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Autore: Kuro Iri    14/02/2022    0 recensioni
Libro 3. Sono passati molti anni, troppi, dalla vittoria della seconda Custode sulle ombre, tornate co rinnovate forze, lunghi tentacoli che avvolgono la sua terra. ora, è il suo turno di scegliere un successore, uno in grado di fermare l'Ombra.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Equilibrio'
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Luce. È la prima cosa che ricordo. Poi, il nulla. Vuoto. Mancanza. Solitudine. O quasi. Lei c’era. L’ho temuta per talmente tanto tempo… ora ringrazio quel giorno per essere giunto. E per ciò che ne è conseguito. Sono tante le persone che devo ringraziare, e altrettante quelle a cui ancora devo chiedere perdono. La prima della lista, è colei che mi è accanto dall’inizio, sin da quando ero dimezzato. In un certo senso, è cominciato tutto per colpa sua, e non dal regalo per la mia nascita.
Sei insopportabile, quando fai così.
Hai ragione, scusa.
 
“Dai, Leo, andiamo!”
Il bambino annuì, poi seguì l’amica. Iniziarono a rincorrersi nel parchetto. La bambina rideva e scherzava, mentre l’amico la seguiva silenzioso e sorridente. Improvvisamente, la bambina inciampò su una mattonella sconnessa, urtando un ragazzo di passaggio mentre cadeva.
“Stupida mocciosa! Ti rendi conto di quello che hai fatto?”
La piccola si rinchiuse su sé stessa, con le lacrime agli occhi.
“Allora? Non hai nulla da dire?”
“Sc-scusa…”
“Non ho capito bene. E poi, credi che basti- E tu che vuoi?”
Leo si era messo in mezzo per difendere l’amica. Il sorriso era sparito, e i suoi occhi erano fissati in quelli dell’altro. Erano freddi come il ghiaccio e scuri.
“Tsk”
Mentre si allontanava, lo sguardo del bambino non lo abbandonò un istante, finchè non ebbe svoltato l’angolo. Aiutò l’amica a rialzarsi.
“Stai bene?”
“Si… grasie…”
Si avviarono verso l’angolo opposto del parchetto, ma qualcosa attirò l’attenzione di Leo. Si fermò un secondo per raccogliere una scheggia simile a un frammento di vetro. Lo intascò e raggiunse l’amica.
 
Dieci anni dopo
 
I due ragazzi oziavano su un muretto, aspettando il tramontare del sole.
“Domani ricomincia la scuola”
“Mh-mh”
“Sempre risposte estenuanti, tu, eh?”
Leo sorrise. Passò un braccio attorno alle sue spalle e l’attirò a sé. Quando gli ultimi raggi di sole sparirono, rientrarono nell’orfanotrofio.
“A domani allora”
“’notte”
Mentre apriva la porta della sua camera, il ragazzo ebbe appena il tempo per schivare un cuscino lanciato a tutta velocità verso la sua faccia.
“Era ora, finalmente sei tornato! Lotta di cuscini?”
“Passo”
Si sedette sulla cornice della finestra e il suo sguardo si perse verso l’esterno. I suoi due compagni di stanza alzarono le spalle, poi ripresero la loro battaglia. Improvvisamente, Leo sussultò e si allontanò dalla finestra.
“Cinque minuti”
Rapidamente, sistemarono alla meno peggio la camera, poi si infilarono sotto le coperte. Dopo poco, una lama di luce tagliò l’oscurità della camera, e la testa di uno dei responsabili si affacciò per controllare la situazione. Rimase più a lungo del solito, e il respiro di uno dei compagni di Leo iniziò ad accelerare. Subito, il ragazzo finse di russare. Finalmente, la porta si richiuse.
“Per un pelo…”
“Già, grazie, ma come fai ad accorgerti sempre che stanno arrivando?”
“Lo so e basta. Buona notte”
Si girò, dando loro la schiena. I suoi compagni si scambiarono un’occhiata. Stavano per addormentarsi, quando sentirono il sussurro a denti stretti del compagno.
“Taci”
“Leo?”
“Nulla”
Intonro alle due di notte, qualcuno aprì dall’esterno una delle finestre dell’ala femminile del dormitorio: un ragazzo si stava intrufolando in una camera, avvicinandosi a una delle ragazze addormentate. Le toccò una spalla con delicatezza.
“Alix”
“Mmmh… Leo, sei tu?”
“Si”
La ragazza si alzò su un gomito, facendogli spazio per sedersi. Lo vide tremare, con le mani talmente strette che le nocche erano sbiancate. Il suo volto era pallido e madido di sudore.
“Un altro incubo?”
Lo vide annuire.
“Me lo racconti?”
Lo vide tentennare, ma glielo raccontò.
“C’erano tante persone. Tutte avevano una catena, ma alcuni ne frustavano altri, che erano… strani, non so come altro spiegarlo… questi avevano un’altra catena, che tenevano gli altri, quelli ‘normali’. Alcuni avevano anche una corda nera al collo, che li legava a-
Fu costretto a fermarsi per deglutire. A quanto sembrava, quella visione del sogno lo aveva davvero scosso.
-a una specie di cuore fatto di buio, non saprei. Chiedevano aiuto e gridavano di dolore. Poi hanno iniziato a brillare alcune luci: blu, bianca, viola e verde. Sembrava che li stessero abbracciando. Sopra di loro, dove doveva esserci il cielo, sono apparse delle stelle. Io ero tra loro e le quattro luci. Le persone sotto di me hanno iniziato a tirarmi verso di loro. Poi lei ha parlato. Ha detto datti una mossa”
Alix lo abbracciò.
“Era solo un brutto sogno, Leo. Puoi dormire tranquillo”
“Si, forse hai ragione”
“Forza, torna a letto”
Il ragazzo annuì, poi si calò dalla finestra e tornò alla sua camera.
“Ehi, Ali, a quante volte siamo arrivati questo mese?”
“Venti, circa”
“Quasi una al giorno. Sempre lo stesso incubo?”
“A quanto pare”
“Certo che è strano forte”
“è un grande amico”
La sua compagna di stanza ridacchiò.
“Si, certo. ‘notte Alix”
 
“Forza! Tutti in piedi, è ora di colazione”
Leo spalancò gli occhi di colpo. I suoi compagni mugugnarono, coprendosi il volto con i cuscini.
“Ti lascio il primo turno in bagno”
“Anch’io”
Prima di entrare in bagno, il ragazzo chiuse gli occhi e si preparò in fretta, facendo attenzione a non guardare lo specchio quelle due o tre volte che fu costretto ad aprirli. Quando uscì, Marc gli scoccò un’occhiataccia assonnata.
“Dirti di cambiare vestiti è inutile, vero?”
Leo ricambiò con un’occhiata stizzita. Non poteva farci niente, se detestava il suo aspetto: era albino, con occhi tendenti al rosso e i lunghi capelli, bianchi e spettinati, che gli cadevano sul volto cercando di coprire il più possibile la voglia rossastra che gli copriva quasi completamente la parte destra del volto. Era un ragazzo alto, quasi un metro e ottanta, magro ma ben tonico. Aveva quasi ogni giorno lo stesso tipo di vestiti, larghi pantaloni scoloriti e una vecchia e larga felpa grigia, col cappuccio calato a nascondere i capelli. Aspettò che i compagni finissero di prepararsi, poi scesero per colazione. Leo si sedette su un tavolo in disparte, da solo, finchè non venne raggiunto da Alix.
“’giorno Leo”
Il ragazzo sorrise.
Vi guardano tutti.
Taci.
“Va tutto bene?”
Annuì.
“L’incubo? Ora va meglio?”
Leo distolse lo sguardo e si concentrò sul cibo.
“Capisco”
“Guarda guarda, la bella e la bestia”
Il ragazzo si tirò il più possibile il cappuccio sulla testa, nascondendo le mani nelle maniche. Il nuovo arrivato lo guardò beffardo, poi allungò il collo per sussurrargli all’orecchio.
“Vieni in giardino. Ti aspetto”
Mentre si allontanava, Alix coprì con la propria la mano dell’amico.
“Leo, non andare. Per favore, lascia perdere”
“Sarà peggio se non vado”
Si alzò e uscì, senza accorgersi dell’amica che lo seguiva. In giardino, si fermò davanti a Jean, non le mani in tasca e i piedi ben piantati al suolo.
“Ora stammi a sentire, Errore, sono stufo di ripeterlo. Alix è mia. È la ragazza più bella dell’istituto, non la cederò a nessun altro. Ancora non capisco per quale incomprensibile motivo continua a girarti intorno, ma vedi di starle alla larga d’ora in poi”
Leo non rispose, ma contrasse la mascella.
“Allora?”
Visto che non rispondeva, Jean si avvicinò all’altro, scoprendo che stava mormorando qualcosa.
“Taci… non ho intenzione di darti retta…”
Sembrava parlare con sé stesso. Il bullo scoppiò in una fragorosa risata.
“Ma allora sei anche pazzo!”
“Lascialo stare!”
Alix si frappose tra i due, fulminando Jean con lo sguardo. Questo la guardò stupito, ma dopo un attimo si riprese, sorridendo cercando di sembrare attraente.
“Alix! Che ne diresti di saltare scuola, oggi? Conosco un bel posto in cui mi piacerebbe portarti”
“Ali, che ci fai qui? Vattene!”
“No”
Gli occhi di Jean si accesero di rabbia e gelosia.
“Perché? Perché giri sempre intorno a quell’Errore?”
“Ehi! Leo non è un errore! Faresti meglio a rimangiartelo!”
Alzò una mano e schiaffeggiò con forza la ragazza.
 
Marc e Jack stavano passando di fianco al giardino in quel momento. Stavano discutendo sull’abbigliamento di una loro compagna, quando sentirono qualcuno gridare. Si precipitarono in giardino. Jean era a terra, col volto paonazzo e gli occhi pieni di lacrime. Aveva un braccio torto all’indietro da Leo, che lo teneva fermo con un piede sulla schiena. Aveva il capo chino, e gli si vedeva solo la bocca, stirata in un ghigno. Alix lo stava strattonando, senza però riuscire a smuoverlo.
“Leo, basta! Ti prego, lascialo andare!”
Il ragazzo la guardò. Lasciò immediatamente il braccio e indietreggiò, col respiro affannoso. L’altro si sollevo in fretta, tenendosi il braccio. Guardò Leo con odio e se ne andò. Alix si avvicinò all’amico.
“Leo…”
Si girò e fuggì. Dopo qualche minuto, lo raggiunse nella soffitta. Era seduto davanti alla finestra, con le nocche sporche di sangue per aver preso a pugni un’asse di legno. La ragazza iniziò a medicargliele. Lui non la guardò, ma abbassò il capo.
“Perché mi raggiungi sempre?”
“Sei mio amico”
Continuava a non guardarla. Quando parlò, la sua voce era perfettamente calma.
“Come va la g-“
Si afferrò la testa.
“Vattene! Non ti permetterò di uscire di nuovo!”
Una lacrima gli rigò la guancia, seguita da molte altre. Alix lo abbracciò.
“è tornata la voce?”
“Si. È uscita quando ti ha colpita”
Rimasero fermi in quella posizione per un paio di minuti, poi si presero per mano e insieme si avviarono verso la scuola. Quel giorno c’era una fitta nebbia, che nascose la banda che li stava seguendo e che li circondava finchè non fu troppo tardi. La ragazza si strinse al braccio dell’amico.
“Bene bene, leoncino, ora è il mio turno. Vieni”
Leo staccò le mani di Alix dal suo braccio.
“Andrà tutto bene”
Si era allontanato solo di un paio di metri, quando un urlo della ragazza lo fece voltare: uno dei compagni di Jean l’aveva afferrata e aveva un coltello vicino alla sua gola.
“Alix!”
“Fermo lì, non ho intenzione di farle male. Voglio solo che veda quanto sei debole e sfigato senza interferenze”
Schioccò le dita, e uno dei suoi compagni attaccò. Le labbra di Leo si mossero senza un suono.
Solo per questa volta.
Il pugno gli sfiorò il volto. Schivò. Poi lo colpì con una ginocchiata in mezzo alle gambe. Mentre crollava a terra, lo fece svenire colpendolo alla testa. Voltò il capo verso Jeans.
“Maledetto bast-!”
Un pungo colpì un altro dei membri della banda, che si piegò in due vomitando. Un pugno colpì Leo dietro la testa, facendolo barcollare, ma il ragazzo rimase in piedi. Il cappuccio invece scivolò, rivelando la massa scompigliata di capelli bianchi.
“Leo!”
“Sto bene. Tranquilla”
Si scostò i capelli da davanti agli occhi, scoprendo la voglia. Il suo avversario si fermò per la sorpresa, ricevendo un calcio sullo sterno. Il suo sguardo incontrò quello di Alix. I suoi occhi baluginavano come quando la voce prendeva il controllo del ragazzo. Qualcuno afferrò da dietro la catenina che reggeva la scheggia trasparente che il ragazzo aveva trovato dieci anni prima, e cominciò a stringere. Il suo volto cominciò a colorarsi di viola. Alix implorò Jean di lasciarlo andare, ma lui rise e tirò co più forza. La catena si ruppe, e la scheggia cadde in mezzo alla strada. La luce sparì dagli occhi di Leo, che si riempirono di terrore. Dimenticandosi di tutto ciò che lo circondava, si gettò a raccoglierla. L’aveva appena raccolta, che l’urlo d’avvertimento di Alix lo fece voltare. I fari della macchina lo abbagliarono. L’auto passò, ma del ragazzo non c’era più traccia.
“LEO!!”
 
Vento.
Dovrei essere stato investito… che succede?
Apri gli occhi, scemo.
Ascoltò il suggerimento della voce. Si trovava su una specie di promontorio, davanti a una roccia coperta di rampicanti e muschio. Solo un piccolo spazio era rimasto libero dalla morsa del verde. Gli sembrò di vedere una scritta. Fece un passo in avanti, ma il terreno crollò sotto i suoi piedi.
Cedimi il controllo!
“No!”
Idiota! Vuoi morire?!
“Non ti darò mai il controllo!”
Cedimelo!
“Mai!”
La schiena del ragazzo colpì l’acqua con violenza. La forte corrente lo trascino contro delle rocce e dei rami, stracciando i suoi vestiti. Privo di sensi e con solo qualche brandello di stoffa addosso il ragazzo si arenò sulla riva. La scheggia nella sua mano brillò. Per un attimo, il corpo del ragazzo si trasformò in luce, una luce che divenne sempre più luminosa, finchè non esplose. Una nota cristallina risuonò per tutta la foresta, passando di albero in albero, di roccia in roccia. Ovunque.
 
“Mostro!”
Schivò un uovo marcio. C’era abituata: da quando ne aveva memoria, era sempre vissuta in quella gabbia, insultata, schernita e temuta. Sfiorò lo smeraldo che le giaceva sul petto.
Perché hai scelto me, vecchio?
Una nota si fece strada nel villaggio, proveniente dalla foresta. Il suo cuore sobbalzò.
Cos’è? Che succee?
Finalmente! Erano secoli che aspettavamo!
Aspettavate cosa?
Lo smeraldo scintillò.
L’erede di Eìra.
 
“Svelti! Datevi una mossa!”
L’elfo e il sos-rake si allontanarono in fretta. Quando furono usciti dal campo visivo della guardia, si fermarono. L’elfo si piegò con le mani sulle ginocchia e il respiro affannoso.
“Ehi, stai bene?”
“Si, ho solo bisogno di un attimo”
Prese un profondo respiro, poi rilassò i muscoli. La sua pelle, già azzurro-argento, divenne di un colore più vivido e lucidissima. Gli occhi si macchiarono d’inchiostro e sulla fronte e sulle spalle spuntarono piccole piume blu zaffiro. Dopo un paio di minuti nascose nuovamente il suo vero aspetto.
“Forza Osil, diamoci da fare”
La nota li raggiunse. Gli occhi dell’elfo, da troppo tempo opachi, ripresero a brillare. Anche il sos-rake sembrò ritrovare la voglia di vivere: si sollevò sulle punte dei piedi e si lasciò andare a un urlo di gioia. Vennero subito raggiunti da alcune guardie, che li spedirono nella loro baracca a suon di bastonate. Entrarono col sorriso sulle labbra e il cuore che stava per scoppiare.
 
La figura incappucciata si avvicinò all’oscurità pulsante.
“Mio signore… è qui”
“Manda la squadra. Che ci pensino loro”
 
La ragazza annusò i delicati fiori viola. Aveva riconosciuto il significato della nota. Era una dei pochi rimasti a ricordare i Guardiani e le Custodi. Sorrise.
Alla fine sei arrivato. Sei un lui? O una lei?
   
 
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