11/02/2022
1 recensioniNon sempre le promesse possono essere mantenute; è una lezione che prima o poi chiunque impara. Si spera che si avverino nonostante tutto, perché è un sollievo avere il riscontro di qualcosa in cui si aveva fiducia, ancor di più se esse vengono fatte da una persona cara.
Nella famiglia Kageyama avevano sempre creduto nel destino, una mano invisibile con dita allungabili all’infinito che tenevano legate le persone e le facevano muovere come burattini. Per questo Tobio aveva dato grande importanza alle parole del nonno Kazuyo: qualcuno di più forte sarebbe arrivato nella sua vita pallavolistica, e così avrebbe avuto stimoli ulteriori e il divertimento sarebbe aumentato. Fino alle scuole medie però questa persona non c’era ancora stata.
Sapeva di essere un bravo giocatore, non il migliore, certo, perché considerava troppo superiore quel suo frivolo ed egoista senpai, così bravo a giocare come alzatore. Ma un bravissimo giocatore lo era. Amava la pallavolo, il suo ruolo, le sue dita che rispondevano così bene alle sue rapide ed esatte decisioni, la sua tecnica prodigiosa. Nessuno però che lo stimolasse e gli stesse al passo, nessuno che riuscisse a eguagliare la sua bravura; figurarsi se poteva sperare in qualcuno di più bravo. Si sentiva tradito dalle parole del nonno, che lo aveva lasciato nel momento critico del passaggio alle superiori. Si era ritrovato senza il sostegno di cui aveva bisogno, senza la persona che lo aveva avvicinato alla sua più grande passione.
La sua ricerca sembrava non avere fine, era come bloccato in una corsa affannata dietro quella che si stava trasformando in una chimera. E poi qualcosa era cambiato, una piccola esplosione di un metro e sessanta e poco più aveva scombussolato i pensieri di Kageyama. Ora aveva trovato qualcuno altrettanto amante della pallavolo, sempre all’erta e pronto a cercare nuove giocate da provare, nuovi stimoli che solamente lui avrebbe potuto cogliere ed eseguire. Era un folle quel ragazzo, propositivo, determinato e lui, Tobio, sapeva che se avesse abbassato anche di poco la guardia sarebbe stato divorato. Sentiva di star crescendo grazie a quel compagno di squadra rompiscatole, eppure il suo sguardo era ancora rivolto altrove, al momento in cui avrebbe trovato quel “qualcuno”. Tuttavia, se si osservano solo gli alti rami, non si riescono ad apprezzare i fiori che si hanno intorno.
La carriera sportiva nella V-League era stato il passo naturale per il giovane talento di Kageyama; le offerte erano piovute non appena terminato il liceo. C’era stato tutto, pacchetto completo: squadra di primo livello, compagni di squadra tanto inaspettati quanto conosciuti e apprezzati, la convocazione alle Olimpiadi con la nazionale. Cos’altro c’era da sperare. Eppure la sua mente era ancora colma di quell’attesa logorante. La promessa di Kazuyo non aveva ancora ottenuto risposta. Perdere fiducia nel destino sembrava un passo inevitabile, anche per un appartenente alla famiglia Kageyama.
Aspettava quella partita dalla notizia del nuovo arrivo nei Black Jackals. Avevano entrambi una scommessa da vincere, mantenuta dai tempi delle medie. L’emozione era palpabile, chiunque avrebbe percepito che quella sera era molto di più di una semplice partita di pallavolo.
Non riusciva a credere ai propri occhi. Una trasformazione sorprendente persino per uno come lui. Dov’era finito quel gracile ragazzino troppo rumoroso che non stava mai fermo? Che avrebbe continuato a giocare anche con la febbre? Cosa gli era successo durante i due anni brasiliani?
Bastò assistere a una singola azione dell’ex compagno di liceo per rievocare tutto il tempo passato insieme, tutto ciò che avevano passato, sia individualmente sia come coppia prodigio. Come era stato cieco per tutto quel periodo, abbagliato solo dalla sua determinazione.
Bastò solo uno sguardo al di qua della rete. “Hai visto, Kageyama?”. Non era un’occhiata per chiedere approvazione, conforto o conferma della sua crescita. Era una dichiarazione, era il suo modo per dimostrargli che lui c’era sempre stato, e avrebbe continuato ad esserci. Come era stato cieco, occupato a pensare sempre a cose lontane, esistenti solo nella sua fantasia.
Bastò ripensare a tutto il tempo trascorso insieme a Hinata Shoyo per capire. Aveva avuto quel “qualcuno” a fianco per tanti anni e non aveva mai realizzato quanto forte fosse. Più forte di lui. Era grazie a lui che si era evoluto, nessun altro avrebbe potuto aiutarlo nel suo percorso. E quanto si erano divertiti insieme a provare e riprovare nuove veloci e colpi sempre diversi. Non si era mai emozionato tanto come durante gli anni di liceo. Le parole del nonno ora avevano finalmente trovato la loro meta. Il destino aveva lavorato perfettamente anche stavolta, dopotutto.
Nella famiglia Kageyama avevano sempre creduto nel destino, una mano invisibile con dita allungabili all’infinito che tenevano legate le persone e le facevano muovere come burattini. Per questo Tobio aveva dato grande importanza alle parole del nonno Kazuyo: qualcuno di più forte sarebbe arrivato nella sua vita pallavolistica, e così avrebbe avuto stimoli ulteriori e il divertimento sarebbe aumentato. Fino alle scuole medie però questa persona non c’era ancora stata.
Sapeva di essere un bravo giocatore, non il migliore, certo, perché considerava troppo superiore quel suo frivolo ed egoista senpai, così bravo a giocare come alzatore. Ma un bravissimo giocatore lo era. Amava la pallavolo, il suo ruolo, le sue dita che rispondevano così bene alle sue rapide ed esatte decisioni, la sua tecnica prodigiosa. Nessuno però che lo stimolasse e gli stesse al passo, nessuno che riuscisse a eguagliare la sua bravura; figurarsi se poteva sperare in qualcuno di più bravo. Si sentiva tradito dalle parole del nonno, che lo aveva lasciato nel momento critico del passaggio alle superiori. Si era ritrovato senza il sostegno di cui aveva bisogno, senza la persona che lo aveva avvicinato alla sua più grande passione.
La sua ricerca sembrava non avere fine, era come bloccato in una corsa affannata dietro quella che si stava trasformando in una chimera. E poi qualcosa era cambiato, una piccola esplosione di un metro e sessanta e poco più aveva scombussolato i pensieri di Kageyama. Ora aveva trovato qualcuno altrettanto amante della pallavolo, sempre all’erta e pronto a cercare nuove giocate da provare, nuovi stimoli che solamente lui avrebbe potuto cogliere ed eseguire. Era un folle quel ragazzo, propositivo, determinato e lui, Tobio, sapeva che se avesse abbassato anche di poco la guardia sarebbe stato divorato. Sentiva di star crescendo grazie a quel compagno di squadra rompiscatole, eppure il suo sguardo era ancora rivolto altrove, al momento in cui avrebbe trovato quel “qualcuno”. Tuttavia, se si osservano solo gli alti rami, non si riescono ad apprezzare i fiori che si hanno intorno.
La carriera sportiva nella V-League era stato il passo naturale per il giovane talento di Kageyama; le offerte erano piovute non appena terminato il liceo. C’era stato tutto, pacchetto completo: squadra di primo livello, compagni di squadra tanto inaspettati quanto conosciuti e apprezzati, la convocazione alle Olimpiadi con la nazionale. Cos’altro c’era da sperare. Eppure la sua mente era ancora colma di quell’attesa logorante. La promessa di Kazuyo non aveva ancora ottenuto risposta. Perdere fiducia nel destino sembrava un passo inevitabile, anche per un appartenente alla famiglia Kageyama.
Aspettava quella partita dalla notizia del nuovo arrivo nei Black Jackals. Avevano entrambi una scommessa da vincere, mantenuta dai tempi delle medie. L’emozione era palpabile, chiunque avrebbe percepito che quella sera era molto di più di una semplice partita di pallavolo.
Non riusciva a credere ai propri occhi. Una trasformazione sorprendente persino per uno come lui. Dov’era finito quel gracile ragazzino troppo rumoroso che non stava mai fermo? Che avrebbe continuato a giocare anche con la febbre? Cosa gli era successo durante i due anni brasiliani?
Bastò assistere a una singola azione dell’ex compagno di liceo per rievocare tutto il tempo passato insieme, tutto ciò che avevano passato, sia individualmente sia come coppia prodigio. Come era stato cieco per tutto quel periodo, abbagliato solo dalla sua determinazione.
Bastò solo uno sguardo al di qua della rete. “Hai visto, Kageyama?”. Non era un’occhiata per chiedere approvazione, conforto o conferma della sua crescita. Era una dichiarazione, era il suo modo per dimostrargli che lui c’era sempre stato, e avrebbe continuato ad esserci. Come era stato cieco, occupato a pensare sempre a cose lontane, esistenti solo nella sua fantasia.
Bastò ripensare a tutto il tempo trascorso insieme a Hinata Shoyo per capire. Aveva avuto quel “qualcuno” a fianco per tanti anni e non aveva mai realizzato quanto forte fosse. Più forte di lui. Era grazie a lui che si era evoluto, nessun altro avrebbe potuto aiutarlo nel suo percorso. E quanto si erano divertiti insieme a provare e riprovare nuove veloci e colpi sempre diversi. Non si era mai emozionato tanto come durante gli anni di liceo. Le parole del nonno ora avevano finalmente trovato la loro meta. Il destino aveva lavorato perfettamente anche stavolta, dopotutto.
“Sei la ragione per cui credo nel destino”
Altro giorno, altra Kagehina.
Ogni volta che penso a questi due scorgo dei dettagli nel loro rapporto che mi fanno amare ancora di più come si è evoluta la loro storia e sento la voglia di approfondirli. E' più forte di me. Buona lettura!
Ogni volta che penso a questi due scorgo dei dettagli nel loro rapporto che mi fanno amare ancora di più come si è evoluta la loro storia e sento la voglia di approfondirli. E' più forte di me. Buona lettura!