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Autore: Cattive Stelle    14/02/2022    2 recensioni
[Harry Potter e i Doni della Morte]
Hermione in quel freddo inverno si chiede se mai arriverà il Natale.
Nella foresta, in un momento di sconforto, fa i conti con il dolore della guerra, le sue speranze perdute, il suo passato dimenticato e soprattutto con la mancanza di Ron.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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O’ Children

 

 

☙ Di speranze perdute, infanzie dimenticate, parole rimandate, anime uccise e mai più tornate

 

Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra.
(Jim Morrison)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hermione stava seduta a terra, avvolta da una sola coperta.

Non pensava più al freddo.
Non contavano più i brividi, dovuti allo scorrere delle gocce di pioggia sul suo capo chino, o dei fiocchi di neve, bianchi come la sua pelle, tra le mani.

Il gelo di quel tempo era la guerra, sperare di non dover ascoltare un nome conosciuto tramite quella maledettissima radio, lasciata accesa dalla notte in cui, di Ron, non c’erano più notizie.
Parlava per ore, imperterrita, lasciando vuoto dietro le parole tremanti pronunciate dallo speaker.

Ovunque si andasse: distruzione, morte e male.
Una magia troppo sbagliata.

Non rimaneva niente.

Hermione guardava di fronte a sé: la neve cadeva, nonostante tutto, nonostante la sua paura. Era l’unica cosa capace di oltraggiare i suoi incantesimi di protezione; per l’unica volta nella sua vita, non si sentì in difetto, attaccata, colpita in orgoglio: la neve poteva anche sconfiggerla, per cosa contava ormai…

Sentì che la sua vita era allo sbando, o, forse, non c’era più.
Nessuno oltre Harry, Ron e alcune foto segnaletiche, depositate presso il Ministero della magia, si sarebbe più ricordato di lei.
Nulla, nessuno, niente, mai più.

Sentiva il tempo scorrere in ogni singolo tremore del suo corpo, rannicchiato e indifeso, mentre gli occhi scorrevano velocemente le rune del libro di favole che si trovava tra le dita. Un oltraggio: un libro di favole per lei, lei che l’infanzia non l’avrebbe rivissuta neanche per sbaglio nei suoi ricordi più remoti e distratti, mai più.

Squadrava con occhi spenti tutto ciò che la circondava, cogliendo ogni istante, cadenzato dalla voglia di reprimere ogni possibile pensiero.
Voleva che la mente si fermasse per alleviare il dolore, la sofferenza della guerra, della negazione di sé, che scorrevano nel suo sangue da mesi.

Chissà che giorno era?

La guerra è la negazione della dignità, sia per i babbani, sia per streghe e maghi… non si può sopportare.
Non le era mai capitato prima di dimenticare l’avvento del Natale; ora lo odiava, o, forse, no.

Forse l’insofferenza, l’astio per quel giorno non goduto a pieno- se non con lacrime amare, capaci di squartare il suo cuore e quello dell’amico che tentava di confortarla- erano segno di rabbia.
Sì, era rabbia: non poteva ammettere che il Natale, così come la gioia esistessero ancora, potessero risultare tangibili, neanche se fosse bastata l’illusione di una notte così fredda.

Estrasse la bacchetta dalla coperta e iniziò a giocare.
Non apparve nemmeno un presagio di sorriso sulle sue labbra scarlatte, non uno.

Fiorivano biancospini, speranza, ricordi, parole inutili…
In quell’arsura, il paradosso di un fiore: era possibile, ma vicino alla morte più di quanto fosse possibile immaginare.

Crudele la realtà, se non lo fosse, sarebbe finizione - pensava.

Neanche la magia - bellezza, meraviglia e stupore del Mondo - restava illesa dinnanzi al riproporsi del male.

Hermione avrebbe potuto, in quel momento, specchiarsi in quel mare di petali bianchi, ma le avrebbero lacerato l’anima, o, meglio, ciò che ne rimaneva.

Alzò la bacchetta per l’ultima volta: tutto svanì, mosso da una brezza leggera, profumata di mandorlo ed erba appena falciata.
Assalì quell’attimo con l’arrivo di quelle immagini riflesse nei suoi occhi stanchi, ascoltando le foglie secche crepitare accanto a lei.

Aspettò di sentire calore vicino a lei per cullare il capo su quella spalla, lì accanto, senza neanche accertarsi di chi fosse.
Non sarebbe servito, non avrebbe importato.

Un altro ricordo sbagliato, un’altra poesia negata, un altro momento inutile…
Forse era bello, lo stesso, così.

 

 

 

   
 
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