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Autore: _etriet_    18/02/2022    1 recensioni
La vita è fatta di morali, di discorsi silenziosi che si imparano e si fanno man mano che si vive, un po' a gesti, un po' a parole, e poi un po' con tutti e due.
Come una scalinata fatta in silenzio, in cui i gradini appena fatti si cancellano autodistruggendosi dopo pochi secondi, e non rimane nient'altro se non la scelta di continuare, o rischiare di perdere l'equilibrio fermandosi.
Perché ad ogni passo avanti corrisponde uno sbilanciamento, fisico, morale e psicologico.
Veronica Lisi è sempre stata di idee chiare, ha sempre basato la propria vita su principi fondamentali, come quello che il passato non si cancella, si descrive, che il presente non va guardato, va vissuto, e che il futuro non deve essere sognato, ma costruito; mette tutta se stessa per portare avanti le cose al meglio.
La sua quotidianità, tuttavia, viene sconvolta nel giro di nemmeno un mese, e pur di vedere sua madre felice, cambia tutte le carte in tavola, prende, fa le valige e parte verso qualcosa a lei sconosciuto.
→→→→→→→→ LETTURA A VOSTRO RISCHIO E PERICOLO: CLICHÉ TRATTATI IN MODO ORIGINALE, AMORE PERENNE PER TUTTI I PERSONAGGI E AGGIORNAMENTI LENTI ←←←←←←←←
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Veronica aveva fissato gli occhi su Leonardo, che seduto di fronte a lei, aspettava per poter aprire la scatola che conteneva il suo panino.

Quando erano usciti dal negozio di vestiti, dopo un abbondante lasso di tempo in cui aveva continuato a piovere incessantemente, si erano accorti che si era fatta ora di pranzo, e i due fratelli, che erano sembrati stranamente muti per tutta la durata dello shopping di Angela e Veronica, si erano improvvisamente risvegliati affamati e poco pazienti, tanto che sua zia, esasperata dopo un po', aveva comprato per tutti dei panini da asporto a un pub poco distante da dove stavano loro in quel momento. Quindi in quel momento, sia Francesco, seduto affianco a lei, sia Leonardo, aspettavano pazienti, in incoerenza con l'atteggiamento che avevano tenuto fino a mezz'ora prima, di poter mangiare. Veronica aveva già il panino sul piatto, con la salsa e le patatine messe di fianco, anche se non era molto sicura che sarebbe stata in grado di mangiarlo tutto intero, era troppo alto e lei non era abituata a fare morsi troppo esigenti, sua madre, dopo averla vista quasi strozzarsi per via di un morso troppo grande, le aveva insegnato a fare morsi piccoli e masticare lentamente, cosa che ovviamente, dopo un po' di tempo, era diventata tanto automatica e normale che anche quando era da sola o in compagnia soltanto dei suoi migliori amici adottava quel modo di mangiare. Angela, che aveva finito di portare su le borse con i suoi vestiti solo in quel momento, si era seduta a tavola, di fronte a Francesco, che dopo uno sguardo complice con il fratello, aveva deciso di cominciare a tirare fuori le sue cose, e Leonardo aveva fatto lo stesso

«Mi hanno aspettata?» Sua zia aveva alzato entrambe le sopracciglia, guardandola confusa, Veronica aveva riso, annuendo con vigore, mentre entrambi i fratelli facevano la stessa espressione ferita

«Ci offendi così -il fratello minore, Leonardo, aveva guardato sua madre con un sorriso decisamente sarcastico- Come se non potessimo essere gentili» Angela l'aveva guardato contrariata ma divertita

«Generalmente quando arrivo a tavola avete anche già finito di mangiare» sua zia aveva scosso la testa e Francesco si era rivolto verso Veronica, che ridacchiava

«Non ascoltarla, mente!» Leonardo aveva annuito mentre teneva una patatina tra le dita

«Esatto, esatto.» Angela aveva sorriso, sorniona, e poi aveva incitato tutti a mangiare, mentre tirava fuori il proprio panino dalla scatola con la firma del pub.

Veronica era stata la prima a iniziare, schiacciando il panino come aveva fatto tante di quelle volte quando era a cena con i suoi migliori amici, e poi aveva cominciato ad alternare i morsi al panino con le patatine, mentre ascoltava con interesse vago la conversazione che Francesco, Angela e Leonardo stavano facendo, non interveniva non perché non le interessasse quello che dicevano ma perché, fin da bambina, si era abituata, e quella volta per sua volontà, che mentre mangiava generalmente non parlava, e cominciava a chiacchierare solo quando le venivano fatte domande dirette o quando aveva finito completamente di mangiare. Era una cosa su cui molto spesso i suoi amici facevano battute che divertivano anche lei, ma probabilmente, quel suo modo tacito di mangiare, era stato interpretato male da entrambi i fratelli, perché poteva percepire chiaramente Francesco guardarla di tanto in tanto, forse quando lui pensava che lei non lo vedesse, Leonardo che invece era rimasto tacito fino a quel momento, aveva esordito con un «Sei diventata improvvisamente muta?» detto in modo abbastanza sarcastico da beccarsi occhiatacce da chiunque e far quasi strozzare Veronica, facendole mutare l'umore da calmo ad irritato in così poco tempo che si sorprese anche lei

«Meglio muta che stronza.» Francesco aveva riso e sua zia aveva, con molte probabilità, fatto finta di non sentire, Leonardo invece l'aveva semplicemente guardata sorridendo, e poi aveva ripreso la sua conversazione con suo fratello, tutta fondata su uscite e nomi di persone che lei non conosceva, poi, quando lei si era alzata per andare a buttare via il cartone dove era contenuto il suo pranzo, Francesco le aveva battuto due dita sulla spalla, come a richiamarla, e Veronica, che ancora masticava l'ultima patatina si era girata involontariamente

«E se portassimo anche lei?» a quel punto si era sentita quasi mancare, tanto che le era andato di traverso l'ultimo pezzettino che stava masticando

«Non credi che potrebbe sentirsi un po' a... emh, disagio? -Leonardo l'aveva squadrata un attimo- in più, come credi che la prenderebbe Cecilia a vederti arrivare con lei?»

«Vabbé, è praticamente una cugina, basterà spiegarglielo con un po' di...»

«Di calma? -Leonardo aveva riso interrompendo il fratello maggiore- Tu credi davvero che basterà la calma? Io che non credevo nemmeno in un calmante, guarda te.»

«Ehi, stai parlando della mia ragazza!»

«Credimi questa è la volta buona che ti lascia se porti lei con noi.»

«Io esisto. -aveva borbottato Veronica- Visto che state parlando di me come se non fossi qui, posso andarmene davvero?»

«No.»

«Sì!» Francesco si era girato verso Leonardo, che aveva semplicemente alzato le spalle

«Decidetevi!»

«Ascolta. -Francesco si era alzato prendendo anche lui il cartone- Domani, dopo scuola, usciamo a mangiare fuori con la nostra compagnia, e avevo pensato che potessi aggiungerti anche tu -aveva sospirato un attimo mentre strappava con le mani la carta e la buttava nel cestino- sì insomma, se non ti senti troppo a disagio.»

Veronica aveva sentito le orecchie bruciarle, prima di ragionarci un attimo sopra, se fosse andata, oltre ai suoi compagni di classe, avrebbe avuto la possibilità di conoscere anche altre persone, quindi dopo tutto era una cosa buona, o almeno così le sembrava, in più, non aveva obblighi verso di loro, se non li avesse trovati simpatici avrebbe semplicemente fatto finta di niente e oltrepassato l'ostacolo girandoci intorno, senza dover dar prova di qualcosa o farsi male emotivamente, quindi, si era semplicemente girata verso Francesco, che ancora aspettava una sua risposta, e aveva semplicemente annuito

«Va bene -lui le aveva sorriso sornione- Perfetto, allora avviso gli altri -prima di andarsene, si era girato verso di lei- Sono felice che tu abbia accettato, non mi sembrava giusto metterti da parte così, e tranquilla, sono tutti simpatici, e estroversi, quindi non faranno storie o battute» Veronica aveva ridacchiato «Francesco, tranquillo.» Francesco poi era salito in camera sua e così aveva fatto anche Leonardo, sua zia, invece, dopo aver finito di mangiare si era preparata per andare in ospedale, chiedendole il favore di rimettere a posto la cucina dopo averle chiesto conferma del fatto che mangiava fuori con gli altri ragazzi, poi, dopo il segno affermativo di Veronica, era scomparsa dietro alla porta di ingresso.

La ragazza aveva svuotato la lavastoviglie del giorno prima e ne aveva messo su una nuova dopo aver pulito la tavola dalle ultime cose, poi, recuperato il computer dalla sua camera, si era appollaiata sul divano ed aveva controllato le mail, trovandoci anche il word di Lucrezia. Aveva dato una veloce ripassata a tutto nei giorni che avevano preceduto quel momento, ma sfortunatamente informatica era una di quelle materie, oltre a religione, che non si era mai appuntata in classe, anche perché passavano quasi sempre le lezioni in un'ala riservata solo a quella materia con ventine e ventine di computer dove compilavano programmi su programmi, era una materia che le piaceva, ma non aveva per lei una vera e propria passione. Lucrezia invece aveva il padre programmatore, e fin da piccola era sempre stata interessata, e portata, per e a quell'ala della materia, si portava perfino a scuola la chiavetta per salvare i programmi che facevano, cosa che aveva provato a fare anche Veronica, ma aveva riscontrato vari problemi che l'avevano portata a non provarci nemmeno più. Aveva scaricato velocemente il programma e lo aveva modificato leggermente secondo il suo stile, poi, dopo un'ora, presa da un moto di pigrizia, aveva collegato le cuffiette al portatile ed aveva fatto ripartire l'episodio della sua serie preferita la dove un paio di giorni prima si era interrotta. Aveva sporadicamente fermato la serie per prendersi qualcosa da mangiare, ma poi, verso le cinque, quando aveva sentito i primi rumori venire dal piano di sopra, si era semplicemente alzata abbandonando il computer sul tavolino di legno che si stanziava tra il divano e il televisore a parete, ed era andata fino in cucina per farsi un caffè.

Francesco, fin da piccolo, non aveva mai percepito il concetto di amicizia, gli sembrava tanto estraneo e discordante come termine, come sentimento, e spesso quando altri bambini, con fare innocente, gli chiedevano di "diventare amici" lui, ingenuo e ignorante, rispondeva con un no secco, come se gli avessero chiesto di dividere l'ultima fetta del suo dolce preferito con loro, e allora quei bambini, che volevano solo includerlo in un gioco, se ne andavano delusi, prostrandosi verso qualcun altro, e ignorandolo successivamente, e li capiva, perché avevano ragione sul fatto che preferisse stare da solo. Solo a cinque anni, quando aveva cominciato a percepire veramente suo fratello, nato solo due anni dopo di lui, aveva capito anche cosa fosse l'amicizia, un sentimento a lui ignoto che, però, era improvvisamente esploso nel suo cuore quando aveva visto suo fratello minore piangere dopo un altro dei molti rimproveri crudi del loro papà. Erano già successe cose del genere, ovviamente, ma mai, quanto quella volta, aveva sentito il cuore stringersi e farsi doloroso alla vista del dolore altrui, perché lui, agli altri, non ci aveva mai veramente pensato. Era stato un bambino egoista e solitario, permaloso e forse dispotico, ma molto più avaro del suo avere che umile per molte altre cose. Senza nemmeno farci caso, negli anni successivi, quando la situazione a casa era diventata sempre più difficile, aveva cominciato a stare con suo fratello per quasi tutto il tempo, cercando di rimarginare le ferite profonde, che erano state inflitte da quello che doveva essere il loro papà, finché era in tempo, ad aprirsi con lui e a esplorare quel sentimento nato spavaldamente, come un fiore in un campo secco e arido. Non era stato facile, ma era stato puramente naturale, perché provava un affetto profondo per Leonardo, e quello stesso sentimento lo aveva fatto cambiare sempre di più, fino ad arrivare a prendersi il suo dolore pur di non lasciargli dei ricordi traumatici di una persona con cui avrebbe dovuto averne solo di felici. Era da anni che andava avanti quella storia traumatica: suo padre, fin quando Leonardo non aveva cominciato le elementari, era sempre stato un uomo incline alla calma, gentile e mai particolarmente arrabbiato, poi, qualcosa era scattato in lui, come una bomba ad orologeria che aveva ormai finito il suo tempo e che non era stata mai disinnescata, e poi, l'anno dopo, era cominciato il peggio.

I loro genitori urlavano ogni volta che si vedevano, che fosse per la cena, che fosse per i figli o che fosse per i soldi, le urla di suo padre regnavano indiscusse sopra quelle di sua madre, che pian piano diventava sempre più tacita fino ad ammutolirsi completamente, succube dei toni alti e della rabbia che il marito sembrava sfogare su di lei, poi, dopo tutte le volte che le aveva urlato contro, si era azzardato anche ad alzare le mani e con un semplice schiaffo, che tanto semplice non era, aveva segnato la fine di quella che era la loro famiglia. Francesco aveva sentito le gambe tremare a quei ricordi, al ricordo di un padre che ora poteva anche decidere di non vedere, ed altre tracce di memoria avevano cominciato a presentarsi dentro la sua mente:

Francesco stava tenendo la mano a Leonardo, ed entrambi, erano seduti vicino ai termosifoni caldi, abbracciati l'uno all'altro, cercavano di non impaurirsi, di non singhiozzare, mentre le continue grida passavano perfino le pareti per arrivare alla loro stanza «Andrà tutto bene- Francesco aveva sospirato, passando la mano libera sulle spalle del fratello -tranquillo», ma Leonardo lo aveva guardato poco convinto, chiudendosi sempre di più a riccio su se stesso.

Leonardo stava guardando la televisione sul divano, indisturbato, mentre mangiava il solito panino alla Nutella che di consueto sua madre gli preparava a quell'ora, stavano dando il suo cartone preferito in quel momento, e Francesco, che se ne stava al tavolo nel salone a fare i compiti, guardava suo fratello in piedi sul divano che saltellava felice ad ogni scena d'azione, poi, la porta di era aperta e chiusa velocemente e i soliti passi pesanti avevano cominciato a riecheggiare in casa, Leonardo si era ammutolito, fermandosi deluso dal quel umore nero che aveva circondato tutti e Francesco, in panico, lo aveva trascinato su per le scale fino in camera loro, dove, dopo avergli messo le mani sulle orecchie, era sicuro che non avrebbe sentito, però, quando gli occhi, colmi di lacrime, di suo fratello si erano alzati verso i suoi aveva avuto il bisogno di distogliere velocemente lo sguardo.

Le orecchie di Francesco erano state tappate prepotentemente dalla madre, che si era accorta solo in quel momento della sua presenza, nonostante la discussione fosse già iniziata da minuti

«Ma ti sembrano cose da dire davanti a un bambino?»

«È giusto che sappia quanto tu sia inutile e quanto lo sia lui di conseguenza, essendo nato da una come te.»

«Non ti permettere. -sua madre gli aveva accarezzato una guancia in segno di rassicurazione- Ma non ti fai schifo? Denigrare la donna che hai sposato, che dicevi di amare, e il tuo stesso figlio..» Francesco aveva smesso di ascoltare, fissando il vuoto, grato che Leonardo fosse da un suo amico e non lì, a subire quella scena. Poi, da un momento all'altro, si era ritrovato più in là, vicino al divano, e sua madre, a terra, aveva una guancia completamente rossa e l'angolo dell'occhio sanguinante per via della botta violenta data allo spigolo del tavolo. Francesco aveva guardato suo padre, che con il busto piegato in avanti sembrava stesse piangendo

«Angela.. scusami... -e si era inginocchiato, cercando di accarezzare il volto della donna, ma sua madre stava indietreggiando, impaurita, e Francesco, issatosi sulle gambe tremanti, era corso per mettersi in mezzo ai genitori, ponendosi davanti a sua madre, cercando di opporsi come uno scudo, con braccia e gambe aperte, mentre lacrime di rabbia e dolore cercavano di uscire, parevano quasi spingere per essere lasciate andare- Francie, Angie, mi dispiace, non volevo»

«Mi fai schifo!». Sua madre si era alzata, limpida di rabbia, aveva preso per un braccio Francesco, a passi pesanti aveva raggiunto la porta, e dopo aver recuperato la borsa, si era chiusa alle spalle la porta di casa sua

«Lo denuncio.»

«Mamma...»

«Va avanti da troppo tempo.»

«Mam... mamma» la voce di Francesco era rotta, perché le lacrime erano uscite e lui aveva preso a piangere. Angela lo aveva preso in braccio, cercando di rassicurarlo, ed aveva cominciato a camminare verso la macchina

«Va tutto bene, tra poco sarà finita, finirà davvero.»

Francesco, insieme a Leonardo, se ne stava seduto sul nuovo divano, in una nuova casa, con la madre che finalmente sorrideva davvero, nonostante i punti vicino all'occhio sinistro. Era stato Francesco a dire a Leonardo che non avrebbero più vissuto con il loro padre, che si sarebbero trasferiti, che non era più sano stare lì, con lui, in quella casa, in quella città, ma a differenza di quanto aveva pensato, suo fratello minore non aveva detto niente, lo aveva ascoltato in silenzio e alla fine aveva sospirato, poi, la sua vocina rotta dalla felicità, aveva pronunciato un lieve , e Francesco si era sciolto, abbracciandolo di netto, felice di sentirlo felice, grato per non vedergli delle lacrime sul viso ma solo un sorriso riservato a lui e lui soltanto, perché era suo fratello, e lo avrebbe sempre amato.

Da quel momento la loro infanzia era andata sempre meglio, erano stati in grado di rifarsi una vita, e Angela era andata a lavorare in ospedale, cosa che non aveva mai potuto fare prima. Era bello, perché era una realtà serena, anche se avevano comunque dovuto fare degli incontri con uno psicologo che aveva garantito che non ci fossero patologie o danni a lungo termine avevano smesso di andarci, dopo più di un anno, ma per lui, il dubbio che le violenze subite potessero far diventare lui stesso un violento come suo padre, cosa che mai avrebbe voluto, aveva cominciato a radicarsi sempre di più nel suo cuore, fino a farlo tornare come prima, senza amici e concreto nella sua solitudine. Poi, in terza media, quando l'allontanamento dagli altri era più reale che mai, una ragazza, Cecilia Montefranchi, si era trasferita, il "da dove" non lo aveva capito bene nemmeno lui, e, ignara, aveva cominciato a stargli sempre appiccicata, lui cercava in qualsiasi modo di allontanarla da se con scarsi risultati, visto che qualsiasi cosa le dicesse lei tornava sempre, e alla fine, si era lasciato andare. Lei aveva aiutato lui ad uscire dalla sua bolla e lui aveva aiutato lei che, in sorpresa a quello che ci si poteva aspettare dal suo carattere di tutti i giorni, gli aveva fatto vedere anche una parte più fracile di sè, una parte che non aveva mai mostrato a nessuno. Così prima erano diventati amici, poi migliori amici, e il quel periodo aveva fatto amicizia con molte persone solo grazie a lei, poi qualcosa di più, fino a quando, in seconda superiore, lei non gli aveva detto di amarlo, la notte di Natale, mentre la neve cadeva su di loro e li ricopriva di bianco, sciogliendosi poi con calore dei loro corpi, bagnandoli vestiti e capelli, lui, come un fesso, era rimasto senza parole, quindi, a corto di frasi sensate, era passato ai gesti, baciandola, smontando definitivamente la sua corazza che con lei si era fatta ormai burro, e confermandosi, nei successivi anni di relazione, un ragazzo normale. Poi, inaspettatamente, quando nemmeno due giorni prima a quel momento era arrivata Veronica, con la sua nube di malinconia, che sembrava coglierla di sorpresa anche quando sorrideva, si era sentito persuaso dalla stessa preoccupazione che nutriva negli anni più bui per il fratello. Per lei provava un affetto improvviso, nato da ricordi dolorosi, e si sentiva in dovere per quel stesso affetto di farla felice in qualche modo, di renderle meno triste una permanenza pianificata non da lei ma da altri, che aveva semplicemente accettato per chissà quali motivi. Quindi, mentre l'osservava fare il caffè, era stato preso da un'improvvisa voglia di abbracciarla, ma sarebbe stato prematuro e fin troppo strano come gesto, quindi, si era semplicemente appoggiato al tavolo osservando la dimestichezza che aveva preso con la macchinetta

«Tu facevi il caffè con la moka a casa tua, vero?» lei aveva ridacchiato, mentre si girava verso di lui, gli occhi prima spenti ora illuminati, felici di avere qualcuno lì con lei

«Si vede così tanto?»

«Non troppo dai.» Francesco si era avvicinato un poco di più, e aveva visto Veronica sorridere,

«Mi abituo in fretta.» Lui aveva annuito, anche se dentro di sé stava cercando di trovare una risposta per portare avanti la conversazione. Veronica, col suo sguardo dolce e il sorriso innocente, gli faceva sia venir voglia di prepararle una torta e lasciargliela mangiare tutta sia ricordare le giornate di fine autunno nei Luna Park con suo fratello, quando la loro mamma comprava a entrambi lo zucchero filato e anche le frittelle con la nutella, per poi lasciar loro fare le giostre più pericolose insieme, forse li aveva leggermente viziati in quel periodo, ma ben presto, come ricordava lui, aveva smesso.

«Chissà se ci fosse stata anche lei come sarebbe stato... -la ragazza si era voltata verso di lui, mentre la schiuma del cappuccino le stava facendo i baffi, Francesco aveva riso- Niente niente, piuttosto, hai i baffi» lei si era portata la mano sulla bocca, pulendosi con il palmo della mano e sorridendogli imbarazzata, mentre le diventavano le orecchie rosse 'com'è kawaii', aveva pensato, mentre l'osservava bere la tazza di cappuccino 'probabilmente sta pensando che sono pazzo' Francesco aveva distolto lo sguardo da lei, e si era voltato verso le mensole della cucina, prendendo una capsula di caffè, poi, improvvisamente, si era ricordato di una cosa saputa da un suo amico, quindi, mentre posava la capsula dentro alla macchinetta e metteva una tazzina sotto all'erogatore, si era voltato verso di lei, sperando non la prendesse troppo male

«Ho una cosa da dirti, ma non avere reazioni esagerate- Veronica si era girata a guardarlo, le mani allacciate dietro alla schiena, aveva semplicemente annuito -in modo semplice, sei in classe con Leonardo.»

«Come?!» la situazione si era fatta doppiamente complicata quando Francesco si era accorto che la voce non era solo quella di Veronica, ma anche quella di suo fratello.

Veronica aveva guardato prima Francesco e poi Leonardo, domandandosi a quale santo si fosse messa contro, di certo non odiava il minore dei fratelli, sarebbe stato impossibile dopo nemmeno due giorni, eppure aveva qualcosa che la costringeva a essere restia con lui, diversa, rigida, cosa che probabilmente Francesco aveva notato, però, allo stesso tempo, quando aveva sentito anche Leonardo avere la sua stessa reazione, ci era rimasta male

«Scusami? Che ci sarebbe che non va?» si era girata verso di lui

«Mi prendi per il culo? -Leonardo aveva riso sarcastico- mi toccherà farti da babysitter per tutto il tempo dopo che mia madre lo verrà a sapere, perché "oh ma falla orientare eh! Non lasciarla sola! Aiutala!"»

«Oh poverino, per nemmeno cinque minuti in cui il massimo che farai sarà dirmi il nome dei professori già ti senti stanco adesso? Scusami davvero, vado a prenderti una poltrona di "va in mona" e una squadra di "quel cazzo che me ne frega"!» Veronica aveva sbuffato; poi, solo dopo, quando aveva realizzato quello che aveva detto, le sue orecchie erano diventate rosse e si era sentita andare completamente a fuoco, ma prima di poter dire qualsiasi cosa aveva sentito nitidamente la risata di Leonardo e di Francesco, ma quella del primogenito era più contenuta, riempire l'intera stanza di un calore famigliare. Aveva alzato lo sguardo verso il ragazzo, che piegato su se stesso, stava ridendo perfino con le lacrime agli occhi, e poi, contagiata, era scoppiata a ridere anche lei

«Oh Dio -Leonardo aveva preso un respiro profondo, prima di rimettersi in posizione eretta- Era anche ora che dicessi qualcosa di più.»

«Farti offendere risulta tra i propositi dell'anno?» Francesco si era voltato verso suo fratello con entrambe le sopracciglia alzate e ancora un mezzo sorriso sulle labbra

«Credo che sia uno di quei propositi che non cambiano mai.» Veronica aveva fatto una mezza risata e Francesco l'aveva seguita quasi a ruota, avvicinandosi senza accorgersi a lei

«Non siete divertenti» Leonardo aveva messo su un finto broncio, aveva gonfiato leggermente le guance e aveva fatto loro il labbruccio, per poi sorridere divertito, e quella volta aveva sorriso veramente.

Il ragazzo aveva un sorriso luminoso che pareva risplendere quasi di luce propria, e illuminato dai fiochi raggi di quel sole che stava tramontando, assumeva tutt'altra immagine. Leonardo non aveva le fossette, o i canini sporgenti, o qualsiasi altra cosa avesse potuto identificarlo come 'adorabile', ma a lei era sembrato tanto straordinario vederlo sorridere con sincerità, senza quella maschera di sarcasmo e restia che si portava sempre dietro e indossava nelle situazioni a lui congeniali, che nemmeno ci aveva fatto caso, visto che credeva fosse già perfetto così. Non era certo una cosa che avrebbe detto ad alta voce, ma l'aveva pensata, e questo era bastato per diventare rossa e sentirsi bruciare, tanto da dover distogliere prepotentemente lo sguardo dal sorriso del ragazzo, che nel frattempo si stava ricomponendo.

Veronica lo aveva guardato di sottecchi prima di rialzare del tutto la testa e incontrare il suo sguardo confuso

«Comunque, credo che se ti da tanto fastidio, può anche aiutarmi Francesco, vero?» la ragazza si era girata autonomamente verso il maggiore dei due fratelli,

«Certo»

«No.» A quel punto, sia Francesco sia la ragazza si erano girati verso Leonardo, che nel frattempo si era appoggiato sullo schienale del divano, rilassato come se fosse appena stato a farsi un massaggio

«Scusa?»

«Intendo, mi va bene.»

«Hai la febbre?»

«Non ho la febb... Hey, togli le tue mani dalla mia fronte!» il ragazzo aveva tolto velocemente la mano del fratello maggiore dalla sua testa, e Francesco poi si era rivolto a lei

«No, non la ha.»

«Ma va? Wow.» Leonardo si era sbattuto la mano sulla fronte, esasperato

«Hai appena detto che non ti va.» Veronica era intervenuta «Magari salto delle ore» lei aveva sorriso scuotendo la testa

«Che sfaticato.»

«Proprio -Veronica aveva visto Leonardo lanciare un occhiataccia ad entrambi- come faccio ad avere un fratello del genere.»

«Scemo.»

«Come te.»

«No. -si era messa di nuovo in mezzo quando aveva visto la bocca di Leonardo aprirsi- Smettetela, sembrate due bambini, per domani si vedrà, chi se ne frega al momento, più che altro, a qualcuno va di vedersi un film? -Aveva ricevuto un occhiata sconvolta da entrambi- Mi annoio» Veronica aveva alzato le spalle e i due fratelli si erano guardati un attimo, poi erano tornati a guardare lei, annuendo tranquilli. Un'ora dopo, in successione ad un panino con la nutella e alla visione di metà del film che avevano deciso di vedere, lei era già semi addormentata sul divano e, inconsciamente, si era appoggiata ad uno dei due fratelli

«Carina, vero?»

«Ma tu non sei fidanzato?»

«Io parlo per te.»

«Tsz, sta zitto, che non riesco a sentire il film.» Poi, Veronica era caduta in un sonno profondo che sapeva di nutella, amaretto, legno e cuoio.

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