel punto cercò un supporto, della carta, qualsiasi cosa su cui scrivere, ma nonostante quel posto fosse pieno di cianfrusaglie non riuscì a trovare quello di cui aveva bisogno. Decise allora che il suo cellulare, quello che il dipartimento di sicurezza le aveva dato poche settimane dopo il loro arrivo al campo dei sopravvissuti, le sarebbe andato bene e aprì una nota sui cui iniziò a digitare con una punta di titubanza.
“Ciao… Cheong-san” digitò, per poi interrompere le dita e la loro furia improvvisa.
Cosa diamine stava facendo?
Poi le sue mani ripresero, come se una parte di sé aveva ormai preso il sopravvento e aveva deciso di non voler più star zitta.
“Sto scrivendo su un cellulare, perché qui non riesco a trovare nemmeno un minuscolo pezzo di carta. Buffo non trovi? L’ultima volta che ci siamo visti eravamo a scuola, e lì la carta non manca di certo.”
On-jo si interruppe nuovamente, rileggendo velocemente quelle due righe parallele piene zeppe di parole senza senso. A che cosa serviva scrivergli, se poi lui non le avrebbe mai lette?
Eppure.
“E sono al buio, nella grande tenda in cui mangiamo tutti insieme, noi sopravvissuti all’attacco zombie. Noi sopravvissuti, ma tu non ci sei.
Avresti dovuto essere qui insieme a noi, perché era quello il tuo posto, brutto stupido. E invece non mi ascolti mai. Perché non mi hai dato ascolto?”
On-jo aveva iniziato a digitare così velocemente, sbagliando alcune parole di tanto in tanto, senza curarsi minimamente delle lacrime calde e salate che le stavano rigando il viso. Ora, scrivere quella specie di lettera, le sembrava essere diventato essenziale. Nonostante lo sguardo che iniziava a divenire offuscato.
“Perché hai deciso di andare via di testa tua, senza nemmeno darmi il tempo di dirti quello che avrei voluto? Io voglio parlarti Cheong-san, e non voglio aspettare a domani o alla prossima settimana. Voglio farlo ora perché questo silenzio mi sta schiacciando. E più vado avanti, più tu non ci sei e più lui mi schiaccia. Mi manchi come non avrei mai potuto pensare fino a sette mesi fa… ma non è solo questo. La mancanza… il fatto che tu non ci sia più e che un pezzo di me è venuto via con te, tutto questo io posso gestirlo. Non posso superarlo, quello mai credo… ma posso gestirlo Cheong-san.”
Le lacrime ormai avevano preso il sopravvento e On-jo non riusciva più a distinguere le parole corrette da quelle sgrammaticate, a causa della velocità con cui le sue dita stavano digitando sulle note del suo cellulare. Ma, nonostante tutto, sentiva l’assoluta necessità di continuare perché, finalmente, le sembrava di riuscire a respirare, almeno un po’.
“Quello che mi tormenta Cheong-san, ciò che mi sta facendo impazzire di dolore e questa assoluta impossibilità che ho di poterti dire ciò che sento e questo assillante senso di rimpianto che provo appena riapro gli occhi al mattino e mi domando: perché, quando ti ho visto per l’ultima volta, non ti ho detto nulla? A te magari è bastato così, ma a me no. E lo capisco solo ora, che sciocca vero? Solo adesso, che non c’è più modo, mi rendo conto di quello che avrei voluto dirti e che adesso mi manchi come l’aria.”
On-jo, in quell’istante, fece un profondo respiro e alzò la testa al tetto della tenda. Le sue dita si erano arrestate e avevano allentato la presa sul cellulare che, lentamente, si stava lasciando andare verso il suo grembo. Anche le lacrime si erano interrotte e lei, ormai, riusciva a vedere tutto in maniera più chiara. Finalmente era riuscita a dare un nome a quel sentimento che provava e che la stava divorando da dentro.
A quel punto si alzò da quella sedia e si incamminò verso il bosco, calpestando alcuni rami secchi finché non raggiunse il punto in cui si recava ogni sera per lasciare qualcosa al ricordo dei suoi amici caduti per sempre.
Da lontano riusciva a distinguere chiaramente la moltitudine di snack, caramelle e giochi che lei e i suoi amici avevano accumulato alle pendici di quell’albero da mesi.
Fece qualche passo stringendo il cellulare tra le mani, e non pensò nemmeno per un istante a quanto quel gesto potesse risultare stupido: lei aveva bisogno che lui sapesse, anche se non lo avrebbe saputo mai.
Cheong-san era morto, ma il suo ricordo e quello che lui era sempre stato per lei doveva restare vivo per sempre. Allora fece qualche passo fino a quando non raggiunse quell’albero, le cui foglie timide iniziavano a spuntare finché presto non avrebbero ricoperto anche i nastri che avevano legato ai rami. Quello per I-sak, Nam-ra e Cheong-san.
Poi On-jo si accorse di qualcosa.
Quel nastro giallo che aveva stretto con la forza delle sue dita molti mesi prima, non c’era più. Lei pensò subito al vento o a qualche animale del bosco che lo aveva strappato senza alcun motivo logico. Eppure gli altri due erano ancora lì.
Non seppe spiegare ciò che provò in quel momento, ma quando il suo sguardo si abbassò ai piedi di quell’albero pensò che sarebbe svenuta probabilmente, perché le gambe le erano diventate deboli come due rametti secchi in pieno autunno.
Nonostante i bordi leggermente anneriti, il nome di Nam On-jo si leggeva ancora benissimo sulla targhetta rossa della loro vecchia divisa scolastica che lei stessa gli aveva dato.
«Cheong-san…» mormorò, spostando lo sguardo in ogni dove. Poi, finalmente riuscì a riempire i polmoni d’aria.
«Cheong-san!» urlò, con la gola stracolma di speranza.
 


 *Note d'autrice*
Ciao a tutti, rieccomi dopo mesi e mesi di morte apparente e, udite udite, in un altro fandom (che in realtà non esiste nemmeno xD).
Be' che dire, mi sono appassiona così tanto a questa serie e ai personaggi che ci ho addirittura scritto su. Ma, vedete, il finale mi ha talmente distrutta che non potevo non ricamarci su qualcosa di alternativo, perché la speranza DEVE essere l'ultima a morire. Anzi, meglio se non muore proprio. Ci vorrebbe un Cheong-san per ognuno di noi ecco.
Non so se ci sarà mai qualcuno a leggere questa one shot, ma spero che in qualche modo mi facciate sapere di essere passati da queste parti.
Un bacio 
Alex
 
 

 
   
 
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