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Autore: _etriet_    18/02/2022    1 recensioni
La vita è fatta di morali, di discorsi silenziosi che si imparano e si fanno man mano che si vive, un po' a gesti, un po' a parole, e poi un po' con tutti e due.
Come una scalinata fatta in silenzio, in cui i gradini appena fatti si cancellano autodistruggendosi dopo pochi secondi, e non rimane nient'altro se non la scelta di continuare, o rischiare di perdere l'equilibrio fermandosi.
Perché ad ogni passo avanti corrisponde uno sbilanciamento, fisico, morale e psicologico.
Veronica Lisi è sempre stata di idee chiare, ha sempre basato la propria vita su principi fondamentali, come quello che il passato non si cancella, si descrive, che il presente non va guardato, va vissuto, e che il futuro non deve essere sognato, ma costruito; mette tutta se stessa per portare avanti le cose al meglio.
La sua quotidianità, tuttavia, viene sconvolta nel giro di nemmeno un mese, e pur di vedere sua madre felice, cambia tutte le carte in tavola, prende, fa le valige e parte verso qualcosa a lei sconosciuto.
→→→→→→→→ LETTURA A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO: CLICHÉ TRATTATI IN MODO ORIGINALE, AMORE PERENNE PER TUTTI I PERSONAGGI E AGGIORNAMENTI LENTI ←←←←←←←←
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Veronica era stata la prima a uscire dalla libreria, con una borsetta carica di libri, che aveva pagato lei di sana pianta, sua zia ci aveva anche provato a convincerla che quattro libri in più da aggiungere a quelli dei suoi figli alla fine non fossero una così grande spesa, ma la ragazza si era impuntata per fare da sola, per avere la propria piccola parte di indipendenza, e alla fine era stata lei ad aprire il portafogli e a tirare fuori i soldi per avere ciò che, dopo tutto, sarebbe diventato suo e di nessun altro, e cui aveva quindi il dovere di pagare. Non le piaceva quando le persone facevano le cose al posto suo, era un'altra di quelle regole che si era sempre impegnata a mantenere, perché, sebbene sapesse che con più persone a fare una cosa quella da svolgere sarebbe stata meno faticosa, aveva anche la capacità di comprendere che qualcosa fatto da sé dava molto più soddisfazione che qualcosa fatto in condivisione con altre persone, e riuscire a pagarsi i libri da sola era già abbastanza per riempirle il cuore di una consapevolezza sua, perché quei soldi se li era guadagnati facendo dei piccoli lavoretti sia durante le estati, che nel corso degli anni scolastici. Pagare qualcosa con quello che aveva messo da parte la faceva sentire bene, piena di autostima e orgoglio per se stessa, nonostante pagare quel genere di cose non fosse una così grande spesa, era sempre un piccolo passo avanti.

Il secondo a uscire dal negozio era stato Francesco, che aveva lasciato sua madre al seguito di Leonardo, ancora intento a cercare un libro per sé, Veronica aveva salutato il ragazzo con un segno della mano, mentre si stringeva fino a stare a filo con quello che era lo spigolo più esterno del negozio

«Tutto bene?» Francesco le si era avvicinato

«Sì sì, perché?»

«Ti vedevo un po' persa -il ragazzo aveva fatto una piccola risata, mentre si rilassava sotto la luce del sole, che gli illuminava il volto su cui aveva un sorriso pieno, a trentadue denti- anche se, pensandoci, ti vedo sempre così, quindi credo sia proprio una cosa tua, neh?» Aveva girato il volto verso di lei, inclinando la testa di trequarti

«Non proprio, è l'effetto delle cose nuove.»

«Ti disturba abbandonare la monotonia?» Veronica era rimasta interdetta, con la lingua appoggiata sul palato e una risposta decisamente poco cortese che premeva per uscire, rispondere pacatamente in quelle situazioni le risultava difficile, perché la parte meno razionale di lei prendeva il sopravvento, lasciandola molto spesso pentita di quello che diceva, ma inevitabilmente consapevole di riuscire a doversi controllare, cosa in cui molto spesso falliva, quindi, basato il pensiero di essere gentile come fondamenta per la sua risposta, aveva preso un piccolo respiro, per poi riprendere a guardare Francesco diritto in faccia

«Non... non avevo una vita monotona, mi piaceva, avevo le mie comodità e le mie cose da fare, sapevo come muovermi e di certo non mi servivano le balie per andare in gir... -aveva sgranato gli occhi, mordendosi la lingua- scusa, non intendevo dire che voi siete...nel senso -il tono della sua voce era andato ad abbassarsi sempre di più, fino a diventare un sussurro- di certo un senso non c'è, ci sono solo io che mi comporto da stronza.» Aveva guardato a terra, mortificata, almeno fino a quando lui non le aveva posato una mano sulla testa, scompigliandole i capelli

«È okay, dopo tutto sei qui da una giornata e mezza, nemmeno, mi sarei preoccupato di più se tu mi avessi risposto con tranquillità.» Lei aveva alzato lo sguardo lui aveva tolto la mano, per riportarla al suo posto originario nelle tasche dei pantaloni

«Era una domanda trabocchetto?» Lui le aveva sorriso

«Più o meno, era il termine monotono la vera ambiguità, se avessi usato un qualsiasi altro sinonimo il tono della frase e della tua risposta sarebbero cambiati, era solo per, diciamo, cercare di capire.»

La conversazione era stata interrotta in quel momento, quando Angela e Leonardo erano usciti dal negozio e sua zia li aveva chiamati a gran voce per invitarli a seguirla, quindi Veronica aveva semplicemente lasciato che fosse Francesco il primo a seguirli e, più guardava la schiena del ragazzo dondolare ad ogni passo davanti a lei, più le sembrava una figura fraterna con cui confidarsi, le ispirava fiducia.

Sentendo il telefono vibrare nella tasca dei jeans Veronica si era affretta a prenderlo e con sollievo aveva notato che era proprio sua madre a chiamarla, aveva risposto, portandosi il telefono all'orecchio il più in fretta possibile. Aveva aspettato quella telefonata da quando sua madre le aveva detto di aver messo la modalità aereo per il viaggio, incredibilmente lungo tra l'altro, che aveva fatto, le erano salite le lacrime agli occhi quando aveva sentito la voce di sua madre e si era dovuta tenere ad Angela per non perdersi tra la folla che alloggiava le strade di Treviso. Non era una persona troppo sentimentale, né sensibile, ma sua madre era pur sempre la donna più importante della sua vita, e non sentirla aveva peggiorato di molto quella che era una situazione ancora pensante, si era asciugata le lacrime con il palmo della mano sinistra, visto che l'altra era stretta da sua zia in una presa forte, e aveva cominciato a parlare con sua madre che, curiosa come era, le aveva fatto un sacco di domande, alle quali Veronica certe volte non sapeva nemmeno come rispondere, e quindi si mettevano a ridere entrambe, felici di sentirsi serene, almeno in quel momento, perché per quanto infimo, per quando distanti l'una dall'altra, era comunque il loro momento, eterno di pura commozione nel finito dei minuti a loro disposizione. Perché sua madre era la cosa che le mancava di più, e la consapevolezza di starle distante per così tanto tempo la uccideva dall'interno come un veleno mortale, almeno prima sapeva d'essere in un tempo finito di una settimana, in quel momento, aveva soltanto la certezza che sarebbero potuti essere cinque mesi come sette, e in qualsiasi caso avrebbe dovuto accettare quella condizione, che andava ben oltre la sua generica normalità.

Sua madre si era fatta passare Angela, e anche lei aveva sorriso come Veronica sentendo la voce dell'amica, che si preoccupava più delle pratiche burocratiche, poi, almeno da quello che riusciva a sentire, aveva smesso di parlare di cose serie e si era messa a scherzare, un po' come aveva fatto con lei.

Amava infinitamente quel lato di sua madre, quello che sapeva come prendere le persone e farle ridere con ben poche parole, quello che era conscio di come rendere le persone felici, anche per attimi finiti, acquistava tutto un altro colore quando c'era anche lei in una conversazione, o quando semplicemente si intrometteva in qualcosa di già iniziato, perché era proprio lei ad essere speciale, e Veronica lo sapeva, andandone fiera oltre ogni considerazione. Sperava, peccando di poca modestia, di diventare come lei un giorno, di essere in grado di capire come stessero le persone con un singolo sguardo e farle sorridere con poco, riuscire ad alzare l'umore comune solo con la propria presenza e diventare indispensabile per qualsiasi persona, voleva rendere qualcuno felice a modo proprio, con battute stupide o momenti esilaranti, perché ammirava davvero il modo in cui sua madre riusciva a spiccare in mezzo alla folla, con un sorriso confortevole e amabile, con i suoi modi gentili e i gesti trasparenti, netti, che valevano quanto la sua capacità di far sorridere. Era sempre stata lei a darle la forza, a darle coraggio, incitandola in tutto quello che faceva, a passarle l'amore per la conoscenza e a istigare in lei quella curiosità che le permetteva di volere sempre di più dalla vita, tanto da ricercarne altre di vite in racconti fantastici; sua madre era il fondamento principale su cui si ergevano le sue convinzioni, la sua influenza su di lei era la colonna portante della sua personalità, e Veronica ne era fiera.

Le due donne non erano state molto al telefono, il giusto per scherzare e fare due chiacchiere tra amiche, poi sua madre si era ritirata, visto che dal lei erano le cinque, e si era svegliata giusta a quell'ora per telefonare, visto che poi durante la giornata le sarebbe stato difficile poter rimanere al telefono.

Veronica, che sapeva quanto la madre ci tenesse a un sonno ristoratore, aveva sorriso, in qualche modo felice e sorpresa, ma a pensarci bene, probabilmente lo avrebbe fatto anche lei. Erano seduti fuori ad un bar, i tramezzi posati sul tavolo, i colori del posto e le voci di contorno che rendevano l'atmosfera vivace e frizzante, con quell'accento tanto diverso dal suo e a tratti poco comprensibile dei vecchi signori che, ancora dopo tanti anni, se ne stavano seduti sulle loro solite sedie a leggere il giornale, scherzandoci sopra con chi, tra i loro amici, era in quel posto a fargli compagnia, che si fumava una sigaretta o una pipa, mentre seduti su quegli sgabelli un po' traballanti e pericolanti, ascoltavano le notizie che chi leggeva commentava allegramente. Era un atmosfera calda e accogliente, diversa da quella di una casa, ma resa simile dalle persone che frequentavano la via. Angela era andata a pagare, ma probabilmente, conoscendo la proprietaria e barista, si era fermata a parlare più del dovuto, quindi c'erano semplicemente i due fratelli con lei al tavolo. Leonardo se ne stava seduto comodo, con il telefono in mano e qualche piccola risata in bocca, che usciva però sommessa e trattenuta a stento, derivante da qualcosa che qualcuno gli diceva proprio in quel momento, Francesco, invece, era po' più attivo, tanto che si era messo a parlare con lei per una decina di minuti buoni, fino a quando il fratello non gli aveva fatto vedere qualcosa, che aveva stravolto completamente l'attenzione del primogenito, passando rapidamente da lei, a lui e in fino allo schermo del cellulare di quest'ultimo, anche lei lo aveva fatto, alla fine, annoiata e poco vogliosa di sapere cosa si stessero dicendo o cosa stessero guardando quei due per sorridere tanto. Aveva sbloccato il cellulare con l'impronta digitale, che si trovava sul lato destro del suo cellulare, vicino ai pulsanti del volume, e le si era aperta da subito la schermata home, rivelando quante notifiche la modalità silenzioso le avesse impedito di sentire, il primo messaggio a cui aveva risposto era stato quello di Lucrezia, salvata, un po' semplicemente, come "Bæ🤍". Il messaggio era un semplice "Buongiorno", con un successivo nomignolo affettuoso, susseguito da una serie di telefonate che non avevano avuto risposta, al messaggio lei aveva risposto altrettanto, ma mandando un cuore invece che deliberare un soprannome carino. La sua migliore amica aveva visualizzato quasi subito, facendosi attendere per un lasso di tempo tanto limitato che le era sembrato quasi fossero passati pochi secondi invece che pochi minuti, visto il messaggio, Lucrezia l'aveva chiamata e Veronica aveva risposto, bisognosa di qualcuno con cui parlare, visto che chi era lì, nonostante gli sforzi, non aveva una conversazione con lei.

"Oi, sei viva, ma dove eri finita?"

"Mi sono svegliata alle otto e trenta e nemmeno il tempo di vivere che mi hanno subito detto che saremmo usciti." Lucrezia aveva riso di gusto, sfottendola in modo amichevole "Ma invece di prendermi in giro, mandami piuttosto ultimo programma di informatica dell'anno scorso"

"Dai, è sul computer, in dev, e io sono a letto, in più come dovrei mandartelo? Che formato?" Lucrezia aveva annuito sconfortata probabilmente, a sentire il sospiro fatto da lei dopo

"Ma fai un file di word, no?" Veronica aveva bevuto un po' dalla sua spremuta, mentre scorreva la chat velocemente e aspettava una risposta della sua migliore amica, ma quello che sentiva era solo il suono del cane che abbaiava.

Nell'ultimo periodo si erano scritte un bel po', visto che le conversazioni sembravano non finire mai, e lei aveva una punta di terrore nella gola che quella lontananza non sarebbe stata solo fisica, ma anche emotiva, e più ci pensava, più aveva il timore che potesse succedere davvero.

Poi, scorrendo ancora più in alto, si era fermata verso una conversazione familiare, ed era rimasta a rileggerla fino a quando Lu non le aveva risposto, palesandosi finalmente dopo un bel po' di secondi

"E la madonna che due palle." aveva sospirato l'amica poi, e poi aveva sentito tutta una serie di rumori familiari, come lo sbattere i piedi per terra di Lucrezia quando scendeva dal letto di malavoglia, lo scostare delle ciabatte e l'imprecare dell'amica quando si accorgeva che le aveva messe sbagliate, l'alzarsi strisciando i piedi per terra e il sedersi comoda della sua migliore amica sulla sedia della scrivania.

Era rimasta da Lucrezia così tante mattine dopo aver dormito da lei, che ormai conosceva ogni passaggio di quando si alzava, tanto da riconoscerli anche solo tramite i rumori

"Ti obbligo."

"Poi faccio un word e lo mando, ora devo litigare con qualcuno." La sua migliore amica aveva alzato il tono della voce e Veronica era rimasta un po' allibita, però, senza lasciarlo intendere, aveva deciso di essere ironica nella risposta, commentando con tono finto offeso

"Ma, sono più importante io o qualcuno?!" Lu, dall'altro capo del telefono, aveva riso di gusto, prendendosi anche un attimo di silenzio prima di riprendere a parlare

"Forse mi sento con qualcuno, no?" Veronica aveva sputato l'aranciata, ed entrambi i fratelli, di cui si era parzialmente dimenticata l'esistenza, si erano girati verso di lei, entrambi con la stessa identica espressione addosso, lei aveva sentito le punte delle orecchie calde, e si era pulita le labbra sporche di spremuta

"Tu ti senti con dei tipi e nemmeno mi dici niente?" aveva sussurrato, cercando di non aggravare di molto la situazione

"In verità l'ho detto a tre gatti che mi sento con questo."

"E allora dirlo a me che ti costava."

"Perché non so se ci stiamo sentendo seriamente."

"Ma che significa non 'so se ci stiamo sentendo veramente', come diavolo fai a non saperlo."

"Perché parliamo da solo una settimana" Veronica era rimasta un attimo allibita, ferma nella sua posizione, il bicchiere in mano e il telefono nell'altra, poi aveva riso sommamente, mordendosi l'interno labbro per non attirare troppo l'attenzione su di sé

"Come si chiama almeno"

"Federico"

"Ma non sarà mica quello di ventuno o ventidue anni, non ricordo, di cui mi parlavi, vero?"

"No, è un altro."

"Un altro?"

"Senti, se vuoi farmi la predica anche tu non serve."

"Non è quello il punto, sto solo dicendo, davvero? Ti piace davvero?"

"Penso di sì, insomma, è simpatico, gentile, carino... e guarda su Whatsapp che ti mando una foto" Veronica lo aveva fatto, rimanendo a guardare la foto per un paio di secondi, poi, esasperata, aveva risposto velocemente a una sua ex compagna di classe che era venuta a sapere del trasferimento e che dal quel momento non faceva altro che tartassarla di messaggi

"Guarda che non mi caga proprio oh." Veronica aveva riso, rientrando nella chat

"Guarda che ti ho sentita."

"Anche meglio." Aveva osservato la foto un attimo meglio, memorizzando mentalmente il nome dell'instagram del ragazzo e cercandolo sul social

"Stavo provando a vedere il profilo, ma lo ha privato, comunque non è brutto." Lucrezia aveva ridacchiato, mormorando qualcosa come un "lo so"

"Però di faccia non è troppo carino, quanto è alto?"

"Uno e ottantatré." Veronica si era quasi strozzata con la sua stessa saliva

"Praticamente gli arrivi al cazzo." Lu le aveva imprecato contro, ribadendo che non era così tanto bassa e che lei era fin troppo volgare

"E tu fin troppo santa!"

"Vedi che a certi piace." Dopo un altro giro di battute sempliciotte, Veronica aveva visto arrivare sua zia, e con rammarico aveva messo giù la telefonata con la sua migliore amica.

Le mancava, ed era quasi ovvio che fosse così, lei e Lucrezia erano cresciute insieme, fin da bambine non c'era stato giorno in cui non si fossero viste, all'asilo, al parco, a scuola, e si erano sempre state simpatiche tanto che erano diventate un duo, poi, in seconda elementare, c'era stato quel periodo in cui a entrambe interessava lo stesso ragazzino, ed erano entrate in competizione, stavano sempre a vedere chi gli stava più vicino, chi lo faceva sorridere di più, chi era quella a cui lui era più interessato, e più trascorreva il tempo, più loro due si allontanavano l'una dall'altra, a Veronica aveva cominciato a smettere di piacere dopo una gita, quando aveva visto Lu che giocava con i capelli ricci di lui e le sorrideva malefica, lui, quel lui di cui non ricordava più il nome, a quel tempo aveva una cascata di boccoli castano chiaro che sembravano molto morbidi, Veronica era morta di gelosia in quel momento. Poi, durante la recita di natale, quando a Lucrezia era stato dato il ruolo di protagonista e a lui la sua controparte, e avevano ballato un pezzo di una canzone come una coppia romantica, Veronica a quel punto si era detta, da persona matura, che dei ragazzi poteva anche fregarsene, e successivamente aveva ignorato tutti i gesti di quella che ormai non era più una sua rivale, ignorando di conseguenza anche lui, poi, l'ultimo giorno di scuola, rimasti soli loro tre ad aspettare i genitori, aveva lasciato il ragazzino e Lucrezia vicino alle porte della scuola, come da loro richiesta, per poi tornare quando aveva visto Lu con la testa bassa, ed infine, guardandosi negli occhi, erano scoppiate a ridere, capendo quanto in realtà tutti quei mesi appresso a quel bambino erano stati solo momenti per loro persi.

Da allora, dopo quel sciocco periodo di infatuazione bambinesca niente aveva più avuto la capacità di dividerle, consapevoli del loro legame solido. Eppure, quella situazione, dava un senso ad entrambe di perdita, e Veronica aveva sempre più paura che da un momento all'altro qualcosa potesse cambiare, tanto in loro tanto nel loro rapporto, come se potesse crearsi un danno irreparabile e profondamente ingiusto; la voleva lì con lei, voleva indietro loro momenti, come il guardare una serie insieme, o andare fino a scuola l'una affianco all'altra, iscriversi a lezione e concordarsi tramite messaggio sul dove trovarsi a ricreazione, stare dal muretto mentre una delle due portava dei caffè caldi, decidere il colore dello smalto insieme ed arrivare prima al cinema sembrando delle stupide. Tutte cose che non avrebbe più potuto fare per un bel po' di tempo, consapevolezza che le faceva male e le faceva capire ancora meglio quanto il loro rapporto potesse lacerarsi nel creare un nuovo modo di esserci l'una per l'altra. Le saliva quasi un moto di gelosia a pensare alla sua migliore amica con qualcun'altra, a vederla scherzare come faceva con lei con qualcuno che inevitabilmente avrebbe preso il suo posto, anzi, poteva vedersi, un giorno molto più avanti di quello, mentre in videochiamata Lu le presentava quella che era la sua nuova migliore amica, qualcuno migliore di lei nel farla ridere e nel capirla. Lei, in un moto di superbia, mentre le prime gocce di pioggia cominciavano a cadere, si era detta che tale persona non esisteva, e che lei era una delle poche che riusciva a capire Lu come doveva essere capita, perché chi era meglio di lei in quello? Veronica la conosceva da sempre, e temere il confronto non era nemmeno un opzione da prendere in considerazione, non poteva avere dei rivali, non in quello, era una cosa che, allo stesso tempo, non riusciva né a concepire come possibile né a lasciare che non le consumasse l'animo da dentro, perché dopotutto le faceva comunque male pensare ad un opzione del genere. Sapeva che nello stesso modo in cui lei riusciva a capire la sua migliore amica anche quella faceva lo stesso con lei, quindi, nonostante sperasse di fare amicizia in modo corretto e sincero, sapeva che nessuna delle ragazze che avrebbe trovato nella sua classe, o a scuola, avrebbe avuto la capacità di esserle davvero amica.

Aveva smorzato i suoi pensieri dopo poco, quando aveva cominciato a piovere quasi a dirotto e loro, in successione ad una corsa veloce, si erano rifugiati in un negozio di vestiti, e di conseguenza allo sguardo che sua zia le aveva mandato avevano preso a girovagare nei piani insieme, cercando qualcosa di carino l'una per l'altra. Sua zia, mentre lei era in camerino per provare una maglietta, le aveva confidato che fare quelle cose con lei le faceva piacere, visto che non aveva mai potuto farle con i suoi figli, o almeno, non nel modo in cui lo stava facendo con lei e in un certo senso riusciva anche a capirla, stare con sua zia era un po' come stare con sua madre, con cui, momenti del genere, come andare a fare shopping insieme, avvenivano di rado, e stare con Angela le ricordava in qualche modo quando era piccola e sua madre non doveva sostenere da sola una famiglia intera, quando il tempo che le poteva dedicare era maggiore al tempo che occupava lavorando. Era una bella sensazione, incredibilmente malinconica, forse anche un po' triste, ma pur sempre bella e con un'aria famigliare. Distolti quei pensieri, si era guardata allo specchio, inchiodando gli occhi sulla propria figura, aveva scelto una maglia ocra, che contro ogni previsione le stava anche bene, e una gonna in jeans nera che, dopo aver sistemato la maglia sotto di essa, dava un bell'aspetto al tutto, forse le scarpe che aveva in quel momento non erano le più adatte, a l'insieme dei vestiti non le dispiaceva affatto. Si era tolta tutto, prendendo successivamente una maglia azzurro pastello che le aveva consigliato sua zia, con sopra una stampa quadrata con delle nuvole, non sapeva con cosa abbinarla, se con la gonna gialla a quadratini bianchi che aveva scelto lei, o a dei jeans a palazzo con la vita alta che aveva scelto lei, aveva provato da prima i suoi jeans, ma dopo un attimo, il tempo di guardarsi allo specchio, che aveva capito che quei pantaloni avrebbe dovuto metterli con un qualsiasi top, o crop top che aveva a casa.

Si era rivestita e aveva sorriso ad Angela mentre usciva dal camerino

«Allora, cosa prendi?»

«Penso la maglia ocra, la gonna nera, quella gialla e l'altra maglia, se non è troppo.» Al momento i pantaloni, per quanto belli, non le servivano, quindi aveva deciso di rinunciarci, anche perché in ogni caso aveva lo stesso modello ma nero

«Ma certo che no, prendi tutto quello che ti piace- sua zia le aveva sorriso, sorniona- ora vedo di qualcosa per me e poi andiamo.»

«Francesco e Leonardo non vogliono nulla?» Angela si era voltata verso i suoi figli, entrambi presi dalla smania di scrivere al telefono

«No, me lo avrebbero detto.» Veronica aveva annuito con la testa e poi, senza più pensarci, aveva preso ad osservare cosa ci fosse di carino per Angela.

Era ancora una donna in forma, aveva le gambe lunghe e il seno non troppo prosperoso, in più le curve del corpo dolci che aveva acquisito dopo i due parti le davano un fisico equilibrato, quindi sperava, sapeva, che trovate dei vestiti non fosse tanto difficile.

Angela l'aveva seguita per tutti i reparti dove era andata, felice di vedere sua nipote allegra, spensierata; sapeva quanto un trasferimento di quel tipo fosse radicale, e stava cercando, portandola fuori, facendole conoscere la città, consigliando a Francesco di diventarle amico, di fare di tutto per renderglielo il meno soffocante possibile, ma sapeva che, anche se lei ci provava, c'era sempre una parte di sua nipote che con la mente era rivolta solo e soltanto alla sua vecchia vita, perché la conosceva, e sapeva che non poteva fare a meno di costruire parallelismi. Conosceva molto bene sua nipote, perché anche se lontane Angela non le aveva mai negato un appoggio affettivo o morale, e sapeva quanto ella fosse fragile, non tanto quanto lo era stata in passato, ma abbastanza da permettere a chiunque di intravedere quel velo nero che si ergeva sopra di lei. Anche Veronica sapeva che quella sua tristezza era ben visibile e estremamente percepibile, quasi concreta, tattile, tangibile più del suo stesso tocco, ma aveva quell'inconsueta sensazione che le stesse fuggendo tutto di mano, e che intraprendere quel percorso l'avrebbe portata dove la strada non era affatto lineare ma molto più vicina come immagine ad un pavimento coperto da pezzi e mattoncini di lego.

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