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Autore: Altair13Sirio    11/02/2022    3 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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La confusione di Zorome non faceva che aumentare. Goro non lo invitava mai con tanto poco preavviso, ma poteva anche perdonare l'improvvisata; quello che lo lasciava perplesso era il suo ritardo, totalmente inusuale per una persona precisa come lui; il ritardatario del loro gruppo era lui, non poteva certo rubargli il posto in quel modo!
Certo che però non poteva biasimarlo per aver perso la cognizione del tempo, nelle ultime settimane… Però anche dopo tutto quello che gli era successo, il suo amico si era sempre mostrato in ordine e perfettamente in controllo delle proprie emozioni.
Un altro mistero era il fatto che non gli avesse chiesto di incontrarlo al solito posto, la panetteria di Futoshi: normalmente si sarebbero visti di pomeriggio dopo la chiusura dello studio di Goro, ma ormai era da un po’ di tempo che i loro incontri saltavano. Il messaggio aveva preso Zorome alla sprovvista, ma proprio perché lo avesse contattato così all’improvviso aveva fatto di tutto per arrivare in orario all’appuntamento: era importante che fosse lì per lui in quel momento.
E ora se ne stava ad attendere, buono buono come uno studente che non voleva far infuriare il professore – quante volte aveva assistito a scene simili, dall’altro lato della cattedra – perché il suo amico sarebbe stato un ospite veramente difficile da trattare; voleva fare di tutto per aiutarlo, ma avrebbe dovuto muoversi con cautela con lui.
Dopo almeno quindici minuti di ritardo, Zorome scorse la testa bionda di Goro in fondo alla strada e si alzò dal tavolino che aveva preso all’esterno del locale indicato dall’amico; fece per andargli incontro e salutarlo, ma il passo rapido di Goro lo prese alla sprovvista e questi fu da lui prima che potesse percorrere anche solo un paio di metri.
Ci fu un momento di confusione; Zorome andò per un abbraccio, Goro gli diede una pacca sulla spalla mostrando di non essere ancora pronto a dimostrazioni di affetto e gli indicò di sedersi con cordialità, come se non fosse stato lui a fare ritardo. Ancora un po’ perplesso, Zorome si sedette e rimase a fissare l’amico mentre chiamava un cameriere per ordinare qualcosa da bere; due bibite ghiacciate per entrambi e dopo i convenevoli obbligatori nell’attesa che l’ordine arrivasse, l’atmosfera si fece più pesante.
<< Quindi… Come vanno le cose a casa? >> Pessima domanda, amico! Si pentì subito Zorome, ma sapeva che prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento, e non gli veniva nessun altro modo per iniziare la conversazione.
Goro sembrò notare subito come il suo amico avrebbe preferito non fargli quella domanda, ma sorrise in ogni caso come se non fosse qualcosa di estremamente doloroso. << Abbastanza bene. >> Disse sapendo che non fosse affatto così; il riflesso degli occhiali non era abbastanza forte da nascondere l'ombra nei suoi occhi. << Non ho ancora riaperto lo studio, ho cercato di trovare una routine a casa per potermi occupare di Ichiro senza fargli mancare niente… Sono riuscito a farlo tornare a scuola, almeno uno di noi sta riprendendo in mano la propria vita. >>
Faceva male sentir parlare Goro in quel modo. Non potevano girare attorno all’argomento troppo a lungo, e forse lasciare che ne parlasse lo avrebbe aiutato, quindi Zorome si fece forza e disse:<< Non devi per forza fingere che vada tutto bene. Due settimane sono poche per superare un lutto, e se avessi bisogno di qualsiasi cosa… >>
<< Zorome. >> Lo sguardo di Goro era sereno, il suo amico non sembrava per niente arrabbiato nonostante avrebbe giurato che quell’argomento fosse troppo doloroso ancora perché potesse aprirsi con lui. << Ti ringrazio per il tuo sostegno. >>
L’interruzione nella voce di Goro lasciò Zorome spiazzato. Pensava che avrebbe cercato di resistere, di mostrarsi forte, invece rimase a sorridere conscio di poter contare su di lui. Adesso Zorome capiva cosa fosse quell'ombra nei suoi occhi; la tristezza era solo una parte del suo stato d'animo, ma a questo punto era subentrata la rassegnazione, come se avesse già accettato di non poter fare niente per tutto quello. Se da una parte quella doveva essere decisamente una notizia incoraggiante, la serenità di Goro gli sembrò sospetta.
Ancora interdetto da quella reazione, Zorome gli sorrise con onestà. Si guardò un po’ intorno e notò un cameriere arrivare con le loro bibite, quindi non disse niente finché questo non se ne fu andato e allora riprese:<< Dunque come mai mi hai chiamato con tanta emergenza? Temevo che fosse successo qualcosa di serio e… >>
Goro alzò lo sguardo dopo aver dato un lungo sorso alla propria bevanda, come se non bevesse niente da mesi, e sembrò quasi sorpreso di quella domanda. Poi però, una volta posato il bicchiere, si sporse leggermente in avanti sulla sua sedia e disse all’amico:<< Giusto, volevo chiederti un favore. >>
<< Tutto quello che vuoi! >> Gli rispose prontamente. << Lo sai che puoi contare su di me per qualsiasi cosa. >>
Goro sorrise mestamente a quell’affermazione ed esitò ad andare avanti con la sua richiesta, ma alla fine alzò nuovamente lo sguardo e liberò tutto in una volta sola:<< Potresti occuparti di Ichiro per un po’ di tempo? >>
Dopo essere tornato accomodante per accogliere ogni richiesta del suo amico, Zorome si fece nuovamente perplesso; Goro aveva appena detto di star riprendendo il ritmo con la vita assieme al figlio, e ora voleva che lui si occupasse di Ichiro per…?
<< Ah… Certo, non credo che ci siano problemi… >> Rispose con un attimo di ritardo, afferrando il bicchiere di limonata di fronte a sé e agitandolo un po’ per aria. << Ma perché, così tutto a un tratto? >>
Goro rimase in silenzio per un po’ e fissò il vuoto, come se qualcosa alle spalle di Zorome gli stesse suggerendo la risposta.
Alla fine, dopo essere tornato a guardare in faccia il suo amico, raccolse tutte le energie che aveva in corpo e disse:<< Ho qualcosa da fare fuori città e non posso portarlo con me. >>
Sembrava che avesse finito, poi però aggiunse:<< Sarebbe davvero bello se potessi occuparti tu di lui. >>
Zorome posò il bicchiere dopo aver preso un sorso e rispose pensieroso. << Bé, certo… Lo so, in fondo non è la prima volta. >> Non avendo figli, Miku e Zorome si erano ritrovati spesso a fare da balia ai bambini dei loro amici e negli anni avevano accumulato una certa esperienza grazie al loro lavoro alla scuola, ma dopo quello che era successo non si sarebbe aspettato che Goro decidesse di allontanarsi dalla città tanto presto; e invece era lì, con lo sguardo di pietra, che sembrava tenere tutto quanto insieme senza troppi problemi.
<< Ma così all’improvviso… >> Mormorò alla fine, cercando di capire se Goro fosse sicuro della sua decisione.
<< Lo so, è improvviso. >> Ripeté Goro. << Ma è una cosa che devo fare assolutamente! >>
Zorome notò come Goro strinse i pugni alla fine di quella frase e anche il suo modo di respirare si alterò leggermente. Adesso non poteva fare a meno di preoccuparsi per il suo amico, cominciava a pensare che quel comportamento non gli si addicesse affatto; lui aveva visto Goro accecato dalla rabbia e anche terrorizzato da qualcosa che non poteva controllare, ma le volte che aveva ceduto il controllo alla propria emotività si potevano seriamente contare sulla punta delle dita di una mano, adesso invece sembrava estremamente irrazionale, cambiava in continuazione ciò che sembrasse voler dire e non era per niente lucido. Aveva paura che finisse per cacciarsi in qualche guaio, e se quello era il caso non poteva preoccuparsi di essere indiscreto.
<< Ma cos’è che devi fare? >>
Goro si guardò intorno e fissò lo sguardo lontano da lì, triste, come se da qualche parte qualcuno lo stesse chiamando. << Zorome, mi manca Ichigo. >> Disse con la voce più piatta possibile quando tornò a guardare di fronte a sé.
L'altro si fece cupo. Finalmente si scoprivano le carte; era come se, spinto in un angolo, Goro avesse dovuto rinunciare al proprio orgoglio e si fosse finalmente liberato di quel peso. Forse serviva dirlo chiaramente, per riuscire a superare quel dolore. Lo lasciò continuare, e piano piano Goro sembrò sprofondare sempre più nello sconforto.
<< Ichigo mi manca da morire e non sono sicuro di potermi occupare da solo di Ichiro… Non sono sicuro di poter riempire da solo il vuoto che ha lasciato lei. >>
Abbassò la testa con aria di sconfitta e deglutì come se fosse sul punto di vomitare e solo facendo appello a chissà quali forze riuscì a resistere. << Non riesco nemmeno a pronunciare il suo nome senza che mi ricordi di lei! Adesso capisco come deve essersi sentita lei, con Hiro… >> La voce gli si spezzo, incapace di andare avanti mentre le lacrime annegavano le sue palpebre. Zorome avrebbe voluto andare dall'altra parte del tavolino e dirgli che non doveva essere così duro con sé stesso, ma vide nella figura di Goro piegato su sé stesso qualcosa di estremamente difficile da avvicinare, e prima che avesse il tempo di decidersi questo alzò nuovamente la testa, apparentemente ricomposto, e poté solo rispondere al suo sguardo vuoto con uno di cordoglio, sperando che così non sembrasse fasullo.
<< Ichigo… E’ stata colpa mia se lei è morta! >> Disse Goro facendo appello a tutte le proprie forze per pronunciare quelle parole.
Zorome avvertì un brivido attraversargli la colonna vertebrale. Non era mai stato un tipo particolarmente emotivo, ma ripensare allo shock della scomparsa della loro amica gli fece tremare le labbra e tese i muscoli della gola per trattenere un singhiozzo di rimpianto; forse fu perché gli occhi rossi di Goro gli ricordarono il volto solcato dalle lacrime di Miku, quando apprese la notizia. Cercò di farlo calmare e spostò l’attenzione su un altro argomento per non cedere a sua volta, ma questo si allontanò rifiutando il contatto con lui.
<< E’ stata colpa mia… >> Ripeté incrociando le braccia e guardando lontano. << Tutte quelle idee sull’avere un secondo figlio, sul dare un fratellino a Ichiro… Erano tutti miei desideri, e lei li ha accettati pur sapendo che sarebbe stato rischioso per la sua salute, perché sapeva che avrei continuato a fare pressione finché alla fine non avrebbe ceduto.
<< Sono stato un maledetto egoista! Non ho pensato neanche per un momento ai rischi, a tutti i problemi avuti con la prima gravidanza a causa della sua costituzione o al fatto che non ci fosse più nemmeno Ikuno a… >> Si interruppe, quasi come se avesse ricordato qualcosa di molto doloroso. Ikuno aveva fatto nascere Ichiro e poi era morta poco tempo dopo… Lei e Ichigo erano molto legate, forse era stata proprio la speciale chimica che le univa a permettere che sua moglie sopravvivesse al primo parto; e adesso lui aveva pensato che qualcun altro potesse sostituirla tanto facilmente…
Alla fine Goro si passò una mano tra i capelli e abbassò la testa avvilito. << Sono state tutte mie idee scellerate, e lei ha accettato tutto; ha accettato di soffrire e non ha mai detto niente. E quando è diventata troppo debole io ero ancora accecato dal “miracolo” che stava creando, non mi sono accorto di niente… >> Digrignò i denti come se il suo corpo stesse venendo dilaniato da fitte di dolore insopportabili e strinse i pugni con forza estrema, conficcando le unghie nei palmi che divennero rossi. << L’ho uccisa io, con il mio egoismo! E ora non so più cosa fare… >>
Era uno spettacolo deplorevole per Zorome, che non pensava che il suo amico meritasse di flagellarsi così tanto. Forse non sarebbe stato il più saggio – anzi era sicuro che Mitsuru avrebbe potuto dargli delle parole di gran lunga più utili e incoraggianti, avendo vissuto la sua stessa situazione – ma in quel momento era importante che ricordasse a Goro quello che Ichigo provava per lui.
<< Goro! >> Esclamò Zorome afferrandogli le spalle e strattonandolo brevemente. << Stai dimenticando una cosa di vitale importanza: Ichigo avrà anche sofferto per quella che era stata una tua idea, e ti avrà anche nascosto la verità per non apparire debole… Ma lei ti amava! Ti amava con tutto il cuore e con quell’amore avrebbe affrontato di tutto, come ha fatto in passato tante e tante volte! Non ha accettato di avere un altro figlio perché potessi essere felice solo tu; lei lo ha fatto per poter essere felice insieme a te! Credimi, se fosse ancora qui, Ichigo non smetterebbe di provare e riprovare a farcela, perché è fatta così! Lei è testarda, è forte, e ti ama. Quindi il simbolo del vostro amore non potrebbe che renderla ancora più felice, anche sapendo che finirebbe con il prosciugarla dall’interno.
<< Lei ha attraversato quel periodo con il sorriso perché sapeva che anche tu lo avresti fatto. Era felice e impaziente, proprio come te, perché voi due siete uguali e ciò che rende felice te rende felice anche lei. Quindi non ti dare la colpa così! Non dire che l’hai uccisa, perché Ichigo sapeva bene quello che faceva. Ha scelto di sua spontanea volontà tutto quello; è solo a causa della sfortuna se alla fine non ce l’ha fatta. >>
Goro sostenne lo sguardo del suo amico brevemente, incapace di sopportare tutto quel peso su di sé. << Ma sapere questo non la riporterà indietro. >> Sussurrò con voce rotta dal pianto.
Zorome annuì tristemente. << E’ così, ma almeno ti farà ricordare il tuo ruolo: Ichiro è ancora qui con te, ha bisogno di supporto! Ora più che mai ha bisogno di un padre che lo faccia sentire al sicuro, perché ha ancora tante cose da scoprire e solo con la tua guida riuscirà a prendere la strada giusta; ma se lasci che il dolore ti spezzi, finirà per distruggere anche ciò che rimane della tua famiglia. >>
<< Come faccio ad essere forte con lui, quando ogni volta che lo guardo negli occhi mi ricorda lei…? >> Mormorò Goro, stanco di tutto quello.
<< Se il ricordo di Ichigo ti fa così male, allora a che è servito tutto questo? >> Domandò schietto Zorome, lasciando andare la presa dalle spalle del suo amico. Questa volta non avrebbe tentato di incoraggiarlo, Goro avrebbe dovuto capire il suo compito anche al costo di esserne ferito un po’. << Non hai detto la stessa cosa a Mitsuru? Che Hiro si era sacrificato per noi? Allora pensala allo stesso modo, pensa che Ichigo non voglia vederti così addolorato! Non pensi che sarebbe disgustata dal modo in cui stai reagendo? >>
Per Zorome fu difficile pronunciare parole tanto spietate, ma stava cercando di farlo reagire; gli fece male vedere lo sguardo del suo amico cambiare, quasi come se volesse aggredirlo, dopo che ebbe pronunciato il nome della sua amata scomparsa. Eppure fu proprio in quel momento che Goro sembrò riprendersi finalmente e capire il motivo di quelle parole.
<< Ichigo non si è sacrificata per nessuno! >> Esclamò alzandosi dalla sedia e allungando una mano come per afferrare Zorome dal colletto, ma fermandosi giusto un attimo prima. << E’ stato solo un maledetto incidente! >>
<< E allora è giusto abbandonare tutto il resto e lasciare che il suo ricordo diventi un’ossessione? >> Rispose l’altro alzando la sua voce rauca, che non era minimamente in grado di sovrastarlo, ma che sembrava comunque essere in vantaggio. << Pensaci un attimo Goro, perché se Ichigo fosse qui in questo momento ti prenderebbe a schiaffi così forte da spedirti su Marte! >>
Con gli occhi pieni di lacrime, Goro fissò il volto del suo amico e non riuscì a trovare una risposta a quella provocazione. Gli ricordò quando lui affrontò Hiro, finendo per prenderlo a pugni perché non riusciva più a fidarsi dei suoi amici, e finalmente riuscì a capire cosa avesse provato il suo amico anni addietro; aveva imbottigliato tutto dentro di sé e si era rifiutato di ascoltare i consigli, dilaniato dal dolore e spaventato dal futuro incerto, ma nonostante questo continuava a voler fare la cosa giusta.
<< E allora dovrei solamente accettare tutto questo? >> Domandò sconfortato, rendendosi conto anche che quelle fossero le stesse parole usate da Mitsuru.
Zorome abbassò nuovamente la voce e tornò a sedersi composto. << Per il bene tuo e di tuo figlio, sì. Devi andare avanti, Goro! >>
Goro non disse più niente. Zorome aveva ragione. Forse lo aveva già capito, ma non era riuscito a realizzarlo appieno fino a quel momento; era per questo che doveva completare quella cosa per considerare quel capitolo chiuso.
<< Se non ti dispiace, lascerò Ichiro da te per qualche giorno. >> Disse alla fine con lo sguardo fisso sui propri pantaloni. << Ho bisogno di fare una cosa prima di andare avanti… >>
Zorome annuì. << Certo. >> Gli sussurrò comprensivo. << Guarire richiede tempo, ma l’importante è che tu capisca quale sia il primo passo da fare. >>
Goro annuì, ma non se la sentì di aggiungere altro. Le parole del suo amico lo avevano scosso; forse era un bene, ma non sapeva ancora come reagire a tutto quello. Da quando Ichigo era morta nel tentativo di dare alla luce il loro secondo figlio, aveva sentito un vuoto dentro al cuore, un dolore costante che gli bloccava il respiro, e aveva incessantemente cercato un modo per superare quella terribile sensazione…
 
*
 
Mistilteinn era abbandonata da tempo ormai. Dopo la vittoria con i VIRM, i ragazzi vi si erano appoggiati per un po’ finché non erano stati ultimati i lavori di costruzione dei primi villaggi, divenuti poi le città in cui vivevano ora; una volta trasferitisi ad Anemone e i centri vicini, il silenzio era calato sulla vecchia tenuta che aveva ospitato la squadra 13 e la natura si era riappropriata completamente di quel luogo.
La vegetazione aveva preso a crescere senza alcun freno e presto la villa era stata ricoperta dai rampicanti, nascosta in mezzo agli alberi che erano cresciuti a dismisura attorno ad essa, mentre le piante della serra di Kokoro erano letteralmente fuggite da quella gabbia di vetro che le conteneva, diffondendosi ovunque nel territorio circostante; era uno spettacolo magico a cui assistere, ma anche le piante più belle senza un minimo di cura rischiavano di assomigliare a esseri mostruosi che avrebbero inghiottito la terra e ogni essere vivente che vi si fosse avvicinato. A Goro però, l’aria selvaggia di quella flora lo rilassava; gli ricordava le foreste pluviali in cui si era imbattuto nei suoi viaggi.
Si riusciva a leggere a malapena la scritta sopra all’arcata principale: la vegetazione aveva preso il controllo dell’intera villa, tanto che si potevano vedere grandi radici e rami carichi di foglie passare attraverso le finestre e sfondare la cupola in cima all’edificio. Nonostante tutto ciò, la cara, vecchia Mistilteinn restava in piedi e attendeva chi, come lui, tornava lì alla ricerca di ricordi.
Goro dovette forzare un po’ l’entrata per accedere all’atrio di ingresso; le radici avevano invaso il portico che conduceva al portone e avevano reso il vecchio legno della casa molto più rigido di quanto avrebbe dovuto essere, ma a parte quel piccolo imprevisto riuscì a entrare in casa.
Quanti anni erano passati dall’ultima volta che aveva messo piede in quelle stanze? Non era nemmeno sicuro di ricordare la disposizione delle camere o cosa fosse rimasto nelle vecchie stanze della tenuta… Mistilteinn adesso sembrava uno spettrale ma bellissimo teatro, la luce entrava dal soffitto sfondato e ovunque si voltasse vedeva fiori, steli d’erba e radici aggrovigliate a proteggere il mobilio; alcune finestre erano state sfondate dalle piante, riversando le loro schegge sul pavimento vicino ad esse, mentre erano visibili qua e là cocci di ceramica provenienti da alcune delle credenze in giro per la casa dove erano custoditi soprammobili o servizi da tè che a suo tempo nessuno di loro aveva utilizzato. Come era possibile che avessero lasciato che quel luogo andasse così in malora? Perché lui e i suoi amici lo avevano abbandonato?
Le scale che conducevano ai piani di sopra erano malandate, sarebbe stato pericoloso attraversarle, così vi si incamminò con molta cautela e già dal primo passo capì che quella casa fosse in pessime condizioni. Gli faceva male al cuore vedere in quello stato quella che era stata la dimora della sua infanzia; per quanto amasse la natura, non poteva sopportare di vedere quel posto divorato dall’incuria e abbandonato a sé stesso.
Quando fu finalmente in cima alle scale, Goro iniziò a passare in rassegna le stanze che un tempo avevano ospitato lui e la squadra. A parte le piante che vi crescevano senza alcun limite, erano rimaste uguali a come le ricordava: la stanza che aveva condiviso con Hiro, per esempio, aveva ancora quel letto a castello in più che non avevano mai dovuto sfruttare, e sorprendentemente il balcone era ancora in ottimo stato. La vista da lì era spettacolare: il cortile sul retro di Mistilteinn si era trasformato in una specie di serra naturale, le piante che erano cresciute attorno all’edificio lo avevano sovrastato fino a ricoprirne le mura esterne, gettando una ragnatela di rami che aveva ricoperto la radura in fondo, dove adesso la luce filtrava come attraverso un banco di nuvole.
Al piano di sopra era rimasto poco spazio, dopo che l’albero cresciuto all’interno dell’atrio aveva sfondato la cupola, divelto le assi del pavimento e bloccato l’accesso alle altre stanze; tuttavia, la camera che era stata occupata da Zero Two nel suo soggiorno a Mistilteinn, quella che si affacciava direttamente sul lato frontale dell'abitazione, era rimasta quasi completamente intatta.
Non era mai stato lì prima d'ora. Non aveva mai visto i graffi lasciati sulle pareti dalla loro compagna di squadra, ossessionata da quel sogno di “diventare umana”, e ad attirare la sua attenzione in mezzo alle assi di legno rigonfie e i resti dei mobili impolverati fu un luccichio vicino a un angolo: uno specchio rotto, aggiustato alla bell’e meglio con del nastro adesivo, alcuni frammenti sparsi attorno alla cornice sottile; nonostante la polvere, la luce che lo colpiva veniva riflessa in modo decisamente abbagliante.
Lo raggiunse e lo raccolse facendo attenzione a non tagliarsi. Mancavano alcuni frammenti dalla cornice, ma nonostante le crepe riusciva ancora a riflettere la sua immagine; un’immagine spezzata e che forse non si sarebbe più potuta riparare, ma nonostante tutto continuava ad essere viva all’interno di quelle schegge.
Era lo specchio di Zero Two. Era stato Hiro a regalarglielo, ma Goro l’aveva vista usarlo raramente; non lo dava a vedere, ma la ragazza era sempre stata molto gelosa del suo darling e dei suoi regali. Quello specchio doveva significare molto, se dopo averlo rotto aveva preferito ripararlo come poteva piuttosto che cercarne un altro.
Gli sembrò di sentire ancora i battibecchi tra Ichigo e la ragazza con i corni rossi; gli sfuggì un sorriso e se ne pentì quasi subito, ma alla fine le sue labbra non poterono fare a meno di piegarsi in quello che avrebbe potuto essere definito come un rilassamento dei muscoli del volto. Era veramente passata una vita e il mondo era cambiato totalmente, rivoltato da sopra a sotto.
Non avevamo proprio idea di quello che ci aspettava, eh? Disse tra sé e sé, forse rivolto alla sua amata Ichigo che a quei tempi riusciva a vedere solo il suo migliore amico.
Ancora incerto di cosa stesse cercando, Goro lasciò la camera in soffitta portando con sé lo specchio rotto e si diresse nuovamente al piano di sotto; questa volta superò le radici che bloccavano la strada e raggiunse le stanze abbandonate – bé, tecnicamente ormai l’intera abitazione era abbandonata – dove aveva dimorato la vecchia Squadra 13, i loro predecessori.
Quando posò la mano sul pomello pregò che il legno fosse ancora solido e che la vegetazione non avesse invaso anche quella stanza, ma quando la aprì fu addirittura sorpreso dallo stato immacolato in cui versava questa; sembrava che lì il tempo si fosse fermato, i fiori lasciati per l’ultima volta da Miku erano ovviamente appassiti e divenuti polvere, ma le dediche e le foto ricordo lasciate sullo scaffale erano intatte. I volti di quei ragazzi impressi sulla carta erano ormai congelati nel tempo, sarebbero sempre stati così nonostante il passare degli anni, nonostante l’invecchiare dei loro corpi, e nonostante un giorno se ne sarebbero andati tutti…
Goro prese la foto della propria squadra. Di quei dieci adolescenti erano rimasti la metà, il loro lascito tuttavia era stato decisamente più grande e di quello avrebbe dovuto andare fiero… Ma gli faceva male sapere che quei ragazzi nella foto – quelli che se n’erano andati – non avrebbe più potuto vederli sorridere.
Sentì le lacrime lottare per uscire, ma si trattenne dal piangere. Niente avrebbe potuto riportare indietro Ichigo, ma forse avrebbe potuto trovare un modo per mostrare a tutti quanto l’avesse amata, quanto fosse bella sia di dentro che di fuori, e quanto avesse reso felice la sua famiglia e le persone che le stavano intorno.
Sì, aveva ancora del lavoro da fare. Non poteva lasciarsi sopraffare dalle emozioni in questo modo.
Così ripose la cornice, vi poggiò accanto lo specchio di Zero Two e si mise al lavoro.
   
 
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