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Autore: Vallentyne    14/02/2022    5 recensioni
“Io voglio lui. Stasera è mio”. Lo sognava di notte, e se non lo sognava viveva dei sogni ad occhi aperti prima di addormentarsi che avevano lui protagonista. Ovviamente innamorato di lei. O almeno sedotto. Comunque. Era quasi arrivato il momento di provare a realizzare almeno qualcuna di quelle fantasie.
Genere: Erotico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Io voglio lui. Stasera è mio.

Si guarda allo specchio per controllare che sia tutto a posto e il riflesso le piace. Sorride. È da un’eternità che si è presa questa cotta per il portiere della Toho. È bellissimo. Era stato impossibile non rimanerne folgorata quando aveva assistito a una partita: le movenze feline in porta, quei capelli corvini lunghi che ricadevano sulle spalle ampie. Si era appostata con le altre per vedere i giocatori all’uscita a fine partita, camminavano insieme, sicuri di sé, chiacchieravano e ridacchiavano, consapevoli di essere l’oggetto dell’attenzione delle ragazze assiepate all’altro lato della strada ma lei vedeva solo lui, che camminava accanto al capitano, i capelli bagnati e la sacca sulla spalla. Aveva cercato di sapere tutto quello che poteva su di Ken: classe e corsi frequentati, amicizie, famiglia di origine. Tutto materiale che poteva contribuire ad alimentare la sua ossessione. Lo sognava di notte, e se non lo sognava viveva dei sogni ad occhi aperti prima di addormentarsi che avevano lui protagonista. Ovviamente innamorato di lei. O almeno sedotto. Comunque. Era quasi arrivato il momento di provare a realizzare almeno qualcuna di quelle fantasie che popolavano la sua mente e un senso di eccitazione latente cominciava a risvegliarsi dentro di lei.       

Oh, my love oh, yeah, yeah, I’m in love, yeah           
                                                                     
Aveva aspettato per settimane questa occasione, sapeva che difficilmente le sarebbe capitata una migliore opportunità di avvicinarlo. Aveva scelto con estrema cura come vestirsi. La minigonna lasciava scoperte le gambe, il rossetto la rendeva sicura di sé, e si sentiva su di giri. Raggiunse il locale con le amiche, erano tutte elettrizzate, il tono delle voci più squillante del solito, le risate più rumorose. Loro sapevano della sua infatuazione, d’altra parte lei parlava di lui ogni volta che poteva, e alcune facevano il tifo per la serata. La musica era alta, sentiva le vibrazioni dei bassi nella pancia. C’era tantissima gente, cercò di allungare il collo per guardarsi in giro ma non vedeva nessun volto noto. Le luci soffuse del locale non aiutavano. Vide gruppi di ragazzi e ragazze, qualcuno ballava, altri bevevano, qualcuno stava già pomiciando agli angoli della sala. Beh, ok, meglio cercare di tranquillizzarsi. Le ragazze si avvicinarono al bancone del bar per prendere da bere e continuarono a lanciare occhiate in giro.

Al piano di sopra Ken era appoggiato a uno degli sgabelli del bar e si stava lamentando con Kojiro della situazione.
«Mi piacerebbe che mi spiegassi cosa siamo venuti a fare qui stasera. Ti ricordo che domani abbiamo i test di fine semestre.» Espressione corrucciata e aria annoiata, non aveva gradito l’idea del capitano di uscire per andare a una festa. Era da un po’ di tempo che non gli andava proprio di uscire, vedere gente in generale, vedere gente appiccicarsi e divertirsi in particolare. Kojiro invece pareva proprio contento di trovarsi lì, muoveva impercettibilmente la testa al ritmo della musica e aveva un sorriso sornione.
«Ti fa bene, magari ti ricordi cosa vuol dire fare serata. Sono passati mesi Ken, è ora di darsi una mossa.» Già, mesi da quando era stato piantato senza tante cerimonie dalla sua attuale ex ragazza nonché attuale ragazza del capitano della squadra di baseball della scuola.
«Bisogna reagire. Ti sei concentrato sul calcio, e va benissimo, e sugli studi, e pure va bene, ma ormai è arrivato il momento di uscire, di incontrare gente, di farsi due risate, e questa è un’occasione perfetta.»
«Non ne ho voglia e lo sai.»
«Faccio finta di non sentirti quando ti lamenti, non ho voglia io di perdere tempo ad ascoltarti. Su, che prendi da bere?»

Accidenti non lo vedeva. E Ken era alto, molto più alto della maggior parte dei ragazzi presenti lì, avrebbe dovuto svettare sulle loro teste. E invece niente. Ripassò in rassegna tutta la sala socchiudendo gli occhi e frugando i visi che le luci illuminavano a ritmi alterni. No, non c’era. Un vago senso di aspettative disilluse fece capolino nella sua testa, insieme a una sensazione di amarezza che saliva in gola. Calma. La serata è cominciata da poco, magari arriva più tardi. Non posso disperarmi adesso. Respira, bevi, sorridi. Ripeti.

Alla fine, sembrava che Kojiro la stesse spuntando. Ken cominciava a rilassarsi, la correzione nei due bicchieri di Coca Cola che si era bevuto aveva cominciato a fare effetto. Li avevano raggiunti anche Takeshi e Kazuki, altri compagni di squadra erano in giro nel locale. Qualche battuta, qualche sguardo d’intesa e Ken cominciava ad avvertire un senso di leggerezza come non gli capitava da tempo. Videro passare di lì due ragazze arrampicate su tacchi a spillo che sculettavano tenendosi a braccetto. Kojiro alzò un sopracciglio e guardò il portiere negli occhi con fare ammiccante.
«Naaah…»
«Su, muoviti. Non ho intenzione di sprecare una serata così. Stasera c’è pieno. Ci vorrebbe qualche distrazione che possa tirarti su il morale.»
«No, davvero, non ho voglia. Non contare su di me. Non è la serata giusta.»
«Che palle che sei, Wakashimazu. Beh, se la metti così… Kazuki, per te invece potrebbe essere la serata giusta?»
L’altro non sentì il bisogno di rispondere. Si alzò e con fare complice si avvicinò a Kojiro. «Andiamo.»
Rimasti soli Ken si rivolse al centrocampista «Takeshi e tu che progetti hai?»

La sala cominciava ad essere davvero piena di gente, la musica copriva le voci di chi cercava caparbiamente di fare conversazione. A un certo punto, senza sapere davvero come, si era ritrovata in pista, probabilmente trascinata da qualche sua amica. Sospirò e cominciò a ballare, all’inizio pigramente e senza esserne convinta ma poi le luci, i bassi, gli sguardi che incrociava ogni volta che ruotava la testa vinsero le sue resistenze. Ormai era lì, tanto valeva godersi la serata. Chiuse gli occhi e lasciò che la musica la riempisse e guidasse i movimenti del suo bacino, qualcuno le si strusciò addosso, fece finta di non accorgersene e si scostò continuando a ballare.

Ken si stava davvero annoiando. Di Kojiro e Kazuki non si scorgeva nemmeno l’ombra, erano spariti da almeno un’ora e chissà quando si sarebbero fatti vedere. Takeshi era immerso in un’animata conversazione con due suoi compagni di classe che erano passati di lì per cercare un bar meno affollato, al piano terra quasi non ci si riusciva più a muovere. Guardò il cellulare per controllare l’ora e diede una rapida occhiata alle notifiche e ai messaggi, ma nemmeno lì trovo qualcosa di interessante.
Picchiettò sulla spalla di Takeshi «Scendo un attimo a fare un giro, voglio vedere se sotto trovo qualcuno.»

Si sentiva bene, ballava al ritmo della musica e guardava i corpi intorno a lei, qualcuno le sorrise e lei rispose al sorriso per poi girarsi e dare le spalle, non voleva approcci, si stava godendo il momento e non avrebbe permesso a nessuno di interrompere l’atmosfera. A meno che non fosse lui, ovvio. Ma lui forse non c’era.

Ken era sceso al piano terra. Allungò il collo per cercare qualche viso noto ma non riusciva a riconoscere nessuno. Si spostò per la sala rasente alle pareti per evitare di essere trascinato verso il centro della pista. Sospirò e poi arricciò le labbra. Niente, non li vedeva. A questo punto tanto valeva tornare al dormitorio. Sarebbe salito ad avvisare Takeshi, magari sarebbe rientrato con lui.

Fu in quel momento che lei lo vide. E la vide anche lui. Incrociarono gli sguardi tra tutte quelle persone, fu questione di un istante. Lei gli sorrise, lui si voltò. Mentre lui riprendeva il suo cammino in direzione della scala lei cercò rapidamente di raggiungerlo. Non sapeva cosa gli avrebbe detto, ma adesso che finalmente lui era lì davanti a lei non si sarebbe fermata.

I replayed this moment for months
Alone in my head, waiting for it to come
I wrote all your lies, and description on my mind, and
I hope that you will follow it for once


«Hey!» disse soltanto, allungando la mano per afferrare il suo braccio e trattenerlo. Lo sfiorò appena e lui parve non averla sentita. Lei allungò il passo, lo affiancò e lo superò sulle scale, trovandosi due gradini più in alto e bloccandogli il passaggio. Lui si fermò, infastidito, e sollevò il volto per guardare chi avesse di fronte.

I get, I get what I want when I want
And I get it how I wanna, wanna
And I want you baby, gotta get you baby


Ok, il momento tanto atteso e tanto immaginato era finalmente arrivato. Lui era lì, a meno di un metro da lei. Bellissimo come sempre. La fronte corrucciata e un’espressione interrogativa sul volto. Lei sentiva i battiti del suo cuore rimbombarle nella testa, non sapeva nemmeno più se fossero davvero i battiti o i bassi sparati dalle casse. Deglutì e sorrise. Aveva visualizzato questa scena nella sua mente centinaia di volte e in quel momento era reale. Sentì un brivido scenderle dal collo e poi giù per tutta la schiena. Lui alzò un sopracciglio, forse incuriosito. Lei gli si avvicinò per farsi sentire finché le sue labbra si trovarono a pochi centimetri dall’orecchio di lui. Così vicino. Sentiva il suo profumo, percepiva il calore della sua pelle.
«Ti stavo cercando.» disse soltanto, in quello che pareva un soffio. Lui fece per scostarsi e guardarla in viso, non aveva capito cosa diavolo stesse dicendo, non l’aveva mai vista prima.
Lei lo seguì, allungò la mano per fermarlo.
«Ti prego non allontanarti, è una vita che aspetto questo momento...» e delicatamente gli sfiorò l’orecchio con le labbra. Lui si bloccò, immobile, sorpreso da quella situazione. Non gli era mai capitato prima di essere abbordato così, così all’improvviso, così spudoratamente. Le prese la mano e finalmente la guardò. Era in attesa, gli occhi fissi nei suoi, un sorriso incerto sulle labbra. La vide bella, anzi bellissima. Forse erano le luci, forse la musica, forse l’assurdità del momento, o forse lo era davvero. La avvicinò a sé, in un istante dimenticò perché si trovasse lì, perché fosse sceso da quelle scale, cosa stesse cercando e dove volesse andare. Sapeva solo di volerla baciare e volerla toccare, subito.

Kojiro tornò di sopra e raggiunse Takeshi.
«Ma dov’è finito Ken? Pensavo di trovarlo ancora qui, dobbiamo rientrare al dormitorio.»
Takeshi lo guardò con aria sorpresa «Non vi siete incrociati? È sceso a cercarvi una decina di minuti fa.»

Ken era ancora sulle scale, una mano tra i capelli della ragazza, l’altra a cingerle il fianco. Lei gli aveva buttato le braccia al collo e si strusciava su di lui. Si stavano baciando, le lingue si cercavano con bramosia. Lei sentiva la sua eccitazione attraverso i jeans, scariche di adrenalina la animavano e decise di infilare una mano sotto la maglietta per poi farla scendere in basso, infilare le dita oltre l’elastico dei boxer e arrivare fin dove sarebbe riuscita ad arrivare con quella dannata cintura che rendeva tutto così difficile. Avvertì le mani di lui sul suo sedere, prima accarezzarlo con fare delicato e poi afferrarlo con decisione per avvicinarla ancora di più a sé. Mugugnò. Lo voleva, lo voleva tantissimo. Non le sarebbe bastato quello che avrebbero potuto fare lì.

Fu così che Kojiro li vide, avvinghiati sulla scala del locale, impegnati a toccarsi e strusciarsi con foga tanto che non riusciva a vedere dove finissero le mani di ciascuno sul corpo dell’altro. Non sapeva se essere più infastidito o divertito. Anche quella sera per farlo uscire aveva dovuto insistere e minacciare perché se fosse stato per Ken sarebbero dovuti restare in camera a studiare, andare a letto presto, e tanti saluti. E poi quanto si era lamentato, e che muso lungo fino a poco prima. E ora guardalo lì, impegnato in una sessione di struscio e limoni. Sospirò.
Si piazzò dietro di lui e disse scandendo bene le parole a voce alta «Ma bene, sono contento di vedere che finalmente hai trovato anche tu qualcosa da fare.»
Ken si fermò all’improvviso, congelato. Lei sussultò e staccando la bocca da lui si scostò per vedere chi avesse parlato. Fece un passo indietro e sentì il rossore imporporarle le guance, fortunatamente il buio e le luci stroboscopiche giocavano in suo favore. Si mordicchiò un labbro guardandosi la punta della scarpa. Ken deglutì imbarazzato e si girò a fronteggiarlo.
«E’ tardi, è quasi mezzanotte. Dobbiamo rientrare a casa e hai tu le chiavi.» L’altro annuì. Cazzo. Che tempismo.
«Ho già avvisato Takeshi di sopra, ti saluta.» gli disse con fare sornione.

What you leaving for, when my night is yours.
Just a little more, don’t go yet

Non ci poteva credere. Un attimo prima era in una sorta di paradiso terrestre dove stava sciogliendosi tra le braccia di Ken, eccitata e vogliosa, ce l’aveva lì tra le sue cosce e avrebbe potuto finalmente averlo tutto. In nessuna delle sue mille fantasie aveva potuto immaginare un epilogo simile. Amareggiata, con ancora qualche residuo di imbarazzo addosso che stava però lasciando il posto a un’irritazione di proporzioni cosmiche, alzò gli occhi per guardarlo. Ken non parlava, si era limitato ad annuire all’altro. Si girò verso di lei.
«Devo andare.» disse semplicemente. Fu un po’ come ricevere una porta in faccia, che poi era quello che stava succedendo davvero.
«È stato un piacere conoscerti.» Lo guardò allontanarsi, seguendo il suo capitano, e a lei non rimase che scendere le scale e andare a cercare le amiche.


La canzone citata è Don't go yet di Camila Cabello a cui sono riservati tutti i diritti.
   
 
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