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Autore: SidV    08/02/2022    1 recensioni
Non sono capace di innamorarmi. Lo so bene.
Anche se, all'epoca, non riuscii a farne a meno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Kaede Rukawa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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capitolo 10
 
Tengo stretta la palla tra le mani e la faccio ruotare paio di volte, prima di stringerla nuovamente, giusto per testare la resistenza del mio polso e, fortunatamente, sembra non darmi alcun problema. Trattengo un sospiro di sollievo e comincio a palleggiare con la mano tornata sana.
- cerca di non strafare per il primo giorno, Rukawa -
Mi volto molto lentamente verso Miyagi e credo che il modo in cui lo guardo, con un totale disinteresse per le sue parole, sia sufficiente a chiarirgli quella che sia la mia posizione in merito. Col cazzo, è un mese che sono quasi del tutto fermo, ho saltato tre partite e una amichevole, ho praticamente lasciato l’impronta del mio didietro sulla panchina e credo di dover fare un salto dal dentista tanto ho rosicato lì fermo e inutile. Un mese di energie sprecate da buttare fuori, prima che io esploda.
Il capitano ridacchia, alzando le spalle - come non detto. Va bene gentaglia, visto che il nostro asso è tornato in forma, vediamo di controllare se ci è ancora di una qualche utilità - interrompe il degno compare dai capelli rossi prima che abbia il tempo di lamentarsi - certo, Hana. Scusami… volevo dire il nostro asso di riserva -
Mi stiracchio un po’ il collo ignorando le loro dinamiche di gruppo, mentre ognuno comincia a prendere posizione in campo per una partita di allenamento. Sento già la mia pelle scaldarsi appena e un piacevole brivido di piacere mi scorre lungo la spina dorsale, come ogni volta che ho la possibilità di confrontarmi con qualcuno a basket. é una sensazione impagabile, che solo questo sport era stato in grado di darmi.
Almeno fino a ieri notte. Perché, cazzo, stare dentro di lei è una sensazione ancora migliore. Non paragonabile a nulla… forse solo come battere Sendoh, ma non ancora… forse come essere convocato in nazionale giovanile, ma non ancora…
- questa è la tua -
Alzo lo sguardo dalle mie scarpe e trovo quello di Izumi a pochi passi di distanza, le mani tese ad allungarmi una casacca arancione. I suoi occhi però non mi guardano affatto, sembra invece tremendamente distratta dall’osservare il fratello discutere ancora con i compagni di squadra su chi sia il migliore tra noi due.
Quando mi sono svegliato stamattina, decisamente troppo presto per i miei standard, ho trovato il letto vuoto e freddo e Izumi seduta difronte alla vetrata che da sul cortile avvolta solo in un accappatoio bianco in spugna. Mio suppongo, almeno da quanto le stava grande e le scivolava sulle spalle lasciandone una scoperta e i capelli ancora umidi dalla doccia appena fatta, intenta a sorseggiare qualcosa di caldo da una tazza. Sicuramente caffè considerando quanto a lei piaccia quella brodaglia infernale. Non ho mai visto nessuno consumarne neanche la metà di lei, ma credo questo spieghi in parte anche il perché della sua personalità quantomeno nevrotica. Lo ammetto, sono rimasto a spiarla non so neanche dire quanto ma c’era qualcosa nell’immagine di lei persa palesemente nei suoi pensieri, seminuda e stranamente silenziosa, chi mi aveva impedito di emettere alcun suono, come per non disturbarla. So solo che sentivo di nuovo qualcosa premermi forte al centro del petto, come una massa a fare pressione per togliermi il respiro. Un infarto, molto probabilmente. Da quando la conosco quella dannatissima ragazza ha quasi distrutto il mio sistema nervoso, mi ha reso monco, tolto il sonno… pertanto non me la sento proprio di escludere anche quella possibilità. Quando finalmente si era resa conto del fatto fossi sveglio, Izumi non si era comportata nel solito rumoroso e saccente modo, piuttosto era rimasta mansueta, accennandomi solo un sorriso e consigliandomi di sbrigarmi a fare una doccia che tra non molto avrei dovuto essere in ospedale a togliere le bende al polso e che lei mi avrebbe accompagnato, prima di tornare scuola, per assicurarsi andasse tutto bene. Alla fine poi è rimasta fino alla fine, seduta zitta su una sedia accanto al medico, attenta ai suoi movimenti come una studentessa modello. Una volta libero siamo tornati a scuola in bici e, arrivati davanti alle nostri classi, lei mi ha semplicemente salutato con un discreto “ci vediamo ad allenamento”. Solo qualche ora dopo, ossia quando anche il mio cervello è riemerso dal modo dei sogni, ho realizzato parecchie cose.
Izumi non mi ha detto buongiorno. Nè si è accoccolata nel letto con me, come invece nelle ultime settimane non aspettava altro che fare, la maggior parte delle volte fregandosene altamente del mio bisogno di spazio vitale. Mi ha si preparato la colazione, ma non si è insistentemente preoccupata io finissi quella poltiglia che lei definisce nutrimento come sempre aveva fatto. In bicicletta non ha appoggiato la schiena al mio petto, i suoi capelli non mi hanno sventolato in faccia tutto il tragitto anzi, è rimasta ben dritta e li ha legati una stretta treccia. Non mi è venuta a cercare a pranzo e sono rimasto seduto sul mio banco come un coglione ad aspettarla… poi mi sono anche addormentato, ma questo non c’entra. Finite le lezioni non era fuori dalla mia aula, non abbiamo fatto la strada insieme fino agli spogliatoi, non ha cercato di entrare nel mio per aiutarmi a cambiarmi, non mi ha chiesto se ho bevuto a sufficienza almeno cento volte, non mi ha detto di non esagerare, non mi urlato dietro minacce, non mi ha insultato neanche una volta.
Non mi ha baciato.
- stai bene? - le domando quasi irritato. Ma davvero ora io non sto affatto capendo questo ennesimo cambio di atteggiamento da parte sua.
Annuisce in modo sbrigativo, dandomi velocemente le spalle ma non prima che io non riesca a notare un leggero pallore sul suo viso - si, ho solo dormito poco stanotte -
Inarco un sopracciglio, guardandola andare via e mettersi a parlare con una Ayako lei stessa intenta guardare un po’ me un po’ Izumi come se condividesse la mia perplessità. Ieri sera, dopo… credo di essermi addormentato praticamente subito. Ricordo solo le gote arrossate di lei, il suo respiro ancora corto e di averle tolto alcune ciocche di capelli dal viso. Poi forse le ho baciato la spalla nuda. Infine buio totale. Pertanto comincio sul serio a domandarmi cosa possa essere successo in quello scarso intervallo di ore di sonno per averla fatta mutare in modo così drastico. Certo, l’essere tendente al bipolarismo in Izumi non è nulla di nuovo, ma almeno solitamente non perde occasione per farti notare le tue mancanze, i tuoi errori o anche solo la tua presenza in quel momento nel posto sbagliato.  
- hai un colorito terribile -
Sbuffa - sei carino a farmelo notare - dice, prima di darmi le spalle e tornare verso le panche, proprio un secondo prima che il capitano dia inizio alla partita.
Mi infilo velocemente la casacca, auto convincendomi del fatto alla fine a me non me ne importi proprio nulla dell’umore instabile della pazza, che la cosa non mi riguarda e che ora finalmente posso tornare a giocare, e che quindi da adesso sarà tutto di nuovo meraviglioso. Se poi suo fratello decidesse anche di cadere male e spaccarsi ancora la schiena, sarebbe pressoché perfetto.
Invece, siccome non sia mai io abbia una buona giornata, l’idiota mi ricompare davanti saltando come la scimmia che è cercando di fermare il mio tiro da sotto canestro. Fan culo, penso, e gli mollo una spallata, evitandolo è andando a segnare. Era necessario? No. Il fatto che di cognome faccia Sakuragi come quella dannatissima ragazza c’entra qualcosa? Probabile. Mi sento meglio? Diavolo, si.
- ehi Rukawa! - mi urla dietro Miyagi - datti una calmata! -
Ignoro lui e il rosso, mentre credo stia cercando di saltami addosso per ammazzarmi, con Mitsui che lo tiene fermo per le spalle, blaterando un qualcosa tipo “lascialo perdere, Hana… sai come è fatto” e faccio cenno a una matricola di passarmi velocemente la palla, che non ho alcuna intenzione di perdere altro tempo a discutere con simili imbecilli. Con la coda dell’occhio guardo distrattamente verso il lato della palestra dove stanno il Mister e le manager e, a parte Ayako che sbraita a tutti di comportarsi da professionisti, quando è chiaro sarebbe lei la prima a dover dar retta ai propri consigli, noto Izumi appoggiata al muro alle sue spalle, il capo chino a guardarsi i piedi e un colorito insolitamente pallido sul suo viso. Faccio appena in tempo a dirmi per l’ennesima volta di piantarla di badare alle sue stranezze, quando la vedo posarsi una mano sulla fronte, emettere un lungo respiro, e cadere a terra. Ed è strano, perché più di una volta l’ho sollevata e Izumi non pesa assolutamente nulla eppure il suo corpo emette un sonoro “tunf” toccando il palchè. Così penso che magari ha sbattuto la testa. Che li pavimento dev’essersi fatto davvero male. Che sicuro sul fianco le spunterà un bel livido violaceo. Che capelli le si sono sciolti e le coprono tutto il viso, che però sono morbidi. Che a me alla fine non dispiace averli addosso. Che lì sdraiata sembra una bambina. Che non si muove, e lei si muove in continuazione.
Che la voglio. Ancora e ancora.
 
Noi Sakuragi siamo sempre stati una razza tremendamente energica. Lo è la nonna ad oggi, con i suoi quasi ottant’anni, sempre pronta a cucinare per un esercito, con i suoi panni per pulire in mano e la ciabatta pronta ad essere sbattuta sulla mia testa se faccio qualcosa di sbagliato. Mia madre è un generale dell’esercito, perennemente sotto esercitazioni, dura e inflessibile. Papà… lui non è sicuramente mai stato un gran lavoratore, ma sicuramente dedicava tutte le sue infinite forze alle donne e al far festa con gli amici fino a tarda notte. Non era mai cresciuto, dicevano le donne di casa, ma personalmente non ho mai avuto alcuna difficoltà con la cosa. Sarà che è stato lui ad insegnarmi a combattere, è stato lui a recuperarmi per la collottola di peso quando litigavo con ragazzi molto più grandi e mi facevano il culo, era lui ad arrivare in presidenza a discutere con gli insegnati, per finire poi con il farsi una sonora risata e dire che alla mia età era più che sano azzuffarsi, che avrebbe temprato il carattere. Izumi poi è sempre stata la macchina da guerra di casa. Instancabile, quella riusciva ad essere impeccabile a scuola, nelle risse, nell’aspetto indipendentemente dalla situazione. Izumi è un capo branco, dritta come un treno, fermamente convinta di essere immortale e di avere sempre ragione, prevalere su di lei è praticamente impossibile. Abbatterla, ancora peggio. Quando i nostri genitori si sono lasciati lei ha fatto velocemente le sue borse, seguendo mamma e dicendomi di non preoccuparmi, che ci avrebbe pesato lei a rimetterla in sesto, che io avrei dovuto solo cercare di non finire in galera con papà. Quando poi lui è morto, il giorno dopo Izumi era davanti alla porta della nonna con ancora le sue trecento valige intorno, sguardo combattivo e, seria come non mai, si è occupata di sistemare tutti i documenti e organizzargli un funerale decente. Mi aveva scaricato dei gran calci negli stinchi quando ho solo provato a deprimermi, urlandomi contro che “non c’è tempo per questo. Qui ora bisogna vivere anche per lui, fare un gran casino e dimostrargli che i suoi figli possono arrivare fottutamente in alto”. Per tutti questi motivi non mi sono mai preoccupato per lei. Però ultimamente la nonna me lo diceva che la vedeva stanca, che era pallida e che c’era qualcosa di strano in mia sorella. Personalmente non l’ho assolutamente notato, ma sono una vera capra in sensibilità. L’infermiera della scuola ha parlato di sovraffaticamento, ma davvero ancora non posso credere a quella parola affiancata al nome di Izumi. Però è successo sul serio, è caduta come un sacco di patate ad allenamento, svenuta dal nulla. Non me ne ero neanche accorto all’inizio fosse accaduto qualcosa, ero troppo occupato ad arrabbiarmi non ricordo eppure più per cosa e quando ho sento il botto della caduta pensavo fosse semplicemente cascato a terra qualcosa di pesante. Che poi era pure vero, solo che quel qualcosa era mia sorella. Non fosse stato per l’urlo di Ayako ci avrei messo probabilmente altri minuti ad accorgermene. Beh, forse no. Perché lo scatto di Rukawa… ecco, quello non l’avrei mai potuto non vedere. Perché quello si muove sempre a rallentatore, tranne che in campo. E la palla l’aveva in mano un altra persona pertanto non poteva essere stesse scattando verso una azione. L’idiota ha corso come farebbe solo per andare a schiacciare a canestro verso di lei, l’ha presa in braccio come se non pesasse nulla ed è partito verso l’infermeria senza guardarsi indietro. Ammetto che siamo rimasti tutti come raggelati alla scena, più dalla reazione di lui che da mia sorella svenuta sul pavimento. Era preoccupato, tremendamente preoccupato. Era se possibile più pallido del solito e quando, pochi minuti dopo sono arrivato pure io a controllare cosa diavolo fosse successo a Izumi, lui era ancora accanto al suo letto, quasi l’infermiera avesse fatto fatica a fargliela posare sul lettino, duro come un albero e con la mascella talmente tirata che sembrava stesse per staccarsi dalla sua faccia.   
- quindi è solo stanchezza? - domando, continuando comunque a guardare un po’ Izumi, appoggiata a un paio di cuscini di nuovo sveglia, intenta a sorseggiare un intruglio dall’odore terribile che dovrebbe essere rigenerante.
- non sembra avere altri sintomi. Per sicurezza puoi fare un controllo in ospedale, ma personalmente non credo ti sia necessario. Hai avuto molto stress negli ultimi tempi? -
Lei alza appena un sopracciglio, spiando Rukawa da sopra il bicchiere - un po’ -
- allora pensa solo a rallentare un pò, cara. Vedrai che in un paio di giorni sarai come nuova -
- non si può tenere sotto morfina per almeno un mese, invece? -
- vai al diavolo, Hana! -
Vista l’intensità del suo insulto decreto che stia effettivamente molto meglio e mi auto incarico di andare a recuperare le sue cose nello spogliatoio femminile, lasciando la coppia degli incubi da sola. Non so perché ma ho la sensazione che si stiano per scannare a vicenda, stando almeno da come si guardano. Izumi probabilmente dà la colpa interamente a lui dell’essere stramazzata a terra, sfinita dall’essersi presa cura di un simile cretino. Rukawa… boh, lui effettivamente non so perché lo faccia e sottolineo il fatto la sua espressione non sia poi così diversa dalla solita, ma forse è arrabbiato con lei perchè gli ha fatto perdere l’allenamento. O forse, e sarebbe ancora peggio, sta così perché si è davvero preoccupato. La cosa mi procura una nausea terrificante, a dirla tutta.
Quando finisco di raccattare tutte le cianfrusaglie di mia sorella, facendo per tornare verso l’infermeria, mi imbatto in Harukina cara che corre tutta infervorata nella mia stessa direzione.
- ho appena saputo! Come sta Sakuragi? -
- luce dei miei occhi! Anche oggi sto in splendida forma, non lo vedi tesoro? -
- ma non tu! - quasi mi urla addosso. Comportamento estremamente anomalo per lei, sempre così misurata - sto parlando di Izumi! -
- ah! - sbuffo, assolutamente geloso che il motivo della sua fretta non sia precipitarsi tra le mie braccia - quella sta benone. Dicono fosse solo un po’ di stanchezza, ma secondo me è solo il diavolo che è uscito dal suo corpo stufo marcio del suo caratteraccio -   
Sospira profondamente, posandosi una mano sul cuore, con il suo solito atteggiamento estremamente femminile - che sollievo -
Le sorrido, mettendole una mano sulla spalla e camminando piano accanto lei, improvvisamene io stesso più sereno, come ogni singola volta che ho l’opportunità anche solo di passeggiarle accanto.
“Grazie al cazzo, dovresti solo baciare dove cammina quella creatura soave che inspiegabilmente si accompagna a un caprone come te” mi sbraita nella testa la voce soave di mia sorella.
La mando mentalmente al diavolo e faccio per aprire la porta dell’infermeria quando la mano di Haruka mi blocca il polso e sto per domandarle che succede quando da dentro sento alzarsi la voce di Rukawa.
- che diavolo significa? -
- quello che ho detto, Kaede. Sono stanca. Questo gioco ormai è diventato troppo impegnativo, non mi va più di continuare -
- era un gioco? -
- era solo una scommessa, no? Me l’hai chiesto tu stesso quando potesse terminare più volte, pertanto eccoti accontentato -
Sento come un rumore di stoffa smossa malamente e immagino lui abbia scostato la tendina in malo modo - non farla passare come se fosse una decisione mia! -
- perché, la cosa cosa non ti sta forse bene? Preferisci continuare a essere il mio ragazzo? -
- non ho detto questo! -
Izumi sospira talmente profondamente che la sentiamo da qui. Faccio per entrare e dividerli ma Haruka me lo impedisce, trattenendomi accanto a lei e facendomi cenno di no con il capo, sul viso una espressione terribilmente tesa.
- e allora cosa vuoi da me, Kaede? Non vuoi essere il mio ragazzo, non vuoi che io la chiuda qui… cosa dovrei fare secondo te per farti finalmente felice, oh mio principe? -
C’è una lunga pausa di silenzio, talmente lungo da farmi scendere dei brividi lungo la schiena, come se l’aria pesante che ci deve essere lì dentro coinvolga anche noi fuori.
- e tu cosa volevi ottenere da tutto questo, Izumi? -
La sento ridacchiare e, se non la conoscessi talmente bene da farmi paura da solo, potrei anche pensare che lei sia effettivamente divertita dalla cosa, ma riconosco nel suo tono qualcosa di estremamente costruito, come se ogni singola parola o suono esca ora dalla sua bocca sia studiato a tavolino per farla apparire in un certo modo.
- immagino volessi solo farti un dispetto e divertirmi un pò. Ora però la cosa penso sia durata a sufficienza e comincia davvero a tediarmi questa routine. Rallegrati, sei finalmente libero! -
- molto bene - dice l’altro, il tono di voce piatto - vaffanculo Izumi -
I passi di lui veogono verso la nostra direzione e facciamo appena in tempo ad allontanarci di qualche metro prima che lui apra la porta e ci becchi in pieno a origliare. Sto per dirgli qualcosa del tipo “grazie a dio non sei più mio cognato” consuma sonora risata ma lui ci sorpassa non degnandoci di uno sguardo. Il che alla fin fine non è per nulla male, stando almeno dall’espressione truce che aveva stampata in faccia. La stessa di quando abbiamo perso la partita contro il Kainan l’anno scorso.
Fisso per alcuni lunghi secondi la sua schiena allontanarsi lungo il corridoio prima che Haruka mi faccia segno di seguirla dentro la stanza. Dell’infermiera non c’è l’ombra, mentre mia sorella ne sta ancora seduta sul bordo del letto, i piedi scalzi che sfiorano il pavimento, le mani occupate a tirarsi una ciocca di capelli e lo sguardo perso fuori dalla finestra, dove i tiepidi raggi di fine novembre ancora illuminano la stanza di un bel arancione.
- hai preso tutto? - mi manda subito, senza voltarsi verso di noi.
Annuisco anche se lei non mi più vedere - va tutto bene? - chiedo titubante, perché nella sua schiena rigida c’è qualcosa che non mi convince per niente.
- ovviamente. Ora passami i miei vestiti, non ne posso più di stare qui seduta e improduttiva -
Le allungo la borsa con tutte le sue cose e solo adesso Izumi si gira verso di noi e il suo viso è ancora pallidissimo e i suoi occhi non mi sono mai sembrati così distanti dalla realtà come ora. E lei è una delle persone più concrete io conosca.
- lo hai lasciato per davvero? - chiede Haruka, facendo un passo avanti e avvicinandosi a lei, il tono di voce basso e delicato, come se avesse lei stessa paura d esprime i suoi pensieri.
Izumi invece alza le spalle in modo sbrigativo - già -
- posso chiederti come mai? - insiste con delicatezza però la mia ragazza.
Lei sbuffa - perché è terribilmente stancante vivergli accanto! Sono addirittura svenuta a forza di stargli vicino! Figurati se devo rinunciare alla mia salute mentale e fisica solo per una stupida scommessa! Che poi a dirla tutta stava diventando fin troppo noiosa la cosa, ormai non c’è più nessun motivo per tirarla avanti più di così. In più lui non è poi così interesse, sai? Praticamente un principino viziato all’inverosimile, abituato ad averle sempre tutte vinte. é stato divertente solo il primo periodo. Ma adesso? Per carità mai più, che continui libero per la sua strada nella speranza sia il più possibile lontano dalla mia perché anche solo condividere l’ossigeno con un simile musone mi mette addosso tristezza e rammarico e mi si contorcono le budella. Non ho intenzione di perderci un secondo di più dietro... cioè, ti pare che una come me… -
- Izumi? - dico, interrompendo il suo delirate monologo.
- che vuoi, Hana? Muoviti perchè devo fare assolutamente pipì e non ne posso più di questo odore di ospedale -
- perché ci stai mentendo? -
Ed ecco finalmente che si decide a guardarmi negli occhi e i suoi sono davvero enormi, arrossati e lucidi. Sembra spaesata, giovane, fragile e boccheggia anche prima di provare  sorridermi, sicuramene per tentare di mentirmi di nuovo propinandomi un “ma che dici, scemo?”. Ma non ci riesce, credo alla fine la stanchezza abbia definitivamente ragione su di lei perché abbassa il capo fino a posarlo sul mio petto sfinita, mentre le sto piantato davanti a guardarle la nuca. Le sue spalle cominciano a tremare in modo quasi impercettibile, così le poso una mano sulla spalla, avvicinandomela ancora un po’. E per un attimo mi chiedo se è sempre stata così fine, se è semper stata così magra e se mai mi ero veramente reso conto alla fine mia sorella sia davvero solo una ragazzina.
- ti sei innamorata di lui, non è vero? -
Ed è esattamente alla domanda di Haruka che comincia a piangere, artigliando la mia maglietta.


 
  
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