Just trust me
Questa OS partecipa alla challenge Secret
Santa’s Kpop Edition
del gruppo FB Kpop Fanfiction Italia.
Fandom: Kpop RPF – BTS
Personaggi: Min Yoongi/Jung Hoseok
Dono per Cain Oswald Nashton
Prompt: A bacia le lacrime di B
Un altro giorno di ordinario
stress.
Un altro giorno difficile.
Un altro giorno dove Hoseok aveva lasciato fuori dalla porta la quiete e la
leggerezza per immergersi nuovamente nel lavoro: infruttuoso, anche stavolta,
come quella precedente. Scaraventò la penna e il blocco per appunti contro il
muro di fronte, mancando di poco il vetro della finestra chiusa dello studio.
Non ci stava riuscendo.
Un enorme blocco creativo nero come la pece stava maltrattando la sua
ispirazione, e dei testi riportati sui fogli sparpagliati a terra restavano
soltanto cancellature violente, tratti pesanti a tagliare ferocemente la carta
con l’inchiostro. Non ci avrebbe rinunciato, certo, non era la prima volta che
accadeva ma mantenere la calma in un momento simile lo stava portando all’esasperazione.
Tentava ogni giorno ormai di nasconderla davanti agli altri sperando di
mascherare con un intramontabile – falso – sorriso tutto ciò che stava
avvertendo.
Rabbia verso se stesso.
Frustrazione nei confronti del lavoro.
Inadeguatezza verso le aspettative troppo alte che si era posto, sperando in un
salto di qualità nel testo.
Una gioia, mai? Si chiese, alzandosi stancamente e massaggiandosi la
schiena dolorante: le ore seduto chino sulla scrivania non aiutavano affatto, anzi
avevano contribuito a riacutizzare un dolore lontano che tornava fin troppo
spesso a trovarlo. Imprecò calpestando per sbaglio penna e fogli, ferendo con
sé il proprio orgoglio. Calciò contro il nulla, percependo una seconda fitta
più insistente. Rise amaro, forse isterico, prima di optare per una doccia
rilassante e un caffè o due. Avrebbero aiutato a scacciare il nervosismo, e
perché no, regalargli un po’ di serenità in più, cosa di cui aveva estremamente
bisogno.
Illuso.
Niente era servito, l’acqua calda aveva contribuito a dare un sollievo soltanto
temporaneo e il caffè a cui ormai s’era assuefatto pareva non giovare come
avrebbe dovuto. Le sale e i corridoi del dormitorio ormai era svuotati da ogni dipendente,
insegnante, anima viva.
Poco male.
Hoseok si lasciò cadere sul divano chiaro della saletta comune, stendendo
le gambe fasciate da un corto pigiama colorato, proprio come era stato lui in
giorni migliori, colorato e solare, contrariamente alle occhiaie che contornavano
ora gli occhi scuri e all’epidermide spenta su cui svettava prepotente la tinta
rossa dei capelli arruffati. I calzetti spaiati staccavano dal sofà,
sicuramente più del pallore sul color crema del divano e pareva un contrasto talmente
buffo che il ragazzo scoppiò a ridere, per poi spegnersi di nuovo e
addormentarsi così, disordinatamente, senza tener conto dell’ora, del luogo e
del proprio umore.
Yoongi sollevò le palpebre stancamente, valutando l’idea di alzarsi dal letto e
attraversare la stanza per andare in bagno o restare al caldo ancora un po’ in
attesa dell’inevitabile. Si prese un paio di secondi per rifletterci su,
concentrandosi sulla camera immersa nel buio e sui pochi elementi che
spiccavano timidamente dal nulla assoluto, pennellati da minimi punti luce
provenienti dalle persiane abbassate della finestra. Sì, lottare con il mondo
in piena notte non sarebbe stato facile, ma decise di fare lo sforzo immane di
ricordarsi d’avere una vescica perfettamente funzionante e si issò per poi
trascinarsi verso l’esterno. Si affacciò allo stipite, gli occhi semichiusi
senza trovare il coraggio di azionare l’interruttore della luce, ciabattando
poi verso la direzione impressa nella memoria delle gambe affidandosi a un istinto
che pregava potesse accompagnarlo dalla parte giusta. Il pigiama grigio frusciava
sonoramente, sfregando sotto alle suole e svolazzando attorno alle gambe magre,
e il rumore lo seguì fino alla porta del bagno. A colpirlo fu però l’anomalo
riflesso di una luce contro al muro opposto, in fondo al corridoio. Sapendo di
potersene pentire decise di mandare al diavolo il riposo – avrebbe sicuramente
trovato un modo per recuperare qualche ora di sonno il giorno dopo – e scoprire
di cosa si trattasse. Perché in fondo sapeva che, a parte Hoseok, tutti gli
altri erano già andati a letto. Soltanto l’amico sarebbe
potuto essere in giro a quell’ora, visti i ritmi che s’era imposto
personalmente in dure sessioni di lavoro nelle ultime due settimane.
Trattenne a stento una risata quando si affacciò alla saletta: ritrovarsi il
collega steso malamente sul divano, parte del corpo afflosciata sul tappeto
morbido, non aveva prezzo. Stava russando sonoramente Hoseok, la bocca schiusa,
un equilibrio precario mantenuto a stento. Yoongi soppresse l’istinto di andare
a recuperare il cellulare e scattargli una foto imbarazzante, quando
avvicinandosi notò il volto cereo e i contorni scuri attorno alle palpebre
chiuse: si ritrasse spegnendo la luce principale della stanza avvalendosi di un
piccolo lume decorativo, e istintivamente gli si sedette accanto
addormentandosi in una manciata di minuti scarsi.
Il tonfo riportò Hoseok alla realtà: prima ancora di spalancare gli occhi e
comprendere un dove, come e quando confusi, riempì la stanza d’un paio di
insulti particolarmente coloriti avvertendo un mugolio impastato in risposta.
Si rizzò in piedi terrorizzato, senza una bussola, un sostegno, una direzione.
Dove cazzo sono?!
Quando sbatté la rotula contro lo spigolo del tavolinetto in plexiglass si
morse il labbro tanto forte da imprecare mentalmente ancor peggio di prima, e
capire solo in un secondo momento la situazione.
Dopo essersi rovesciato su Yoongi ancora comodamente addormentato sull’altro
lato del sofà.
E a urlare furono in due.
«Ma chi cazzo sei!»
«Cosa diavolo fai?!»
«Aiut- aiuto!» Hoseok si sollevò inciampandosi sul
tappeto per poi sedersi sul tavolino, strabuzzare gli occhi e comprendere: no,
non stava dormendo. No, non era nello studio, e tanto meno in camera sua. E no,
non era solo. Rise isterico capendo il contesto fin troppo tardi, sbattendo le mani
sulla fronte con un gesto teatrale a nascondere il tremore delle dita, chiuse
una sull’altra per lo spavento e lo stress di uno spaesamento tanto reale da
creare tachicardia e fiato corto.
Yoongi si curvò in avanti, masticando sillabe poco chiare e galleggiando ancora
in un limbo di ombre e sonno, dove l’unica luce era il volto di Hoseok coperto in
parte: brillarono gocce disperate pima di essere strappate alla pelle con un colpo
di palmo.
«Ehi…» Il ragazzo sfiorò il collega seduto di fronte, instabile e tremante. Quest’ultimo
non si ritrasse e anzi rise, rise con gli occhi serrati e pianse.
Stupido. Sei solo uno stupido.
Rise ancora Hoseok, gli zigomi umidi, prima di rovesciare all’indietro il capo
e aspettare la crisi passasse.
Crolli così, davanti a lui, come un bambino?
Sì.
Si sentì strattonare, maledicendo la sfiga nell’essere collassato in un posto
del genere, e cedette. A pochi centimetri dal volto di Yoongi, cedette e nuove
lacrime sgorgarono.
Yoongi serrò i palmi sul volto sconvolto, capendo fin troppo bene: ci era passato
pure lui, come tutti gli altri. Scoppiare nei momenti meno opportuni, più
improbabili, era una delle prerogative di quel lavoro pesante e allo stesso
tempo meraviglioso, totalizzante, che portavano avanti lui e Hoseok tutti i
giorni. Sapeva sarebbe accaduto, non immaginava certo proprio in quel frangente:
in fondo l’amico non era nuovo a simili manifestazioni. Stavolta però non
avrebbe ripetuto l’errore di quella precedente, avrebbe agito subito. Passò i
polpastrelli sul suo volto, sfregandolo con poca grazia ma con convinzione.
«Sono qui.»
Hoseok pareva vedere ma non ascoltare.
Si avvicinò, la fronte a sfiorare la sua, aumentando appena il movimento del
petto.
«Hobi, ascoltami, sono qui…» inspirò, «resta con me, sono qui.» Ed espirò,
sussurrando le ultime sillabe, credendoci fino in fondo. «Fidati di me, andrà
bene, ce la farai.»
Le ultime gocce roventi sfuggirono al controllo di chi stava combattendo dentro.
Yoongi sfiorò con le labbra la pelle bruciata dall’insoddisfazione e dall’incapacità
dell’amico di sfogarsi, parlare, aprirsi; avvertì sale, incertezze, dolore, e
dopo si staccò.
Hoseok si accasciò su di lui, singhiozzando in silenzio, incurante di apparire
forse patetico, forse debole. Si perse sulla maglietta ormai umida del pigiama
dell’altro, solleticato dai suoi capelli scuri; si perse infine nel movimento quieto
di un respiro non suo.
Hoseok dormì sereno quella notte, steso nuovamente sul divano a discapito di un
letto integro in una camera vuota. Yoongi si accoccolò lì accanto, la mano poggiata
sulla testa dell’altro: «la prossima volta, dillo subito che hai un problema.» Mugugnò.
Avrebbe aiutato Hoseok, l’avrebbe protetto da se stesso,
dalla realtà in cui vivevano, dalla carriera che avevano scelto… d’altronde lo
considerava come un fratello con cui condividere tutto, un elemento fondamentale
della propria esistenza e non tollerava vederlo soffrire così. Il loro non
sarebbe mai stato un lavoro semplice, questo lo sapeva e ne portava ancora le
cicatrici; promise dunque non di evitargli i mali del mondo, ma di dividerne il
peso perché così avrebbe potuto vederlo sorridere di nuovo.
A Cain, con i migliori auguri per un anno sereno e pieno
di ispirazione.