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Autore: Betz73    14/02/2022    10 recensioni
Per festeggiare questo giorno di San Valentino ho pensato ad una storia in sé semplice ma, spero, tanto dolce
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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André chiuse piano la porta alle sue spalle, guardando attentamente nel corridoio per essere sicuro che nessuno lo vedesse uscire, chiedendogli magari cosa stesse facendo lì mentre il comandante non c’era. Nella fretta di pianificare ogni cosa proprio non aveva avuto il tempo di prepararsi una risposta valida… Fortunatamente non vide altre guardie e poté tornarsene indisturbato al dormitorio comune, come se niente fosse accaduto.  
Aveva dovuto attendere che Oscar uscisse in pattuglia con alcuni soldati per approfittare della sua assenza e sgattaiolare nel suo ufficio a lasciarle quella rosa bianca che con tanta cura la nonna gli aveva portato quella mattina, nascondendola sotto il mantello. Senza il suo aiuto non ce l’avrebbe fatta, non ora che, vivendo in caserma, non era più così facile accedere alle serre di palazzo Jarjayes. Sarebbe stato altrimenti il primo anno senza il suo pegno d’amore, il primo San Valentino senza quel dono che da innocente gesto di affetto ed amicizia, si era negli anni trasformato in qualcosa di ben più significativo, divenendo il simbolo di quel sentimento così profondo che lo legava alla sua Oscar. Non sarebbe mai potuto mancare a questo suo appuntamento segreto, neppure ora che per starle vicino aveva scelto di vivere come un soldato.

Era iniziato tutto da bambini, un giorno in cui Oscar era stata presa a schiaffi dal generale, che l’aveva sorpresa a toccare uno degli abiti sfarzosi indossati dalle sorelle nei giorni di festa. Una punizione davvero spropositata per quello che era stato solo un piccolo momento di curiosità nei confronti di un mondo che le era totalmente precluso. Il padre tuttavia non mancava mai di stroncare sul nascere qualsiasi interesse Oscar potesse dimostrare per ciò che era prettamente femminile, e il ricorso alla violenza sembrava essere il metodo a lui più consono, anche nei confronti di una bimba di soli sei anni. L’aveva quindi aspramente sgridata di fronte alla nonna e allo stesso André, spaventandola al punto da scappare fuori dal palazzo, con le lacrime agli occhi e la manina premuta sul volto, lì dove il segno rosso del manrovescio dava già bella mostra di sé.

André era andato subito a cercarla, trovandola dopo qualche minuto dietro ad un cespuglio, intenta a scorticare furiosamente un alberello armata della sua piccola spada di legno, sfogando su rami e foglie tutta la rabbia e la frustrazione per la punizione subita. Appena si era accorta di lui, lo aveva guardato in modo minaccioso, il viso ancora rigato dal pianto, finendo per urlargli addosso il suo totale disprezzo per ciò che le veniva vietato, quasi a rassicurarlo che nulla di simile si sarebbe mai ripetuto: “Io detesto tutte quelle stupide cose da femmine!”. E poi lo aveva piantato in asso, rifiutandosi per tutto il giorno di giocare con lui.
André era tornato dalla nonna, demoralizzato per la reazione di Oscar e per il senso di impotenza che lo aveva travolto di fronte al comportamento del padrone. Anche lei non era felice, lo aveva subito capito guardandola in viso mentre si teneva occupata nella preparazione delle composizioni di fiori da mettere nelle stanze del palazzo: aveva lo sguardo triste e scuoteva la testa, bofonchiando mezze frasi tra sé e sé. Fu solo quando vide il suo amato nipotino che cedette a quel monologo interiore, arrivando a rimproverare ad alta voce il generale per aver picchiato la figlia proprio nel giorno di San Valentino, quando tutti dovrebbero invece dimostrarsi affetto. Non sapendo nulla di questa ricorrenza, André aveva chiesto di cosa si trattasse, e quando la nonna gli aveva fornito qualche informazione in più su questa festa così particolare, d’impulso aveva afferrato una rosa bianca dal mazzo sul tavolo, ed era subito corso nella camera di Oscar per lasciargliela sul letto: così avrebbe saputo che qualcuno le voleva bene.

Il giorno seguente aveva fatto in modo di passare davanti alla sua stanza mentre la servitù la stava riordinando, ed aveva sbirciato all’interno quasi intimorito, nella convinzione di vedere la sua rosa a terra, ridotta in frantumi dalla stessa foga con cui Oscar si era accanita sul quel povero arbusto. E invece, quanto grande era stato lo stupore di vederla al sicuro in un piccolo vaso, sul tavolino di fianco al letto, come se qualcuno se ne fosse preso cura! Il cuore gli si era gonfiato nel petto per la gioia di sapere che il suo piccolo dono era stato gradito, che la rabbia non aveva prevalso su un gesto di pura amicizia. Durante il resto della giornata Oscar non aveva mai accennato alla rosa, ma era innegabile che il suo umore fosse migliorato: lo aveva subito cercato per giocare insieme a guardia e ladri, ed era stata vivace ed allegra come sempre, come se quel brutto episodio col padre non fosse mai accaduto.
Da quel momento ad ogni San Valentino André aveva lasciato una rosa bianca nella camera di Oscar, un appuntamento fisso a cui non era mai mancato, senza tuttavia farle sapere di esserne l’autore, quasi che mantenere l’anonimato lo rendesse in qualche modo ancora più speciale. Ed ogni volta aveva avuto la certezza che quella rosa era stata conservata con cura in un vaso e tenuta di fianco al letto finché non aveva perso anche l’ultimo petalo. Se anche Oscar non avesse mai sospettato che fosse lui a portarle quel regalo, il solo sapere che veniva apprezzato lo riempiva di gioia.

Con gli anni l’importanza di quel gesto era cambiata, almeno per André. Non si trattava semplicemente di un modo per dimostrarle affetto, non più ormai. Era invece la testimonianza del suo amore profondo e costante, della crescita di un sentimento che era diventato per lui il significato stesso della vita, il senso ultimo della sua esistenza. E quella rosa bianca si era trasformata in un’immagine di Oscar, così unica nella sua bellezza quasi irreale, così inaccessibile da chiunque cercasse di avvicinarsi al suo cuore. Una somiglianza che André non aveva potuto fare a meno di sottolineare quella notte in cui tutto tra loro era cambiato… Tutto, tranne ciò che provava per lei, così assoluto e totale da non lasciare spazio ad altro sentire.
Questo San Valentino sarebbe stato il primo da quando le aveva dichiarato il suo amore, tra quelle parole bagnate dalle lacrime con cui le chiedeva perdono per un gesto che mai avrebbe pensato di poter compiere. Da allora il loro rapporto non era mai stato più quello di un tempo, e la vita in caserma rendeva assai difficile trovare una nuova dimensione da cui ripartire: per questo era ancor più importante riuscire a lasciarle quel fiore, ma grazie all’aiuto della nonna aveva portato a termine la sua piccola missione personale.

Verso il tardo pomeriggio Oscar fece ritorno con la pattuglia, ed André si offrì di portare alcuni fucili in armeria solo per avere il pretesto di avvicinarsi al suo ufficio ed assicurarsi che vi entrasse, trovando finalmente la rosa bianca in mezzo ai tanti documenti sulla scrivania. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter vedere la sua espressione sorpresa, tuttavia si sarebbe dovuto accontentare soltanto di sapere che il suo piano era stato un successo.
Nel corridoio vide Oscar che si stava dirigendo proprio verso il suo ufficio quando d’improvviso venne raggiunta dal colonnello D’Agoult. I due si misero a parlare qualche minuto, poi le loro strade si separarono ed Oscar tornò sui suoi passi...mentre fu il colonnello a dirigersi verso la postazione del comandante. André rimase come pietrificato, realizzando nel momento stesso in cui D’Agoult mise la mano sulla maniglia, che nell’ansia di riuscire nel suo intento non aveva minimamente calcolato la possibilità che qualcun altro potesse entrare nell’ufficio di Oscar prima di lei. Qualcuno che vedendo la rosa avrebbe potuto lasciarsi scappare qualche commento di troppo e metterla magari in imbarazzo…dopo tutta la fatica che Oscar aveva fatto per essere accettata come comandante pur essendo una donna. Era stato davvero uno stolto a non pensarci, ed era ormai troppo tardi per intervenire. Si diresse verso l’armeria con il timore di aver danneggiato in qualche modo Oscar, abbassando sconsolato lo sguardo proprio mentre il colonnello chiudeva la porta dietro di sé.

***

Fu dopo circa un paio d’ore che Alain venne a chiamarlo alla sua branda, strappandolo alla sequenza incessante di pensieri che gli avevano affollato la mente dopo aver visto D’Agoult entrare in quella stanza. Aveva cercato di convincersi che il colonnello fosse una persona troppo integerrima per trasformare quella rosa in un pettegolezzo, e alla fine era riuscito a ridimensionare le potenziali conseguenze del suo piano avventato, sentendosi in cuor suo più sollevato, soprattutto perché era trascorso del tempo senza che di fatto nulla di inconsueto fosse accaduto. Poi l’ombra del corpo massiccio di Alain richiamò tutta la sua attenzione.
- Ehi, André! Il comandante ti vuole. E subito!
Ecco, quell’urgenza finale non sembrava presagire alcunché di buono…
Si alzò immediatamente, attraversando con passo deciso il corridoio, ripetendo a se stesso che tutto sarebbe andato per il meglio. Si fermò qualche secondo di fronte all’ufficio di Oscar, poi bussò piano. Non appena udì “Avanti!” aprì la porta, l’animo ancora teso per la sensazione di aver combinato qualche guaio. Gli sembrò per un attimo di essere tornato ragazzino, quando Nanny lo chiamava per sgridarlo indossando il suo sguardo più severo e agitando il mestolo con fare minaccioso. Certo poi la nonna si ammorbidiva quasi subito, il tempo di un veloce rimbrotto e tornava quella di sempre. Ma con Oscar non si poteva mai sapere…

Era seduta alla scrivania, la penna in mano, lo sguardo rivolto ai fogli che stava firmando. Tutto perfettamente in ordine davanti a lei…nessuna traccia del fiore.
- Eccomi Oscar. Mi hai fatto chiamare?
Gli rispose senza neppure guardarlo.
- Sì. Chiudi la porta, André.
Il tono era un po’ duro ma fece come ordinato, voltandosi per qualche secondo. Quando tornò verso di lei, la sua rosa bianca faceva bella mostra di sé sopra i documenti. Oscar aveva abbandonato la penna e lo stava fissando. Lei sapeva, ormai, non poteva essere altrimenti.
André rimase in silenzio, in attesa di capire se e quanto fosse arrabbiata, cercando nel contempo di racimolare qualche frase che gli permettesse di parare il colpo. La vide alzarsi e raggiungerlo, l’espressione indecifrabile quando si fermò di fronte a lui.
- Ho trovato la rosa. La tua rosa.  André, sei venuto nel mio ufficio mentre non c’ero?
- Sì, Oscar. Forse non avrei…
- Non voglio che accada di nuovo.
Poche parole che lo raggelarono all’istante. Abbozzò un tentativo di spiegazione.
- Oscar, io…
ma non poté andare oltre. Sentì le dita di lei premergli sulle labbra e zittirlo.
- ...a meno che tu non rimanga qui ad attendermi, per permettermi di ringraziarti.

André credette di aver capito male. Rimase quasi inebetito, la mente ancora restia a realizzare che nessuno dei suoi timori si sarebbe concretizzato. Che potesse addirittura esserne…felice?
Poi Oscar gli sorrise, in un modo così dolce che sentì il cuore sciogliersi nel petto. Tolse la mano dalla sua bocca, lentamente, come fosse una carezza. Il desiderio di stringerla a sé si fece largo in lui con una tale prepotenza che fu quasi un dolore fisico imporsi di non allungare le braccia verso di lei. Se solo avesse potuto…
Oscar si accorse del suo stupore, poi vide altro nel suo sguardo, qualcosa di tanto intenso che avrebbe potuto spaventarla, se soltanto glielo avesse permesso. Fu solo un attimo, prima che si avvicinasse a lui per dimostrargli finalmente quanto avesse sempre apprezzato quel suo gesto amorevole e costante nel tempo. Si sentiva impacciata…ma cercò di racchiudere tutta la tenerezza che le riempiva l’anima in quel bacio lieve che depose timidamente sulle sue labbra. Un tocco così leggero, eppure non le sfuggì la reazione di quella bocca che l’accolse dolcemente, come se fosse da sempre destinata ad incontrare la sua.
Si scostò da lui lasciando gli occhi nei suoi, l’animo ancora in subbuglio per aver trovato finalmente il coraggio di un atto così audace…così desiderato. Solo allora si accorse di aver appoggiato una mano sul suo petto senza neppure rendersene conto, quasi avesse cercato il suo sostegno anche in un momento tanto intimo. Non ebbe la forza di ritirarla: il calore che percepiva sotto le sue dita le dava sicurezza.

André era rimasto a corto di parole…e di respiro, rapito dal sapore di quella bocca che gli aveva appena regalato un assaggio di paradiso. Il suo primo pensiero coerente fu una fervente preghiera a Dio perché non si fosse trattato di un sogno, come quelli che gli tenevano compagnia ogni singola notte e a cui si aggrappava per sfuggire alla solitudine… Eppure Oscar era lì, di fronte a lui, in attesa…di una parola, forse. Le guance soffuse di un leggero rossore, le labbra dischiuse ed inconsapevolmente tentatrici, e quell’azzurro infinito che sembrava chiamarlo a sé perché si lasciasse immergere nelle sue profondità. L’amava di un amore che nessuna parola avrebbe mai potuto veramente descrivere.
Coprì con la propria quella mano che sentiva sul petto, lì dove il cuore correva impazzito verso di lei, quasi volesse raggiungerla superando i limiti del corpo. Stringendole delicatamente le dita trovò finalmente la forza necessaria per parlare.
- Oscar… Io non so cosa dire… Pensavo mi avresti rimproverato… Credevo di averti messo in difficoltà qui al comando…
Non gli riusciva di completare alcuna frase, non con lei così vicina, a demolire ogni briciolo di lucidità.
- No, nessuna difficoltà. Credo se ne sia accorto solo il colonnello D’Agoult ma è una persona molto discreta e non ha fatto commenti. Ma anche se fosse accaduto, niente avrebbe potuto rovinare la gioia di vedere quella rosa ad attendermi, sopra la scrivania… Io…ci speravo, sai? Ma non lo credevo possibile, pensavo non avresti mai più…voluto…
Impossibile non cogliere l’emozione che sentì emergere dalla sua voce e che gli fece vibrare l’anima.
- Nulla al mondo mi avrebbe impedito di donartela anche quest’anno. Da tempo è diventato il mio modo silenzioso di dirti…che ti amo.

Lasciò le sue ultime parole come sospese in quel piccolo spazio che li separava, quasi nullo ora che l’aveva ad un soffio da sé…eppure così incolmabile se avesse rifiutato il suo amore. Ma ciò che vide nei suoi occhi non ebbe bisogno di alcuna spiegazione: il calore di quello sguardo raggiunse il centro di tutto il suo essere e lo fece sentire vivo come mai prima di allora.
Sollevò la mano per toccarle il viso, quasi ad accertarsi che la sua Oscar fosse davvero così vicina da poter sentire il dolce suono del suo respiro, che l’attesa aveva reso più veloce. Le accarezzò la guancia con il pollice, sfiorandole delicatamente il collo con le altre dita, mentre si abbassava lentamente verso di lei. La sua pelle era così liscia…gli bastò quel contatto lieve per sentire tutto il suo corpo reagire. La desiderava da impazzire… Quando finalmente raggiunse la sua bocca, tutto il resto del mondo cessò di esistere.
La baciò con tutta la tenerezza di cui fu capace, muovendosi lento per godere della sua morbidezza che gli si offriva innocente e fiduciosa. Giocò con il suo labbro inferiore finché Oscar cedette a quel tenero invito e si dischiuse per lui. Il bacio divenne allora profondo ed esigente, caldo e bagnato, portando entrambi ad un passo dalla vertigine.
Oscar si arrese al piacere che André le stava donando. Si lasciò conquistare da quella bocca che risvegliava in lei sensazioni sconosciute, regalandole brividi a fior di pelle. Sentì le sue braccia cingerla, avvicinandola a quel petto solido e forte che da sempre era stato il suo appoggio. Allungò le mani fino alla sua nuca, affondando le dita in quei capelli d’ebano che non aveva esitato a tagliare per lei…

Un gemito gli sfuggì dalla gola quando André avvertì il suo seno premere contro di lui. L’avrebbe fatta sua su quella scrivania se non si fosse fermato per tempo. Si staccò a fatica da lei, il respiro amplificato dall’eccitazione che le sue forme femminili avevano acceso in lui, aderendo così perfettamente al suo corpo. Poteva ancora sentire il suo sapore dentro di sé.
- Oscar… Non sai quante volte abbia sognato questo momento... Dio! Vorrei poter fermare il tempo, qui e adesso… Mai avrei immaginato che lasciandoti quella rosa avrei potuto… Ma tu…sapevi che ero io...in tutti questi anni?
Il suo abbraccio si fece un po’ più stretto, mentre aspettava sorridendo la sua risposta, naufragando nel mare che erano i suoi occhi.
- Sì…credo di averlo sempre saputo, sin da bambina… Il cuore mi diceva che solo tu avresti potuto avere un pensiero così gentile. Non sai quanto abbia significato per me... Qualsiasi cosa potesse accadere nella mia vita, quella rosa bianca che tornava puntuale, comparendo quasi per magia nella mia stanza, era la prova che qualcuno vegliava sempre su di me…che non ero sola. E quando l’ho trovata qui, oggi, ho capito che dovevo dimostrarti tutta la mia grati-… No…tutto il mio…amore. Perché io ti amo, André. Ti amo.

Un tuffo al cuore ed il battito che correva veloce trasformandosi in un frastuono in grado di annullare qualsiasi suono esterno, mentre la mente accettava con stupore ciò che l’anima aveva già riconosciuto come parte di sé. Oscar lo amava… la sua Oscar, la sua vita, ricambiava finalmente il suo amore. Non riuscì a dire nulla, qualsiasi parola sembrava poca cosa di fronte a quell’emozione tanto grande da sentirsene sopraffatto.
La strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli, sfiorando con le labbra quel punto caldo appena dietro all’orecchio, finché, ritrovando la voce, le sue parole non furono che un dolce sussurro affidato alla sua pelle.
- Anch’io ti amo, Oscar. Non ho desiderato altro per tutta la vita. Starti vicino e poterti amare.

Non vi fu spazio per altro, tra quelle labbra che tornarono a cercarsi, nutrendosi di una passione a lungo trattenuta, o soltanto vagheggiata, che li portò lontano da quelle quattro mura, in un luogo senza spazio e senza tempo dove niente avrebbe mai potuto dividere la perfetta unione di due anime destinate ad appartenersi da sempre.
   
 
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