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Autore: FreddyOllow    15/02/2022    1 recensioni
La storia è ambientata prima e dopo gli eventi di Raccoon City. Vedremo come Marvin Branagh e gli altri agenti di polizia hanno affrontato l'epidemia di zombie. La trama potrebbe accostarsi o seguire a tratti quella di RE 2/3.
Genere: Avventura, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Nuovo Personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Marvin era rimasto in cucina. Non sapeva quanto tempo fosse passato, ma non fece in tempo a chiederselo, che udì un raspare di unghie sul pavimento fuori dalla porta. Un rumore continuo, seguito da un ringhio.
Invece di fuggire, avanzò lentamente verso la doppia porta, il coltello da cucina in una mano. Afferrò la scopa poggiata sul muro e bloccò l'ingresso incastrandola fra le maniglie. Quando indietreggiò, sentì un ringhio oltre lo stipite. Si immobilizzò e fissò l'entrata, spaventato.
Un fortissimo colpo sospinse la doppia porta, seguito da un inquietante latrato e da un abbaiare, frenetico. La doppia porta venne tartassata di colpi e raschiata da affilate unghie che vi aprirono delle piccole fessure.
Marvin non riusciva a muoversi per il terrore. Era stato addestrato a sopportare lo stress di situazioni spiacevoli, eppure la paura si era insinuata in tutto il suo corpo. La mano con cui reggeva il coltello da cucina gli tremava. Da quando si era ritrovato nel bel mezzo dell'inferno, non aveva fatto altro che fuggire. Aveva perso lucidità, concentrazione. Ma cosa poteva fare se non fuggire?
La mazza della scopa si piegò leggermente, la doppia porta cominciava ad aprirsi. Marvin scorse qualcosa nel piccolo varco fra le due porte. Un occhio vitreo, spento. Un muso macchiato di sangue, i denti sporgenti, affilati e bianchi come la neve sui monti Arklay. L'animale scattava le fauci attraverso la fessura, grattava il pavimento cercando di entrare. Altri seguitavano alle sue spalle.
Il tenente indietreggiò lentamente e, quando urtò la schiena contro il frigorifero, la mazza della scopa si spezzò in due e la doppia porta si aprì. Due cani zombie scattarono all'interno, ringhiando verso di lui. Un terzo sbavava poco lontano. Altri quattro cani zombie li raggiunsero alle spalle e si fermarono a dieci metri dall'uomo. Avevano il corpo putrefatto dilaniato da morsi e le ossa delle costole che spuntavano dalla putrida carne.
Il capo branco fissò negli occhi Marvin, che si senti raggelare le interiora. Il tempo sembrò fermarsi per un momento, poi il capo branco lanciò un'agghiacciante ululato e il branco si lanciò verso l'uomo.


 

Nick e Joey sguazzavano nel liquame dei condotti fognari già da un po' e seguivano una galleria che si apriva su una camera circolare. Piccoli tubi correvano lungo le pareti da cui fluivano i rifiuti organici della città. Il gettito si era ormai fermato ore prima, forse giorni prima nei quartieri dove l'infezione si era estesa, ma i tubi gocciolavano ancora.
Nick non sopportava quel tanfo insopportabile e più volte fu scosso da coniati di vomito. Joey, invece, non ne sembrava infastidito e proseguiva come se camminasse un giardino fiorato.
"Come fai a sopportare la puzza?" chiese Nick.
Joey alzò le spalle. "Non è così forte."
"Sembra che tu ci sia abituato."
Joey non rispose.
"È così?"
"No."
"A me dai proprio questa impressione."
Joey si fermò a guardarlo. "Mettila così. Tu hai uno stomaco debole, io no. Semplice, non trovi?" Si voltò e continuò a camminare.
"Sei già stato qui" disse Nick, cercando di fargli perdere le staffe.
"Sì, da bambino" rispose pacato Joey.
"Parlo di recente. Sei abituato al tanfo. Sei già stato qui. Forse più volte."
"Credi a quello che vuoi. Non m'interessa."
"Perché non lo ammetti?"
"E perché tu insisti tanto?"
Nick non parlò subito. "Hai detto che lavori per l'Umbrella, giusto?"
Joey gli lanciò una rapida occhiata. "Quindi?"
"La gente parla. Alcune voci dicono che..."
"Mi sorprende che un agente della polizia faccia caso alle voci di corridoio" aggiunse Joey con tono beffardo. "Impostate le vostri indagini sulle voci?" Smorzò un sorriso, divertito.
Nick si irritò, ma non lo diede a vedere. "Sai, non fai altro che sviare le mie domande."
"Ah sì? Non me ne sono accorto."
Si avvicinarono alla porta con su scritto solo personale autorizzato.
"Personale autorizzato?" chiese Nick. Cercava una reazione da parte di Joey, che si limitò ad aprire la porta.
Entrarono nella piccola stanza illuminata fiocamente da una lampada a sospensione. Al centro, una sedia e un tavolo su cui era poggiata una Glock sotto il fascio di luce di una lampada da scrivania. Un grosso tubo correva tra la parete e il soffitto e un altro rasentava il pavimento. Tre armadietti erano in un angolo, accanto a un appendi abito con su un giubbotto grigio.
"Una pistola, eh?" aggiunse Nick. "Lo staff girava armato? Cos'è? Credevano alle storie dell'alligatore?" Rise.
Joey lo guardò per un attimo. "Certo, ridi pure. Ma faresti meglio a prenderla. Non si sa mai cosa può capitare quaggiù."
Nick si fece serio. "È una minaccia?"
Joey lo ignorò.
Nick afferrò la pistola e se la girò in mano. "Sembra nuova."
"È nuova" rispose Joey. Posò il fucile sul tavolo e si avvicinò a una parete spoglia. "Hanno preso la mappa."
"Ottimo" disse Nick con tono scherzoso. "Abbiamo sguazzato nella merda per niente."
Joey lo fissò con un mezzo sorriso. Poi raggiunse un armadietto, pescò la chiave dalla tasca e lo aprì. Afferrò qualcosa dall'interno e la scosse in aria, dando le spalle a Nick. "Non perdo mai tempo" aggiunse richiudendo l'anta dell'armadietto.
"Come sapevi che lì c'era una mappa?" chiese Nick. "Non avevi detto che la tua ultima visita risale a quando eri un bambino? E poi avevi anche la chiave. Perché continui a mentire?"
Joey non rispose e dispiegò la mappa sul tavolo. "Allora, vediamo un po'... Mmmh... Noi siamo qui." Puntò il dito sulla carta.
Nick scosse la testa. "La centrale è dall'altra parte e..."
"Credevi che fosse alla fine del tunnel?"
"La mappa è strappata, non vedi? Qui c'è il dipartimento, ma i percorsi che conducono lì sono strappati. Ci perderemo."
Joey sbuffò irritato. "Per te lamentarti è un lavoro a tempo pieno?"
"Come per te lo è mentire, giusto? Magari ti pagano più di me, per farlo."
Joey chiuse la mappa, la mise in tasca e afferrò il fucile. Gli lanciò un'ultima occhiata risentita e andò via.
Nick afferrò la Glock e lasciò la stanza.


 

Pete e Megan uscirono nel retro del negozio di mobili. Si trovavano in un vicolo poco illuminato che serpeggiava tra gli edifici. Lo seguirono per un po', finché sbucarono in strada. I raggi del sole si infrangevano sulla carrozzeria di un furgone nero schiantatosi contro una berlina grigia poco lontano. Nelle due corsie stradali, numerosi veicoli abbandonati.
Una mandria di zombie ostruiva la strada alla loro destra, dove c'era un posto di blocco. A sinistra, un rimorchio staccato bruciava sollevando colonne di fumo nero nel cielo. I gemiti tornarono a regnare nella desolazione. Svariati cadaveri di non-morti giacevano sull'asfalto e altri barcollavano sparpagliati fra le auto.
"Cazzo!" disse Pete, chinandosi dietro un'auto familiare. Un uomo si era fatta saltare la testa al posto di guida. Pezzi di cranio e cervella imbrattavano i finestrini dell'abitacolo. "Da dov'è sono usciti?" Indicò con lo sguardo l'orda.
"È meglio tornare indietro" rispose Megan. "Il negozio di mobili sembrava sicuro."
"Appunto, sembrava. Comincio a credere che nessun posto sia sicuro."
"Non vuoi più andare al dipartimento?"
"Certo che ci andremo. È l'unico posto in città che potrebbe tenere fuori quegli esseri."
"Gli zombie?"
"Li chiami così?"
"Come li dovrei chiamare?" domandò Megan, confusa. "Sono zombie."
Pete si guardò intorno. 
"Già... Zombie..."
In lontananza, oltre l'orda, un intero condominio era avvolto dalle fiamme e lingue di fuoco sbuffavano dalle finestre levandosi in cielo. Una rete metallica ostruiva il vicolo dall'altra parte del marciapiede. "Ehi, guarda! Se il cancello è aperto, possiamo passare di lì."
"Ma dobbiamo passare fra gli zombie."
"Non possiamo stare qui. L'orda si sta muovendo. O ci muoviamo adesso, oppure resteremo bloccati qui."
Quando fecero per muoversi, oltre la rete metallica, scorsero una figura uscire lentamente dalla penombra e osservare la strada. Era un uomo sulla quarantina, dai capelli castani, il doppio mento e una pancia prominente. Indossava una giacca marrone, sotto una camicia bianca e un pantalone grigio. I suoi occhi roteavano agitati da una parte all'altra, finché si posarono su Pete, che gli fece un cenno con la mano. L'uomo grassoccio lo guardò incredulo per un momento. Non si aspettava di vedere un altro essere umano.
Due zombie lo notarono e barcollarono verso di lui, che indietreggiò, spaventato.
Pete prese per mano Megan e la trascinò dietro di sé. Superarono rapidamente tre auto e si portarono dall'altra parte della strada. L'orda si accorse del loro movimento e marciarono verso di loro.
I gemiti si fecero più intensi, quasi insopportabili. Due zombie si diressero verso Pete, che spaccò la fronte al primo zombie con un colpo ben assestato. Il secondo gli afferrò la mano, ma Megan lo colpì in faccia con la testa del martello. Quello indietreggiò e Pete gli spappolò il cranio con una martellata.
Mentre l'uomo grassoccio li fissava tremante, i due corsero verso di lui e Pete cercò di aprirlo il cancello chiuso da un chiavistello.
L'orda si avvicinava.
"Apri!" disse Pete.
L'uomo lo guardò col volto terreo. "I-io... Non posso farlo."
"Cosa?" rispose Megan con tono grave. "Non vedi che abbiamo gli zombie alle calcagna? Apri!"
"N-non posso farlo" borbottò l'uomo grassoccio. "Mi f-farete m-morire. Li porterete c-cn voi. Non posso."
Pete sbuffò irato e sferrò un calcio frontale al cancello, che rimase al suo posto. "Apri questo cazzo di cancello!"
L'uomo grassoccio indietreggiò, spaventato, poi si avvicinò al cancello. Guardò il chiavistello con fare pensieroso. "No, no, no. Non posso."
L'orda era a venti metri dalle loro spalle. Quelli che si erano trasformati da poche ore vacillavano velocemente verso di loro.
Pete prese a martellare la serratura del cancello. "Apriti, cazzo! Apriti!"
Megan guardò in lacrime i non-morti venirle incontro, poi fissò l'uomo dall'altra parte del cancello. "Apri, per favore. Ti prego."
Quello se ne stava fermo, combattendo contro sé stesso.
Uno zombie appena trasformato allungò le mani verso Pete, che gli sferrò un potente colpo alla tempia. Un altro gli sbucò di fianco, afferrandogli il braccio con cui impugnava il martello. Megan lo colpì in testa e il martello gli scivolò di mano. Quando fece per riprenderlo, un non-morto ci cascò sopra. Pete si divincolò dalla stretta presa dello zombie e lo spintonò contro il muro.
L'Orda li aveva circondati.
Megan cacciò un urlo in preda al terrore, che sovrastò i gemiti per un istante.
Pete si posizionò davanti a lei. Quando fece per colpire un non-morto, quello gli afferrò il martello e glielo strappò di mano.
Il cancello si aprì con un cigolio.
Mentre l'uomo grassoccio fuggiva lungo il vicolo, Pete e Megan superarono la rete metallica. Lui provò a chiudere il cancello, ma l'orda entrò d'impeto.
I due corsero nel vicolo.
Diversi cadaveri giacevano a terra e una parte di muro e cemento stradale erano imbrattate di sangue rappreso. Svoltarono a sinistra. Una dozzina di corpi senza vita erano sotto i detriti di una scala antincendio e un altro corpo penzolava dalla finestra del secondo piano. Mentre proseguivano, avvistarono altri non-morti in fondo al vicolo.
L'uomo grassoccio aprì una porta di ferro, diede un ultimo sguardo ai due e si affrettò a entrare, chiudendosi la porta alle spalle. Pete e Megan la raggiunsero un momento dopo e la trovarono chiusa.
"Figlio di puttana!" gridò Pete, colpendo ripetutamente la porta con calci frontali.
Megan fissava inorridita l'orda di non morti che si avvicinava. Il volto di Pete era una maschera di sudore, i polmoni gli bruciavano, la testa gli pulsava. "Merda! Cazzo! Fottuto stronzo figlio di puttana!"
"Sono vicini!" urlò Megan in preda al panico. "No! No! Non voglio morire! No!"
Pete era disperato. Ricominciò a tempestare la porta di calci. Poi iniziò a colpirla con forti spallate, finché la spalla gli iniziò a pulsare per il dolore. Si fermò e guardò gli zombie a qualche passo da loro.
Non poteva credere che sarebbe finita così. Non lo accettava. Prese la rincorsa e sferrò un'ultima spallata alla porta di ferro, che si spalancò. Lui cadde a terra e Megan si precipitò dentro, chiudendo la porta alle loro spalle. Pete scattò in piedi e ci si appoggiò contro.
I due si lanciarono un'occhiata, sbalorditi. Non riuscivano a credere di essersi salvati.
"Trova qualcosa!" gridò Pete. "Dobbiamo bloccarla!"
La donna si guardò intorno e trascinò un pesante tavolo contro la porta. Poi afferrò con fatica delle pesanti casse e li posò sul tavolo e ai piedi della porta.
Gli zombie cominciarono a martellare di pugni e manate la porta e Pete e Megan restarono a guardare la barricata per un lungo momento.
"Non reggerà" disse Pete. Prese altre casse e li sistemò sotto e attorno alle quattro gambe del tavolo. Poi si piegò in avanti con il fiatone.
Quando scesero i cinque gradini, capirono di trovarsi dentro un grande magazzino. File di enormi scaffali continuavano per cento metri, alternate da blocchi di casse e pedane di legno. Una passarella metallica costeggiava le grandi finestre rettangolari tutt'intorno alla stanza. Un fascio di sole penetrava dal lucernario polveroso. C'era un piccolo prefabbricato su una grata dalla pianta quadrata collegata alla passerella.
"Proprio una bella botta di culo, eh?" disse Pete. "Sono già due volte che ci salviamo per un pelo."
Megan non rispose.
Pete serrò gli occhi, irato. "Lo stronzo deve essere qui dentro! Appena lo trovo gli spacco la faccia! Ci ha abbandonati, cazzo!"
"Calmati" rispose Megan, sedendosi sui gradini. "Siamo salvi. È quello che conta, adesso."
"Di certo non grazie a quello stronzo!" aggiunse Pete con una smorfia carica di rabbia.


 

Marvin corse dietro i banconi della cucina inseguito dal branco di cani zombie che latravano senza sosta. Svoltò nello stretto corridoio e aprì la porta di servizio, chiudendosela alle spalle. I cani zombie ci sbatterono contro, ringhiando e abbaiando.
Era in un vicolo sporco e poco illuminato, un furgone delle consegne bloccava la via di sinistra. Si diresse da quella parte, seguendo una rete metallica che circondava un campetto da basket.
I cani zombie riuscirono a spalancare la porta e si precipitarono fuori dalla cucina, guardandosi intorno. Annusarono l'aria per un momento, poi il capo branco cacciò un lungo ululato e si lanciò nella direzione dell'uomo.
Marvin giunse alla fine del vicolo chiuso da un cancello, lo aprì e si portò dall'altra parte, senza guardare se in strada ci fossero zombie. Il cuore gli esplodeva nel petto, le mani gli tremavano. Quando si girò, uno zombie sbucò dall'angolo e il tenente gli conficcò il coltello in un occhio. Il non-morto lo afferrò per un braccio e scattò i denti a un palmo dalla sua faccia. Marvin lo spinse via e lo colpì alla tempia.
Lo zombie crollò a terra.
I cani zombie lo avevano quasi raggiunto nel vicolo. Il capo branco si lanciò contro il cancello e una zampa gli rimase incastrata nella rete metallica. Guaì per il dolore. Gli altri si fermarono alle sue spalle, ringhiando e mostrando i denti. Marvin fissò inorridito lo sguardo vitreo del cane Alpha che, nonostante cercasse di liberarsi, scattava la mascella verso di lui.
L'uomo si allontanò, guardandosi le spalle di tanto in tanto.
La strada era vuota e desolata. Il sole si infrangeva sulle finestre dei condomini e sulle vetrate dei negozi ancora intatte. Dozzine di cadaveri punteggiavano i marciapiedi e l'asfalto, tutti a ridosso del posto di blocco poco distante. Due auto erano abbandonate accanto a un garage dalla saracinesca aperta. Marvin ci entrò cauto e diede un'occhiata. Trovò solo una pala e scaffali occupati da scatoloni e cianfrusaglie polverose. Un veicolo era coperto da un telo. Lo tolse.
Era una monovolume cui mancava due ruote anteriori. Uscì dal garage e lanciò un'ultima occhiata verso il vicolo da cui era uscito.
I cani zombie lo avevano divelto.
Percepì un vuoto allo stomaco e gli venne quasi da vomitare. Doveva allontanarsi, prima che quelle cose lo piegassero del tutto. Quando si voltò a destra, sbarrò gli occhi. Si era sbagliato. Il branco di cani zombie correva fra le auto e alcuni balzavano da un veicolo all'altro.
Il tenente si pietrificò per un istante. Non riusciva a pensare. Ascoltava il cuore pompare alla massima velocità e uno strano formicolio pervadergli tutto corpo. Poi scattò verso il posto di blocco, saltò uno spartitraffico di cemento, inciampò più volte sui cadaveri e salì rapidamente la tromba delle scale della torretta. Quando si fermò in cima, la gola iniziò a bruciargli. Guardò giù, verso il branco di cani zombie e comprese di essersi trappolato da solo.
Quelli salirono velocemente i gradini, finché si bloccarono di colpo e guizzarono le orecchie, guardandosi attorno. Avvertivano un pericolo, ma non sapevano da quale parte stava arrivando. Alcuni guairono e fuggirono via. Altri restarono immobili con le orecchie tese.
Poi la parete del ristorante vicino esplose con un fortissimo boato. I detriti schizzarono in tutte le direzione, colpendo la rete metallica, i veicoli e due cani zombie che uggiolarono e fuggirono via. Una densa nube di polvere invase lentamente la strada. Mentre il resto del branco scappava via con la coda fra le gambe, il cane Alpha annusò l'aria per nulla spaventato.
Un enorme sagoma comparve lentamente nella polvere e il cane zombie ringhiò verso la figura che gli veniva incontro. Quando gli fu vicino, il cane zombie si lanciò contro l'essere che, con una manata, lo spedì contro la rete metallica del posto di blocco, squarciandone una parte.
Le gambe di Marvin cedettero per il terrore e si ritrovò a terra. Non aveva mai avuto così paura in tutta la sua vita. Smorzò una mezza risata isterica, senza sapere nemmeno perché gli veniva da ridere.
L'essere voltò lentamente la testa calva verso il tenente e lo fissò con sguardo inespressivo. Indossava un lungo impermeabile nero e stivali dello stesso colore. La faccia austera, inespressiva, dalla pelle pallida e piccoli occhi freddi e minacciosi. Era l'uomo più imponente che Marvin avesse mai visto. L'essere lo ignorò e s'incamminò con passo deciso nella direzione opposta al posto di blocco.
Il tenente tirò un sospiro di sollievo. "Chi è? È umano?" si chiese.
In fondo alla via, nella direzione in cui andava l'essere, centinaia di non-morti iniziarono a scemare dagli angoli e dai vicoli e urtarono contro di lui, ignorandosi.
"Quella... quella cosa non è umana" si disse Marvin.
Scese dalla torretta e attraversò lo squarcio nella rete metallica. Il cane Alpha giaceva inerme tra il cofano e il parabrezza di una berlina. Continuò a muoversi sul marciapiede, tenendo d'occhio i vicoli. Si manteneva raso agli edifici per evitare che uno zombie sbucasse da sotto le auto.
Quando svoltò a sinistra, in lontananza, oltre il secondo posto di blocco, scorse la facciata frontale del dipartimento di polizia. Le lettere R.P.D spiccavano alte e bianche sul tetro paesaggio di Ennerdale Street. Sospirò rincuorato da quella visione. Non c'era nessuno zombie nei paraggi, solo cadaveri e auto.
Il cancello del posto di blocco era stato abbattuto. Dalla porta opposta della recinzione di metallo, sacchi di sabbia e un mitragliatore a canne rotanti. Non c'era nessuna torretta, ma solo macchine della polizia con la carrozzeria forata dalle pallottole e le sirene che roteavano e illuminavano intermittenti gli edifici. Sangue, bossoli, arti mozzati, mangiucchiati e pezzi di cranio e cervello puntellavano l'asfalto. Ma non c'era nessun cadavere. Niente.
"Qui c'è stato un massacro" si disse Marvin. "Se tutti sono diventati zombie, ora dove sono?"
Superò il posto di blocco e serpeggiò tra i numerosi veicoli, fermandosi davanti a un incidente stradale. Un pick-up si era schiantato frontalmente contro un'auto sportiva. Le fiamme avvolgevano le carcasse annerite dei due veicoli e il fuoco si era espanso in un bar vicino.
Aggirò l'incidente, raggiunse l'ingresso della centrale e guardò tra le sbarre di ferro. Il cortile era vuoto. Spinse il cancello che emise un suono stridulo e lo chiuse dietro di sé, tirando un lungo sospiro.
Finalmente era arrivato.
Non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato così difficile raggiungere la centrale, ma ora si sentiva al sicuro, protetto. Poi gli balenò in mente l'imponente essere e la sensazione di protezione svanì del tutto. Aveva distrutto un muro e ucciso il cane zombie con una manata.
Scacciò via i tetri pensieri e si diresse all'entrata del dipartimento, salendo i gradini. Girò la maniglia, ma la porta era chiusa dall'interno. Quando sollevò la mano per bussare, si bloccò.
"E se sono tutti morti?" si disse. "Se la centrale è infestata?" Buttò l'aria dai polmoni e bussò.
Nessuna risposta.
Bussò con più forza.
Niente.
Bussò coi pugni a martello. 
Silenzio.
Abbassò lo sguardo affranto e si portò una mano fra i capelli corti. Scese i gradini e si voltò nuovamente. Sperava di vedere uscire qualcuno, ma la porta rimase chiusa. Restò a guardarla a lungo, poi notò un movimento veloce, quasi impercettibile con la coda dell'occhio. Guardò la parete del secondo piano e scorse una figura a quattro zampe che oltrepassava rapidamente il cornicione del tetto. Era senza pelle e con la carne esposta. Aggrottò le sopracciglia, turbato. Non sapeva se quella cosa era reale o frutto della sua mente.
La porta d'ingresso si aprì con un tetro cigolio.

   
 
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