Fanfic su artisti musicali > Stray Kids
Segui la storia  |       
Autore: moganoix    10/02/2022    1 recensioni
Felix, Changbin, Chan:
Un minuto semidio, un alchimista perso nelle nuvole, un soldato senza macchia e senza paura (forse).
A causa di un'arcana profezia, al secondo tocca uccidere il primo sotto la supervisione del terzo, ma non tutto andrà per il verso giusto...
.
["Affinché nostra Madre Terra fiorisca
Felicità, ogni cent'anni, appassisca."]
.
!!Chanlix/Changlix!!
Genere: Angst, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Oh quindi è questo quello a cui si riferiva Jeongin quando parlava dell’invenzione di Hyunjin!” esclamò Felix con ammirazione rivolto a Changbin, che se ne stava tranquillamente sdraiato sul dorso di Miss Binnie, la quale trotterellava allegra appena davanti al cavallo del piccolo dio. Felix, in groppa ad esso, ascoltava affascinato il novizio che chiacchierava a proposito di quanto Hyunjin avesse cambiato la sua vita di scienziato e ricercatore in un solo pomeriggio.
“Sì, ha detto che vuole costruire questo amplificatore per capire se gli elfi, a frequenze più alte o più basse, sono in grado di capire che cosa non va negli animali ascoltandone il verso! È geniale, vero? Tu pensi che possa funzionare?”
“Ya, sono ciò che di più lontano da uno scienziato possa esistere sulla faccia del pianeta, però… Però come idea mi sembra buona, no? È normale nel mondo animale, così come tra gli uomini, adottare linguaggi differenti per comunicare vari stati d’animo o particolari messaggi. Se riusciranno a scovare il problema la prossima Fonte potrà risolverlo!”
Changbin si fece leggermente scuro in viso a quell’affermazione. Non glielo dimostrava con gli stessi occhi adoranti di Chan, ma doveva ammettere di essersi affezionato in egual maniera al piccolo dio. Chiunque lo avrebbe fatto; in fondo, la spumeggiante personalità dell’amico era difficile da ignorare e finiva, prima o poi, per contagiare chiunque gli stesse intorno. Giorno dopo giorno, l’idea di non solo dovergli dire addio, ma anche di essere stato scelto per recitare il suo rito funebre, gli andava sempre meno a genio. Con Felix poteva stare ore, durante le loro marce, a discorrere di alchimia e scienza e di quanto gli mancasse già, in fondo, trascorrere nottate clandestine nei laboratori della Casa. Aspettava sempre che tutti i suoi confratelli raggiungessero gli spogli dormitori in cui alloggiavano i novizi e che cadessero, uno dopo l’altro, sazi della lauta cena che ogni sera veniva servita, tra le braccia della languida dea Sonno. Doveva fare particolarmente attenzione a Kim Seungmin, non era raro che, non trovandolo accucciato nel suo giaciglio, si divertisse a fare la spia e ad interrompere i suoi pericolosi esperimenti notturni – i quali, tra l’altro, spesso lo facevano finire in infermeria. Ma poteva fermarsi? Più che un mestiere al quale si preparava, quella del Filosofo era per lui una limpida vocazione, e quando ne parlava con Felix quest’ultimo non mancava di ripetergli quanto lo ammirasse – e invidiasse – per tutta la passione che metteva in essa. Changbin a quel punto era solito imbarazzarsi, si chiedeva che cosa mai avesse da invidiare la Fonte della Felicità ad un semplice novizio come lui, e anche in quel momento, mentre esponeva un lungo e barbosamente tecnico monologo sulle scoperte di Hyunjin e del villaggio sospeso di Tillvah – da cui erano partiti poco meno di due ore prima, dopo che i due fratelli gli avevano procurato una giacca nuova per il viaggio, rigorosamente viola come la tunica da apprendista ormai a pezzi dopo l’incidente con il lupo e Miss Binnie – non poté non andare momentaneamente in crisi quando incontrò lo sguardo attento e sinceramente ammaliato dell’altro. In ultimo, nella retroguardia, sfilava Chan, che non si risparmiò di rivolgergli una dura occhiataccia affinché stesse zitto una buona volta. Il novizio rabbrividì. I misteri della natura, della flora, della fauna e della loro sostanza lo intrigavano, ma era dalla sera prima che l’unico rompicapo su cui si stava scervellando era il motivo della nervosità del soldato. Lui e Felix erano tornati a casa di Jeongin e Hyunjin giusto in tempo per mangiare con una pesante aria addosso ed un palpabile muro di tensione a separarli. Chan in particolare aveva consumato lo stretto indispensabile, per poi annunciare che sarebbe tornato fuori. Jeongin aveva domandato innocentemente che cosa fosse successo e perché la guardia fosse tanto furente. Se il novizio stesso e il piccolo dio, per un motivo o per l’altro, evitarono di rispondere, Hyunjin mormorò invece con una certa dolcezza, facendo vibrare piano le lunghe orecchie da elfo: “Ascolta meglio, Innie. Non è arrabbiato, è deluso.”
Jeongin si voltò verso il fratello, per poi puntare immediatamente lo sguardo verso Felix, il quale, accartocciato su se stesso, fissava inespressivo il piatto ancora pieno a metà.  Anche Changbin aveva teso le orecchie, le curve morbide di esse captavano tanto senso di colpa quanto gli angoli affilati di quelle del giovane elfo.
Non aveva domandato a nessuno dei due compagni di viaggio che cosa fosse realmente accaduto, sembravano troppo in imbarazzo per volerne davvero parlare, così aveva cominciato uno delle sue interminabili prediche da studentello perfettino, tentando almeno di far distrarre colui a cui, tra i due, teneva di più.
Si sentì realizzato quando, dopo essere stato zittito da Chan, Felix lo esortò a continuare: “Ma quindi che cosa studiate di preciso alla tua Casa?”
“La branca più importante in assoluto è quella della zoologia. Essendo la Casa posta in una sorta di isola climatica in cui spesso fa caldo e c’è bel tempo, oltre a concentrarci sulla fauna del posto spesso ci occupiamo anche di specie rare provenienti dal Sud. Abbiamo recinti e gabbie apposite per ogni taglia, per questo mi hanno fatto tenere Miss Binnie dopo che l’ho evocata. In genere sono animali feriti o che, in qualche modo, necessitano di cure e attenzioni prima di tornare liberi in natura. Nel mentre che si riprendono ne approfittiamo per esaminare i loro comportamenti, sia quando sono in gruppo, che in coppia, che da soli. Il laboratorio di biologia è il più grande della regione. La mia non è una Casa così conosciuta, ma contribuisce in grande misura al problema della convivenza pacifica tra uomo e animale.”
Il novizio fece una breve pausa. Era evidente per il suo curioso interlocutore che fosse preoccupato per la situazione che invece stavano vivendo in quel momento a causa delle migrazioni dei branchi. Tentò di rincuorarlo assicurandogli che i suoi confratelli stessero facendo del loro meglio per risolvere il garbuglio, Changbin, sebbene sconfortato, annuì.
“E poi…” volle continuare “Beh, poi ci sono anche laboratori più piccoli. Per esempio quello di alchimia, o quello di meccanica…”
Elencò minuziosamente ogni particolare delle ricerche che stavano conducendo. Era materiale segreto, non sarebbe dovuto essere divulgato con tanta sfacciata naturalezza, ma era anche vero che la maggior parte degli esperimenti più audaci rivelava alla fine risultati fallimentari, se non completi disastri, per non parlare del fatto che a Chan non interessava per nulla tutto ciò di cui stava brillantemente chiacchierando, mentre Felix, anche se fosse riuscito a comprendere effettivamente qualcosa del mare di parole con cui il novizio lo stava inondando, non sarebbe, per ovvi motivi, riuscito a raccontarlo a nessuno.
“I miei animali preferiti sono gli artropodi” ammise Changbin con un sorrisetto, accarezzando il guscio massiccio di Miss Binnie “Non si era capito, vero?”
Felix gli aveva sorriso ed aveva gorgheggiato con una strana soavità: “Io amo alla follia le lucciole.”
Il novizio poté chiaramente avvertire il lungo sospiro di Chan nelle retrovie. Deluso, aveva detto Hyunjin. Non gli serviva l’intuito da alchimista pazzo per comprendere che la delusione del giorno precedente si stava lentamente, inesorabilmente, tramutando in una nera forma di crudele tristezza. Avvertiva attorno a lui un’aura scura, possente, misteriosa. Probabilmente chiudersi in un silenzio tombale e lanciare occhiatacce anche ai poveri scoiattoli che si godevano gli ultimi giorni d’estate era il suo modo di sfogarsi nelle sue ‘giornate no’, eppure quegli occhi ricolmi di risentimento con cui ogni tanto sferzava la figura esile del piccolo dio, proprio di fronte a lui, non poteva non inquietarlo. Alla fine smise davvero di parlare, il discorso andò via via scemando quando gli venne la malsana idea di iniziare a dilungarsi sul galateo di corteggiamento dei Castori cremisi dell’Ovest: “Non è uno studio che ho fatto io, lo giuro! Posso al massimo essermi concentrato sulla cova delle uova di una Libellula di mare!”
La limpida risata di Felix gli aveva fatto capire che, oltre ad essere ora di pranzo, forse era anche giunto il momento di piantarla con le stupidaggini. Era trascorsa mezza giornata e aveva già quasi terminato l’acqua contenuta nella propria borraccia a forza di discorrere praticamente a vuoto.
Non appena trovarono una piccola sorgente si accamparono per il breve pasto che avrebbero consumato, fecero rifocillare gli animali e, mentre questi ultimi si riposavano, come di consueto il soldato annunciò che sarebbe andato a fare un giro per conto suo.
 
-
 
Changbin, quando ben due ore dopo la scura silhouette di Chan era tornata a stagliarsi sul fresco verde della foresta, non poté fare altro che arrabbiarsi con la guardia. Aveva trascorso tutto quel tempo da solo con Felix a chiacchierare di botanica e di impollinazione (o, almeno, di quello lui disquisiva amabilmente, con un solo moderato ed elegante accenno di superbia, mentre il piccolo dio gli ripeteva a manetta che i suoi fiori preferiti di solito erano quelli di colore giallo), e di certo aveva come sempre apprezzato quei preziosi minuti in cui poteva godersi appieno la compagnia dell’altro, come se fosse il suo migliore amico e non una sorta di condannato a morte, ma allo stesso tempo non riusciva a levarsi dalla testa quanto invece Chan fosse incoerente nel farli partire tanto presto la mattina per poi abbandonarli in mezzo ai boschi e sparire chissà dove. Il suo compito era quello di proteggere lui e Felix, di guidarli attraverso le intricate trame delle foreste, di dettare il passo e scandire i tempi di marcia e di riposo. Era vero che, soprattutto a causa del dio stesso, non erano riusciti fin dall’inizio a seguire il calendario, perdendo giorni preziosi, ma se lo avevano fatto era per motivazioni più che valide. Changbin si chiese quali fossero le ragioni di Chan per i suoi quotidiani allontanamenti, e lo domandò infine allo stesso soldato, che replicò con una semplice scrollata di spalle mentre già prendeva in mano le briglie del proprio cavallo e si preparava a montargli in groppa con un unico agile salto.
“Sei stato via due ore a fare solo tu sai cosa e adesso mi rispondi con una scrollata di spalle?! Chan, sei tu il primo che si lamenta che perdiamo tempo, che avevi da fare in mezzo alla foresta di tanto urgente?!”
In tutta risposta, la guardia alzò gli occhi al cielo e sbuffò, lasciando il povero novizio a bocca aperta, come a suggerirgli che quel “Vado ad allenarmi” che aveva mangiucchiato e sputato appena prima di pranzo avrebbe dovuto bastargli.
Changbin osò invece ribellarsi: “Non puoi fare perennemente come ti pare! Guarda un po’, adesso anche io voglio fermarmi qui, in questa radura c’è la luce ottimale per scovare e studiare le popolazioni di formiche! Perché tu puoi sparire senza dare spiegazioni e noi dobbiamo starcene da soli ad aspettarti? Perché tutti i giorni stai via sempre di più? Chan, la tua unica missione dovrebbe essere quella di guardare le spalle a me e a Fe-!”
La lama lucida del niveo coltello di Chan sul suo collo bastò per farlo tacere. Chan lo aveva sguainato in una frazione di secondo e, in altrettanto tempo, l’aveva puntata contro la pallida pelle dell’altro. Il novizio restò un paio di secondi in silenzio, tremolando appena, molto più di quanto Chan avesse effettivamente sperato. Alla fine, comunque, la lingua lunga di Changbin ebbe la meglio e, digrignando i denti, schernì l’avversario: “Non mi sembra affatto ‘proteggere’ questo. Lo reciterai tu il rito, Bang?”
“Piantatela.”
Un ordine, occhi solenni nella loro innocente malinconia, la bocca ripiegata in una sottile e tesissima linea. Changbin e Chan ammisero di non aver mai visto il dio più serio di quanto lo era in quel momento.
“Changbin, non facciamone una questione di stato e continuiamo la marcia. Se Chan si permette di fare pause più lunghe è perché ha calcolato bene il calendario. Chan, smetti di prendertela con lui. Non ti ha fatto nulla, sai benissimo anche tu con chi essere arrabbiato e con chi sfogarti, se lo desideri tanto.”
Il piccolo dio voltò le spalle ad entrambi e raggiunse allora il suo cavallo, ricominciando a seguire il sentiero che stavano percorrendo.
Chan sospirò e, chiudendosi silenziosamente in se stesso, accartocciando le spalle, lo rincorse trotterellando mentre rinfoderava il pugnale. Changbin, ancora scosso, si unì per ultimo alla piccola processione, restando in coda fino a sera. Non si parlarono per il resto della giornata, anche se Chan non si fosse messo in mezzo tra Changbin e Felix probabilmente né il primo né il secondo avrebbero aperto bocca. Per il novizio era ovvio ormai che fosse successo qualcosa tra i due compagni di viaggio, nonostante non sapesse spiegarsi né come né di che genere siccome sembravano essere sempre andati più che d’accordo. Aveva anche provato, durante il pomeriggio, ad accennare l’argomento a Felix, ma il piccolo dio aveva prontamente sviato l’argomento fingendo di non cogliere le sue allusioni, e alla fine vi aveva rinunciato. Dopo la breve – ed intensa – litigata con il soldato aveva di certo compreso che doveva essere qualcosa di grave in cui non volevano che si immischiasse.
Continuò a rimuginarci su fino a sera tarda, tanto che l’insipida cena, servita fredda, gli rimase sullo stomaco. Provò a sdraiarsi al caldo contro il duro guscio di Miss Binnie, ma la sensazione di nausea e stordimento non accennava a diminuire, annunciò quindi che si sarebbe allontanato di qualche metro per provare a vomitare. Felix, che stava facendo il solletico ad una delle sue lucciole, gli rivolse uno sguardo ansioso. Il novizio si inoltrò con passo pesante all’interno della boscaglia, allontanandosi dal sentiero traballando mentre si teneva il ventre dolorante con le mani e mormorava a denti stretti sottili e macchinose imprecazioni da Filosofo (“Per l’amor del perossido d’idrogeno!”). Camminò per una ventina di metri, si appoggiò infine alla radice sporgente di un albero, messosi carponi, iniziò a tossire, stringendo la presa allo stomaco. Senza remore, fece per infilarsi due dita in gola, ma non ebbe modo di sollevare la mano che qualcosa di umido e caldo gli era scivolato accanto e aveva cominciato, ansante, ad annusarlo. Changbin perse un battito, serrò istintivamente gli occhi e, inevitabilmente, iniziò a tremare come una foglia. Sapeva di non dovere paura, o almeno di non doverla mostrare, o l’animale l’avrebbe certamente fiutata, ma non era mai stato faccia con un lupo senza le ferree sbarre dei recinti e delle gabbie della Casa a dividerlo da esso. Cercò di fare respiri profondi, istintivamente si voltò verso la belva e, gli occhi sbarrati che imploravano pietà e le bocca spalancata in un grido sordo, tentò lentamente, con movimenti piuttosto impacciati, di indietreggiare per tornare alla radura in cui aveva lasciato da soli Felix e Chan. L’animale lo seguiva, continuava a stargli addosso e ad annusarlo, che avvertisse il sentore sulfureo di Miss Binnie sui suoi vestiti? Il novizio non ne distingueva i contorni, era troppo buio e c’era comunque troppa poca distanza tra loro per riuscire a tracciarne la sagoma. La belva lo stava praticamente sovrastando, se non faceva attenzione a muoversi le avrebbe sicuramente sfiorato il ventre o i fianchi, e chissà che reazione avrebbe scatenato in essa. Il taglio gelido dello sguardo lo pietrificava, il terrore gli sgretolava le ossa e liquefaceva i suoi muscoli. Un braccio cedette, finì schiena a terra, ferendosi una mano, già ustionata, con la ghiaia del terreno. Non fece in tempo a vedere il lupo spalancare le crudeli fauci contro di sé, il fioco luccichio del sangue rappreso sulle punte dei lunghi canini fu abbastanza per indurre il novizio a tentare la sorte; afferrò con decisione una manciata di sassi e terra e lo gettò, più rapido di quanto si potesse aspettare, negli occhi del lupo e, prima che questo potesse azzannarlo per difendersi, scivolò via dalla sua inquietante morsa. Non fece in tempo ad alzarsi in piedi che il capo e lo stomaco ricominciarono a strillare pietà, ma non ebbe il tempo di dare loro ascolto. Quattro, cinque, forse sei lupi si preparavano ad attaccarlo. Uno di loro ululò, gli altri scattarono avanti, ma Changbin ormai correva già. Non seppe orientarsi, avrebbe voluto scappare nella direzione di Felix e Chan e finì, invece, per inoltrarsi ancora di più nella fitta boscaglia. I rami dei cespugli gli sferzavano le braccia, si impigliavano nel ruvido tessuto della giacca e lo trattenevano indietro mentre gli animali, ben più agili, schizzavano a velocità incalcolabile verso di lui, volando leggiadri sui lussureggianti cuscini smerlando della notte. Se il novizio affondava nelle pozzanghere, i lupi sfruttavano la scivolosità del fango per accelerare e lanciarsi ringhiando nel tremendo inseguimento, tendevano i muscoli per spingersi sempre di più verso la preda per poterne violentare la pelle candida, malaticcia, abbronzata del fievole sole delle lampade ad olio di uno sterile laboratorio. Changbin non riusciva a credere di essere di nuovo in una situazione del genere, il giorno prima aveva almeno avuto Miss Binnie ad aiutarlo nella fuga, ma a quell’ora, in cui la fredda luce della luna riusciva solo in parte a penetrare la formosa coltre di verde perenne, anche la sua amica si sarebbe trovata in difficoltà. Abituate ad avere a che fare con i colori sgargianti della lava e del paesaggio vulcanico, le Tarantole Magmatiche dell’Est non avevano mai avuto necessità di sviluppare una, seppur minima, visione notturna. Miss Binnie era più sensibile alle tonalità calde piuttosto che a quelle fredde, obbligarla a soccorrerlo sarebbe equivalso a firmare una condanna a morte per lei. Sperò solo che Felix avesse sentito gli ululati, che fosse venuto a cercarlo, che avesse trovato la giacca che era stato costretto a levarsi durante la corsa e che stesse tentando a tutti i costi di frenare il branco di cacciatori che lo stava braccando. Gli mancava il respiro, sentiva di essere ad un passo dal collasso totale, e le bestie non accennavano a voler interrompere il suo supplizio. Per poco non si sfracellò a tutta velocità contro un albero, gli sobbalzò lo stomaco per la sorpresa, si vomitò addosso e scoppiò in lacrime mentre le prime grida di aiuto gli scoppiavano in gola e straziavano l’aria, incrinando con una nota di crudo, acuminato panico il fiero ululato dei suoi carnefici. Non ce l’avrebbe fatta, perdeva terreno ad ogni scatto, invano proseguiva a zig zag o tentava di scartare lateralmente all’improvviso, o anche di ripararsi negli angusti anfratti degli alberi deceduti. Conoscevano il suo odore, lo avrebbero ricordato finché non sarebbero morti a loro volta. Non ce l’avrebbe fatta, era esausto e le sue gambe a stento erano ancora in grado di reggerlo in piedi. Aveva perso uno stivale, era ricoperto di vomito, l’ustione era ormai presumibilmente infetta e, con molta probabilità, aveva una caviglia rotta per le troppe volte che gli era capitato di inciampare e di ruzzolare a terra. Cadde un’ultima volta, sbatté di petto contro la corteccia rugosa di un albero e si fracassò ai suoi piedi, completamente distrutto, tremante, pronto ad accettare la sua fine. Non riusciva a respirare, la botta lo aveva bloccato a tal punto da costringerlo ansimante al suolo. Avrebbe almeno voluto chiudersi a bozzolo, ultimo disperato tentativo di avere salva la vita, ma il terrore e l’adrenalina lo bloccavano.
Inerte, indifeso, lurido, madido di sudore, non sentì nemmeno la voce di Chan che, in lontananza, lo chiamava mentre cercava di raggiungerlo facendosi vigorosamente largo a piedi con lo spadone. Non appena Changbin riuscì a metterlo a fuoco non poté che gioire dell’arrivo inaspettato, per un attimo aveva dubitato di lui, della sua lealtà alla missione, era convinto che lo avrebbe lasciato morire a causa dei continui litigi e delle incomprensioni. Era la seconda volta in due giorni che correva a salvargli la vita, si sarebbe sentito davvero debitore se il soldato fosse riuscito a sbaragliare da solo tutti i lupi. Changbin non se ne era reso conto, ma lungo tutto il tragitto altre bestie feroci avevano iniziato a seguirlo: cinghiali, vipere… Solo quando finalmente Chan gli spuntò di fronte e prese a menare fendenti contro di essi il novizio riuscì a distinguere l’enorme figura che si faceva largo tra gli alberi, molto più silenziosa di quello che ci si potrebbe immaginare. Un colossale esemplare di Orso corvino delle Selve prese la rincorsa, si fece strada nell’ombra ed assalì la guardia alle spalle prima che Changbin potesse anche solo pensare di avvertire il compagno. Il grido gli si soffocò in gola, esplodendo raucamente nei pochi secondi successivi sotto l’attacco di uno dei lupi che, benché ferito e forse in fin di vita – fiotti di sangue sprizzavano ad intermittenza da un largo squarcio aperto su un fianco –, non aveva rinunciato alla tentazione di affondare le zanne aguzze nelle sue già martoriate carni più e più volte. Si era preso una delle cosce, aveva sentito chiaramente la pelle squarciarsi e l’osso della gamba fratturarsi orribilmente; in un colpo di petto, sbloccandosi, aveva dato voce a tutto il dolore che le unghie ed i denti della belva gli provocavano. Indistintamente avvertì, con le lacrime agli occhi, Chan chiamarlo con un urlo mentre l’arroganza del torvo ringhio del maestoso orso si imponeva sopra di lui per zittirlo. Il soldato era decisamente più veloce dell’avversario, sebbene ovviamente meno potente. Schivò gli attacchi, raggiunse il novizio e staccò con un colpo la testa del lupo che aveva vessato la gamba di Changbin, parandosi di fronte a lui. Anche lui era ferito, ma di certo non quanto il compagno. I tagli che riportava erano per lo più superficiali, o, comunque, di certo non in punti che non gli avrebbero permesso di continuare a combattere. Sollevò per l’ennesima volta lo spadone a due mani contro l’orso, che nel mentre stava di nuovo caricando verso di lui insieme al resto dei lupi e degli altri animali. Cominciava a comprendere perché Changbin non fosse assolutamente convinto della teoria delle migrazioni, non era possibile che lupi, orsi, cinghiali e serpi si coalizzassero direttamente contro di loro. Si chiese dove fosse finito Felix, si erano separati per trovare prima il novizio, ma a quell’ora il piccolo dio, dopo tutte le grida, gli strepiti e i gemiti acuti delle belve morenti avrebbe dovuto sentirli e raggiungerli per terminare l’eccidio con i suoi poteri. Cominciava ad essere stanco, vedere poco o quasi nulla gli dava sui nervi e non gli permetteva di combattere con la stessa precisione del campo di battaglia. In più, tutti gli animali erano più bassi di lui, a parte l’orso, cosa che lo metteva in difficoltà nel prendere la mira e nel ponderare la forza dei colpi. I graffi di quest’ultimo erano poderosi, la sua spada sembrava quasi rimbalzare invece contro la spessa corazza di pelo e pelle squamata. Cadde in ginocchio per la prima volta, si ritrovò a calpestare il sangue misto rigurgito di Changbin, scattò di nuovo in piedi, fu abbattuto ancora. Aveva bisogno di aiuto, aveva bisogno che Felix chiamasse a raccolta gli animali e lo odiò per non essere lì.
Un aiuto, comunque, non tardò ancora molto ad arrivare. Frecce argentee schizzarono terribili proprio accanto a Chan e Changbin. Jeongin, in piedi sul ramo più basso dell’albero a cui era appoggiato il novizio, teneva l’arco ben stretto in mano, la corda tesa tra le dita precise e letali, la faretra ricolma di dardi. A Chan venne da sorridere, lo ringraziò con un’espressione di puro sollievo stampata in viso; Jeongin, dal canto suo, non rideva affatto. Aveva le sopracciglia corrucciare, la giovane fronte orribilmente corrugata, gli occhi attenti ed affilati che sapeva non l’avrebbero tradito concentrati sui fratelli che avrebbe ucciso. L’elfo aveva addosso il viso dell’adulto che sarebbe diventato, quel genere di volto che nessuno avrebbe ancora voluto vedergli addosso fino almeno al compimento dei diciotto anni. Con voce opaca, scevra di tutto l’entusiasmo che non aveva mai mancato di dimostrare durante la loro breve sosta a Tillvah, scandì semplici ordini rivolti a Chan: “Prendi Changbin, recuperate i cavalli e scappate verso nord, galoppando velocemente arriverete in meno di un’ora ad un villaggio che lo curerà. Qui mi occupo io di loro. Fate attenzione.”
Non era una domanda, Chan non aveva tempo di replicare o di provare a fare l’eroe sostenendo di volersi ancora battere. Jeongin era un ottimo arciere, se la sarebbe cavata, se fossero stati troppi sarebbe semplicemente scappato salendo sugli alberi. Mimò tremolante un “Grazie” con le labbra, afferrò il corpo di Changbin come indicatogli e scappò via tirandoselo dietro arrancando.
Non si voltò più indietro a guardare Jeongin saltare nella mischia, non vide mai l’elfo atterrare con le sue frecce la deviazione delle sue stesse sorelle, dei suoi stessi fratelli. Era fermamente convinto che ce l’avrebbe fatta, che avrebbe fatto valere quel corpicino minuto da ragazzino acerbo che ancora gli permetteva di sgusciare via da qualunque problema, insidia od ostacolo. Se la sarebbe cavata anche quella volta, lo avrebbe raccontato di nuovo a lui e a Changbin con quel sorriso quadrato che lo contraddistingueva, carico di soddisfazione, fiero di essere il vero ed unico salvatore dei suoi amici.
Solo dopo settimane avrebbe scoperto che tutto ciò che avrebbe fatto ritorno tra le braccia di Hyunjin sarebbero state proprio quelle frecce, l’arco ed i vestiti stracciati, completamente impiastricciati di sangue.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Stray Kids / Vai alla pagina dell'autore: moganoix