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Autore: Little Firestar84    18/02/2022    2 recensioni
Il mentalista Patrick Jane irrompe ancora una volta nella vita di City Hunter: quando le tracce dei gemelli Jonathan e Cameron Black lo portano ancora una volta a Tokyo, è a Ryo e Kaori, coppia nel lavoro e nella vita, che il consulente dell'FBI chiede aiuto.
Senza sapere che City Hunter- e tutto il loro sgangherato gruppo di alleati- sta già seguendo il caso... solo da un'altra angolazione!
Da New York a Tokyo, la caccia ai ladri ha inizio, ed il tutto per proteggiere il misterioso e prezioso gioiello noto solo come Serpenti!
Genere: Commedia, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Consultant'
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“Senti, ma perché ti serve proprio Kaori come assistente?”  Ryo domandò a Cameron, mentre si stavano incamminando verso l’uscita della stazione di Shibuya. Lo sweeper camminava leggermente curvo, mani in tasca dei jeans neri e un leggero broncio sul viso, ad indicare quanto fosse scettico riguardo l’intera vicenda. “Non potevi chiederlo alla tua ragazza?”

“Punto uno, Kay non è la mia ragazza, per l’ennesima volta. Lei è la mia partner. La mia collega. Noi non stiamo insieme.” Cameron arrossì, mentre si schiariva la voce, leggermente imbarazzato mentre Jane rideva di gusto, fingendo di interessarsi a tutt’altro lungo la strada, mentre invece nella sua mentre ricordava tutte le volte che lui stesso aveva usato quella stessa ed identica frase per parlare di quella che poi era diventata sua moglie- e non faticava a pensare che anche Ryo stesse pensando qualcosa del genere. 

Quasi avesse capito cosa stavano pensando i due uomini, Cameron decise di non dar loro corda, lasciò cadere delicatamente a terra il borsone che portava con sé e si sistemò la giacca, già di per sé perfetta, che quasi sembrava cucita su misura per lui, e prese  un profondo respiro, e continuò il suo discorso come se nulla fosse. 

“Punto due, Kaori è perfetta come assistente. Ha il corpo, la grazia, il portamento da modella che ne fanno la persona più adatta a ricoprire questo ruolo. E con quei capelli color mogano,  quelle gambe lunghe e le curve naturali, è impossibile che passi inosservata.” Il ragazzo continuò, facendo un leggero inchino a Kaori che arrossì, mentre invece Ryo si innervosì, e prese a brontolare nemmeno fosse stato un cavernicolo: c’erano troppi uomini in giro che la facevano arrossire, ultimamente, e quella era stata sempre prerogativa sua. Sembrava quasi un paradosso, ma era da quando non era più single che Kaori aveva preso ad attirare di più l’attenzione maschile, quasi il fatto che lui avesse finalmente ammesso di considerarla donna le avesse donato una sicurezza che, automaticamente, la rendeva più femmina

Però…. Lo sweeper si morse il labbro rubando un’occhiata furtiva alla sua compagna, di vita e lavoro, effettivamente era vero - Kaori era davvero bella, sembrava risplendere, ultimamente, e le sue forme erano ancora più appetitose del solito.

E poi, vestita in quel modo delizioso, con quel cappottino bianco sotto cui indossava un vestito rosso con orlo asimmetrico, e stivali neri col tacco alto… Ryo si mise a ridacchiare ed intanto si portò le mani alla bocca, mentre la immaginava sfilare per lui e lui solo con quella mise per casa. Già se la vedeva, scendere le scale, una mano sul corrimano, l’altra al fianco, come una modella professionista, lo sguardo ammaliatore, i fianchi sculettanti, il seno florido…

“Santo cielo, Ryo, un po’ di contegno!” Kaori lo rimproverò, usando uno di quei suddetti tacchi che a lui piacevano così tanto, piantandoglielo nel piede: la sua faccia - ed il suo amichetto festaiolo -  stavano infatti mostrando a tutto il mondo cosa stesse passando per quella che lei, molto amorevolmente, chiamava testa bacata

“In realtà, Kaori, io non me la prenderei. Il comportamento del tuo uomo dimostra esattamente perché Cameron ti ha scelta come assistente. Beh, uno dei motivi per cui l’ha fatto.” Jane scrollò le spalle, parlando con quel suo tono saccente. “Vedete, il vero compito di un’assistente non è quello di aiutare l’illusionista, ma quello di distrarre il pubblico, spostando l’attenzione da ciò che sta davvero succedendo verso sé stessa, cosicché la gente non veda un trucco che è platealmente sotto agli occhi di tutti.”

“E sentiamo, quale sarebbe l’altro motivo?” Ryo brontolò, stringendo i denti e resistendo all’istinto di massaggiare il piede dolente, che flesse dentro alla scarpa.

“Beh, semplice. Kaori è la nostra distrazione, ma sarà anche la nostra esca. La sua allure generale, come tu ed io sappiamo,  è quella di una donna fragile ed indifesa. Chi la incontra per la prima volta immagina che sia al massimo la tua segretaria; la nostra donna misteriosa non la vedrà come un minaccia e cercherà di usare lei per arrivare a noi.” L’uomo continuò, fermandosi in mezzo alla piazza davanti alla stazione e appoggiando a terra un pesante borsone, non dissimile da quello di Cameron. “Invece noi sappiamo che se la sa cavare benissimo da sola, e che è pericolosa tanto quanto Kay o Teresa.”

“Bah, rimane il fatto che a me quest’idea non piace…" Ryo sospirò, alzando gli occhi al cielo. Tuttavia, sapeva anche che l’idea era, di per sé, buona… ma questo non toglieva nulla al fatto che non potesse fare a meno di preoccuparsi per lei, e detestasse l’idea di non averla accanto ventiquattr'ore su ventiquattro. 

La guardò ridere e scherzare con Cameron, e si chiese come avesse fatto lei a sopportare di saperlo in pericolo, dopo essersi innamorata di lui. Quante notti, quanti giorni aveva passato preoccupata per lui, quando non sapeva dove fosse, cosa stesse facendo? Adesso, a ripensarci, si sentiva un mostro, e si chiedeva come facesse Kaori a stare con uno come lui.

Si sistemò accanto a loro, e con le nocche sfiorò la mano di Kaori, facendola sorridere, timida e bellissima. 

“Quindi. Kaori è la distrazione perfetta, Kaori è l’esca perfetta… ma perché hai scelto proprio questo posto?” Ryo, nonostante la bruciante curiosità, ridacchiò, guardando il luogo che aveva davanti, mentre la mente vagava indietro nel tempo: quanti anni erano passati, dodici, tredici? Tanti, comunque: non ricordava nemmeno più il nome di quel killer sgangherato che aveva mandato lì ad aspettarlo invano, con una cravatta rosa, un mazzo di fiori in mano, ed il tutto condito dalla richiesta più assurda di tutte, quella che avrebbe dovuto far scattare un campanello di allarme ed invece non aveva suscitato nessuna reazione…

“Perché migliaia di persone passano qui davanti alla statua di Hachiko, e questo ci darà una visibilità assicurata…” Jane spiegò, alzando gli occhi al cielo, quasi non capisse come non ci si potesse arrivare da soli.

“In più la statua è piccola e quindi posso fare benissimo da solo. Una volta avrei potuto far sparire la Torre di Tokyo, facendomi aiutare da tutta la mia squadra.” Cameron continuò, ed intanto si chinò, aprendo il suo borsone ed estraendone tubi sottili di metallo e teli scuri. La gente si fermava e lo guardava, incuriosita, gente scattava foto, ragazzine in divisa scolastica ridacchiavano, ma Cameron si limitava a fare solo dei leggeri cenni col capo, e sorridere, al massimo talvolta faceva un inchino verso le giovani studentesse, che, arrossendo, ridacchiavano emozionate, nemmeno il giovane fosse stato il perfetto Principe Azzurro. “Ehi, voi due, credete che mi sia portato dietro due omaccioni grandi e grossi così, tanto per fare?” Domandò, sbuffando, facendo scoppiare a ridere Kaori.

Iniziarono a montare dei cavalletti ai quattro lati della statua, incastrando i tubi l’uno dentro l’altro, poi, ad un certo punto, Cameron e Jane controllarono l’orologio ed i loro telefoni: era ora, in quel momento, la mostra di Bulgari apriva i battenti, e la donna del mistero e Jonathan erano probabilmente in sala per farsi un’idea di come rubare Serpenti, solo per scoprire che Serpenti, lì, non c’era più.

Cameron rise sotto ai baffi: poteva già immaginarsi la sfuriata che la belle dame sans merci (e senza nome) avrebbe fatto, quando avesse capito che l’avevano fregata! 

Il telefono di Jane emise un suono di notifica, e subito l’uomo controllò, nonostante avesse una vaga idea di cosa avrebbe potuto vedere. La sua recluta dell’FBI preferita gli aveva mandato un link, che rimandava a un profilo seguitissimo in tutto il mondo ma soprattutto in Giappone,  quello del giovane, aitante ed affascinante calciatore Kojirō Hyūga. Peccato che, Jane lo sapeva bene, l’ultimo tweet fosse stato in realtà inviato da Wylie, che entrando in quel profilo si era garantito la viralità, e gli occhi di Tokyo puntati su di loro. 

Sorrise compiaciuto, facendo schioccare la lingua contro il palato: il ragazzo aveva decisamente stoffa… e fegato.

“Sei sicuro che il numero ti riuscirà?” Jane gli sussurrò, con tono cospiratorio, mentre fingeva di aiutarlo a montare l’impalcatura intorno alla statua del cane più famoso del Giappone, se non del mondo intero. 

“Certo che sono certo che mi riuscirà, mica è la prima volta che faccio questo trucchetto!” Fu la risposta stizzita di Cameron, che per poco non strillò come una ragazzetta. Si ricompose però velocemente, schiarendosi la voce e sorridendo ai curiosi. Alcuni stavano controllando i loro telefoni: molto probabilmente, avevano visto il tweet di “Kojirō Hyūga”. “E poi, chiudi il becco. Tu e Saeba fate schifo in quanto a discorsi di incoraggiamento.”

“Cameron, voglio solo, per una volta, essere onesto.” Jane lo redarguì, sotto voce, ricevendo un’occhiataccia dal ragazzo, a cui jane non era mai sembrato il tipo che addolciva la pillola. “Lo hai detto tu che quando facevi questi numeri avevi con te tutta la tua squadra, mentre adesso ti sei ridotto ad avere noi come aiutanti. E non parlarmi del numero di Copperfield, che lo sanno tutti che il pubblico alla Statua della Libertà era suo complice!”

“Non ti preoccupare, andrà tutto secondo il piano… non avrò dalla mia la notte o la piattaforma rotante di David Copperfield, ma so esattamente come fare.” Cameron fece schioccare la lingua contro il palato; si allontanò un po’ dalla statua, e osservò, compiaciuto, ciò che avevano fatto: una struttura di tubolare metallico circondava la statua di Hachiko, praticamente ingabbiandola.

Sorrise compiaciuto, sentendo l’adrenalina corrergli in corpo... gli mancava quella vita, non tanto i teatri di Las Vegas, Los Angeles e New York, ma fare numeri da baraccone in strada, per la gente, racimolare qualche spicciolo, far felice la gente normale.

Lui e Johnny avevano vissuto per quei momenti, scappando a volte anche dai teatri di posa per esibirsi in strada – ed il risultato era sempre stato lo stesso. Ogni volta, punizioni, sempre più severe. Fino a che non lo avevano più fatto, piegandosi al gioco del genitore. 

Mai più, si disse Cameron, stringendo i denti, risoluto. Nessuno li avrebbe più usati.

“Si va in scena!” Sussurrò, più a se stesso che ai presenti.  Con un gesto cavalleresco aiutò Kaori a togliersi il cappotto, facendola rimanere solo con quel vestito mozzafiato sì, ma che non era per nulla volgare ma metteva in risalto il suo corpo; poi, tenendola per mano, le braccia alzate, si voltò verso il pubblico che circondava la statua lasciando loro lo spazio, quasi sapessero che qualcosa stava per accadere. 

Telefoni, macchine fotografiche, telecamere, risate, sorrisi e bisbigli: Cameron sentiva l’attenzione della gente su di sé. Ed era meraviglioso. Si voltò verso Kaori, e la vide, felice ma leggermente timida, e le fece l’occhiolino. “Rilassati, sarete perfetti!” le sussurrò, prima di tornare a dare la sua attenzione all’adorato pubblico.

Lasciò la mano di Kaori, fecero entrambi un piccolo inchino e poi Cameron si schiarì la voce, prima di iniziare a recitare in Giapponese le battute che aveva imparato a memoria.

“Signore e Signori, sono Cameron Black, dal vivo per voi dalla stazione di Shibuya, a Tokyo!” Proclamò ad alta voce, muovendosi da una parte all’altra di quel palco che era solo nella sua immaginazione. 

“Oggi replicherò qui per voi lo stesso numero che anni fa David Copperfield eseguì a New York… ma invece di far sparire Lady Libertà, io mi accontenterò…” Saltò dietro la barriera, e prese ad accarezzare il cucciolo, dandogli delle leggerissime pacche sulla testa, quasi fosse stato un cane vero. “… di questo cucciolone! È con me oggi la bellissima Kaori… fatele un applauso, gente! Ah, e non preoccupatevi… Hachi sparirà solo per un attimo, Tokyo ed il mondo amano troppo questo cagnolone perché io me lo tenga tutto per me!”

La folla proruppe in un fragoroso applauso, mentre i flash partivano. Cameron e Kaori afferrarono il telone nero che era per terra, e lo issarono , nascondendo la statua agli occhi dei presenti su tutti  quattro i lati. 

“Bene, e adesso, conterò fino a tre, e quando abbasserò nuovamente il sipario, Hachiko sarà sparito!” Cameron si voltò verso la statua, e prese a gesticolare con le mani. “Uno, due… e tre! Kaori, abbassa il telo!”

Kaori afferrò il telo ed eseguì; centinaia di occhi presero a fissare la scena, mentre cadeva il silenzio più assoluto. Poi, un mormorio, sempre più forte, fino a che non divenne un vociare indistinto, e alla fine, l’applauso, e fischi di apprezzamento. 

“Grazie, grazie, ma non è ancora finito!” Fece schioccare la lingua contro il palato, e si guardò intorno. Camminava intorno alla piazzetta, facendo attenzione di essere ripreso, per assicurarsi che lei e suo fratello capissero, sapessero che lui era lì, e che la collana era nelle sue mani. “Per finire per davvero il numero, gente, devo far ricomparire il vostro cucciolo!”

Si avvicinò a Kaori, la prese per mano e le baciò le nocche, portandosele alle labbra, guardandola negli occhi. Lei abbassò lo sguardo, ed arrossì, tenendo una mano sul cuore, emozionata e deliziata da quell’attenzione, per quanto calcolata e fasulla, ma che agli occhi di tutto – Ryo compreso, che stringeva i denti geloso e portava la mano tremante alla fondina quasi avesse potuto sparare all’illusionista - sembrava onesta.

 “Kaori, mi dai di nuovo una mano?” Le domandò, mettendole il braccio intorno alle spalle.

Col sorriso, Kaori fece cenno di sì col capo, e tirò nuovamente su il telo color blu notte; con lo sguardo cercava Ryo, che nelle retrovie, con la schiena appoggiata contro un albero, la guardava con un sorriso dolce e sornione, lo sguardo da pesce lesso tipico di tanti innamorati sdolcinati che nemmeno si rendevano conto di esserlo.

Uno, due… e tre! “ Cameron esclamò, mentre muoveva nuovamente le mani. Il telo si abbassò, rivelando, nuovamente, la presenza della famosissima statua. “Ta-da! Grazie mille per essere stati con me questa mattina, sono Cameron Black, per voi alla stazione di Shibuya! Cercatemi nelle strade della città nei prossimi giorni, chissà che non appaia a Rapponigi… o magari a Shinjuku!”

Abbracciò nuovamente Kaori, dandole un bacio sulla guancia, poi si voltarono entrambi verso la folla e fecero un inchino; agenti in divisa uscirono dalla stazione e corsero verso di lui, pronti a fermare quello spettacolo non autorizzato, ma una violenta rissa scoppiata nelle retrovie li distolse dal loro scopo. Pugni volavano, calci, anche un paio di colpi di arma da fuoco risuonarono nell’aria, mentre Kaori e Cameron afferravano le loro cose e correvano verso un’auto che, sgommando, li raggiungeva- una Jeep Cherokee verde militare.

“Lo sa che una macchina del genere non passerà facilmente inosservata in città, vero?” Cameron domandò a Miki, sporgendosi verso di lei.

“Ragazzino, nessuno si muove come mia moglie e me in questa città!” Falcon grugnì, imbronciato nel sedile passeggero. Si voltò verso Kaori, grugnendo il nome dell’amico/nemico. “Quel pivello di Saeba dove si è cacciato?”

“Ryo e Jane dovrebbero essere già sulla Mini ora- Ryo l’aveva parcheggiata vicino al parco.” Kaori gli rispose. “La rissa serviva per distogliere l’attenzione da noi e permetterci di scappare, senza lasciare indietro l’equipaggiamento del numero.”

“Ho visto il vostro numero live… Kaori, tu eri davvero bellissima!” Miki cinguettò voltandosi verso di loro, mentre prendeva in modo molto creativo una curva - eppure, con estrema sicurezza, quasi avesse conosciuto quelle strade da sempre. “Non me lo sveli come hai fatto a far sparire la statua, Cameron?”

“Ah, ecco…” il giovane arrossì, e si grattò il capo, leggermente imbarazzato. “Un mago non svela mai i propri segreti, mi spiace, signora Miki!”

“A proposito del numero di magia…” Falcon grugnì. “Cos’era questa buffonata? Il ragazzino aveva bisogno di giocare al primo della classe?”

“Signor… Falcon.” Cameron esitò, quasi incerto se usare quel nome- e se fosse vero. “Sono molto bravo, ma quello che ho fatto non è stato certo per egocentrismo.”

“E allora, perché?”

“Perché voglio che quella donna sappia che io sono ancora qui… e volevo che assistesse al mio ultimo numero di magia.” Cameron si lasciò cadere contro lo schienale del sedile, e sospirò compiaciuto, incrociando le mani dietro al capo, gli occhi fissi sul cielo di Tokyo, che guardava attraverso il tettuccio di vetro del veicolo.

“Far sparire una statua?” Falcon grugnì. “Cosa le viene dal sapere che tu hai fatto sparire quel cane?”

“Oh, ma non è stato quello il trucco. Quello è ciò che hanno visto tutti, ma per quella strega e Johnny, ho avuto in serbo ben altro…” Rispose sibillino. Aveva giocato la sua mano: adesso toccava a Johnny e alla sua amichetta rispondere.

Bulgari Tower

“L’hai vista?” La donna misteriosa domandò a Johnny, mentre camminavano tra i corridoi della Boutique di Bulgari, fingendo interesse per ogni teca contenente quelle opere d’arte di fine gioielleria; aveva indossato una parrucca bionda, lenti colorate ed una notevole quantità di trucco per alterare il più possibile il suo aspetto, scegliendo capi tipici di ricche ragazze annoiate che in quel luogo non avrebbero attirato l’attenzione; Johnny invece aveva una parrucca, lunghi capelli legati in una coda spettinata, occhiali da vista ed un naso prostetico.

“Non c’è.” Le sussurrò la risposta all’orecchio. “Ho sentito il responsabile parlare con la guardia di sicurezza. Qualcuno è entrato nel caveau e l’ha rubato.”

“Impossibile!” Sibilò, indignata, sbattendo il piede a terra. “Nemmeno io potrei forzare quella cassaforte!”

Jonathan si limitò a scrollare le spalle, e fece finta di ammirare l’anello esposto, appartenuto ad una diva del cinema muto. I telefoni di parecchi avventori presero a trillare con le notifiche, che sembravano susseguirsi, e si alzò un forte mormorio, e risate ed espressioni di meraviglia. Johnny prese il suo smartphone, e controllò gli aggiornamenti di Twitter ed Instagram, per capire cosa fosse così di tendenza nell’area in quel momento. 

Prima strizzò gli occhi, quasi volesse studiare meglio quelle inquadrature, poi rise, beffardo, e scosse il capo. 

“Beh?” Gli domandò. “Cosa c’è da ridere?”

“A quanto pare ho appena scoperto chi è più bravo di te, dolcezza.” Ridacchiò. Alzò il telefono, e lo mostrò alla giovane donna, facendo ripartire il video dell’esibizione dall’inizio, affinché lei potesse capire con chi avevano a che fare.

“Credi davvero che sia stato lui?” Lei domandò, con tono irriverente, quasi lo ritenesse impossibile. Cameron era bravo, ma da solo, poteva davvero riuscire in qualunque impresa? Ne dubitava.

“Non lo credo, lo so.” Le sussurro. Le mise sotto agli occhi il video, e attese che lei vedesse cosa aveva catturato la sua attenzione – un particolare che ad una persona comune poteva passare inosservato, ma che per loro, maestri dell’inganno, che con cose come quelle si erano guadagnati il pane, era cose di tutti i giorni. 

Un attimo prima, il collo della bellissima donna dai capelli e dall’abito rosso era nudo; poi Cameron la toccava, per invitarla ad aiutarlo - ed eccola lì, la collana. Un solo fotogramma – perché nel frame successivo Cameron le toccava la schiena, la copriva per un attimo, e quando il collo della donna ritornava nell’inquadratura, la collana era di nuovo sparita.

E non era certo una collana qualunque, ma quella che stavano cercando loro: Serpenti. 

Cameron aveva capito a cosa stavano mirando, e li aveva anticipati. E adesso, li stava sfidando. 

Venite a prenderla se ne avete il coraggio, sembrava dire. 

“E io che credevo che fossi tu quello bravo con le mani…” La donna borbottò, irritata, mentre, senza mai perdere la sua eleganza, prendeva un calice di spumante da un vassoio servito da eleganti camerieri in livrea da gala, nemmeno fosse stata un serata politica.

“Beh, fossi in te aspetterei a dirlo, non le hai mai provate…” Jonathan la canzonò, guadagnandosi uno sguardo acido e rancoroso. L’uomo alzò gli occhi al cielo e sbuffò, mettendosi le mani in tasca dei pantaloni. “Cosa facciamo, adesso, cambiamo il piano?”

“No, il piano è sempre quello di impossessarsi di Serpenti, Dovremo solo improvvisare un po’....” La donna rifletté, fissando le teche colme di gioielli. Se avesse voluto, non le sarebbe servito chissà che per impossessarsi di tutto quanto, ma a lei non importava: c’era solo un tesoro a cui ambiva, quello custodito dalla famiglia Black. 

Il padre di Cameron e Johnny l’aveva ferita, illusa, fatta sentire piccola e inutile, e lei quella notte si era ripromessa di sentirsi così mai più. Ormai c’era quasi, ed una volta ottenuti quegli averi, avrebbe finalmente esorcizzato, una volta per tutte, quel ricordo. “E se non l’avremo con le buone, allora ce la prenderemo con le cattive.”

“Cioè?” Jonathan deglutì a vuoto, irrigidendosi, guardando la donna con terrore. Aveva una vaga idea di cosa volesse dire, ma aveva troppa paura ad ammetterlo: quando l’aveva incontrata, aveva creduto che lei fosse come lui, un’anima alla ricerca del suo posto. Aveva davvero creduto che lei desiderasse aiutarlo, liberarlo. Esorcizzare la pesante figura del padre, che ancora incombeva sui gemelli Black, anni dopo la sua morte.

Ma si era sbagliato. Lei non era solo senza cuore: lei era crudele, e gioia della sofferenza degli altri.

“Non farmi ridere, Johnny. Hai capito benissimo cosa voglio dire. Arrivare a Cameron potrebbe essere complicato, ma tuo fratello è un cavaliere.” posò su un tavolo il calice, e si diresse verso l’uscita della gioielleria: non c’era nulla di cui le importasse, nulla che valesse la pena rubare. “Cameron farebbe qualunque cosa per salvare una fanciulla in difficoltà, incluso tradirti, e questo lo sai bene.”

“E come credi poterla trovare, eh? Tokyo ha decine di milioni di abitanti!” La schernì, accelerando il passo per starle dietro.

“Oh, ma io so esattamente dov’è Kaori… è stato Cameron a dircelo. Non hai sentito come lo ha detto… come lo ha sottolineato… ci ha lanciato una sfida, a Shinjuku….” Uscirono, nella fredda notte invernale, e la donna si alzò il colletto della giacca, socchiudendo gli occhi compiaciuta, quasi provasse piacere per il vento freddo che le sferzava il viso. “Shinjuku restringe parecchio l’area, e comunque, una donna come quella, non passa certo inosservata. Fidati: troveremo Kaori in men che non si dica, e una volta che avremo lei, Serpenti sarà nostra!”
   
 
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