Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Juliet8198    09/02/2022    3 recensioni
Seokjin era l'ombra di se stesso dall'incidente. Un anno di terapia. Un anno di depressione clinica. Un anno in cui la sua personalità brillante e perennemente concentrata sul lato positivo della vita si era spenta come una candela, lasciando dietro di sé solo un fantasma che i suoi amici non riuscivano a riconoscere. Dall'incidente, la solitudine a cui il destino lo aveva sottoposto pesava su di lui più di quanto avrebbe potuto prevedere.
Yona aveva imparato sin da piccola a non credere nei legami a lungo termine. Quale significato aveva trovare la propria anima gemella? I suoi genitori avevano divorziato pur essendo fatti l'uno per l'altra e lei aveva una vita perfettamente felice pur non potendo congiungersi con la sua metà. Aveva imparato che la solitudine a cui il destino l'aveva sottoposta dalla nascita non le avrebbe impedito di diventare una persona completa.
Una scatenata insegnante di inglese, inguaribile nerd e sfegatata amante di musical dai discutibili metodi didattici, riuscirà a scuotere una persona così persa nella propria solitudine e a salvarla da se stessa?
SOULMATE AU
Quarto libro del JU
Questa storia fa parte di un universo integrato. Non è però necessario aver letto
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yona strinse le labbra nervosamente mentre solo un silenzio tombale le rispondeva dall'altoparlante del telefono. Ma si rese conto che la domanda le era rigirata in testa più volte di quanto avrebbe voluto ammettere. A ogni appuntamento fallito, a ogni relazione terminata, la domanda si faceva sempre più pressante. 

 

Ne valeva ancora la pena? 

 

E lei? Lei ne valeva la pena? 

 

-Yona, che cosa ti frulla nel cervello?

 

La donna non riuscì a rispondere. Si morse il labbro inferiore mentre un circolo vizioso ricominciava a vorticare nella sua testa, incatenandola in un percorso senza fine che tornava sugli stessi soliti punti che aveva cercato di combattere nel corso degli anni. 

 

Il fallimento. 

 

La paura. 

 

La rabbia. 

 

I comportamenti autodistruttivi che ne conseguivano, sempre. 

 

-Yona, ascoltami bene. Hai avuto una settimana stressante, con un grosso cambio di routine. È normale che tu ti senta spaesata e che, insieme alle altre cose che si sono susseguite, tutto ciò ti abbia mandato in crisi. Ma questo non vuol dire che hai perso. 

 

La donna ispirò aspramente con il naso, stringendo le dita sul volante fino a che la pelle non perse il suo tipico tono caldo per sbiancare in maniera disturbante. Inserendo la freccia con un gesto secco, fece accostare la macchina lungo il ciglio della strada, attivando le quattro frecce mentre abbandonava il capo sulle sue mani. 

 

-Yona? Yona, parlami, ti prego. 

 

Le dita passarono sul suo volto accartocciato, ignorando il trucco che ne decorava gli occhi per stropicciarsi le palpebre. 

 

-Cho... io... non voglio tornare al punto di partenza. 

 

La donna sentì le labbra tremare debolmente nonostante la presa dei suoi denti. Nella sua visuale oscura, apparve il riflesso di una ragazza incastrata in un'espressione annoiata, intrappolata in un corpo che odiava e che seppelliva sotto felpe extralarge e un cipiglio iracondo. Quella ragazza amava la compagnia ma non poteva fare a meno di odiare la sensazione di estraneità dal mondo che la circondava. La ragazza nella sua visione era seduta fra i suoi amici intenti a scambiarsi la sigaretta accesa, l'unica distrazione che riusciva a seppellire la rabbia e l'odio dentro di lei.

 

Auto sabotaggio. 

 

Questo era il suo metodo preferito quando sentiva che qualcosa non funzionava. Allontanava gli amici che si avvicinavano troppo, allontanava i genitori che le avevano causato solo sofferenze e allontanava anche la terapista che cercava di penetrare attraverso la sua barriera di rabbia. Allontanava quegli uomini che sembravano promettenti con scuse e cavilli. 

 

Quanto tempo c'era voluto per imparare a non boicottare la sua stessa vita? 

 

E in quel momento... stava crollando di nuovo. 

 

-No, tesoro, non stai tornando al punto di partenza. Sei stanca e forse un po' scoraggiata e hai un momento di debolezza, che è perfettamente normale per ogni essere umano. Non possiamo sempre essere al cento per cento, a volte il nostro umore prende una piega negativa e va bene così. Dobbiamo imparare ad accettare questi momenti quando arrivano e non viverli come una sconfitta. Dobbiamo viverli semplicemente per quello che sono: momenti. Come sono venuti, così se ne andranno. 

 

Yona deglutì debolmente, emettendo un mugolio che doveva indicare la sua comprensione. Le dita, però, erano ancora pressate sul suo viso. 

 

-Ora, però, voglio che torniamo alla domanda iniziale: che cosa ne vale ancora la pena?

 

La donna sollevò finalmente il capo, scrutando lo schermo del suo telefono che indicava la chiamata in corso. Incrociando le braccia sul volante, appoggiò la guancia su di esse cercando di rilassare il busto. 

 

-Provarci ancora?- chiese con voce flebile.

 

-Mettersi in gioco?- aggiunse in un sussurro quasi inaudibile. 

 

-Oppure quello che intendi è se tu ne vali ancora la pena- replicò dolcemente la voce di Cho. Yona, a quelle parole, strinse nuovamente gli occhi.

 

-Yona, hai ancora quel quaderno per l'esercizio che ti avevo assegnato? 

 

La donna allungò le labbra in un broncio, mugolando un assenso mentre i suoi occhi cadevano sulla sua borsa. Anche se la imbarazzava, se lo portava sempre dietro. 

 

-Bene, allora voglio che tu adesso vai a casa, prendi il quaderno e scrivi almeno cinque punti. E quando hai fatto e ti sei calmata, mi richiami così puoi raccontarmi per filo e per segno i dettagli del nuovo maschione su cui hai messo gli occhi. 

 

Yona riuscì a distendere le labbra in un sorriso accennato. Allontanandosi dal volante, si abbandonò contro il sedile e spense le quattro frecce. Ingranando la marcia, diresse la vettura verso il centro della strada mentre sospirava. 

 

-È un mio studente, Cho. Non posso uscire con uno studente. 

 

Uno sbuffo incredulo esplose dall'altoparlante del telefono. 

 

-Balle. Lo hai già fatto in passato, perciò non vedo come mai dovresti iniziare a farti il problema ora. 

 

Yona strinse le labbra. 

 

-È un idol- disse seccamente allora. Giusto, era un idol. Una vita troppa complicata in cui immischiarsi. Giusto. Un'altra ragione per cui questa cosa non poteva iniziare. 

 

-Bene, vuol dire che sarà un gran bel pezzo di umanità. 

 

La donna riuscì a trattenere la risata dalla sua bocca, ma non riuscì a contenere lo sbuffo che uscì dal suo naso. 

 

-Beh... su questo non posso controbattere. È un gran bel pezzo di umanità. Il migliore di quelli che mi sono passati sotto mano finora.

 

Cho emise un verso soddisfatto. 

 

-Bene, è fatta quindi.

 

La donna, però, scosse il capo seppur nella solitudine della sua vettura. 

 

-Penso che... penso che abbia dei problemi di qualche tipo. Non ne sono sicura, ma ho l'impressione che abbiano a che fare con il legame o con la sua anima gemella. Sembra... una cosa complicata. 

 

Giusto. Era complicato. Troppo complicato. Andarsi a infilare in una situazione simile poteva richiedere una notevole dose di energie emotive da parte sua, energie che già aveva esaurito tre relazioni prima. Perciò, non poteva funzionare. Non poteva. 

 

-Yona, come ti sentiresti se qualcuno decidesse di non darti neppure una chance perché la tua situazione è "complicata"? 

 

La donna corrugò le sopracciglia. Ok, il ragionamento aveva senso. 

 

-Io... 

 

-Tu stai cercando di convincerti a rinunciare ancora prima di avere provato. Ti stai sabotando, tesoro. 

 

Yona non disse niente. Osservando le luci del semaforo riflesse sull'asfalto umido, cercò di annullarsi in quelle righe confuse di rosso e verde mentre la sua mente la portava lontana. 

 

Era vero che si stava auto sabotando. Di nuovo. 

 

Eppure... scappare appariva così facile rispetto a provarci che la tentazione era troppo forte. 

 

-Dai a questo tipo una chance. Se ti ha portato a farti certe domande, è perché probabilmente ti piace molto e la cosa ti spaventa. E puoi anche pensarla in questo modo: forse, i suoi problemi gli permetteranno di comprenderti e di accettarti meglio di chiunque altro tu abbia incontrato. Vuoi davvero rischiare di perderti un'opportunità simile? 

 

Yona distolse lo sguardo dalle luci riflesse sull'asfalto, premendo l'acceleratore e concentrandosi sulla macchina di fronte a lei. Voleva rischiare di perdersi un'opportunità simile? Oppure voleva rischiare di esporsi per l'ennesima volta, per poi venire rifiutata? Voleva rischiare di farsi dire ancora una volta che lei non era abbastanza o che era troppo o che semplicemente era... complicato? 

 

La donna, dopo aver fatto virare la chiamata verso altri argomenti, giunse a casa in un vortice confuso di immagini e strade che le parvero tutte uguali. E, una volta che finalmente riuscì a rifugiarsi nel suo appartamento, estrasse il piccolo quaderno nascosto nella sua borsa. Le sue dita incerte accarezzarono la copertina nera per qualche istante, estraendo lentamente la penna dal suo dorso ma continuando a trovare delle scuse dentro se stessa per non sfogliare le pagine.

 

Scuse. 

 

Sempre e solo scuse. 

 

Alla fine, lo aprì. 

 

Motivi per cui mi piaccio 

 

1. Non mi piaccio.

 

2. Odio fare questa cosa. 

 

3. Cho, ti odio. 

 

4. La terapia è uno spreco di tempo. 

 

Con un debole sorriso, Yona osservò le frasi che aveva lasciato anni prima, quando aveva appena iniziato il suo percorso con la psicologa. All'inizio, le era risultato così ridicolo quell'esercizio che non faceva altro che scrivere stupidaggini. La psicologa, però, non controllava mai se Yona avesse completato l'esercizio. 

 

-Le ragioni che hai scritto sono tue e tue soltanto. Io so già perché tu vali, perciò lo devi solo dire a te stessa. 

 

Yona voltò le pagine con un sospiro fino a raggiungere il primo spazio bianco. La penna rimase sospesa sulla carta per qualche istante, prima di prendere a scivolare con crescente fluidità. 

 

Ragioni per cui valgo ancora la pena. 

 

1. Sono riuscita a smettere di fumare, quindi sono una tosta.

 

2. Ho un sedere da paura. 

 

3. Ho un rapporto buono (decente) con mio padre. 

 

4. Ho un rapporto decente (civile) con mia madre, che è già un'impresa di per sé.

 

La penna si fermò. Cinque punti. Doveva farne almeno cinque. Deglutendo, prese a scrivere l'ultima frase, combattendo con la nebbia che stava prendendo a offuscare la sua visione. 

 

5. Ho ancora un valore, a prescindere dal fatto che gli altri lo riconoscano o meno. 

 

 

 

Stropicciandosi gli occhi, Jimin si rigirò nel letto con un grugnito. Prese il telefono e accese lo schermo, sbattendo le palpebre all'eccessiva luminosità mentre tentava di leggere l'orario. Era già mezzogiorno? 

 

"Cavolo." 

 

Con un altro grugnito, tornò a sdraiarsi a pancia in su, poggiando un braccio sulla sua fronte. Dire che aveva dormito da schifo era un eufemismo. Aveva passato praticamente tre ore a fare avanti e indietro dalla stanza di Jin solo per controllare che stesse bene. La prima mezz'ora, le grida erano continuate, risuonando angosciosamente per tutto il dormitorio e portando i ragazzi a guardarsi negli occhi con timore e apprensione. Poi, come previsto, la voce del suo hyung si era placata. 

 

Jimin, allora, si era infilato silenziosamente nella camera del maggiore, osservando la sua figura immobile. Era un bene che almeno fosse in grado di dormire, per lo meno voleva dire che il dolore era sufficientemente calato da permettergli di riposare. Nonostante ciò, il ragazzo non poté evitare di ingoiare un nodo di incertezza fino a seppellirlo nel suo stomaco.

 

Jin non stava bene. 

 

Tutti avevano sperato che con il passare del tempo i dolori sparissero, che la sua depressione se ne andasse e lui tornasse a essere il loro amato Jin-hyung di sempre. Ma era passato un anno e la situazione non era cambiata di una virgola. 

 

A Jimin mancava il suo amico. 

 

Gli mancava così tanto che sentiva un pezzo del suo cuore morire ogni volta che l'uomo lo allontanava. E sapeva di essere in una posizione migliore rispetto a Taehyung e Yoongi, che erano stati quasi del tutto tagliati via a causa delle loro circostanze, ma comunque non era lo stesso. Non era lo stesso senza il suo allegro, sorridente, scherzoso hyung. E quella settimana pensava di averlo intravisto di nuovo, uno sprazzo del Seokjin che esisteva prima dell'incidente. 

 

Ma Jimin doveva essere stato troppo ottimista, come al solito. Non faceva altro che sperare il meglio, cercare il meglio. E questo lo portava a rendersi fin troppo vulnerabile, talvolta. Namjoon gli diceva spesso che ammirava il suo modo di mettere davanti a sé il suo cuore, di presentarlo completamente e sinceramente alle persone che voleva avvicinare, ma non poteva capire. A volte era una maledizione. Perché quando si mette il proprio cuore in prima linea, si rischia che esso sia il primo obbiettivo a venire attaccato. Jimin, per questo, era forse troppo fragile. Troppo suscettibile. Lo sapeva. Eppure non poteva farne a meno. Avrebbe fatto di tutto per i suoi amici. Se fosse stato necessario, avrebbe dato la sua stessa vita. 

 

Il senso di colpa, perciò, lo trafisse come una sferzata violenta quando, voltando il capo, appoggiò lo sguardo sull'orologio legato al suo polso. Mordendosi le labbra, si portò la mano al petto, puntando gli occhi sullo schermo digitale. 

 

Voleva bene a Jin. 

 

Si stava disperando nel tentativo di aiutarlo, nella speranza di rivedere il suo hyung com'era un tempo. Però, il suo sguardo finiva sempre sull'orologio. Ogni mattina, non faceva che fissarne lo schermo, in attesa. E come sempre, non trovava altro che i grossi numeri bianchi indicanti l'orario. E allora pregava, pregava così intensamente che il momento arrivasse. E quando lo faceva, il senso di colpa si trasformava in nausea che lo portava sull'orlo delle lacrime.

 

Perché, quando sarebbe finalmente arrivato il momento in cui il suo orologio si sarebbe attivato, era sicuro che avrebbe perso Jin-hyung una volta per tutte. 

 

Quando finalmente avrebbe incontrato la sua anima gemella, raggiugnendo quella felicità a cui anelava così disperatamente ogni giorno, avrebbe aggiunto l'ultima coltellata al suo amico e lui lo avrebbe chiuso fuori completamente, come aveva fatto con Tae e Yoongi. 

 

Jimin sentì una lacrima silenziosa solcargli lo guancia mentre afferrava il cuscino e lo stringeva, seppellendo il volto nel tessuto. Non poteva farne a meno. Non poteva fare a meno di immaginare il momento in cui stretta fra le sue braccia ci sarebbe stata la sua metà. Il momento in cui avrebbe potuto affondare il viso nei suoi capelli, beandosi del suo calore e del tepore del legame. Non poteva fare a meno di attendere ansiosamente di ricoprirla di attenzioni, riversando su di lei tutto il suo amore. Avrebbe voluto abbracciarla, accarezzarla o anche solo... sentirla accanto a sé quando andava dormire. Sentire quel conforto di averla lì e sapere che, quando si sarebbe svegliato, lei sarebbe stata ancora lì. 

 

Tutto ciò che a Jin era stato sottratto. 

 

E allora Jimin soffocò i suoi singhiozzi nel cuscino, stringendo il tessuto inanimato che nella sua mente prese piano piano la forma di un corpo, una mano poggiata sul suo viso, una bocca vicina al suo orecchio e una voce che gli sussurrava parole confortanti. 

 

"Perdonami hyung."

 

 

ANGOLO AUTRICE 

 

Eeeeee un altro capitolo angst qui per voi 💖😄 don't kill me please, arriveranno tempi più sereni, per ora però vi dovrete subire la sofferenza psicologica T.T e per la prima volta vediamo il mondo dagli occhi di Jimin, che povero cucciolo non vede l'ora di incontrare la nostra Jei- ehm, volevo dire, la su anima gemella- ma allo stesso tempo non vuole ferire Jin. Io intanto mi sono distrutta psicologicamente con una storia bellissima ma straziante. Se siete curiosi di leggerla, è un Hybrid AU su AO3 (ed è in inglese, sorry) ve la consiglio caldamente per chi ama le storie famigliari di adozioni e famiglie allargate, si chiama Gentle Silence di TwoBlueTails. Vi avviso però che tratta di temi MOLTO sensibili come l'abuso e la violenza su minori, bestialità, sfruttamento sessuale e stupro in scene piuttosto grafiche e descritte nel dettaglio perciò NON è una storia per tutti! Io ne sono uscita un po' traumatizzata a dirla tutta, ma il build up è talmente buono che non potevo fermarmi (e poi i maknae sono dei cuccioli teneteli che amano la protagonista e ci sono tanti momenti cute che sanano il cuore). Peccato che è in corso 😅 

 

Btw, vi piacerebbe se ogni tanto facessi questi "angoli raccomandazioni"? Vi può interessare? Sarebbe bello se si creasse uno scambio di consigli e commenti su storie che ci piacciono e io sono ben disposta a ricevere le vostre proposte! Vi avviso che le mie raccomandazioni saranno principalmente in inglese, molto probabilmente su AO3 e spesso monotematiche (vado molto a periodi, mi sfondo praticamente tutto l'archivio di una determinata categoria finché non mi viene il mal di lettura e cambio, perciò 🤷🏻‍♀️).

   
 
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