Film > La Bella e la Bestia
Segui la storia  |       
Autore: michaelgosling    12/02/2022    1 recensioni
Tre amiche appassionate una di Harry Potter, una di Star Trek e una della Disney in seguito ad un incidente vengono catapultate ognuna in uno di questi universi, ma non di quello di cui sono fan.
Proveranno ad usare quello che sanno della storia per renderla migliore? O le loro azioni porteranno ad un finale peggiore? La loro presenza influenzerà queste storie molto più di quanto immaginano, perché una sola persona può cambiare tutto.
[Fandom Variabile: il Fandom in cui verrà pubblicata la storia dipenderà dall'ambientazione dell'ultimo capitolo pubblicato. Sarà comunque possibile trovare la storia anche negli altri due Fandom nella categoria Crossover]
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A





C’ERA UNA VOLTA – CAPITOLO 1



 
 
 
 

Quando Nolwenn riprese conoscenza, la prima cosa che sentì fu la fredda pietra contro la sua pelle.
 
Poi udì tanti suoni diversi.

Suoni di risate di uomini e bambini, suoni di bastoni che colpivano ritmicamente dei tamburi tribali, suoni di musica, di vita, di festa, di città, di movimento, suoni di tanti piedi che sbattevano in quello stesso pavimento che sentiva attaccato alla faccia.

E i ricordi iniziarono a tornare.

Arielle.. e Yvonne.. Notre Dame..

“Notre Dame.. la cattedrale… va a fuoco!”

Quella voce agonizzante e il significato di quelle parole la raggiunsero con la stessa ferocia con cui una lancia trafiggeva un cinghiale, e il panico la travolse di nuovo, ma fortunatamente quella sensazione fu molto breve, perché i suoi occhi trovarono il suo obbiettivo in un lampo.

Le bastò alzare lo sguardo ed eccola lì, Notre Dame, in tutta la sua gloria, senza la benché minima traccia di fiamma.

Quell’imbecille! Un accidente mi ha fatto prendere! Notre Dame a fuoco un paio di palle. La gente davvero non sa più cosa inventarsi.

Fece per alzarsi, ma fu più difficile di quanto si aspettasse. Il suo corpo e le sue gambe, di solito scattanti ed energici, sembravano deboli e stanchi, e un dolore lancinante alla testa la prese alla sprovvista: forse lo aveva fin dal suo risveglio, ma l’euforia e il panico per la cattedrale l’aveva assorbita completamente, e ora che erano svanite, tutto quello che rimaneva era quel fastidioso picchiettare nel cranio.

Quando fu quasi in piedi, le gambe cedettero e cadde, finendo con i piedi in una sporca pozzanghera lì vicino.

Ma che mi succede?!? Sembro una neonata che deve fare i primi passi. Riprenditi, Nolwenn! Queste cagate alla tua età potresti anche evitarle.

La testa continuava a pulsare sempre di più, o almeno questa fu la sua impressione, ciò nonostante, in un modo o nell’altro, iniziò a fare due più due, il tutto rimanendo seduta: non sarebbe caduta un’altra volta, avrebbe riprovato a rialzarsi una volta che si fosse sentita pronta.
 
Notre Dame è salva e senza pericolo e mi fa davvero piacere, ma come sono finita fuori? Non ricordo di essere uscita prima di perdere i sensi. L’ultima cosa che ricordo è quell’idiota che urla quella cretinata gettando il panico.. E Arielle? E Yvonne? Dove sono?
 
Era stato forse un contorto sogno? Forse non erano mai entrate a Notre Dame e non c’era mai stato nessuno che proclamasse quella ridicola minaccia alla cattedrale. Forse era svenuta prima di entrare e quello che credeva fosse successo dentro era stato un sogno? Forse era svenuta per qualche ragione prima che entrassero? Questo spiegherebbe perché al risveglio si è trovata fuori da Notre Dame, e non dentro.

E Yvonne e Arielle? Anche loro facevano parte del sogno? Forse non c’erano mai state. No, no. C’erano. Dovevano esserci. Avevano programmato quella giornata da settimane. L’aveva segnato sul calendario. Quindici aprile 2019.

Ma se loro c’erano.. ora dove sono?

 
Per la prima volta dal suo risveglio, si concentrò sulla folla che rendeva la piazza viva.

Vecchi, uomini, donne e bambini, tutti che cantavano e ridevano e ballavano, e tutti con colori sgargianti in netto contrasto con il grigio intorno.

Cos’è? Carnevale? Ma perché questi vanno in giro conciati così? E cosa hanno da ridere tanto? Sono sotto l’effetto di LSD per caso? E da dove accidenti arriva questa musica?

Sentì un coro di voci, lento come una marcia, poi una voce che spiccava rispetto a qualsiasi altra. Una voce che stava.. cantando? Una voce che si faceva sempre più vicina..

“.. noi buttiamo…. Tutta la città..”

Era sempre più vicina… riusciva quasi a sentire tutte le parole..

“.. oggi comandiamo solo noi .. Oggi la follia diventa un ordine, e possiamo fare l’impossibile .. Benvenuto ad ogni pazzo, questo è il giorno suo!”

Quella canzone le sembrava terribilmente familiare, ma non riusciva a capire dove l’avesse sentita prima d’ora. La musica.. il ritmo.. il testo.. l’aveva già sentita.. ma dove?

“Tutti sembrano impazziti. Resti a casa chi non ce la fa, … A buttare all'aria la città!”

Nolwenn era così concentrata a pensare dove avesse già sentito quella canzone che si accorse della posizione del cantante solo quando se lo trovò davanti.

Aveva un grande cappello bluette a falda larga con una piuma gialla che ondeggiava ad ogni suo movimento, una maschera violacea che gli copriva la parte superiore del viso dietro la quale si nascondevano due piccoli ma vispi occhi scuri e un grande orecchino ad anello nell’orecchio sinistro, dorato come un copricapo che aveva sulle spalle alle cui estremità erano appese tante campanelline del medesimo colore, che non la smettevano di tintinnare.
Il resto del suo abbigliamento era uno strano miscuglio di un pagliaccio e di un giullare, colori talmente sgargianti e numerosi che era impossibile focalizzarli tutti.
Aveva capelli lisci e neri come il suo pizzetto che per poco non toccavano le spalle, ma quando faceva uno scatto si muovevano nell’aria, sembrando più corti. Era parecchio magrolino per essere un uomo adulto, ma quello era. Quegli occhi non potevano appartenere a qualcuno che avesse meno di quarant’anni, sebbene la sua agitazione e la sua energia lo facesse apparire un adolescente iperattivo.
 
Per quanto assurdo, il suo aspetto era anche familiare, e fu solo quando scavò nei suoi ricordi più lontani che il suo cervello associò un nome a quel volto, e le sue labbra si mossero per dirlo ad alta voce prima che potesse rendersene conto.

“.. Clopin?”
 
Un sussurro quasi impercettibile, ma fu chiaro per quell’uomo, che nonostante si stesse allontanando, nel momento in cui Nolwenn pronunciò quelle parole, si voltò e la fissò curioso.

“Ci conosciamo, tesoro?”
 
Seguirono secondi che parvero durare un’eternità. Nolwenn se ne stava lì, rigida come una statua, senza spiaccicare parola, con un’espressione molto simile a quella che si doveva avere dopo aver visto un fantasma.
 
C- Clopin? Quello è Clopin?? Il Clopin del Gobbo di Notre Dame?!? Lo zingaro?? Non.. non è possibile.. è.. è ridicolo. Quello.. quello è un cartone animato.. No no.. non può essere.. deve essere un cosplayer.. molto ben riuscito.. così in parte da cantare la canzone perfettamente… così in parte da essere in tutto per tutto identico a lui.. un suo clone praticamente..

Voleva parlare. Voleva dire qualcosa. Qualunque cosa. Ma non riuscì a dire nulla. Tutto quello che le uscì fu una breve risata nervosa.
Vide Clopin.. o chiunque fosse.. guardarla dall’alto in basso. Le osservava le scarpe da ginnastica, i jeans.. il suo aspetto… da ventunesimo secolo.. non proprio in linea con la favola di Quasimodo.

Attese con paura, ma con sua enorme sorpresa, Clopin parve approvare il suo abbigliamento: le fece un occhiolino amichevole accompagnato da un largo sorriso e un pollice in su, poi si dileguò nella folla come se nulla fosse successo.

Rimase lì, immobile, come in trance, per.. due secondi? Quattro minuti? Un’ora? Difficile dirlo.

Si sentiva bloccata, incatenata, impossibilitata a muoversi, come se fosse legata a delle catene con una tale forza da impedirle il più piccolo movimento.

Il mondo intorno a lei sembrava in perenne movimento, esattamente quello che ci si aspetterebbe dalla Festa dei Folli, agitato, caotico, eppure le voci e i rumori si fecero più lontani, come se lentamente si stesse allontanando, ma Nolwenn non si stava allontanando, non fisicamente almeno.

La sua mente invece era lontana anni luce, come diretta in un altro tempo e spazio, il suo tempo e spazio. Ciò nonostante, se qualcuno le avesse chiesto a cosa stesse pensando, non avrebbe saputo rispondere. La sua mente era vuota e lontana, e il suo corpo inchiodato ad un luogo che non riconosceva come reale.

Sentì il dolore alla testa aumentare ulteriormente, così come un’improvvisa sonnolenza. Sentì il suo corpo vacillare, gli occhi chiudersi e la forza alle gambe cedere. Sapeva che sarebbe svenuta a breve, ma non tentò di fare nulla per impedirlo perché non le importava.

E sarebbe successo esattamente quello, se una folla urlante non le fosse passata addosso in quel momento, svegliandola definitivamente da quello stato vegetativo in cui si trovava: le loro urla e le loro braccia che la spingevano a destra e sinistra per passare ebbero su di lei lo stesso effetto di una sirena della polizia che le suonava a cinque centimetri dall’orecchio: il mal di testa era aumentato, ma di certo non si sarebbe addormentata in piedi da lì a poco.

La seguì, inizialmente a passo incerto e poi quasi correndo, e si accorse che erano diretti verso una sorta di palco nel bel mezzo della piazza. Quando iniziò a correre, afferrò con la mano destra una delle bretelle della borsa, mentre con l’altra toccava la parte inferiore, per paura che qualcuno gliela rubasse: era da sola in un mondo sconosciuto e quella borsa era tutto quello che aveva.

Forse sono impazzita. Forse mi sto immaginando tutto. Anzi, è molto probabile. Anche se tutto questo fosse finto, è reale per me. Le persone che mi sono venute addosso erano reali. Quello che sta succedendo è reale. E fino a quando non avrò una prova tangibile del contrario, io lo riterrò reale.
 
Proprio quando il suo passo iniziò a rallentare perché arrivata a destinazione, percepì con la mano sinistra qualcosa di insolito sulla sua borsa. Inizialmente pensò si trattasse di un animale come un ragno, così abbassò lo sguardo ad osservarla per la prima volta da quando si era svegliata, e si accorse che quella non era la sua borsa.
 
Lei, Arielle e Yvonne avevano le borse uguali. Tutte nere e a tracolla, che avevano preso qualche anno prima per festeggiare i quindici anni di amicizia che le aveva legate e per affrontare gli anni che sarebbero seguiti, ma per quanto fossero inseparabili e simili in certi aspetti, in altri erano agli antipodi.
 
“Ed è meglio così. Sai che noia se fossimo troppo simili! Che gusto ci sarebbe altrimenti?” aveva detto Yvonne.
 
Yvonne.. era sempre quella silenziosa, quella timida, ma quando parlava diceva sempre le cose migliori, le più sagge, e Nolwenn sentì un brivido inquietante e spaventoso lungo la schiena al pensiero che non l’avrebbe più rivista e che non avrebbe più avuto l’occasione di dirglielo.

“Vorrà dire che metteremo in ciascuna borsa un elemento che ci contraddistingue”

Fu di Arielle l’idea.

Arielle.. quella delicata come un fiore, raffinata e capace di placare gli animi più inquieti. Yvonne era spesso pessimista e Nolwenn facilmente irritabile, ma Arielle era come la calma dopo una tempesta.

Avevano tutte passioni diverse.

Yvonne amava i videogiochi: aveva ogni genere di console, videogiochi di ogni genere, dai Pokémon a Resident Evil. Riusciva a stare ore e ore a videogiocare senza stancarsi.

Arielle amava i libri: i romanzi erano i suoi preferiti, di qualsiasi genere, ma leggeva anche molti saggi e testi biografici. Diceva sempre che le parole aprono tutte le porte del mondo.

Nolwenn amava i film e le serie TV: aveva più di mille DVD e conosceva più attori di quanti molti ne avrebbero conosciuti in due vite. Aveva anche un’eccellente memoria fotografica. Le bastava vedere un nuovo attore una sola volta in una scena per poi essere in grado di riconoscerlo in qualsiasi altro ruolo, non importa quanto truccato o diverso fosse.
 
Non solo questo però.

Avevano tutte un brand preferito diverso, una saga, una storia che avevano nel cuore, non importa quanto tempo passasse. Quella costante passione che con gli anni non era mai passata.
 
E fu questo che ricamarono sulle borse. E quando Nolwenn si passò le dita su quella che riteneva fosse la sua, si aspettava di sentire il familiare stemma delle quattro casate di Hogwarts, e invece vi trovò una riproduzione del castello azzurro della Walt Disney.
 
Aveva la borsa di Arielle.

Quando eravamo dentro Notre Dame… avevamo appoggiato le borse a terra.. nella fretta dobbiamo aver preso la prima che abbiamo trovato senza guardarci troppo..
Ma la gente di Parigi, o meglio, la gente di Parigi della storia del Gobbo di Notre Dame, non ne voleva sapere di lasciarla da sola con i suoi pensieri, e Nolwenn si ritrovò nuovamente e forzatamente nel mondo che la circondava: tutta la confusione che c’era stata fino a quel momento si interruppe e sentì solo qualche mormorio.
 
Nolwenn guardò sul palco e non riuscì a trattenere un gemito di orrore: un uomo, o quello che doveva essere un uomo.
 
Aveva un viso raccapricciante: un naso enorme e grosso quasi quanto una pallina da golf, un viso tondo e innaturale con al proprio interno dei piccoli occhi verdi distanti e storti, di cui il destro era più grande e più vicino alla fronte e il sinistro più piccolo e più vicino al naso, in parte coperto da una protuberanza. Le orecchie erano grandi e a sventola e la bocca conteneva una serie di denti storti e malconci. Il suo viso era talmente disgustoso da guardare che Nolwenn si accorse solo in un secondo momento del resto del suo corpo, come un ciuffo di capelli ramati, le braccia muscolose e un abito verde fatto di stracci.
 
Il silenzio e i mormorii durarono poco, interrotti da Clopin.
 
“Madames e messeri, non abbiate paura! Stavamo cercando la faccia più brutta di Parigi, ed eccola qua! Quasimodo, il gobbo di Notre Dame!”
 
Mentre la gente di Parigi passò dall’orrore al festeggiamento del nuovo re, Nolwenn si vergognò come mai non si era vergognata in vita sua.
 
Lo aveva guardato, e lo aveva disprezzato, unicamente per il suo aspetto. Lei. Con che coraggio si sarebbe di nuovo guardata allo specchio? Lei che non era mai stata la più bella, che aveva quei brufoli in ogni parte del suo corpo. Con che coraggio lei si era permessa di gettare a lui tutta quella paura?? Era davvero questa la donna che era diventata? Un’ipocrita? Una che prova disprezzo per un titolare che provava ribrezzo per i suoi brufoli, ma che al tempo stesso aveva provato orrore per un ragazzo, pur sapendo quanto fosse buono.
Lui era Quasimodo. Il protagonista del Gobbo di Notre Dame. Un eroe. L’eroe. Un ragazzo dalla vita difficile, colpevole solo di non aver avuto la fortuna di essere come gli altri. Capace di sconfiggere abusi psicologici ricevuti fin da quando era in fasce. Lei tutto questo lo sapeva. Sapeva chi era. L’aveva visto con i suoi occhi ogni volta che aveva visto il film.
 
Eppure, la sua bruttezza la raggiunse prima del suo eroismo. E si sentiva di meritare ogni fetta di vergogna che stava provando.
 
Cosa ci faccio qui? Perché sono qui? Io.. non dovrei essere qui. Non sono adatta a questo posto. Non ne sono degna, se sono davvero dove penso. Questo è un luogo di sogni, di magia, di speranza, di lieto fine. Di eroi. Di persone giuste e valorose. Di persone che non provano repulsione per qualcuno dopo una sola occhiata.
 
Arielle.. Dovrebbe esserci lei qui. Lei avrebbe saputo cosa fare. Lei non avrebbe reagito così nel vedere Quasimodo. Avrebbe sorriso, o alla peggio lo avrebbe guardato tristemente, ma non si sarebbe mai spaventata. Non avrebbe mai indietreggiato. Lei sarebbe stata perfetta, non solo perché la Disney è la sua passione. No. Lei sarebbe stata perfetta perché tutti i valori della Disney sono incarnati in lei. Lei sarebbe salita su, e avrebbe abbracciato Quasimodo. Lei era una protagonista.
 
Anche Yvonne sarebbe stata più adatta. Magari si sarebbe sentita più fuori luogo di Arielle, ma avrebbe fatto la cosa giusta. Lei che non riusciva mai a dare un giudizio affrettato. Lei che non giudicava mai qualcuno in base alle apparenze. Quasimodo era stato anche la sua prima cotta. A tutte le altre bambine piacevano i principi, ma già da bambina Yvonne aveva dimostrato di andare oltre, e ogni volta che qualcuno le chiedeva perché Quasimodo, lei rispondeva sempre “è così buono”, e in fondo era quella l’unica cosa che contava.
 
“Quanto sarebbe delusa da me se mi vedesse adesso.” Pensò cupamente Nolwenn.
 
Poi, sentì in lontananza il rumore di qualcosa di morbido che si rompeva, producendo una specie di “splash”. Poi un altro. E un altro ancora.
 
Seguì con il volto l’origine di quel rumore e si ritrovò a voltare il corpo e la testa quasi del tutto. Il palco ormai era vuoto, e tutta la folla si era spostata al centro della piazza: con orrore capì a cosa era dovuto quel rumore.
 
Vide Quasimodo coperto di pomodori marci: sul viso, sui vestiti, uno lo pestò accidentalmente e finì con l’inciampare e cadere. Lui cercò di andare via, ma qualcuno gli lanciò una corda e gli impedì di andare via. E tante, tante risate. Nolwenn non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva provato tanta rabbia per delle risate.
 
Si sarebbe data della stupida per non averlo previsto dato che conosceva perfettamente la storia, ma non ne aveva il tempo: non avrebbe fatto un’altra cosa di cui vergognarsi. Già prima aveva sbagliato. Questa volta avrebbe fatto la scelta giusta.
 
Corse verso Quasimodo, pensando a cosa fare, ma lo raggiunse prima di trovare una soluzione. Tagliare la corda? Pulirlo dai pomodori? Mettersi davanti a lui e fargli da scudo? Urlare alla gente di fermarsi?
 
Una parte di lei temeva per sé stessa: alcuni degli assalitori di Quasimodo erano soldati armati. Cosa le avrebbero fatto se si fosse opposta? Ma non si fermò. Non si sarebbe vergognata di nuovo.
 
Era quasi arrivata, era la più vicina a Quasimodo. Se allungava le mani riusciva addirittura a toccare la superficie sulla quale si trovava. Vide gli occhi del ragazzo guardarla per un’istante. Occhi pieni di paura. Occhi che gridavano “aiutami, ti prego”, ma le sue dita non riuscirono mai a toccare la superficie.

In un lampo, una figura rossa si frappose tra lei e Quasimodo. Quando atterrò sul pavimento, Nolwenn fece appena in tempo ad accorgersi che era un cucciolo di volpe rossa che questa le saltò addosso mostrando gli artigli.
 
Nolwenn urlò dalla paura, e la gente intorno a lei rise ancora più forte, deridendo anche lei ora.
 
La volpe si attaccò con la bocca alla sua borsa, per strappargliela via. Nolwenn aveva ancora molta paura, ma non rese le cose facili all’animale: tirò la borsa verso di sé e al contempo la mosse, per cercare di scacciare l’animale.
 
Quella borsa era tutto ciò che le rimaneva delle sue amiche. Del suo mondo. Non se ne sarebbe separata.
 
Alla fine accadde l’inevitabile: la tracolla si ruppe, permettendo alla volpe di portarsi via il contenuto della borsa.
 
Dimenticandosi completamente di Quasimodo e di tutti gli altri, Nolwenn partì all’inseguimento.
 
Dopo qualche lunghissimo minuto di corsa passato ad inciampare e ad andare a sbattere contro persone e bancarelle, la resistenza di Nolwenn iniziò a calare, così come la velocità della volpe. Alla fine, camminarono tutte e due.

E’ impossibile che una volpe sia già stanca. Se corresse adesso la perderei sicuramente. Perché non lo fa? E perché ogni tanto si gira a guardarmi? Che voglia che la segua? E’ questo che vuole?
 
L’animale si fermò davanti ad un enorme carro con dentro alimenti di ogni genere all’entrata di un fornaio. C’erano degli uomini che parlavano, uno dei quali doveva essere il proprietario del negozio. Quando tutti entrarono dentro lasciando il carro senza guardie o protezioni, la volpe fece un piccolo salto e si infilò nel carro, e mise ciò che restava della sua borsa in un angolo a sinistra, in una zona in cui era impossibile vedere da dove si trovava Nolwenn, perché circondata da casse di frutta e verdura che coprivano la visuale.
 
Una volta posizionata, la volpe guardò la ragazza dritto negli occhi come se stesse scrutando nella sua anima, e lei inevitabilmente rabbrividì. Poi afferrò una grande mela rossa con la bocca e corse verso di lei.

Nolwenn fece per allontanarsi per paura che le venisse di nuovo addosso, ma la volpe fu più veloce e fece un enorme balzo, saltando sopra la sua testa e sparendo tra i vicoli di Parigi.
 
Dopo qualche secondo passato a riprendere il controllo del suo corpo e passata la paura provata, Nolwenn si addentrò nell’enorme carro per prendere ciò che era suo, anzi, di Arielle.

Dovette infilarsi nel buco che le era impossibile vedere dalla sua posizione precedente, e quando si chinò per prenderla sentì il rumore metallico di un portone. Uno dei due portoni del carro che prima erano aperti e dai quali era entrata era stato chiuso, e prima che se ne rendesse conto, anche l’altro si chiuse, e cadde di nuovo l’oscurità.
 
Aveva raggiunto quel mondo nell’oscurità dopo uno svenimento, e l’oscurità l’aveva trovata di nuovo, portandola semplicemente in una trappola più piccola, un carro invece di un mondo, ma sempre una trappola.
 
Era finita nel mondo delle favole, del giusto, della luce.

Eppure, non aveva visto altro che oscurità.


 
 
  



 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > La Bella e la Bestia / Vai alla pagina dell'autore: michaelgosling